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Autore: MaryElizabethVictoria    08/07/2021    0 recensioni
Morgan Stark e Sarah Rogers sono partite ormai da un anno, di nascosto dalle rispettive famiglie, in una disperata missione alla ricerca del fratello di Sarah, Philip. Il ragazzo, creduto morto, di recente è ricomparso misteriosamente per aiutarle a fuggire da un laboratorio dell'Hydra dove hanno tentato strani esperimenti sui ragazzi, per poi scomparire di nuovo. 
Le due non si daranno pace finché non capiranno cosa c'è dietro.
Intanto la diciottenne Ellie Smith, una ragazza apparentemente priva di poteri dal passato incerto, si è iscritta all'Accademia SHIELD per diventare un'agente proprio come il suo fidanzato Michael Coulson. Anche Blake Foster, Cali Erikssen, Sebastian Strange e i gemelli William e Tommy Maximoff si sono gettati a capofitto nel loro primo anno di college, dove tra esami incombenti, poteri fuori controllo e drammi familiari in agguato i guai non mancheranno di seguirli...
I fatti narrati si volgono circa un anno dopo quanto accaduto in 'The Young Avengers' di cui è consigliata la visione per contestualizzare meglio i personaggi e il loro percorso. Buona lettura!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Buongiorno a tutti, carissimi e carissime!
Oggi in via del tutto eccezionale una nota a inizio capitolo, perchè metterla alla fine non avrebbe avuto senso, in più non toglie niente alla sorpresa dato che già il titolo del capitolo è uno spoiler grande come una casa ahhhhhhhhhhhhhh
Come ormai tutti avrete capito mi piacerebbe tributare questo capitolo in particolare alla fantastica InsurgentMusketeer e a Ellie Renner, il personaggio originale da lei creato e indiscussa protagonista dell'originale Codice Venom ;)
Non c'è bisognoche sottolinei che senza Insurgent o senza Rack io sono perduta... oltre alla stima personale come autrici voglio un bene enorme a queste ragazze strepitose!!!!! Se non avete già provveduto vi consiglio sempre spassionatamente le loro storie, in cui troverete veramente tutto quello che potreste apprezzare in un film MCU e anche molto di più... dunque, vi lascio a quella che mi auguro sarà una piacevole lettura^^
Un saluto di cuore.

Mary

...

La discesa fu arrestata di colpo da qualcosa che le sospinse in alto, come se avessero all’improvviso intercettato un’onda che, dopo l’iniziale decollo, avesse deviato la loro traiettoria. Quando riprese coscienza del proprio corpo Sarah Rogers si ritrovò schiacciata contro l’asfalto di un parco pubblico, che riconobbe come quello sulla cinquantottesima strada, in pieno centro, nell’assolato pomeriggio estivo di New York. Sentiva le punte delle dita ancora formicolanti e un intenso bruciore sula guancia destra che poggiava direttamente a terra. Alzò faticosamente la testa e fu come se le fosse cresciuta di due taglie. Stringendo i denti, con le tempie che pulsavano e il nervoso a llivelli cosmici, la ragazza si costrinse a gettare un rapido sguardo intorno a sè: di quell’idiota di suo fratello nessuna traccia, ma se pensava di cavarsela così si sbagliava di grosso…Aveva ancora in testa il suo sguardo sereno e rassegnato, specchio perfetto di quello di suo padre, che lo aveva pure lasciato andare. Era per lei un atteggiamento inconcepibile!

Constatò che almeno non era finita lì da sola, infatti Morgan giaceva riversa a pochi metri da lei, dolorante ma cosciente, come testimoniavano le colorite imprecazioni del caso.

Fortunatamente la giovane Stark era atterrata su uno spiazzo erboso che aveva di poco attutito la caduta dall’alto, anche se lo sbalzo era stato più violento di quanto potesse sopportare.

-Ehi…tutto bene?

-Una favola- rispose Morgan ironica, sputando un ciuffo d’erba che chissà come le era finito in bocca e cercando di sentire quante costole le restavano dopo l’impatto- ricordiamoci di rifarlo più spesso…

-Siamo…tornate a casa - constatò Sarah, visibilmente delusa- Siamo al punto di partenza.

-Già- confermò Morgan che condivideva tutta la sua frustrazione a riguardo per essersi ritrovata a New York senza la minima pista su dove invece fosse finito Philip- A quanto pare quel dannato albero non ha capito un cazzo di quello che gli ho chiesto.

Sarah si voltò verso l’amica, incuriosita dalla sua ultima affermazione.

-Perchè… ti ha parlato?

-A te no?

-No…non proprio. Io ho solo sentito la testa girare e mi sono ritrovata qui…ma in un certo senso era come se ci volessi andare io.

-Oh…è esattamente quello che l’albero mi ha chiesto- confermò Morgan, che pareva ancora leggermente stordita, fece per dire qualcosa in più, ma poi cambiò subito idea e riformulò il concetto con altre parole più prudenti- Mi ha chiesto dove volessi andare…solo non ha proprio parlato. Erano più immagini, come se fosse direttamente…

-…nella mia testa- conclusero all’unisono le due ragazze, scambiandosi uno sguardo preoccupato.

Nessuna di loro due aveva avuto il tempo di pensare a quello che stavano facendo, si erano semplicemente buttate in un gesto coraggioso e disperato. Quella stupida copia cresciuta di Ellie le aveva esortate entrambe ad accettare la situazione e ad andare avanti, aveva anche accennato al fatto che solo così avrebbero potuto prevenire un futuro ben peggiore per tutti. Eppure, si domandava Sarah, come avrebbe potuto pretendere che se ne restasse lì senza fare niente mentre perdeva suo fratello una seconda volta? Era chiaro che Morgan la pensasse allo stesso modo, seppure al momento le sembrasse molto strana…non era preoccupata solo di ritrovare Philip, ma sembrava alla spasmodica ricerca di qualcos’altro, scandagliando nervosamente con lo sguardo l’orizzonte come se sperasse di vedere comparire qualcosa in particolare.

