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Autore: Fanny Jumping Sparrow    07/07/2021    0 recensioni
Il malvagio ed affascinante Capitan Vegeta ha un cuore nero come gli abissi, è vittima di una maledizione e con la sua nave Bloody Wench semina morte e terrore per i sette mari; la bella e intrepida Bulma Brief è una coraggiosa avventuriera con l'umore mutevole come la marea che nasconde un singolare segreto. Entrambi attraversano gli oceani alla caccia dello stesso tesoro: le magiche sfere del Drago. Il giovane tenente di vascello Son Goku, fresco di accademia ed amico d'infanzia della ragazza, riceve l'incarico di catturare i due fuorilegge, che nel frattempo hanno stretto una difficile alleanza, e consegnarli al capestro...
Personale rivisitazione in chiave piratesca del celebre anime su suggerimento della navigata axa 22 (alla quale questa storia è dedicata;) e della mia contorta immaginazione. Possibili numerose citazioni e riferimenti ad opere letterarie e cinematografiche esterne. Gli aggiornamenti saranno dettati dalle capricciose onde dell'ispirazione. BUONA LETTURA! Se osate...
Quella tonalità era insolita, appariscente, innaturale. Non umana.
Contenne uno spasmo di eccitazione. “Troppa grazia”, obiettò pessimisticamente.
Aveva dato la caccia ad un colore simile innumerevoli notti, sondando bramoso il blu profondo.
Troppo facile, troppo assurdo che l’avesse proprio lei.

*CAPITOLI FINALI IN LAVORAZIONE*
Genere: Avventura, Commedia, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Freezer, Goku, Vegeta | Coppie: 18/Crilin, Bulma/Vegeta, Chichi/Goku
Note: AU, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salute a tutti/e ^_^
Finalmente riesco a riapprodare tra questi lidi con un nuovo capitolo che ho impiegato molto più di quanto avessi previsto a stendere, tra intoppi, indecisioni, riscritture e più seri e dispendiosi impegni concomitanti, che ahimé, non mancano mai ^^"
Si tratta di un capitolo in cui ho tentato di concentrare l'azione e di coinvolgere un bel po' di personaggi: spero come sempre che sia di vostro gradimento e che la lunga attesa sia ripagata.
Alla conclusione di questa storia mancano oramai pochissimi capitoli (non più di tre/quattro), ma nelle prossime settimane sarò nuovamente impegnata con lo studio matto e disperatissimo per un concorso, per cui sarò costretta a rimettere in stand by la scrittura :/

Ringrazio i numerosi lettori che si sono aggiunti, nonché tutti coloro che mi hanno fatto avere un segno della loro presenza e del loro sostegno inserendo la ff tra le seguite/preferite/ricordate: senza il vostro costante appoggio, probabilmente avrei lasciato questa storia inconclusa per sempre ^^
Vi ricordo che, se volete, potete anche seguirmi sulla mia pagina Fb dove di tanto in tanto pubblico qualche anticipazione ;)

Buona estate e al prossimo approdo!)

Ps. Il bellissimo disegno che potete ammirare a fondo pagina è ancora una volta una gentile concessione di mia sorella, cui l'ho commissionato appositamente :)


XXXV – THE FLEETING MOMENT

Inclinò il busto all’indietro, scansando per un soffio l’acciaio affilatissimo che gli baluginò minacciosamente davanti agli occhi, rimediando soltanto un largo squarcio sul bavero, che si sommò a quelli subiti sui pantaloni e su entrambe le maniche della giacca già sbrindellata di cui si liberò, per migliorare la scioltezza delle sue movenze.
C’era mancato davvero poco che quella sciabola arrotata gli mozzasse la gola.
Non poteva permettersi di abbassare la guardia neanche per mezzo secondo: quel Vegeta era davvero una furia scatenata! Malgrado non fosse di statura eccelsa, il suo fisico flessuoso e massiccio possedeva una forza disumana, e lui combatteva sfruttandone ogni muscolo, aggredendolo con qualsiasi tipo di colpo, lecito e illecito, di punta, di diagonale, di pomo e di stocco, talvolta anche impiegando calci e gomitate, senza dargli un attimo di tregua. I suoi attacchi erano feroci, fulminei, implacabili, arrivavano da qualsiasi direzione ed erano finalizzati incontrovertibilmente a uccidere.
