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Autore: _SbuffodiNuvola_    28/06/2021    0 recensioni
“Gli invitati stavano lentamente prendendo posto nella sala decorata di rosso e bianco affittata apposta per l’occasione.
Almeno su quello i genitori di Yūri lo avevano fatto scegliere. Era il suo matrimonio, ma in pratica lui non aveva preso parte ai preparativi... e neppure alla scelta della sposa.
Neppure a quello, già...”
INSPIRATA ALLA 1x12 DI SHADOWHUNTERS
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Otabek Altin, Victor Nikiforov, Yuri Plisetsky, Yuuri Katsuki
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Enough


-Victor, mi dispiace.

-No, non devi scusarti. 

-Ma io...

Victor lo zittì mettendogli un dito sulle labbra: -Non è colpa tua, moya lyubov’. Lo so.

Mentre osservava il più grande baciargli le dita della mano che aveva stretto fino a quel momento, Yūri singhiozzò e maledì il giorno in cui Victor gli aveva annunciato che gli avrebbe fatto da coach. Perché era da lì che tutto aveva avuto inizio: la loro collaborazione, la loro amicizia e successivamente la loro relazione, che ora li stava facendo soffrire entrambi...

 

Gli invitati stavano lentamente prendendo posto nella sala decorata di rosso e bianco affittata apposta per l’occasione.

Almeno su quello i genitori di Yūri lo avevano fatto scegliere. Era il suo matrimonio, ma in pratica lui non aveva preso parte ai preparativi... e neppure alla scelta della sposa.

Neppure a quello, già...

-Yūri, va tutto bene? -chiese Phichit allo sposo. -Sei pallido. Vuoi sederti un attimo?

-Sto bene, grazie Phichit-kun. -rispose Yūri cercando di fare un sorriso decente. 

-Sicuro? -domandò il suo testimone abbassando il tono per non farsi sentire dai genitori di Yūri, seduti a pochi passi da loro.

-No. -fece il giapponese sospirando e Phichit gli mise una mano sulla spalla per consolarlo. Yūri si riteneva fortunato ad averlo come amico. Lui aveva subito accettato e sostenuto la sua relazione con Victor, così come gli altri pattinatori, i suoi amici, sua sorella e Minako-sensei. Per questo, quando Yūri gli aveva annunciato, anzi, era stato costretto ad annunciargli che si sarebbe sposato con la figlia di amici dei suoi genitori, Phichit era rimasto più che sconvolto. 

Come biasimarlo? Il giorno prima Yūri se ne stava seduto sul divano con un braccio di Victor attorno alle spalle e il giorno dopo uno Yūri sull’orlo delle lacrime si era presentato alla sua stanza delle terme della famiglia Katsuki per dirgli della decisione presa dai suoi genitori a sua insaputa.

Già, all’insaputa del figlio che non era riuscito a rivelare della relazione che aveva con Victor da più di tre anni per paura della loro reazione. Yūri non aveva mai capito cosa pensassero i suoi sulle relazioni omosessuali e proprio per questo non aveva avuto abbastanza coraggio per dire che Atsuko non era la persona con cui voleva passare il resto della sua vita.

Non che lei fosse brutta o altro! Anzi, Atsuko era una ragazza molto carina e gentile e, almeno a lei, Yūri aveva detto la verità. Era giusto nei suoi confronti. 

La giovane l’aveva presa bene (anche perché neppure lei aveva scelto di sposare il pattinatore di sua volontà) e gli aveva proposto di annullare ogni cosa, di aiutarlo a rivelare il suo amore per Victor e, nell’eventualità, convincere i coniugi Katsuki che il figlio non aveva alcun tipo di problema.

Yūri aveva rifiutato.

-Yūri, puoi ancora...

-Non posso. -lo interruppe lo sposo. -Ormai è tardi.

Phichit lo fissò, stupito. In quegli ultimi anni, non aveva mai visto l’amico darsi per vinto in quel modo. E Yūri lo sapeva benissimo. 