Sarah si guardò bene intorno a sua volta .

Avrebbe potuto andare avanti a lungo con quelle speculazioni, ma si rese conto ben presto che, a una certa distanza prudenziale dal punto in cui erano atterrate, si stava radunando una piccola folla. Una folla che sembrava più sconvolta di loro per l’accaduto.

-Avete visto anche voi? Sono cadute dal cielo…- stava commentando qualcuno con palese orrore.

Un paio di ragazzini curiosi provarono ad avvicinarsi a loro, ma furono subito tirati indietro dalle rispettive madri con esclamazioni atterrite. Un anziano signore strinse a sè il guinzaglio del cane e due giovani ciclisti fecero inversione, cambiando strada pur di non passar loro accanto.

-Voi due non muovetevi!- urlò isterico un passante mentre una signora con la carrozzina fuggiva nella direzione opposta -State dove siete! Chiamiamo qualcuno!!

-La polizia…ci vuole la polizia -gridava nel mentre qualcun altro.

Tutti sembravano estremamente sconvolti, in maniera abbastanza ingiustificata dal momento che entrambe le ragazze erano coscienti e senza traumi evidenti.

Certo, non capitava tutti i giorni di uscire di casa a fare jogging e di vedersi due persone precipitare dal cielo, glielo concedeva…ma, ammettiamolo, dopo gli Avengers, dopo le invasioni aliene, dopo i diversi attentati che fortunatamente uno dopo l’altro erano sempre stati da loro sventati, in quegli anni a New York era capitato ben di peggio. Tanto che ormai un tratto caratteristico dei newyorkesi era diventato quello di aspettarsi veramente di tutto e mantenere anche un certo contegno di fronte all’inspiegabile. Invece la gente attorno a loro sembrava in estrema difficoltà, allarmata per quell’evento come un alveare di api impazzite.

Facendo leva sui palmi doloranti Sarah cercò di tirarsi in piedi per valutare meglio la situazione.

-Non c’è bisogno…stiamo bene- provò a dire la ragazza, che grazie al suo potenziamento connaturato aveva retto miracolosamente bene l’impatto tanto che si era rialzata come se nulla fosse. Mosse anche qualche passo per rassicurarli sulle proprie condizioni ma quel movimento parve renderli solo più frenetici… come se si sentissero minacciati.

-State lontano- ribadì il passante di prima- abbiamo chiamato la polizia… sarà qui a momenti! Quindi non tentate di fare niente di strano…

Alchè Sarah e Morgan si scambiarono un’ulteriore sguardo, questa volta allarmato. Ci volle giusto qualche istante perchè le ragazze si rendessero conto che la gente lì attorno non aveva paura per loro…aveva proprio paura di loro. In effetti era la polizia ad essere stata nominata, non i soccorsi.

-Questi sono fuori di testa…- commentò Morgan- …inutile provare a parlarci.

-Riesci a camminare?- le domandò Sarah.

L’amica annuì tirandosi in piedi a sua volta, mascherando un notevole sforzo.

-Bene, allora leviamoci di torno prima che a questi altri prenda un colpo.

La gente intorno a loro non osò tentare di fermarle, la folla si aprì al loro passaggio pur di restare il più lontano possibile.

-Da non credersi…è come se ci considerassero infette- commentò Sarah irritata, estrasse quindi il cellulare per mettersi in contatto con gli altri e aggiornarli sull’accaduto.

Compose subito il numero di Blake, rendendosi conto mentre lo faceva che non poteva aspettare un istante di più per sentire la sua voce. L’ultimo anno passato lontani per una sua stupida scelta le pesava come non mai. Anche se aveva fallito, anche se Philip si trovava disperso chissà dove, sperava di trovare almeno in lui in salvo e al sicuro. Tuttavia la aspettava l’ennesima amara sorpresa.

-Che strano…il numero risulta inesistente. Stessa cosa per gli altri.

-Forse non c’è campo…- rispose Morgan distrattamente.

Stava faticando non poco a tenere dietro al passo deciso di Sarah, considerando che non era uscita del tutto indenne dalla caduta. Il dolore sordo alle costole si faceva sentire sempre di più, spezzandole di tanto in tanto il respiro. Ovviamente Morgan non voleva darlo a vedere per non essere da meno dell’amica, che era caduta esattamente come lei, eppure non si era fatta niente...ma per Sarah fin da piccola era stato così, cadeva e si rialzava come se nulla fosse, guarendo a un ritmo impressionante e decisamente non umano. Morgan aveva perso il conto delle volte in cui Sarah l’aveva lasciata indietro, correndo come una forsennata verso la prossima avventura. Era stato difficile essere amica di Sarah perchè significava reggere il suo ritmo impossibile, ma nell’ultimo anno Morgan si era resa conto ancora di più del divario che le separava. E nonostante questo la ragazza si era ripromessa che non si sarebbe più fatta lasciare indietro, quale che fosse il costo.

-In pieno centro?- Sarah, che ancora combatteva con il cellulare, si fermò un momento solo quando si rese conto che l’altra non la seguiva più- Morgan? Sicura di stare bene?

Morgan si era fermata un attimo, appoggiandosi a una ringhiera giusto il tempo necessario per ricominciare a respirare correttamente. Non aveva una bella cera.

-Si… scusa. Purtroppo a quanto pare non sono resistente quanto te- ammise soffiando tra i denti per farsi forza-  Sai l’erba cattiva…

-Ma certo…andiamo a farti dare un’occhiata - si risolse Sarah, mettendo via il telefono.

-Non c’è bisogno Sarah…

-Non farti pregare. Non mi sei per niente d’aiuto in queste condizioni- sottolineò, con una spontaneità quasi crudele dal momento che aveva detto una cosa ovvia.