Per la prima volta Goku si ritrovò a pensare che, se si fosse sentito troppo sicuro di sé o se distraendosi un po’ gli avesse lasciato intuire anche un suo minuscolo punto debole, avrebbe potuto benissimo lasciarci la pelle. Eppure quell’eventualità, per qualche recondita e inesplicabile ragione, lo galvanizzava e lo spronava a dare di più.
Respinse altri due assalti rapidissimi e scattò in avanti, sferzando ripetutamente la lama del pirata che si oppose energicamente alla sua, fino a emettere scintille, fino quasi a sentirla incrinarsi.
- La tua fama non è immeritata. Mi stai tenendo parecchio impegnato – ammise con schiettezza e divertimento, riuscendo a stento a cavarsi da quel legamento e riguadagnare lo spazio minimo per evitare di essere infilzato.
Il suo pugnace oppositore passò subito al contrattacco, scagliandogli contro una sfilza di pugnali estratti dal farsetto, che lui deviò con la sua spada, spostandosi poi lateralmente con una capriola, guadagnandosi qualche altro graffio superficiale.
- Adesso mi stai davvero irritando! Togliti di mezzo! – sbottò esacerbato il pirata, lanciandosi in scivolata su un ginocchio e tirandogli dal basso un allungo diretto a trafiggergli il ventre, ma l’agile sottoufficiale con una piroetta a mezz’aria gli fu alle spalle, restando in bilico sulla balaustra e poi, calando su di lui, tentò di restituirgli un colpo di volata, cui quello riuscì prontamente a sottrarsi, inarcando la schiena e compiendo un triplo giro su se stesso, atterrando ora sulle piante dei piedi ora sui palmi delle mani.
Soffocando un ringhio mentre si ripuliva il sottile rivolo rossastro sgorgato da un taglio superficiale allo zigomo, Vegeta tornò di nuovo in posizione eretta, la sciabola ben salda in pugno, spostando il baricentro in avanti, muovendosi in tondo, riducendo gradualmente ad ogni stridente toccata di battuta e di striscio le distanze con il tenace rivale.
Aveva creduto di poter chiudere lo scontro in poche mosse, invece, contro ogni sua previsione, quel giovane soldato, all’apparenza imprudente e impulsivo, era tutt’altro che un dilettante, anzi si stava rivelando un avversario piuttosto ostico. Il suo stile di combattimento era fondato su una tecnica semplice, pulita, priva di scorrettezze, corroborata però da resistenza, fervore, lucidità e neanche un accenno di arrendevolezza. Sembrava quasi si stesse fomentando a confrontarsi con lui.
Era reattivo, veloce, intuitivo, studiava le sue azioni e imparava presto a contrattaccare. Non riusciva a coglierlo in fallo, schivava con destrezza un colpo dopo l’altro e, non appena gli offriva la minima apertura, arrivava a portare a termine affondi pericolosi.
Le due sonanti lame avevano ripreso a incrociarsi forsennatamente, sibilando, stridendo, picchiando l’una sull’altra. Nessuno dei due instancabili duellanti riusciva, però, a prevalere nettamente sull’altro, alternando una frequenza elevata e costante di fendenti e montanti a tentativi reciproci di abbrancarsi e colpirsi anche con le nocche.
- Allora, bamboccio, vogliamo ricominciare a fare sul serio oppure no? – lo incalzò innervosito Vegeta, mulinando la sciabola, andandogli incontro con un rapido gioco di gambe, mirando a colpirlo agli stinchi con due incisivi ridoppi 1, così da limitare i suoi movimenti.
- Io sono pronto. Sei tu quello che continua a cincischiare – rilanciò audacemente Goku, maneggiando la spada a schermire trasversalmente l’intero corpo dalla lama spianata dello sfidante, inducendolo a rispondere con un paio di parate e di cavazioni per eludere la sua manovra volta a portare a compimento un’imbroccata2 diretta all’articolazione della sua spalla sinistra.