Da quando Victor era entrato nella sua vita, sconvolgendola totalmente, il pattinatore era cambiato radicalmente. Anche Celestino lo aveva detto: grazie a Victor, Yūri aveva acquisito sicurezza ed era molto più tranquillo di prima. E Victor era orgoglioso di questo cambiamento, tant’è che glielo ripeteva tutte le volte che ne aveva l’occasione: il suo allievo aveva fatto passi da gigante e non solo nel pattinaggio.

-Scusa. -disse Yūri con un sorriso timido. -Sono un caso perso. Non sono nemmeno riuscito a dargli l’invito, te ne rendi conto?

-È naturale. -lo tranquillizzò Phichit. -Non devi preoccuparti, ok? Io e gli altri siamo qui. 

Il giapponese annuì: -Grazie... per aver accettato di essere il mio testimone.

Phichit sorrise: -Nessun problema.

 

 

Yūri Plisetsky non era mai stato una persona dal cuore tenero, ma vedere quel Cotoletto idiota sull’altare con la faccia di uno che sta andando al patibolo gli fece provare pietà contro il suo volere.

-Ah, fanculo! -imprecò, per poi prendere Otabek, proprio accanto a lui, per il colletto e trascinarlo con sé fuori dalla sala. 

-Dove stiamo andando? -chiese il povero pattinatore kazako, che faticava a star dietro al suo ragazzo.

-A prendere quel trentenne dei miei stivali. -rispose Yūri. 

-E perché devo venire anche io?

-Perché hai una cazzo di motocicletta e mancano trenta minuti all’inizio di questo funerale. Faremo più in fretta.

Otabek si impuntò con i piedi e per poco il russo non finì per terra. Maledì la sua corporatura esile.

-Che c’è?

-Vuoi portare Victor qui? Al matrimonio del suo ex?

Yūrio si impose di mantenere la calma. Certe volte il suo ragazzo non capiva al volo le cose importanti, ma che ci poteva fare?

-Non è il suo ex.

-Da quello che mi risulta sì. Si sta per sposare con un’altra. -e il kazako accentuò la cosa indicando i nomi scritti su uno striscione fatto dagli amici degli sposi.

Il più giovane fece un respiro bello profondo prima di rispondere: -Hai sentito quello che stava piagnucolando Victor l’altra sera o devo farti un riassunto?

I due, infatti, appena quarantott’ore prima si erano ritrovati a fare da supporto morale al cinque volte campione del Grand Prix che non reggeva l’alcol facilmente e aveva cambiato umore per almeno un centinaio di volte, il tutto mentre parlava di Yūri, di quanto lo amasse dal momento in cui lo aveva conosciuto e della loro storia.

-Non possiamo comunque farlo. -disse Otabek. -Metteremo Yūri nei guai.

-Non sappiamo cosa pensano i suoi sulle relazioni tra persone dello stesso sesso. 

-E se reagissero male?

-Non reagiranno male! E se dovessero, ci saremo noi e gli altri a fargli cambiare idea. -prese la cravatta del fidanzato e lo avvicinò al suo viso. -Adesso muovi quel tuo culo da pattinatore della categoria senior e aiutami a portare qui quell’idiota.

 

Per fortuna, Victor era messo meglio di quanto Yūri si aspettasse... o almeno, secondo il suo punto di vista. 

Il giovane credeva di trovare il più grande a letto, sommerso dalle coperte (anche se era piena estate) e da un Makkachin in cerca di coccole, con le tende chiuse per non far entrare la luce del sole e una marea di fazzoletti di carta usati sparsi ovunque insieme a vestiti sporchi e bottiglie di qualsiasi alcolico vuote.

Invece, l’appartamento in cui Victor alloggiava era in perfetto ordine e il proprietario se ne stava seduto su una poltrona con le gambe strette al petto. Gli occhi fissavano un punto imprecisato sul pavimento e una mano accarezzava la testa di Makkachin. 