Morgan represse un commento seccato e si sforzò di proseguire...tanto se Sarah si era messa in testa qualcosa non sarebbe stata certo lei a farle cambiare idea.

Per una fortunata coincidenza il pronto soccorso più vicino era sullo stesso isolato, raggiungibile direttamente a piedi, eppure era leggermente diverso da come le ragazze lo ricordavano. Era pur vero che mancavano da New York da un anno, ma si sarebbero ricordate dell’ enorme obelisco di marmo che capeggiava di fonte all’ospedale, incombendo minaccioso sulle loro teste.
Non era il genere di cosa che si costruisce così in poco tempo, tanto più che alla base era applicata una targa bronzea dall’aspetto usurato, che riportava la scritta a caratteri cubitali ‘V-20 in memoriam’.

-Deve trattarsi di una commemorazione o qualcosa del genere- minimizzò Sarah, proseguendo senza farci troppo caso.

Invece Morgan restò a fissare impressionata l’enorme lugubre colonna.

Per tutta la sua lunghezza erano stati incisi migliaia di nomi e appoggiato alla base di bronzo si trovava una sorta di macabro tappeto formato di bigliettini, candele, fiori e qualche consumato peluche…oltre a centinai a di scritte che riportavano ossessivamente la parole ‘mai più’.

Tutto sembrava alludere a qualcosa di terribile che era successo qualche tempo prima e che la popolazione doveva aver percepito come un vero flagello. Possibile che loro, per quanto fossero state all’estero, non ne sapessero niente?

-Ti muovi?- la riprese Sarah.

Morgan fu costretta a lasciar perdere quelle considerazioni e a seguirla, lo fece  poco prima di arrivare a leggere il nome riportato centralmente all’obelisco,  in una elegante filigrana dorata, quello di fronte al quale vi erano sempre fiori freschi consegnati quotidianamente.
Il nome era quello di sua madre, Virginia Potts Stark.

All’accettazione non trovarono la coda che si aspettavano di trovare, per la verità a Morgan non chiesero neanche un documento, ma soprattutto non ne vollero saperne di carte di credito.

-La sanità è completamente gratuita dallo Stark Act- commentò distrattamente il receptionist- devi essere l’unica in America a non saperlo, signorina…piuttosto ho bisogno di vedere il tuo certificato vaccinale V-20 prima di farti accedere al pronto soccorso.

-Il certificato vaccinale…-ripetè Morgan lentamente, qualcosa nel tono dell’impiegato le diceva che sarebbe stato meglio reggere il gioco piuttosto che ammettere di non esserne in possesso-…ma certo, io… devo averlo lasciato a casa.

Questo la squadrò come se avesse appena detto di aver dimenticato a casa la testa.

-Lo sai almeno che è illegale circolare senza?

-Ehm…mi dispiace?!- Morgan si sentiva ogni istante peggio e le stavano facendo un mucchio di storie per quello che fondo non era che un pezzo di carta.

Eppure quell’uomo ne stava facendo una vera questione di stato.

-C’è qualche problema?- intervenne Sarah alle sue spalle.

-Signorine, siete pregate entrambe di esibire immediatamente il vostro certificato …o sarò costretto a chiamare la sicurezza- disse l’uomo, questa volta in tono minaccioso.

Parecchie persone si voltarono a guardarle, mormorando commenti come se si trattasse di una situazione particolarmente indecorosa. Prima che Sarah potesse ribattere qualcosa di scortese, per loro fortuna, videro camminare per il corridoio il padre di Sebastian, che quasi passò loro davanti senza riconoscerle.

-Ehi! - esclamarono le due richiamando la sua attenzione.

Il dottor Stephen Strange, che a dirla tutta aveva già avuto una giornata massacrante, dovette fermarsi per le due sconosciute, meditando sul fatto che non riusciva mai a finire un turno e a tornarsene a casa in santa pace a senza che un nuovo problema si presentasse all’ultimo minuto…  

-Che fortuna che sei qui, stiamo cercando Philip, quindi non è che potresti…- Sarah abbassò la voce per non farsi sentire dal receptionist, fece un gesto vago con la mano-…fare quella cosa da stregone, hai capito, e mandarci direttamente da lui?

-Prego?

-Si, insomma potresti usare la magia…così risparmiamo tempo- aggiunse Morgan, speranzosa.

Il dottore le fissò entrambe sconcertato, era quasi troppo stanco per arrabbiarsi sul serio per quello che non poteva che essere uno stupidissimo scherzo.                                                                           
-Avete bevuto?- domandò infine.

-Non hanno il certificato vaccinale! - le accusò immediatamente l’impiegato dell’accettazione, come se si trattasse di un crimine capitale- Nessuna delle due…Potrebbero essere delle terroriste, io chiamo la polizia- concluse allarmato.

Questo dettaglio fece istantaneamente impallidire il dottore che rapidamente abbandonò l'ipotesi 'scherzo'.
Nessuno avrebbe mai scherzato su un certificato di quel tipo sapendo cosa comportava...le due in effetti sembravano non rendersi minimamente conto della loro precaria situazione. Di qualsiasi cosa si trattasse intuivano solo avesse a che fare con questo benedetto vaccino V-20 da cui tutti parevano ossessionati.
E non possederne uno a quanto pare  implicava qualcosa di molto, molto brutto.

-Grazie, non è necessario Greg. Ci penso io.

-Ma dottore...

-Ci penso io, ho detto. Voi due con me... Immediatamente- ordinò, praticamente sospingendole verso un corridoio vuoto.        

Le ragazze si guardarono disorientate prima di decidersi a seguirlo: ormai parecchie cose non tornavano, tanto che erano giunte alla conclusione che il posto dove si trovavano poteva non essere quello che credevano. Prima la strana reazione della gente al parco, poi quell’obelisco inquietante, infine lo stesso Stephen Strange che si comportava come se non si fossero mai incontrati prima di allora…e che stava cercando di attirare il meno possibile l’attenzione su di loro mentre le conduceva al riparo da sguardi indiscreti.

