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Autore: ChrisAndreini    12/07/2021    0 recensioni
Misaki pensava che quello sarebbe stato l'inizio del più bel capitolo della sua vita, invece si trova catapultata in un incubo dal quale non vede via d'uscita.
Un hotel a 5 stelle isolato dal mondo, 16 studenti di enorme talento, un orso pazzo telecomandato da non si sa chi, tantissime regole che possono farti ammazzare e una sola che è davvero importante: Se vuoi uscire devi uccidere. E attento a non farti beccare.
Tra eventi con gli amici, freetime, omicidi, class-trial e moventi sempre più pericolosi, Misaki dovrà fare del suo meglio per restare in vita e proteggere le persone più care.
Ma attenzione, le apparenze raramente si rivelano realtà.
Genere: Introspettivo, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Altri, Monobear, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Tematiche delicate
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Chapter 2: Memories, sins and children’s games

 

-Godwin!- sussurrò la ragazza, a bocca aperta e occhi sgranati. A differenza di come era successo per Janine, forse per l’assenza del sangue, o per il rapporto stretto che aveva con il filantropo, Misaki non ci pensò due volte a correre nella sua direzione.

Perché non poteva essere morto! Si rifiutava di crederlo!

Con mano tremante, si affrettò a controllare il polso, e un’ondata di sollievo la colse non appena sentì il deciso battito del suo piccolo cuore.

Lui si mosse leggermente, e provò ad avanzare, come in uno stato di sonnambulismo.

-Godwin, svegliati- provò a scuoterlo la ragazza, leggermente ma abbastanza forte da ottenere risultati.

Godwin aprì lentamente gli occhi, mettendo con difficoltà a fuoco la ragazza.

-Ki… Kismet… Kismet…- iniziò a balbettare, aggrappandosi a Misaki come ad un’ancora di salvezza. Tremava vistosamente, e non sembrava in grado di reggersi in piedi.

Misaki, inoltre, notò che alla base della schiena, dove il camice dell’ospedale si era leggermente allentato, una profonda cicatrice da operazione gli attraversava quasi interamente la spina dorsale. Non sembrava niente di buono, ma non era il momento di rifletterci.

-Kismet? Cosa è successo a Kismet?- chiese la ragazza, preoccupata.

-M…maschera… è in pericolo… dobbiamo.. dobbia… trovarla!- cercò di spiegarsi Godwin, tentando senza successo di mettersi in piedi.

-Aspetta, tu devi riposare. La vado a cercare io- cercò di rassicurarlo, mentre il cuore iniziava nuovamente a battere all’impazzata e lo stomaco si stringeva.

Non poteva esserci stato un altro omicidio, vero?

-No! Devo trovarla!- esclamò Godwin, con le lacrime agli occhi.

Con qualche difficoltà riuscì ad alzarsi, ma si appoggiò con forza a Misaki, che non poteva fare altro che reggerlo e cercare di convincerlo a parole che non era nelle condizioni di indagare in giro.

Per fortuna non era l’unica che aveva deciso di venire a fare visita al filantropo.

-Credo che lo sketch di Sophie su Phoenix Wright sia stato davvero d’oro…- stava commentando Chap, mentre entrava nella stanza seguita da River, che l’ascoltava ma appariva all’erta e distratto.

-Oh, santo cielo, cosa è successo?!- commentò subito dopo la comica, guardandosi intorno confusa e rivolgendosi a Misaki e a Godwin. 

-Kismet è scomparsa- spiegò Misaki, parlando per Godwin, che non sembrava esserne troppo in grado.

-Dovremmo cercarla. Dividiamoci, così faremo più in fretta- li incoraggiò River, in tono pratico.

-Vado ad avvertire gli altri!- si offrì Chap, correndo via.

-Io cerco in questo piano. Misaki tu occupati del primo. Godwin, resta a riposare- propose River, indicando al ragazzo il primo letto della stanza, che dava direttamente sulla porta.

-No, io… devo trovarla!- provò ad insistere Godwin, tenendosi aggrappato a Misaki, sempre più pallido, per quanto fosse possibile.

-No, River ha ragione. Non riesci a reggerti in piedi- gli fece notare Misaki, prendendolo di peso e mettendolo sul letto.