-Victor? -tentò Yūrio dopo aver guardato Otabek con sguardo dubbioso.

-Mh. -fece il coach del suo omonimo senza alzare lo sguardo. Quella era la terza parola (dopo “Avanti” e “Ciao”) che diceva in meno di cinque minuti. Decisamente non era in sé.

-Victor, vai a cambiarti. Usciamo. -disse ancora il biondo. Victor non diede alcun segno di averlo sentito. 

Poco prima che Yūri si avvicinasse per prenderlo a pugni, Otabek gli diede una leggera gomitata. Quando si voltò a guardarlo per chiedergli cosa volesse, il kazako indicò qualcosa alla loro destra con la testa, senza dire nulla. Il russo abbassò lo sguardo sulla cassettiera e vide la busta dell’invito al matrimonio del Cotoletto, intatta, appoggiata sul legno chiaro. 

A quel punto la Fata russa decise di fare un ultimo tentativo. Solo perché vedere quei due con le loro facce da funerale per tutta la vita non era esattamente una cosa che si prospettava piacevole.

Prese la busta e si avvicinò a Victor, sotto gli occhi scioccati di Otabek. 

-Yūri... -cercò di fermarlo, ma il diretto interessato non obbedì e si mise in ginocchio davanti alla poltrona dove stava seduto il suo connazionale. 

-Victor. -lo chiamò di nuovo. E finalmente l’uomo dai capelli argentati si voltò a guardarlo, anche se aveva un’espressione assente negli occhi.

Yūrio fece un ghigno e alzò la busta: -Andiamo da Yūri.

Udendo il nome del ragazzo che amava, Victor ebbe un piccolo sussulto, come se una scarica elettrica avesse attraversato il suo corpo. Smise di accarezzare Makkachin (che non apprezzò la cosa) e si alzò dalla poltrona.

Yūri sorrise, trionfante. Il suo piano aveva funzionato.

... o forse no.

L’altro, infatti, si diresse verso la cucina, barcollando. Una volta lì prese un’enorme vaschetta di gelato dal freezer e si mise a mangiarlo direttamente dalla confezione, sotto lo sguardo allibito dei due pattinatori più giovani e del suo cane. 

-No. -disse solo. -Ha fatto la sua scelta e io non posso obbligarlo.

La pazienza di Yūri Plisetsky aveva un limite. E Victor lo aveva abbondantemente superato.

Ma prima che l’ex campione potesse ritrovarsi le mani del più giovane attorno alla gola, Otabek intervenne, stupendo il suo ragazzo:

-Victor, ricordi cosa ti ha portato a decidere di fare da coach a Yūri? -chiese solo. Era ancora fermo accanto alla cassettiera con le braccia conserte. L’interpellato si voltò verso di lui, lentamente, e rispose: -Il video.

-Giusto, il video. E ti ricordi cosa faceva Yūri nel video?

-Imitava il mio programma.

-Bravo. E la canzone su cui pattinava te la ricordi? 

Yūrio osservava la scena alternando lo sguardo fra i due uomini come se fosse stato ad una partita di tennis, senza capire dove volesse andare a parare Otabek. 

Victor annuì, sempre lentamente. Otabek continuò: -E mi sapresti dire il titolo?

-Hanarezu ni soba ni ite. -rispose l’altro praticamente in trance. -Stammi vicino, non te ne andare.

Il kazako fissò gli occhi scuri in quelli color del cielo del russo e, con tono piatto, disse: -Allora perché tu stai facendo il contrario?

Quella semplice domanda sembrò sorprendere Victor, che sussultò di nuovo. 

-Io... -balbettò mentre la sua carnagione chiara diventava pian piano rossa e abbassava lo sguardo sulla vaschetta di gelato che teneva ancora stretta fra le mani. -Io... 

Yūri lanciò un’occhiata al suo ragazzo e annuì. Obiettivo raggiunto.