Sfortunatamente, avevano mosso appena pochi passi prima che Morgan fosse costretta di nuovo a fermarsi: era evidente che stesse soffrendo, tanto che il primo pensiero del medico fu di sincerarsi delle sue condizioni…Niente di rotto, valutò approssimativamente, dal momento che non poteva farle alcuna lastra senza che risultasse, ma la ragazza doveva stare a riposo e possibilmente prendere subito un antidolorifico.

-Come siete arrivate qui?- volle sapere mentre soccorreva la povera Morgan con una fasciatura di fortuna.

-Lunga storia. Abbiamo sconfitto le Norne- insistette Sarah in un ultimo disperato tentativo di contestualizzare la situazione- le divinità del destino, hai presente? Poi siamo finite qui passando dall’albero di luce…è possibile che qualcosa sia andato storto e che non siamo ‘esattamente’ dove dovremmo essere.

-Su questo almeno non ci sono dubbi- confermò il dottor Strange, digitando rapidamente l’interno del reparto psichiatria per sincerarsi al volo se gli fossero per caso scappati un paio di pazienti e solo a loro risposta negativa si costrinse a prendere in mano la situazione- Chiunque voi siate non potete restare qui senza un piano vaccinale V-20 valido e aggiornato. Come vi è saltato in mente di entrare in una struttura pubblica essendone sprovviste?

-Ecco…noi non lo sapevamo…non abbiamo mai avuto bisogno di un vaccino- ammise Sarah, che aveva ormai chiaro che qualcosa non andava -E poi che vuol dire che dobbiamo averlo per forza?

Sembravano vissute fuori dal mondo negli ultimi sei anni per porre certe domande, valuto Stephen, sempre più allarmato.
Erano anche dannatamente fortunate ad essere arrivate fin lì più o meno indenni.

-Vuol dire che la sicurezza può sparare a vista se non ne avete uno. Adesso è sufficientemente chiaro?- ma constatando che per le due ragazze non lo era affatto il dottore si risolse per un approccio più pratico- Seguitemi, passerete dall’uscita del personale. Non devono trovarvi qui.

In tutta risposta Sarah guardò Morgan, preoccupata per le sue condizioni.

-Pensi di farcela?

-Si- confermò la ragazza, alzandosi a fatica- Meglio andare...diciamo che oggi non è proprio giornata.

Di nuovo non riuscirono ad allontanarsi di molto senza venire interrotte.

-Stephen?- domandò alle loro spalle una voce femminile e melliflua, che purtroppo le ragazze riconobbero subito come quella di Samantha Smith- Il tuo turno mi risulta finito da un pezzo…che strano trovarti qui.

La finta madre della loro amica Ellie, la pazza che li aveva sequestrati tutti per fare esperimenti su Sarah, una donna che nel mondo che conoscevano era morta da un anno nell’esplosione del suo stesso laboratorio, si trovava in carne ed ossa di fronte a loro, affiancata gloriosamente da due uomini della sicurezza, e sorrideva ai presenti in maniera per nulla rassicurante.

-Posso aiutarti in qualche modo Samanta?- domandò lui, senza curarsi di nascondere in alcun modo la poca simpatia che doveva correre tra loro.

-Come mai non sei a casa?- insistette Samantha Smith, battendo ritmicamente il tacco a terra in una maniera che avrebbe innervosito chiunque.

-Forse per il tuo stesso motivo- azzardò lui- siamo talmente sotto organico che oso sperare tu sia scesa qui tra noi comuni mortali per dare una mano...no?

-Sai, poco fa mi hanno raccontato una storia interessante…- proseguì la donna-…a quanto pare ci sono due ragazze sprovviste di documenti sanitari che girano per il reparto…sbaglio a presumere che si tratti di queste due incantevoli creature?

Lo disse in una maniera tale che a Sarah e Morgan fece letteralmente accapponare la pelle.

Per loro fortuna il dottor Strange reggeva benissimo la parte e non pareva intenzionato a consegnarle.
Sarah e Morgan non sapevano a questo punto se lo facesse più per aiutare loro, che in fin dei conti dovevano essere per lui delle perfette sconosciute, o per quanto non potesse sopportare quella donna arrogante che doveva sempre mettere il becco su tutto.

-Se dovessi correre a informarti tutte le volte che sbagli…temo non mi resterebbe tempo di fare altro, compreso il mio lavoro- la informò e, comprensibilmente, la dottoressa Smith non la prese bene.

-Il tuo lavoro, che dopo i sospetti che già ho sul tuo conto, mantieni unicamente a causa della carenza di organico che hai menzionato poco fa, è principalmente fare quello che dico io: ti ricordo che in quanto direttrice devo essere informata di qualsiasi caso particolare venga trattato -insistette la dottoressa Smith, fulminandolo con lo sguardo- quindi, ti prego, considera questo e rispondi alla mia domanda.

-Sono due pazienti che stavo dimettendo- sostenne lui impassibile -ora che lo sai, sono sicuro che in quanto direttrice hai modi migliori di impiegare il tuo tempo, grazie Samantha.

-Verificate questa storia- ordinò seccamente Samantha Smith alle due guardie armate che sempre si portava appresso- e se qualcosa non torna avete il mio permesso di sparargli. Con discrezione, naturalmente. Io devo proprio andare… ho una call che mi aspetta con il signor Stark, che desidera lo aggiorni personalmente sullo stato del progetto RedDoor- si vantò, prima di allontanarsi con aria soddisfatta.

I suoi tacchi alti martellavano sinistramente per il corridoio, divenendo tutt’uno con i loro battiti  mentre le ragazze pensavano rapidamente a farsi venire in mente qualcosa.

-Avete sentito la direttrice? Fuori i certificati- incalzò la guardia, mentre  portava direttamente la mano alla pistola d’ordinanza, subito imitato dal collega.