Riuscendo appena in tempo a non subire quella stoccata, Vegeta continuò a sciabolare con accanimento, considerando a denti serrati che forse aveva superficialmente sottovalutato chi gli stava davanti. Nonostante i suoi sforzi di camuffarlo, quel falso novellino sembrava essersi accorto della sua recente ferita, la cui sutura gli doleva ancora un po’, perché era proprio in quel punto che si stavano concentrando tutti i suoi ultimi assalti. Era giunta l’ora di mettere fine a quello scontro e alla svelta; stava concedendogli troppo tempo per capire come sfondare la sua difesa.
Riuscendo a giostrarsi con una sapiente finta, lo afferrò repentinamente per un braccio, tirandolo a sé e dandogli una testata che lo destabilizzò per qualche secondo e diede a lui modo di guardarsi intorno, soppesando tutte le circostanze.
Avrebbe potuto cercare di recuperare la pistola di cui il fervente marinaio l’aveva disarmato e freddarlo con una pallottola in piena fronte per cancellargli quell’espressione imperturbabile e sfacciata che gli si era impressa sul volto, ma in verità in quel momento, vedendoselo tornare a incalzarlo con inalterata spudoratezza, era più solleticato dalla voglia di batterlo a mani nude e di farlo a pezzi.
Quando era prossimo alla trasmutazione, tutti i suoi sensi erano amplificati, la sua sete di sangue s’intensificava, accrescendo la sua aggressività, e la smania di trucidare chiunque intralciasse il suo cammino gli annebbiava la mente.
Per imporsi doveva restare focalizzato e pronto all’eventuale uso di qualsiasi tiro mancino. Dalla sua aveva arguzia e spregiudicatezza, dote, quest’ultima, di cui quel tipo serafico e baldanzoso pareva difettare, giacché non aveva ancora sfoderato lo spadone che aveva notato pendergli dall’intarsiata bandoliera legata al fianco destro.
Anche lui aveva un’arma di riserva ma, a differenza del sin troppo onesto rivale, non avrebbe esitato oltre a sguainarla.
- Vuoi crepare? Bene! Ti accontento subito – ruggì con foga Vegeta, spiccando un salto e proiettandosi su di lui, dividendo in due metà identiche la robusta e aguzza sciabola d’abbordaggio che aveva impugnato finora e ottenendo così una seconda lama con cui sferrò una combinata mossa a sorpresa, diretta a recidergli la giugulare e a trapassargli simultaneamente il cuore.
Fu solo grazie ad un tempestivo riflesso sincronizzato che il lesto ufficiale riuscì ancora una volta a contrastare il suo micidiale attacco, arretrando con una sforbiciata e alzando con un colpo di ginocchio il filo della squarcina3 protesa al suo addome.
Goku si stupì di se stesso. Quei due fendenti potenzialmente letali lo avevano mancato rasentando a pochissimi millimetri l’obiettivo, ma la sua eccezionale prodezza non bastò a evitare l’imprevedibile contromossa dell’astuto pirata.
Infatti, con una mirabolante rotazione su se stesso, questi si capovolse, piantò le estremità delle sciabole sul pavimento e le usò come perno per reggersi, flettersi, darsi la carica, stendere le gambe e rifilargli una potente calciata al petto con entrambi i piedi.
Impreparato a rispondere in qualche modo a quel contraccolpo violento e inaspettato, il tenente Son finì scaraventato giù per la scalinata cui aveva imprudentemente voltato le spalle, rotolando e stramazzando malamente sui gradini.
Intontito da quell’indegno ruzzolone, incapace di rialzarsi per il forte pulsare della nuca e del coccige che aveva urtato nell’impatto, Goku tentò di capire se avesse riportato qualche lussazione o osso spezzato, quando avvertì una pressione consistente comprimergli la cassa toracica. Presupponendo si trattasse di qualche costola rotta, mosse faticosamente una mano per tastarsi il costato, ma i suoi polpastrelli si scontrarono con qualcosa che aveva la grezza consistenza di un consunto stivale che lo teneva ben bloccato al suolo.
Quando dischiuse fiaccamente le palpebre, nella sua visione ancora tremolante e sfocata si delineò il ghigno sbeffeggiante dell’ineffabile filibustiere.