-Io... non... lui... noi... -Victor stava cercando disperatamente di mettere insieme un discorso. Sembrava talmente indifeso che Yūri sorrise teneramente e lo chiamò per nome per interromperlo e fare in modo che lo guardasse.

-Andiamo da Yūri. -disse il biondo. Il più grande sorrise e finalmente sembrò tornare in sé.

 

 

Appena la marcia nuziale ebbe inizio, Yūri vide i suoi familiari e amici alzarsi in piedi per l’ingresso della sua futura moglie. Si lisciò la giacca nera dello smoking e aggiustò il nodo della cravatta.

Atsuko comparve all’ingresso della sala, a braccetto con suo padre. Il pattinatore la trovò bellissima: i lunghi capelli neri erano raccolti in uno chignon che lasciava libere due ciocche ai lati del viso, illuminato dal trucco non troppo eccessivo, l’abito da sposa risaltava il corpo snello e il bouquet di fiori bianchi, come quelli delle decorazioni, sembrava essere stato fatto apposta per stare tra le sue mani.

Quando Yūri l’aveva vista per la prima volta aveva all’incirca otto anni e lei sei. I loro genitori erano amici di vecchia data e quel giorno avevano deciso di trovarsi per passare il pomeriggio in compagnia, portandosi dietro anche i bambini. Atsuko aveva trascinato Yūri a giocare un po’ e avevano fatto amicizia, scoprendo di avere molte cose in comune. Crescendo erano rimasti in buoni rapporti e probabilmente i genitori di entrambi avevano frainteso i loro sentimenti. 

Però Yūri si riteneva fortunato. Atsuko era bella, intelligente e simpatica, tutte le qualità che piacevano al giovane. Peccato che lui fosse innamorato di un uomo e il suddetto uomo non si era fatto vedere fino a quel momento, nonostante l’invito che i suoi gli avevano fatto recapitare.

 

 

-Oi, Victor! Hai finito questa benedetta doccia? -urlò Yūrio in modo che Victor, al di là della porta del bagno e all’interno della doccia, potesse sentirlo. -Guarda che ti vengo a prendere e ti trascino fuori a calci!

Otabek giunse proprio in quel momento con uno smoking blu con cravatta del medesimo colore e camicia bianca. Per questioni di fretta (e, secondo Otabek, di eleganza e stile nel vestire) Yūri si sarebbe occupato di controllare che Victor facesse in fretta la doccia, che si sistemasse i capelli e si lavasse i denti, mentre il kazako avrebbe scelto l’outfit dell’ex campione e il metodo migliore per raggiungere la sala dove si sarebbe tenuto il matrimonio di Yūri Katsuki senza finire coinvolti in qualche incidente stradale.

-Mi manca solo il risciacquo! -rispose la voce di Victor.

-Prima o poi lo pesto. -fece Yūri, che ormai aveva perso la pazienza. Otabek gli sorrise, evento più unico che raro, e gli sistemò dietro l’orecchio i capelli sfuggiti al codino.

-Hai fatto una cosa molto bella, sai? -chiese facendolo arrossire.

 

 

Atsuko raggiunse Yūri sull’altare e quest’ultimo le porse la mano per aiutarla a salire i tre gradini che li separavano, mentre il padre di lei andava a sedersi al suo posto.

-Sei bellissima. -disse il pattinatore alla ragazza. -Davvero.

Lei sorrise: -Grazie. 

La marcia nuziale terminò e il celebrante poté cominciare a parlare.

 

 

-Non puoi andare più veloce? -fece Yūrio praticamente urlando per farsi sentire sopra il rumore della motocicletta di Otabek e del vento. 

-Se andassi più veloce, primo prenderei una multa perché avrei superato il limite di velocità e secondo voi due finireste per cadere. -rispose Otabek. In qualche modo, infatti, erano riusciti a salire a bordo lui, Victor e Yūrio, quest’ultimo praticamente schiacciato in mezzo ai primi due. 