Proprio quando la situazione stava per volgere per il peggio furono interrotti dalla copia identica di Kaya Strange, versione umana, che avanzava verso di loro, tutta sorridente, con un fiammeggiante completo del turchese più acceso che avessero mai visto, colore che stava d'incanto solo a lei a quanto sembrava. 
Aveva la solita aria affabile, un po’ trasognata, che le ragazze ricordavano.

-Ma siete ancora qui con il dottore? Vi ho già aspettate per una vita…- disse rivolgendosi con sicurezza a Morgan e Sarah, come se le conoscesse da una vita- Non vi posso portare proprio da nessuna parte… dobbiamo andare su, presto! Ho già perso abbastanza tempo a cercarvi in lungo e in largo per questo dannato labirinto…

-Signora, cosa crede di fare?-domandò la guardia, sconcertata almeno quanto il resto dei presenti.

-Prima di tutto ‘signorina’ prego…-specificò Kaya puntandogli contro il dito indignata-…non sono ancora così vecchia, le pare?

-Ma …siamo nel bel mezzo di un controllo sui certificati vaccinali!

-I certificati delle mie stagiste, certo, certo…sono sicura di averli da qualche parte…ecco, sia gentile, regga questa un momento- rispose lei, padrona della scena, consegnandogli una borsetta di Hermes dalla quale cominciò metodicamente ad estrarre tutto il caos dell’universo meno quello che stava fingendo di cercare- accidenti, ero sicura di averli proprio qui…senta, visto che è già stato così paziente, fa lo stesso se glieli invio via mail? Abbiamo una certa fretta in questo momento...

-Conosce la legge…dobbiamo verificare adesso.

-Si- li interruppe lei, improvvisamente seria come non mai- e conosco benissimo anche il sindaco. Gli ho appena venduto casa sua, sa? Quindi ce l’ho giusto tra le chiamate rapide e sono sicura che non sarà un problema per lui confermare che queste ragazze lavorano per me! E che certamente non sono delle terroriste... Spiacevole, senza dubbio, detesta essere disturbato per cose futili, ma se non mi lasciate altra scelta... Vogliamo chiamarlo insieme e verificare?

Lo aveva detto con una tale sicurezza, brandendo il cellulare come un’arma vera e propria, molto più minacciosa delle loro misere pistole, che non osarono dubitare dalle sue parole... Le due guardie si scambiarono un breve sguardo preoccupato: qualunque fosse il problema con quelle ragazzine non valeva certo la loro carriera. Alla Smith potevano sempre dire di aver verificato che non vi era nulla di sospetto. Lentamente abbassarono quindi le armi.

-No signorina, non si disturbi… anzi ci scusi tanto per l’equivoco, buona giornata- si arresero.

Si ritirarono quindi senza risparmiare al gruppetto uno sguardo ancora carico di incertezza.

Intuendo che non era il caso di trattenersi Morgan e Sarah dedicarono giusto un veloce ringraziamento generale prima di guadagnare l’uscita. Ormai avevano pochi dubbi rispetto al fatto di trovarsi in una sottospecie di universo parallelo, dal quale non avevano la minima idea di come uscire.

Al dottor Strange rimase l’onore di fare i conti con l’affascinante sconosciuta che li aveva appena tratti da una situazione impossibile.

-La ringrazio per il suo intervento…e per aver mentito.

-Si figuri. Sono un’agente immobiliare…mentire all’occorrenza è un po’ il mio lavoro-disse la donna, che quel giorno si trovava in ospedale per una visita di controllo per puro caso e che era intervenuta senza pensarci un momento, una volta inquadrata la loro situazione di emergenza.

-Quindi la storia del sindaco…

-Inventata anche quella- confermò lei tranquillamente - ma chi erano quelle due poverine? Sembravano in grande difficoltà…per questo ho voluto aiutarle.

A quel punto Stephen pensò a come giocarsela senza sembrale un perfetto idiota.

-Mi crede se le confesso che non ne ho idea?- ammise infine.

Fu allora che la donna, ben lontana dal considerarlo un idiota per aver voluto impedire un’esecuzione pubblica, gli dedicò il sorriso più bello che avesse mai visto.

-Dovrei credere che si sarebbe davvero fatto sparare per salvare due sconosciute?

-In genere cerco di impedire che sparino alla gente nel mio reparto, si. Ma dal V-20 in poi sono tutti impazziti…- disse riferendosi a quella folle situazione post pandemica che stavano vivendo.

Tutto era cominciato sei anni fa con uno stupido colpo di tosse, un sintomo talmente banale che tutti avevano preso sotto gamba, per quanto fastidioso e persistente. Poi le stesse persone avevano cominciato a non reggersi più in piedi e a sputare sangue. Era venuto fuori che si trattava di un virus particolarmente pericoloso, modificato artificialmente e dotato di una tale velocità di diffusione che in pochi giorni l’intero stato era finito il quarantena. Questo non aveva comunque arrestato l’epidemia, ma aveva tagliato New York fuori dal mondo per tre mesi pieni.

Mesi in cui Stephen Strange aveva visto succedere di tutto.

Era seguita una frenetica campagna vaccinale a cui il governo li aveva costretti tutti, incurante delle morti ulteriori verificatesi dopo la somministrazione su alcuni soggetti. Erano entrati in campo provvedimenti governativi che imponevano la legge marziale e che anche a pandemia rientrata non erano ancora stati revocati, lasciandoli di fatto a vivere in dittatura.

Erano cominciate le epurazioni contro i mutanti o potenziati che dir si volesse.