- Sei stato spudoratamente fortunato, finora ... – sibilò con un cipiglio intinto di incontrastabile superiorità, calpestandogli il torace e facendo scorrere su di lui la sua coppia di sciabole, mimando di squarciarlo all’altezza delle budella, simile ad un avido predatore che aveva finalmente catturato e abbattuto la preda a lungo inseguita e volesse giocarci ancora un po’, pregustandone sadicamente l’uccisione.
Sforzandosi di comandare al suo corpo momentaneamente fuori combattimento di reagire, Goku ingoiò a vuoto, amareggiato dall’essersi fatto mettere in scacco dopo un duello sostanzialmente alla pari per colpa di una stupida disattenzione. Nella caduta aveva perfino perduto la sua fedele spada d’ordinanza, pur conservando ancora l’altra, quella speciale che, tenendo fede al suggerimento di Re Kaio, non aveva ritenuto opportuno sfoderare contro un nemico reputato tutto sommato non imbattibile.
Un grossolano errore di presunzione che avrebbe pagato a caro prezzo.
Ergendosi su di lui, Vegeta ricongiunse le due metà della sua sciabola riottenendo un’unica gagliarda lama che alzò sopra di sé, brandendola con entrambe le mani: - Mi hai fatto sprecare sin troppo tempo, pivello. Muori – asserì biecamente, preparandosi a trafiggergli il costato.
Dei passi scalpiccianti si approssimarono a loro, risalendo dal basso: - Signore! Nella stanza del tesoro la sfera non c’è! – vociò sconcertato il giovane marinaio Tarble4, precedendo un manipolo di reduci formato da altro canagliume di bassa leva reclutato durante l’ultima sosta sulla terraferma, con le tasche e le braccia piene zeppe dei frammenti di uno scintillante bottino.
Una delle poche semplici regole che avrebbero dovuto apprendere sin da subito dai loro sudici compagni di bordo era il divieto di disturbarlo o, peggio, interromperlo mentre stava per ammazzare qualcuno.
Esalando un mugugno infastidito, Capitan Vegeta si voltò di scatto, tirando una sciabolata alla pancia al primo fra coloro che si ritrovò dietro: - Lo so idiota! La sfera era qui! – tracimò più che inferocito, facendo arretrare gli altri, balbettanti e impauriti; poi li interrogò irrequieto, spingendo lo sguardo corrugato a scandagliare il salone sottostante, in cui imperversavano grida e disordine – A proposito … Dove diamine si è cacciata quella squinternata?
Goku, pur ancora fiaccato da quella batosta, riuscì a puntellarsi sui gomiti e a risollevarsi, farfugliando candidamente: - Ti riferisci a Bulma, per caso?


Aveva scalciato, strillato, implorato, imprecato, lottato con tutte le scarse energie rimanenti per ribellarsi a quel sopruso, illudendosi di riuscire a smuovere la sua sensibilità, giacché sotto quell’impressionante corredo di coltellacci e pistole, di borchie e fibbie, cicatrici e toppe, il suo irriguardoso rapitore dopotutto era una giovane donna.
O, per meglio dire, un’assassina prezzolata, fredda, schiva e soprattutto incredibilmente forzuta, benché ci fosse da riconoscere che il suo incarico fosse facilitato.
Con le gambe già ricoperte di squame, intorpidite e malferme che non le ubbidivano quasi più, non aveva avuto alcuna possibilità di opporsi quando le aveva sgraffignato l’ultima sfera del Drago proprio davanti al naso e poi, senza tante spiegazioni, l’aveva sequestrata, portandola via da quella baraonda.
Bulma Brief, malgrado il suo evidente svantaggio, però, non era ancora disposta a capitolare, non prima di aver giocato tutte le sue carte.
- Lavori per Freezer? Lo fai per soldi? Credimi, io posso pagarti molto più di lui! Conosco moltissimi tesori, posso compensarti con qualcuna delle mie pregevolissime mappe che ti ci condurrà senza intoppi! – tentò ostinatamente di comprare la sua benevolenza, affannandosi a frugare nelle capienti tasche dell’ormai rovinato vestito, quel tanto che glielo consentivano i ruvidi legacci di corda stretti ai polsi, riuscendo a recuperare un piccolo astuccio di sughero insieme ad un borsello di seta contenente una cospicua quantità di contanti.