“È già un miracolo che nessuno ci abbia fermati” pensò Victor aggrappato con tutte le sue forze alla motocicletta. 

Poi, pensandoci un attimo, si diede dello stupido: se avesse aiutato Yūri a dire di loro due ai suoi genitori, tutto quel casino non ci sarebbe stato. Forse in quel momento sarebbe stato all’altare ad aspettare Yūri per giurare di amarlo in eterno davanti agli amici di una vita.

Sospirò, mentre l’immagine di Yūri sorridente in uno smoking bianco sfumava dalla sua testa.

-Ci siamo quasi! -sentì dire a Otabek dopo che ebbero svoltato a destra.

-Bene, perché non mi sento più le gambe! -urlò Yūrio strappando un sorriso a Victor. Quel ragazzo, che lui conosceva da tantissimo tempo, era cambiato in modo incredibile.

-Oi, Victor! Hai pensato a cosa dire o rimarrai lì come un pesce lesso a osservare la scena? -domandò il suo connazionale distogliendolo dai suoi pensieri.

Quella domanda gli riportò alla mente il primo bacio che aveva dato a Yūri, subito dopo il programma libero del giapponese. Aveva dovuto pensare a qualcosa per sorprendere l’altro più di quanto avesse fatto lui e perciò lo aveva baciato sulle labbra, riuscendo a ottenere ciò che voleva.

-Ci sto pensando. -ammise Victor. 

-Vedi di pensare in fretta o... -prima che il più giovane potesse finire la frase, Otabek frenò proprio davanti alla villa dove doveva tenersi la cerimonia e il suo ragazzo per poco non cadde giù dalla motocicletta.

-Eccoci. -annunciò Otabek. -Voi andate, io cerco un parcheggio. Vi raggiungo subito.

Beh, la faceva facile lui. 

Victor e Yūrio per poco non si uccisero cercando di scendere.

-Otabek. -fece Victor mentre porgeva il casco all’altro. -Grazie.

Il kazako fece spallucce: -Figurati.

Il russo fece in tempo a sorridergli, prima che Yūrio lo prendesse per un braccio e lo trascinasse dentro la grande villa. Passata la porta d’ingresso, si diressero verso un corridoio, che li portò davanti ad una porta bianca. Lì fuori, Victor vide un poster con scritto: “Katsuki Yūri & Tachibana Atsuko” e sotto “Oggi sposi”.

Si trattenne dallo strappare il foglio.

-Eccoci qua. Vai a salvare il tuo principe. -disse Yūrio cercando di non far notare quanto gli interessasse la questione.

Victor si sistemò i capelli, spettinati per colpa del casco, e lo smoking. Fece un bel respiro.

-Come sto? -chiese.

-Meglio di un’ora fa di sicuro. -rispose Yūri facendo un piccolo sorrisetto. Il più grande gli sorrise, mentre dall’interno della sala sentiva la voce del celebrante annunciare che era la volta dello scambio degli anelli. 

-Vuoi aspettare che chieda se qualcuno è contrario al matrimonio? -domandò Yūrio.

-No. Sarebbe un classico. -e lui i classici li odiava, perciò non perse tempo e aprì il grande portone davanti a loro.

 

 

“Ecco, se non dici di no adesso, sarai fregato per tutta la vita, Katsuki” si disse Yūri mentre una delle tre figlie di Yuuko si avvicinava con il cuscinetto delle fedi tra le mani.

Proprio mentre il pattinatore stava sciogliendo il nodo che legava uno degli anelli al cuscino, la porta si aprì, facendo voltare tutti i presenti.

Appena lo vide, il cuore di Yūri iniziò a battere più forte.

Victor era lì, con addosso uno smoking blu abbinato perfettamente ai suoi occhi, che in quel momento guardavano proprio lui. Dietro di lui c’era Yūrio, anche lui in abito da cerimonia.