Pareva opinione comune che ci fossero loro dietro la diffusione del virus, nonostante, circostanze ancora più curiosa, il famoso vaccino che era diventato obbligatorio  creasse complicazioni solo e soprattutto a loro. In verità sembrava che li uccidere proprio, dunque era comprensibile che  chi sapeva di avere dei poteri si rifiutasse di farsi vaccinare. Chi non lo sapeva invece si trovava a correre un rischio notevole accettando il vaccino. Per un certo periodo era stato ancora possibile protestare, poi il governo aveva preso una decisione drastica: la quarantena obbligata  li aveva lasciati in una pesante recessione economica durante la quale non c’era spazio per la libertà, tanto meno per i diritti delle minoranze. Arrivati a quel punto essere un mutante era diventato quasi di per sè un crimine, dunque la vaccinazione restava obbligatoria…e pazienza per le vittime del caso. Non si poteva fare una frittata senza rompere qualche uovo, si era detto.

Le persone, molte delle quali colleghi, che rifiutavano di somministrare o farsi somministrare il vaccino erano  parimenti state giustiziate come dei criminali comuni, senza processo e senza troppe domande, anche semplicemente per strada quando qualcuno non riusciva a produrre un certificato valido per un controllo.

Sarebbe toccato lo stesso a quelle ragazze, se non si fosse intromesso.

E ancora oggi persone come Samantha Smith sostenevano che era l’unica cosa sensata da fare, esecuzioni arbitrarie e sommarie quale unica opzione per ripulire il mondo dall’infezione e dalle potenziali minacce.

-E’ stato terribile- annuì Kaya, che ben ricordava che aspetto avessero le strade di New York quando sei anni prima era scoppiata in città l’epidemia mortale che ne aveva più che dimezzato la popolazione. Non si esagerava dicendo che a quei tempi le vie erano ingombre di cadaveri.

-Già- anche Stephen aveva ricordi fin troppo vividi delle corsie ricolme di persone di ogni età in fin di vita, senza la possibilità per tutti di ricevere cure adeguate- Ad ogni modo, mi scusi ancora per averla coinvolta…Intervenire per parte mia è stato impulsivo e molto stupido, lo riconosco.

-Veramente io l’ho trovato soprattutto molto coraggioso.

Questa volta Stephen Strange fu certo che il sorriso luminoso della donna era dedicato a lui e solo questa circostanza particolare gli fornì la sfacciataggine necessaria per invitarla a uscire. In fondo, rifletté, valeva quasi la pena di essersi per poco fatto sparare per avere quel privilegio e se c’era qualcosa che la pandemia aveva lasciato a tutti loro era la voglia di approfittare di ogni istante di vita come se fosse l’ultimo.

Morgan e Sarah, uscite dall’ospedale, si trovavano invece in una posizione ben più complicata.
Nello specifico, si trovavano in un universo sconosciuto in cui una qualche entità cosmica le aveva inviate entrambe per ragioni rimaste loro ignote.
Di Philip Rogers per ora non avevano notizie, nè indizi su dove cercarlo.

Morgan era dubbiosa, continuava a pensare che dovevano trovare il modo di saperne di più su questa misteriosa epidemia che tutti parevano conoscere e temere…avevano bisogno di più informazioni per potersi muovere in sicurezza in quel mondo capovolto dove gli Avengers non esistevano. Sarah invece, che di pazienza non ne aveva mai avuta molta, si era già convinta ad un approccio molto più diretto per la loro ricerca.

-Sarah…dove stai andando?

-A Brooklyn- ribattè lei, inforcando con decisione il primo sottopassaggio della metro che trovò e trascinandosi dietro anche l’amica, che nonostante la fasciatura che la stava molto aiutando, non poteva certo dirsi del tutto rimessa - a casa mia.

-Cosa speri di trovare a casa tua in un’altra dimensione?

-Risposte? Aiuto forse- Sarah alzò le spalle noncurante- per quanto ne sappiamo Philip potrebbe essere proprio lì… tu hai forse un’idea migliore?

Morgan non ce l’aveva, quindi fu costretta controvoglia a tacere e, per l’ennesima volta, ad affidarsi all’incoscienza della sua amica. Tanto, ora come ora, Sarah non avrebbe voluto sentir ragioni contrarie e in fin dei conti… ormai un posto valeva l’altro per la loro ricerca, prive com’erano di una pista concreta.

Scoprirono che per prendere i mezzi pubblici non era necessario un abbonamento: tutto era a disposizione gratuitamente per i cittadini. I sopravvissuti al grande disastro, si intende.

Durante tutto il percorso le ragazze si sedettero su lati opposti della metro, evitando di parlare troppo anche se in realtà di cose lasciate in sospeso da dirsi ne avevano eccome, solo che nessuna delle due aveva particolare voglia di aprire polemiche mentre si trovavano ancora disperse. Morgan si limitò distrattamente a guardare fuori dal finestrino, osservando il vagone dirigersi verso la periferia…tutte le stazioni erano uguali, ma nettamente più pulite e ben tenute. Non vi era traccia di murales o di altri tipi di scritte… solo enormi cartelloni bianchi che mostravano scene di ricostruzione e futuro a una New York che era stata scossa e devastata dalle fondamenta. Le stesse persone che vedevano scendere e salire dal mezzo parevano dimesse, incolori, parlavano tutti a voce bassa e sempre educatamente.

-E’ davvero…inquietante- commentò Sarah- non sembra nemmeno casa nostra.

-Forse lo è…forse è solo una versione diversa.

Morgan non disse la parola migliore, anche se lo pensava.

Non era sicura di come l’avrebbe presa Sarah, che sicuramente non avrebbe capito cosa intendeva dire…raramente la sua amica andava oltre i suoi stessi giudizi e, nonostante gli attimi di tensione che avevano appena vissuto, il mondo che si apprestavano ad esplorare era a suo giudizio colmo di potenziale.

La casa di Sarah incredibilmente si trovava esattamente lì, dove l’avevano lasciata. Sulla cassetta della posta della villetta a tre piani era persino riportato a lettere bianche il cognome Rogers, segno che almeno quello non era cambiato. Visto da fuori tutto sembrava generalmente al suo posto, tranne forse il piccolo giardino, più rigoglioso di quanto ricordassero.