-Ma…- Godwin continuava ad essere deciso ad andare alla ricerca.

-Lo controllo io- si offrì Misaki. River annuì.

-Lo affido a te, so che è in buone mani, io vado a cercarla- le lanciò uno sguardo penetrante e uscì in fretta dalla stanza.

-Godwin, puoi dirmi esattamente cosa è successo?- decise di indagare Misaki, per avere un quadro più completo della situazione e agire di conseguenza.

-Non… non lo so per certo. Ero a letto a riposare, e a un certo punto ho sentito urlare. Mi sono svegliato e una persona mascherata aveva preso Kismet, che aveva gli occhi chiusi. Credo che fosse svenuta. Ho provato ad alzarmi per affrontarla, e urlare, ma mi ha messo un panno davanti alla bocca. Era molto più forte di me. Poi ho perso conoscenza. Credo di essere caduto a terra. Non lo so, però. È tutto molto confuso- Godwin si prese la testa tra le mani, e iniziò a singhiozzare.

Misaki provò a dargli qualche pacca sulla spalla, per rassicurarlo.

-Mi sai dire che ore fossero?- provò a chiedere, sia per fare conversazione, ma soprattutto per avere un quadro completo della situazione nell’eventualità che fosse successo qualcosa di brutto.

Sperava decisamente di no, ma aveva una brutta sensazione.

-Non lo so di sicuro, ma sicuramente dopo l’inizio dello spettacolo. Alan è venuto a portarmi qualcosa da mangiare e ci ha informati che era iniziato. Poi saranno passati… beh, molti minuti- raccontò Godwin, prendendosi la testa tra le mani per riordinare le idee.

Tra le lacrime era difficile rendersi pienamente conto di cosa stesse dicendo, ma Misaki si fece un’idea abbastanza chiara, e segnò mentalmente l’informazione.

-Ti prego, andiamo a cercarla. Non ce la faccio a stare qui in attesa- Godwin alzò lo sguardo sulla ragazza, supplicandola di smettere di fargli la guardia.

Misaki capiva perfettamente il suo punto di vista, ma era chiaramente sconvolto e malato, e lasciarlo andare in giro alla ricerca di una persona che poteva anche non esserci più non avrebbe mai giovato alla sua salute.

-Sono tutti alla ricerca, vedrai che la troveranno immediatamente- provò a rassicurarlo, anche se non ci credeva neanche lei.

Un rumore di passi vicino alla porta, sebbene attutiti, attirarono la sua attenzione, e sia lei che Godwin notarono di sfuggita la figura minuta di River che correva verso le scale che portavano ai piani inferiori.

Il cuore di Misaki perse un battito.

E prima che potesse rendersene conto, Godwin si era alzato e aveva fatto uno sprint verso la porta, deciso ad indagare.

-Godwin!- Misaki corse al suo inseguimento, ed entrò nella zona dei bimbi pochi istanti dopo di lui.

-Devi stare atten…- il rimprovero le si strozzò in gola appena vide cosa c’era nella stanza.

Il corpo di Kismet era sdraiato sul pavimento. Accanto alla sua testa c’era una pozza di sangue che ancora lentamente si espandeva sotto di lei.

Misaki portò una mano alla bocca, sconvolta e trattenendosi a stento dall’urlare o vomitare.

-Ding dong dong ding. Un corpo è stato trovato. Ora, dopo un certo lasso di tempo, ci sarà un processo di classe!-

Fu solo dopo aver sentito l’annuncio di Monokuma, che Misaki raggiunse la consapevolezza che questa volta non era un falso allarme.

Kismet era morta.

E a quel punto urlò, senza riuscire a trattenersi.

 

Hotel Death

Godwin cadde a terra nella fretta di indietreggiare. I suoi occhi si riempirono di nuovo lacrime.

-No… perché…?!- Misaki lo sentì sussurrare, mentre si portava le ginocchia al petto e iniziava a singhiozzare copiosamente.

Misaki non sapeva assolutamente cosa avrebbe potuto dire per rassicurarlo.

Anche lei era sconvolta, e incapace neanche di pensare.

Prima che potesse rendersi del tutto conto della situazione, vennero raggiunti da Nowell, che entrò nella stanza come una furia, preoccupato.