Le labbra serrate di Diciotto si piegarono in una smorfia esasperata, senza emettere alcuna sillaba definita. Odiava quando lasciavano a lei la parte più noiosa e meno rischiosa della missione. Oltretutto il suo capo le aveva specificato che non le era permesso uccidere né ferire quella bizzarra, insopportabile, preziosa, donna pesce, ma ciò non significava che non avrebbe potuto divertirsi a strapazzarla un po’.
Con un brusco strattone le fece cadere di mano i due oggetti cui aveva finto di prestare interesse, per poi smettere di trattenerla. Quella, incapace di reggersi, si afflosciò come un sacco vuoto, dimenandosi inutilmente. La bionda allora la riafferrò per i capelli e la spinse sgarbatamente a inginocchiarsi contro il tronco di un albero, riannodando con maggiore decisione, e non senza fatica, sia le corde sia il bavaglio che quella creatura ingestibile e petulante era riuscita in qualche modo ad allentare.
- Cammina – borbottò estenuata, risollevandola e trascinandola di peso verso il sentiero polveroso e scosceso che le avrebbe condotte sul ciglio della scogliera, laddove aveva stabilito di incontrarsi con il suo gemello. Oltrepassata la breccia nella recinzione del parco reale che i suoi colleghi avevano provveduto a far deflagrare per depistare le guardie imperiali, tutto d’un tratto fu proprio la piratessa dagli occhi di ghiaccio a fermarsi, captando un fruscio tra i cespugli, tendendo le orecchie per individuarne la provenienza e i nervi per prepararsi a replicare a qualsiasi oppositore.
Uno scintillio metallico balenò nella penombra che era calata ad avvolgere la terraferma.
- Lasciala andare! Subito – scandì con spavalda determinazione l’uomo in redingote rossa che si profilò davanti a loro, il volto sfregiato tratteggiato dalla blanda luce delle festose lanterne che ondeggiavano tra i frondosi rami degli alberi esotici che ornavano il giardino.
Bulma mugolò il suo nome contro la grezza stoffa che le tappava la bocca, gioendo e ringraziandolo tacitamente di essere ricomparso ed essere accorso in suo aiuto, nonostante l’indelicatezza con cui l’aveva congedato.
La rapitrice, non si lasciò intimidire minimamente dal tono minaccioso con cui quel tipo insolente l’aveva redarguita, tantomeno da quella canna puntata, anzi intuendo la familiarità tra i due, si dilettò a metterlo alla prova: - Altrimenti? Che cosa fai? – gli domandò con un sorrisetto provocatorio, estraendo un pugnale e rivolgendolo meschinamente al collo affusolato dell’azzurra.
Soffocando un singulto stizzito, Yamcha mosse istintivamente un passo in avanti, riponendo la pistola nel fodero e facendo scivolare dai polsini della giacca un paio di lame acuminate e ritorte, simili ad artigli: - Farò tutto il possibile per strapparla alle tue grinfie. Non costringermi a usare le mie zanne di lupo5 sul tuo bel visino – affermò con un sorriso sghembo, spostandosi di scatto e tirando un’unghiata che tagliò l’aria carica di umidità elettrostatica, sprizzando piccole particelle incandescenti.
Sapeva bene di avere un margine molto limitato di azione, non poteva tentare la sorte, contando unicamente sulla propria agilità e sfrontatezza, come spesso faceva, piuttosto avrebbe dovuto affidarsi sulla sua capacità di cogliere l’attimo fuggente per ribaltare quella situazione assai critica.
Imponendosi di non perdere la concentrazione né di lasciar trapelare la sua titubanza, ripeté quell’ardita mossa con strabiliante celerità, slanciandosi su di loro, tentando di costringere l’imperturbabile piratessa a mollare la presa sulla sua amata e a cominciare una tenzone con lui.
Se solo fosse stato capace di disarmarla con un gran colpo da maestro! Peccato che la precisione e la freddezza non fossero mai stati il suo punto di forza e che la glaciale criminale fosse molto brava a sottrarsi ai suoi attacchi, oltre che molto sadica, parandosi dai fendenti più pericolosi facendosi scudo proprio con il suo ostaggio, inducendolo a rischiare di sbagliare bersaglio e accoltellare accidentalmente proprio la sua adorata compagna di avventure.