Sarah era troppo tesa, quindi toccò a Morgan bussare, sperando che stessero facendo una scelta saggia.

Ad aprire loro la porta qualche istante più tardi fu una donna che non conoscevano con una corta frangia bionda e occhi azzurrissimi messi in evidenza dall’eyliner sottile, che indossava un pullover bianco sui jeans stretti del medesimo colore. La caratteristica che più colpì maggiormente le ragazze era che stava mordicchiando una stilografica e doveva essere così assorta nei suoi pensieri che non aveva smesso nemmeno mentre veniva ad aprire loro la porta.

-Posso aiutarvi?- domandò distrattamente.

-Buongiorno…- esordì Sarah, prudentemente- …per caso…mi sa dire se vive qui Steve Rogers?

-Steveeeeeee!- chiamò la donna a gran voce, evidentemente senza alcuna intenzione di farsi due rampe di scale solo per recuperare il marito, che come al solito doveva trovarsi nel suo studio sommerso dalle carte- Vogliono teeeeeee!

-Arrivo Ellie…solo un momento- si sentì qualcuno rispondere in lontananza.

-Prego, entrate pure…- aggiunse la donna, disinvolta, spostandosi di lato rispetto alla porta per far accomodare le ragazze in casa sua.

Queste si scambiarono uno sguardo perplesso prima di accettare...va bene che non avevano un aspetto particolarmente sospetto, ma dopo quello che avevano passato al parco e poi all’ospedale erano un po’ prevenute e si aspettavano un po’ di tutto meno che essere ricevute con cortesia.

-Non vogliamo disturbare- disse subito Sarah, guardandosi intorno con circospezione senza riconoscere molto dell’arredo di casa sua.

-Ma quale disturbo…siete delle studentesse di mio marito, giusto?- domandò loro Ellie Renner.

-Una specie- affermò Morgan, stando sul vago.

Ellie comunque si accontentò di quella risposta, era abbastanza abituata a visite di quel tipo da quando Steve aveva accettato la cattedra di arti figurative all’università statale.

Certo, ne era passato di tempo da quando Steve Rogers aveva cominciato la sua carriera di vignettista presso la Vox Populi, dove aveva conosciuto sua moglie. Era una persona talmente timida e introversa che Ellie dubitava avrebbe mai trovato il coraggio di invitare a uscirne proprio lei, la firma principale della casa editrice, conosciuta a livello internazionale per la pubblicazione di numerosi romanzi di successo. Così, dato che era interessata, aveva dovuto pensarci da sola a creare le circostanze favorevoli, senza che lui se ne accorgesse ovviamente.

Se c’era un lato di Steve che adorava era quello di essere un po' un cavaliere d’altri tempi, un uomo quasi fuori dal tempo. Inoltre era dotato di un coraggio fuori dal comune che non mancava di emergere in caso di necessità.

Ad esempio, nonostante fosse lui per primo parecchio cagionevole di salute a dispetto del metro e novanta di statura e i muscoli ben piazzati, durante la pandemia non aveva permesso ad Ellie di mettere un piede fuori casa, incurante delle vive proteste di quest’ultima. Si era preoccupato personalmente di provvedere alle spese alimentari, anche per i loro vicini più anziani e fragili. Era stato allora che Ellie si era resa conto che Steve Rogers, quel ragazzo timido e super imbranato, era davvero quello giusto. Da allora in poi le cose erano lentamente migliorate.

Avevano deciso di sposarsi e di trasferire si lontano dal delirio del centro nella casa che era stata dei nonni di lui e che avevano rimesso a nuovo per adattarla alle loro esigenze.

Quando Steve Rogers scese le scale in tenuta da lavoro, jeans sbiaditi e maglietta sporca di colore, esattamente come le mani che si stava pulendo con uno straccio, a Sarah quasi mancò il respiro.
Lui le rivolse un cenno educato di cordiale benvenuto, senza minimamente riconoscerla…quella consapevolezza la colpì in una maniera che la ragazza non si sarebbe mai aspettata visti i loro rapporti difficili degli ultimi tempi.
Era solo colpa sua, si disse Sarah, se erano bloccate lì. Perchè quando l’albero del destino le aveva chiesto dove volesse andare lei aveva istintivamente desiderato un mondo dove gli Avengers non erano mai esistiti e dove suo padre non era Capitan America, ma semplicemente Steve Rogers.

E adesso aveva davanti solo suo padre, proprio come voleva, senza uniforme o gradi…suo padre che però non aveva la minima idea di chi lei fosse e la fissava inconsapevole di cosa volesse da lui.

 

 

Nel frattempo, su un diverso piano di realtà, Sarah Strange osservava dalle finestre del palazzo una spessa coltre color cremisi calare sul paesaggio altrimenti immacolato di Jotunheim, luogo in cui era nata e risiedeva.
Poteva sembrare solo una strana tempesta, ma la principessa percepiva che era qualcosa di più, qualcosa di terribilmente diverso da tutto ciò che aveva mai visto o studiato nei suoi diciassette anni di vita, qualcosa che probabilmente non aveva precedente alcuno...e che inesorabilmente stava inglobando tutto quanto.

Senza perdere tempo volò fino alla sala del trono dove contava di trovare i suoi genitori, ovviamente occupati a ignorarsi.

-Madre…qualcosa fuori sta cambiando- avvisò Sarah allarmata -Viene da Midgard.

Non poteva certo essere un caso che la tempesta rossa provenisse da lì, riflettè Sarah, ovvero dall'unico luogo nell'universo che i suoi evitavano religiosamente, almeno quanto le risultava facesse anche Blake di Asgard. Midgard doveva essere un posto veramente particolare per godere del privilegio della loro assenza.