Gli invitati iniziarono a parlottare a bassa voce, alcuni chiedendosi chi fosse il nuovo arrivato, altri commentando che era scortese irrompere così al matrimonio di qualcuno, altri ancora (soprattutto le ragazze) lo avevano riconosciuto e lo fissavano con occhi a cuoricino. Infine, Yūri vide Mari, Yuuko e i suoi amici pattinatori, dapprima sorpresi, fare un sorriso che andava da un orecchio all’altro.

-Oh! Abbiamo due nuovi arrivati! Prego, prego. Venite. -disse il celebrante, talmente stupefatto che non sapeva che pesci pigliare.

-Pensavo non venisse. Non ha risposto all’invito. -Yūri sentì la voce di sua madre, rivolta a suo padre. Poi, lo sposo udì Yuuko parlare a Mari, in prima fila:

-Lo ha portato Yūrio? -chiese, mentre dietro alla Fata russa compariva anche Otabek.

-Non lo so. -rispose sua sorella alzandosi in piedi per avvicinarsi allo sposo. 

Ci fu un attimo di imbarazzo in cui Yūri continuò a guardare Victor e poi i suoi familiari. Dopo qualche secondo, la madre di Atsuko si alzò e raggiunse il russo, fermo a pochi passi dall’entrata.

-Senta, non so se l’ha notato ma siamo nel bel mezzo di un matrimonio. Se vuole...

-È una cosa tra me e lo sposo. -la interruppe Victor alzando la mano per fermarla. -Vado via se me lo chiede lui.

Aveva detto l’ultima frase senza staccare gli occhi da Yūri, come per dire “Vai. Sposati pure. Che aspetti?”.

Lo sposo aprì la bocca, cercando di dire qualcosa, ma il respiro iniziava a mancargli.

-Yūri, va tutto bene? -gli chiese Phichit.

-Yūri. -stavolta fu Atsuko a chiamarlo. Lui si voltò verso la ragazza, che gli sorrise dolcemente.

-Io... io... -balbettò lui.

-Ehi. È tutto ok. -disse lei. 

-Scusami. Io credevo di poterlo fare, ma... ma non è così. -riuscì a dire. -Mi dispiace, Atsuko. Davvero...

-Yūri. -lo chiamò di nuovo, interrompendolo. -Non devi scusarti, ok?

Gli accarezzò il viso, sistemandogli i capelli scuri che si erano appiccicati sulla fronte per il sudore.

-Ti meriti di essere felice. -continuò. -Andrà tutto bene.

Yūri annuì e cercò disperatamente di respirare in modo normale. Con quelle tre parole, Atsuko gli fece capire che doveva andare da Victor. Subito. E poi dire a tutti la verità. 

Così le obbedì. Lasciò il nastrino che stava sciogliendo per prendere l’anello e si voltò verso gli invitati, guardando l’intera sala. Poi i suoi occhi incrociarono quelli di Victor.

Iniziò a scendere i gradini. Uno. Due. Tre. I piedi ora erano sul tappeto rosso della navata.

Quanto era stato stupido. Avrebbe dovuto dire subito ai suoi genitori come stavano le cose. Magari quel matrimonio sarebbe stato quello tra lui e Victor, senza interruzioni e senza inutili uscite di denaro.

Ma no. Yūri non era stato un cuor di leone neanche stavolta.

Rimase per un attimo immobile, guardò i suoi genitori, poi di nuovo Victor, che ora stava sorridendo.

E iniziò a camminare, aumentando la velocità poco a poco.

-Yūri, torna pure... -iniziò a dire la madre di Atsuko.

-No. Basta. -la interruppe Yūri senza neanche guardarla in faccia.

Dio, perché quella navata doveva essere così lunga? 

Si mise a correre, proprio mentre anche Victor iniziava a camminare verso di lui. Yūri lo rivide con addosso uno smoking grigio e un impermeabile ocra, le mani coperte dai guanti scuri e un pass al collo. 

Esattamente come qualche anno prima, Yūri gli andò incontro. Ma stavolta fu lui a saltargli al collo per unire le loro labbra in un bacio.