Non per niente quella bionda mercenaria apparteneva alla ciurma del Terrore degli Oceani.
D’improvviso Yamcha si sentì sciocco e sconsiderato per aver creduto di poter combattere senza riguardo alcuno contro un avversario di sesso femminile. Le donne per lui erano da sempre croce e delizia, la sua più grande debolezza, il pensiero di arrecare loro del male intenzionalmente era contrario al suo personale codice di condotta.
Non era mai stato così abietto da ritirarsi a metà di uno scontro, ma neppure si sarebbe mai perdonato di commettere qualche scelleratezza, piuttosto avrebbe preferito essere lui a rimetterci, anche accollandosi il biasimo che ne sarebbe derivato.
Le iridi acquose della sua amica si dilatarono di indignazione e incredulità, vedendogli rinfoderare le sue peculiari armi contundenti.
- Ascolta Bulma, io non ho mai avuto intenzione di tradirti. Sì, hai ragione, forse in un primo momento avevo pensato di venderti. Ma poi sono andato in cerca di aiuto perché ho capito che da solo non potevo riuscire a proteggerti – confessò a malincuore, provando un bruciante miscuglio di sollievo e vergogna per essersi affrancato da quell’inaccettabile sospetto d’infamia – Ti amo – dichiarò ruvidamente, scrutandola suadente nella speranza di essere assolto per quell’umiliante resa.
Diciotto roteò le pupille al cielo, commentando sarcastica in uno sbiascico: - Commovente.
Bulma invece, seppure impedita da quei legacci, seguitava a mugugnare e a dimenarsi come un’ossessa, e Yamcha percepì un senso d’inadeguatezza, rabbia e autocommiserazione invaderlo in ogni grammo del suo essere, immaginando che, nonostante la sua accalorata e sincera dichiarazione, dopo quell’atto d’ignavia lei lo avrebbe detestato e non avrebbe voluto rivederlo mai più.
Sopraffatto com’era dallo sconvolgimento emotivo che stava vivendo, non sospettò che il motivo per cui l’amica stava agitandosi in quella maniera fosse per avvertirlo di un pericolo emerso proprio all’ombra delle sue spalle.
Tutto ciò che percepì fu uno schiocco secco, come di una cinghiata, sulla nuca, poi ogni cosa nel suo campo visivo divenne sbiadita e incolore. E perse ogni contatto con la realtà.
- Così patetico, che non valeva neanche la pena di sprecare una pallottola! – sentenziò con graffiante irriverenza Diciassette, riabbassando la mano tesa con cui aveva sferrato quel ceffone, centrando in pieno la sensibile regione cervicale del pirata.
La gemella ricambiò il suo sogghigno, buttandogli tra le braccia la ribelle prigioniera di cui si era stancata di doversi occupare.
- Sarebbe questa qui la donna pesce? Uh, alquanto ingombrante questa coda! – sbuffò sardonico quello, caricandosela in malo modo su una spalla, tra le sue soffocate proteste – E la numero sette?
- Presa – affermò di rimando la piratessa, facendo oscillare un fagotto ricamato.
Il fratello annuì compiaciuto: - Bene, allora sarà meglio filare via. Non vorrei che Zarbon stancandosi di aspettarci si alterasse …
I due ripresero ad incamminarsi verso lo stesso approdo da cui erano giunti clandestinamente su quella città galleggiante, per ricongiungersi alla ciurma di Freezer che intanto dalla baia stava continuando a coprire la loro fuga cannoneggiando il litorale.
Diciotto dispiegò il ritaglio di stoffa che aveva stracciato all’abito della donna azzurra, osservando quella biglia luminosa dai riflessi dorati poco più grande di un palmo che era stata la causa scatenante della loro incursione in quel luogo così remoto, nonché del loro ingaggio al servizio di quel lugubre Capitano non morto.
Era di un materiale sconosciuto e, dal suo punto di vista, non sembrava possedere chissà quale grande pregio, ma non stava a lei discuterne il valore. Doveva solo consegnarla.
Sospirando interiormente, si lasciò pervadere dalla speranza che conclusa quella vicenda lei e suo fratello avrebbero potuto finalmente essere liberi e magari con la ricompensa ricevuta procurarsi un piccolo sloop tutto per loro, viaggiando verso le mete che più desideravano, senza dover dare conto a nessuno.