La regina stava sorridendo lievemente, mentre osservava le stesse nubi rosse e minacciose  addensarsi sopra di loro, fin quasi ad oscurare l’enorme cupola del palazzo.

-Domanda a tuo padre- rispose distrattamente Cali, che pure aveva percepito quel cambiamento farsi avanti, crepitando tra le stelle fino a raggiungere i confini del suo regno- è giusto il genere di stramberia che lo appassiona tanto...

A differenza di sua figlia però, Cali non temeva affatto quello sconvolgimento…anzi stava giusto valutando che, di qualsiasi cosa si trattasse, in realtà poteva avere solo risvolti molto positivi per loro. Poteva significare ad esempio che il disperato piano di Ellie Smith per mutare il corso degli eventi aveva dopotutto avuto successo. Poteva significare che tutti loro avrebbero avuto una possibilità di cambiare le cose…e forse sua figlia avrebbe finalmente avuto l’occasione di conoscere la persona da cui aveva preso il nome e che era morta prima che lei nascesse.

-Stanno solo riscrivendo questo futuro- confermò Sebastian, senza neanche guardar di fuori, come se la cosa non lo sorprendesse, nè tantomeno lo riguardasse -niente di cui preoccuparsi.

Nello stesso momento, su Asgard, Blake Foster stava osservando lo stesso cielo cremisi incombere sulle alte torri dorate che lo circondavano.
Un’ombra rossa quasi impalpabile calò dolcemente su qualsiasi cosa fino a coprire del tutta la superficie della città, compresa la statua che aveva voluto erigere in memoria di lei, scomparsa ormai da molti anni ma mai dimenticata.

-Ellie deve avercela fatta, infine- commentò il principe, levando un calice in segno di vittoria.

Alle sue spalle, Iris, che in tutti quegli anni non aveva mai smesso di servirlo fedelmente, annuì in silenzio.
Blake vuotò il contenuto del calice gettandolo poi a terra come ormai era abituato a fare alla maniera asgardiana. Quel singolare turbamento atmosferico era un ottimo auspicio, si disse, mentre sperava con tutto sé stesso che l’indomani mattina non si sarebbe svegliato nel solito silenzio lugubre delle sue stanze.
Si augurava davvero che il loro domani sarebbe stato diverso, in ogni senso.

La stessa Ellie Smith Coulson, dal suo ufficio, osservava quasi con indifferenza il calare di nubi rosse sui grattacieli di New York. Era forse l'unica persona sulla Terra a non aver ancora ceduto al panico di fronte a quell'ignota minaccia, bensì a provare uno strano senso di profonda quiete.

-Direttrice Coulson…tutti i nostri strumenti sono andati in avaria. Stanno arrivando rapporti da tutto il mondo, ma niente che spieghi il fenomeno in sé. Il comparto dei tecnici ci sta lavorando e abbiamo in linea il presidente per lei… Non riusciamo a determinare di cosa si tratta, ma è come se stesse…

-Riscrivendo la nostra realtà- terminò Ellie tranquillamente- si, ipotizzerei qualcosa del genere.

-Direttrice…ma…ma dove sta andando?

-A trovare un’amica- rispose lei enigmatica, abbandonando la sua scrivania con noncuranza- per cortesia, dica alla casa bianca di richiamare più tardi…e cancelli pure i miei successivi appuntamenti.

La segretaria che in vent’anni di lavoro presso lo SHIELD non aveva mai visto al direttrice assentarsi per più di un quarto d’ora e comunque mai durante una situazione di emergenza globale, non venne comunque meno al suo dovere, riacquistando tutta la sua compostezza professionale in meno di un minuto, anche di fronte a quel comportamento senza precedenti.

-Molto bene. Fino a quando?

-Se avremo fortuna, fino alla fine di questi tempi incerti- sorrise Ellie, prendendo l’ascensore e passando sul cursore centrale il suo badge, quello che aveva tutte le autorizzazioni necessarie per accedere anche ai livelli inferiori della base.

A quel livello i criminali più pericolosi che avessero catturato erano detenuti a tempo indeterminato, in un’area di massima sicurezza, controllati a vista. Ellie si diresse con sicurezza verso la cella, dove ogni tanto si recava per tenerle compagnia e accertarsi delle sue condizioni.

Dopotutto, anche se una super criminale pericolosa e folle, restava prima di tutto una sua cara amica.

-Ma non mi dire…- commentò la detenuta, non appena la vide arrivare-…Ellie Smith Coulson in persona! Immagino che tu sia venuta a vantarti del casino che hai causato. Ce ne hai messo di tempo, direttrice, ma finalmente lo hai trovato un modo per distruggere il mondo...

-Distruggerlo? Cielo, spero di no- commentò Ellie con un ampio sorriso- ma cambiarlo sicuramente.

-Spiegati.

-Domani molto probabilmente sia io che te ci risveglieremo in un altro mondo… letteralmente.

-Se hai fatto tuto questo unicamente per salvare Sarah Rogers, mi auguro fallirai clamorosamente.

Ellie la fissò attraverso il vetro infrangibile che le separava, riservandole uno sguardo carico di compassione.
In fondo se si trovava in quella prigione era prima di tutto per la sua stessa sicurezza...e anche in quel caso c'era voluta tutta la diplomazia di Ellie ma soprattutto di Michael per convincere gli altri a lasciarla in vita dopo il disastro che aveva causato. Ellie era praticamente certa in cuor suo che senza l'appoggio di Blake, che aveva concordato direttamente con lei la soluzione della prigione a vita, nulla nei nove regni avrebbe impedito agli altri di venire a ucciderla per vendicare quanto era capitato a Sarah.

-Non solo Sarah...- mormorò infatti la direttrice- ...l'ho fatto soprattutto per aiutare te Morgan, come non ho saputo fare a suo tempo.

Morgan Stark, piccata, lanciò un urlo che riecheggiò cupo sulle spoglie pareti della cella che oramai da anni era casa sua.

 

 

  
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