-Allora è vero. Maledizione!- esclamò, stringendo i pugni.

-Misaki, stai bene?- chiese poi alla ragazza, mettendole dolcemente una mano sulla spalla.

Fu a quel punto che Misaki crollò, e seppellì il volto sul suo petto, come aveva fatto la prima volta che un cadavere le era comparso davanti agli occhi.

Perché era sempre lei la prima a trovarli? A sentire quell’annuncio terribile?

A scoprire che qualcuno aveva approfittato di un momento di speranza per portare ancora maggiore disperazione.

Nowell la abbracciò rassicurante, e velocemente gli altri studenti iniziarono ad entrare.

Per primo River, agitato, che subito si affrettò ad avvicinarsi a Godwin per controllare come stesse, e lanciò una velata occhiataccia a Misaki.

Lei non aveva la forza di sentirsi in colpa per non averlo controllato meglio.

Poi Alan, Chap e Sophie, seguiti a ruota da Leland, poi da Winona e Pierce, Midge e infine, insieme, Brett e Naomi, che rimasero all’ingresso. Il primo sconvolto, la seconda quasi indifferente.

-Beh, almeno è morta la più insopportabile- borbottò la cantante, molto tra sé, ma facendosi comunque sentire dalla maggior parte degli studenti.

-Dissento- obiettò in un sussurro Misaki, sconvolta dalla mancanza di tatto della vera ragazza più insopportabile lì dentro.

-Quindi è vero, Kismet è davvero…?- la voce di Midge era tremante e spaventata, non osava avvicinarsi al corpo.

-Sulla via per la disperazione ultraterrena eterna? Direi proprio di sì. Wow, ce l’avete fatta infine a continuare questo straorsinario gioco!- continuò per lei Monokuma, comparendo davanti a tutti e facendoli sobbalzare.

-Non ci voglio credere, non ci voglio credere!- esclamò Brett, prendendosi la testa tra le mani.

-Dobbiamo fare come l’altra volta? Trovare il colpevole e…-chiese Sophie, pratica ma allo stesso tempo timorosa.

-Esattamundo. Investigazione e processo di classe. L’unica differenza è che se il colpevole non verrà scoperto potrà cambiare posto con ciascuno di voi e farlo uscire da qui- spiegò Monokuma, eccitato, facendo poi un gesto con la zampa.

Un suono collettivo li informò che il monokuma file era stato nuovamente scaricato sui loro e-Handbook.

Misaki lasciò andare Nowell e prese il proprio, cercando di farsi forza.

Se voleva salvare sé stessa e tutti gli altri non poteva permettersi di distrarsi e lasciarsi trascinare dalla disperazione.

-Detto questo, ci vediamo, babbei!- e con un saluto finale, Monokuma scomparve alla vista, così come era apparso.

Misaki tirò un profondo respiro per prepararsi, e lanciò un’occhiata al monokuma file, come prima cosa.

 

-Investigazione-


“La vittima è Kismet Reed. L’ora della morte è alle cinque e quarantacinque del pomeriggio. La causa del decesso è un colpo alla testa. Presenta numerose contusioni e fratture agli arti, alle costole e alla schiena, causate prima della morte”

Terrificante.

-Dobbiamo dividerci in gruppi da due e da tre- suggerì Nowell, pratico, avvicinandosi a Misaki come a suggerire di essere nuovamente in gruppo insieme.

Misaki non aveva obiezioni da fare. Erano stati un’ottima squadra, la volta prima.

-Mi unisco a voi!- esclamò Godwin, con voce tremante, raggiungendo deciso i due.

-Godwin, speravo di essere in gruppo con te- provò ad obiettare River, a voce bassa.

-Quattro persone sono troppe. E Godwin, non stai bene, dovresti riposarti- provò a suggerire Nowell, in tono mite.

-No! La mia amica è morta! Non sono riuscito a fare nulla per salvarla. Devo scoprire cosa è successo!- insistette Godwin, aggrappandosi con forza al braccio di Misaki.

La ragazza annuì.

-Va bene, puoi venire con noi. River, non preoccuparti, ci prenderemo cura di lui- 

River le lanciò un’occhiataccia, ma non obiettò oltre.