Victor lo strinse a sé, mentre i loro amici esultavano e applaudivano. Il resto degli invitati rimase a bocca aperta.

Ma a Yūri non importava. Stava baciando Victor, era tutto ciò che gli importava.

-Scusa il ritardo, moy prints. -gli disse Victor appena si separò da lui. -C’era traffico.

Yūri gli sorrise: -Sei arrivato giusto in tempo.

 

 

Victor fece appena in tempo a ricambiare il sorriso di Yūri che tutti i loro amici li circondarono, facendogli i complimenti. Michele Crispino si era persino commosso.

-Victor, è stato fantastico! -esclamò Phichit fremendo dall’emozione. -Quando sei entrato e Yūri ti ha visto ho pensato “wow, come negli shojo manga!”. Si dice shojo, giusto?

Yūri ridacchiò e annuì.

-Ecco. Poi si è messo a correre e...

-Sì, Phichit, abbiamo visto tutti. -lo interruppe JJ.

-Voi due. -disse Michele indicandoli con l’indice. -Provate a farmi piangere di nuovo e vedrete che fine farete!

-Scusa. -fece Yūri imbarazzato.

-Yūri. -lo chiamò la voce di sua madre. Victor notò che era riuscita ad avvicinarsi a loro insieme al marito, nonostante il caos di pattinatori che si era creato.

Sentì la mano di Yūri cercare la sua.

-Mamma, papà... mi dispiace per non avervi detto niente... -disse il più giovane. -È che eravate così felici del matrimonio con Atsuko che io non ho avuto il coraggio di...

-Ma non devi scusarti di niente, figliolo! -esclamò il signor Katsuki. -Non ti abbiamo mai visto così felice!

-E-Eh? -fece Yūri, sconvolto.

-In effetti hanno ragione... -commentò Mari pensierosa.

-Ma io... -balbettò Yūri.

-Yūri. -lo chiamò di nuovo sua madre. -Sei felice con Victor?

Il figlio si voltò verso Victor, che gli sorrise dolcemente per incoraggiarlo, poi tornò a guardare la madre. 

-Sì, mamma. Sono felice. -rispose.

-E allora non preoccuparti. Noi ti abbiamo sempre supportato e lo faremo anche stavolta. -disse. Poi la donna guardò Victor: -Non far soffrire il mio bambino, siamo intesi, Vitya?

Victor annuì: -Non si preoccupi. -ricambiò la stretta di Yūri. -Yūri è al sicuro con me.

Il diretto interessato arrossì.

-Allora. A quando il matrimonio? -chiese Atsuko, che si era avvicinata a loro a sua volta. -Yūri, guarda che voglio l’invito!

Yūri le sorrise: -Sarai la prima a riceverlo.

Victor spalancò gli occhi, sorpreso: -Devo prenderla come una proposta, lyubov'?

-Speravo di fare le cose in modo diverso, però... 

Il russo non lo lasciò finire. Lo attirò di nuovo a sé e lo baciò sulle labbra, sotto lo sguardo intenerito di tutti gli altri. 

-Victor Nikiforov, vuoi sposarmi? -gli chiese Yūri in modo che solo lui sentisse.

Victor, trattenendo le lacrime, gli sorrise: -Da, ya khochu.




Moya lyubov' = amore mio
Moy prints = mio principe
Da, ya khochu = sì, lo voglio



*angolo autrice*
Ciao a tutti! Questa è la mia prima fanfic su Yuri on ice e devo dire che mi sono divertita a scriverla (anche se è stato un parto cercare di descrivere per bene i sentimenti dei vari personaggi!)...
Facendo il rewatch dell'anime mi è venuta voglia di scrivere qualcosina su di loro e rivedendo su YouTube la scena a cui è ispirata la one shot ecco che mi è venuta l'idea. Ormai quella clip la so a memoria! 😂❤️
E nulla, grazie a tutti per aver letto! Alla prossima! ❤️

 
   
 
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