- Altolà, voi due! Questa volta non la passerete liscia! – una voce acuta e molto determinata la strappò ai suoi vagabondanti pensieri, inducendola a riavvolgere la sfera nello scampolo di tessuto per metterla al sicuro da eventuali tentativi di furto.
Le sue iridi celesti si allargarono leggermente nel riconoscere chi fosse stato a pronunciare quell’ambiziosa minaccia, osando interporsi alla loro ormai prossima partenza.
- Toh, chi si rivede. È accorsa proprio tutta la feccia, eh, sorella – ridacchiò Diciassette senza la minima preoccupazione, ritenendo la sua presenza del tutto innocua, continuando a camminare per la sua strada, anzi accelerando l’andatura, impaziente di levarsi di dosso quella donna pinnata che seguitava a rumoreggiare e a percuoterlo.
Diciotto invece si era inspiegabilmente bloccata nel riconoscerlo e aveva esitato qualche secondo di troppo, fornendogli lo spunto per frapporsi ancora e di nuovo tra lei e la sua unica via di fuga. Quella situazione si era già verificata in passato, e lei ne era uscita facilmente, ma ora quel piccoletto sembrava cambiato, il suo sguardo era più sicuro e agguerrito rispetto all’ultima volta in cui l’aveva incrociato mesi addietro, quando era riuscita a farlo arretrare e impappinare solo lanciandogli una delle sue occhiate assassine.
Ciò non la distolse dal suo intento di dileguarsi il prima possibile da quel postaccio, in cui sguazzavano molti più cacciatori di taglie e soldati della Marina di quanti non ne avesse voglia di combattere.
- Aspettami, Lapis! – le sfuggì tra i denti, affrettandosi ad accorciare il distacco col suo inseparabile consanguineo, che chiamò distrattamente col suo vero nome.
Crilin, svelto come una lepre, con un guizzo le sbarrò il passaggio, drizzandole contro la lama lucida e ben limata del suo spadino, obbligandola ad armarsi a sua volta con la sua daga appuntita per osteggiarlo: - Sparisci, rompiscatole – le parole le uscirono tra un soffio e un ringhio.
- Mi dispiace, non posso farlo – il minuto marinaio tuttavia non si scoraggiò, dimostrandosi molto meno timoroso di quanto Diciotto lo ricordava e sfoggiando una fluidità di movimenti che lo rendeva quasi imprendibile, perfino per una spadaccina provetta come lei.
Così i due ingaggiarono un estemporaneo duello, conciso e privo di vero mordente, finché la spregiudicata piratessa, approfittando di un suo tentennamento, non lo atterrò con uno sgambetto, posizionandosi tra le sue gambe divaricate, disarmandolo con un calcio.
Crilin inghiottì un gemito nell’istante in cui si sentì lambire sotto il mento dalla punta della sua spada, fredda come i suoi occhi, dietro la cui impassibilità raggelante scorse però un residuo d’incertezza, convincendosi che non sarebbe rimasto ucciso per mano sua.
Quel pensiero gli infuse un barlume di speranza e un granello di coraggio in più per tentare di distoglierla dal suo maligno proposito.
- Non sei obbligata a compiacere quel mostro! Puoi ancora tirartene fuori, prima che sia troppo tardi! Davvero vuoi buttare via la tua vita così? Freezer prima o poi si sbarazzerà anche di te, nel più crudele dei modi! – argomentò con un tono particolarmente accalorato per cui lui stesso si sentì imporporare le guance. E finì per scaldarsi ancora di più quando la seducente fuorilegge, dopo che sembrò riflettere sulle sue parole, si chinò col busto su di lui, offrendogli un braccio per rialzarsi. Il solo sfiorare le sue dita lasciate scoperte da un ruvido guardamano di cuoio lo fece deglutire rumorosamente.
Diciotto gli rivolse l’accenno di un mezzo enigmatico sorriso: quel tipo era spassoso nella sua ingenuità infantile che gli faceva credere di poter redimere con qualche improbabile predica una sciagurata senz’anima come lei. Non aveva intenzione di restare ancora ad ascoltare i suoi blateramenti, ma neppure di ammazzarlo, piuttosto era ansiosa di tornare a bordo e rinchiudersi nella sua cabina o arrampicarsi sulla coffa per isolarsi da tutti.