-Dobbiamo necessariamente essere in gruppo?- chiese poi Naomi, a bassa voce, rivolgendosi particolarmente a Nowell.

-Dobbiamo controllarci a vicenda. Uno di noi potrebbe essere l’assassino, e dobbiamo assicurarci che non nasconda le prove- spiegò Nowell, impaziente.

-Sì, ma questa volta l’assassino è stato un po’ sciocco, non credete?- si inserì Leland, leggendo con attenzione il Monokuma file.

-In che senso, sciarpetta?- chiese Chap, confusa.

-Il delitto è avvenuto prima delle sei: durante lo spettacolo. La maggior parte di noi ha un alibi di ferro- fece notare Leland.

-Consiglierei di fare queste riflessioni al processo di classe. Non avete molto tempo. Vorrei iniziare il prima possibile e finire prima dell’orario notturno- si introdusse Monokuma, rientrando un po’ seccato e scomparendo prima ancora che tutti si rendessero conto della sua improvvisa presenza.

-L’orso malefico non ha tutti i torti. Non dobbiamo perdere tempo. Unitevi alla persona che vi è più vicino e iniziate ad esplorare- Nowell prese le redini come un capo, e la mano di Misaki per non lasciare alcun dubbio che loro due fossero insieme nell’indagine.

Forse era un po’ impositivo, ma Misaki gli strinse la mano, apprezzando il sostegno che le stava offrendo.

Non riusciva a capire perché, ma Nowell era una presenza davvero rassicurante. Si sentiva al sicuro quando era accanto a lui, come se niente potesse scalfirla.

Alla fine i gruppi furono davvero poco omogenei.

Oltre al trio formato da Misaki, Nowell e Godwin, Naomi finì con Brett, Pierce insieme a Winona, Leland fu accorpato a Midge, Sophie e Chap, e River insieme ad Alan.

-Qualcuno deve controllare il corpo- chiese Nowell ai gruppi.

-Ci offriamo noi. Non credo che saremmo molto d’aiuto. Eravamo in scena per tutto il tempo- si offrì Chap, pallida come un fantasma. Sophie annuì, senza parole.

I gruppi si dispersero in fretta, pronti ad esplorare, e sperando di trovare indizi utili.

-Iniziamo da qui?- chiese Misaki, incerta, cercando di farsi forza per vedere il corpo.

-Credo sia la cosa migliore- annuì Nowell, meno sconvolto, ma pur sempre abbastanza tremante.

Godwin non commentò nemmeno, ma aveva smesso di piangere, il ché era una buona cosa.

Si avvicinarono tutti e tre al corpo, e iniziarono a dare un’occhiata. 

Come il Monokuma file aveva già anticipato, la morte era avvenuta a causa di una botta in testa. Il sangue aveva macchiato la moquette, i capelli di Kismet, ed era sceso lungo il suo volto, ancora piegato in una grottesca espressione sofferente.

Misaki controllò meglio gli schizzi di sangue, e notò che la zona accanto alla bocca non era sporca, come se qualcosa la stesse coprendo al momento dell’impatto.

Accanto al corpo, c’era la ovvia arma del delitto: un peso attaccato ad una corda e macchiato di sangue. Misaki aveva visto questi pesi nel magazzino. Non credeva che qualcuno li avrebbe davvero utilizzati per qualcosa del genere.

Il resto del corpo aveva degli indizi più interessanti.

I polsi di Kismet erano pieni di lividi, e gli stivali, all’altezza delle caviglie, erano leggermente rovinati. Misaki non riusciva a toccarla, ma per fortuna ci pensò Nowell per lei.

-Le sue ossa sembrano rotte, come scritto nell’eHandbook. Anche la sua schiena è spezzata, così come le costole. Chiunque abbia fatto questo, non voleva farla camminare- spiegò a Misaki e Godwin.

-Probabilmente l’ha appiedata per non farla scappare, ma doveva davvero arrivare a tanto?- Misaki era disgustata. Aveva davvero bisogno di torturarla? Alla fine il colpo alla testa finale era stato letale immediatamente.

-Inoltre nelle sue tasche ho trovato il suo eHandbook, dei biscotti alla cannella, un cavallo giocattolo e questa- Nowell mostrò la polaroid del secondo motivo, e Godwin scoppiò nuovamente a piangere.