Nella luce intermittente dei lampi dei cannoni che continuavano a deflagrare, i suoi lineamenti definiti apparivano ora angelici ora spietati e alla giovane vedetta mancò il fiato mentre lei gli camminava incontro, sinuosa e indecifrabile, cominciando involontariamente ad indietreggiare sempre più, al punto che inciampò, cascando dentro la vasca di una fontana di cui non si era neanche accorto.
 - Tu non sai niente di me – si congedò la bella piratessa in un sussurro scontroso, correndo via, lesta come una gazzella.
Sputacchiando l’acqua melmosa, Crilin riaffiorò in superficie, cercando di capire da che parte si fosse diretta per poterla inseguire, muovendosi più in fretta che poteva tra cespugli di rovi e rocce vulcaniche, e per poco non gli mancò la terra da sotto i piedi, ritrovandosi sull’orlo di uno strapiombo.
Tutto ciò che riuscì a vedere, tra il lampeggiamento di alcune bordate, fu il capo di una fune legata a una rupe che veniva recisa, precipitando nel vuoto sottostante la scogliera, in cui con molta probabilità lei e qualche altro dei suoi compagni si erano lanciati, raggiungendo una scialuppa che doveva averli recuperati.
Si sentì infervorare dallo scorno: quella deplorevole criminale gli era scappata ancora una volta! E lui era stato davvero un illuso a credere di poterla dissuadere con una penosa ramanzina. Non la conosceva, non sapeva da dove proveniva, quale fosse il suo vissuto, cosa animava il suo spirito, a cosa aspirava il suo cuore, sempre che ne avesse uno ... Magari quella vita sregolata ed errabonda se l’era scelta perché semplicemente le piaceva. Eppure i suoi occhi sembravano offuscati da un velo di tristezza e insofferenza.
Crilin restò ancora per qualche minuto a scrutare il mare indaco, affidandogli quelle sentimentali riflessioni interiori che non avrebbe potuto condividere con nessuno. Non sarebbe neppure stato capace da solo di mettersi all’inseguimento di quella combriccola che era riuscita a progettare una perfetta evasione. A quella constatazione si riscosse, rammentandosi che non aveva incrociato i compagni con cui era sbarcato fin lì e con i quali era stato impegnato inizialmente in diversi giri di ricognizione.
Tornò indietro, correndo a perdifiato, inciampando su un corpo disteso bocconi sull’erba poco lontano dal punto in cui aveva incontrato i due terribili gemelli.
Afferratolo per una spalla, lo rigirò sulla pancia e, accertatosi che respirasse e che non fosse ferito, ma soltanto svenuto, cominciò a schiaffeggiarlo e a scuoterlo ripetutamente, chiamandolo: - Yamcha! Hey, svegliati!
Quello strizzò e schiuse le palpebre, roteando le pupille allucinate tutto intorno: - Dove sono andati quei farabutti? – farfugliò confuso e arrabbiato.
Il marinaio rasato parlò con tono urgente: - Ti racconterò strada facendo. Dobbiamo tornare subito a Palazzo!

Goku-vs-Vegeta
1 Ridoppio: colpo dato in obliquo dal basso verso l’alto, è un incrocio tra montante e tondo, punta solitamente a gambe o fianchi dell`avversario.
2 Imbroccata: consiste in un affondo portato passando sopra la lama avversaria generalmente quindi questo colpo è indirizzato al petto, alle spalle o al volto dell’avversario.
3 Squarcina: arma bianca usata nel passato, consistente in una sorta di coltellaccio a lama larga e ricurva, simile a una scimitarra. In questo caso, l'ho usata come sinonimo un po' improprio di sciabola.
4 Tarble: per caratterizzare membri secondari della ciurma ho deciso di prendere spunto da personaggi apparsi in alcuni OAV, tra cui per l'appunto il fratello di Vegeta, che però nella mia storia è solo un pirata della Bloody Wench.
5 Zanne di lupo: ovviamente è un omaggio all'omonima tecnica usata da Yamcha nella prima serie di Dragon Ball; qui il nome è riferito a dei pugnali a serramanico che ho immaginato in sua dotazione.
   
 
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