In soggettiva, la foto mostrava proprio Godwin, sorridente e un po’ timoroso, che le consegnava dei fogli con aria orgogliosa.

-Godwin…- Misaki si affrettò a mettergli le mani sulle spalle, per rassicurarlo. Nowell si affrettò a rimettere la polaroid nella tasca di Kismet.

-Come si può essere così crudeli?! Kismet non meritava di soffrire così tanto- si lamentò Godwin, singhiozzando.

-Troveremo chi le ha fatto questo e lo consegneremo alla giustizia- gli promise Misaki, decisa.

-Non voglio rallentarvi, continuiamo a cercare- tirando su col naso e cercando di asciugarsi le lacrime, Godwin strinse i pugni e cercò di continuare l’esplorazione.

Misaki iniziò a vedere il resto della stanza.

La corda che teneva il peso era stata probabilmente passata attraverso le sbarre di ferro che tenevano le luci. Sembravano leggermente piegate.

Chissà quanto era difficile far passare la corda attraverso di esse. Solo una persona davvero alta ci sarebbe riuscita.

Allo stesso tempo… la moquette era graffiata, come se qualcuno avesse spostato i divanetti della stanza, o una sedia, o entrambe le cose.

-Godwin, puoi farmi un favore?- chiese Misaki, con un’idea che iniziava a formarsi nella mente.

-Certo, qualsiasi cosa- annuì Godwin, deciso.

-Aspetta un attimo qui- Misaki lo posizionò proprio sotto le sbarre di ferro, poi spostò il divanetto più alto della stanza accanto a lui, e lo incoraggiò a salire.

Con una certa difficoltà, Godwin eseguì, ritrovandosi proprio sotto la luce.

-Riesci a toccare le sbarre di ferro?- chiese quindi Misaki.

Era il più basso studente: se ci riusciva lui potevano riuscirci tutti quanti.

-Sì. Con un po’ di difficoltà, ma ci riesco- ammise Godwin, un po’ a disagio.

Quindi non serviva necessariamente essere alti per appendere il peso al soffitto, e con la forza di leva non bisognava neanche essere muscolosi per sollevare il peso.

Quindi, purtroppo, poteva essere stato chiunque.

Sospirò, seccata.

-Per quanto mi dispiaccia ammetterlo, il pallone gonfiato ha ragione: ci sono poche persone senza alibi, quindi possiamo togliere un sacco di gente dalla lista dei sospetti- provò a rassicurarla Nowell, leggendole quasi nel pensiero e aiutando Godwin a scendere dal divanetto.

-C’era tanta gente allo spettacolo?- chiese Godwin, curioso.

-Sì, quasi tutti. Forse dovremmo fare una lista- commentò Misaki, pensierosa.

-Misa Misa, posso dirti per filo e per segno chi c’era, chi non c’era e tutto il via vai!- Sophie, che evidentemente aveva origliato la conversazione, si introdusse nel discorso, determinata.

-Fantastico, Sophie. Prendo un attimo un foglio e…- Misaki si guardò intorno alla ricerca di una superficie dove scrivere, ma fu anticipata da un quaderno e una penna che le arrivarono da due direzioni diverse.

-Tieni, Misaki/amicona- dissero due voci maschili all’unisono, la prima appartenente a Leland, che le porgeva un quadernino, la seconda appartenente a Nowell, che invece metteva a disposizione la penna.

Subito dopo aver parlato, si guardarono in cagnesco.

-Oh… grazie- Misaki non si accorse della tensione nell’aria, e prese entrambe le cose, pronta a scrivere.

-Maturo da parte tua rubarmi la penna dalla tasca- borbottò Leland, irritato.

-Non dovresti indagare con Midge?- lo provocò Nowell, mettendosi tra lui e Misaki.

-Ragazzi, vi sembra questo il momento di litigare?!- li fermò immediatamente Godwin, guardando storto entrambi.

Misaki annuì.

-Se voi due avete smesso con le lotte di testosterone, ho dei nomi da segnare- borbottò, prendendo le parti del filantropo, e incoraggiando Sophie a parlare.

-Aww, tifavo per Nowell- borbottò Sophie, troppo piano per farsi sentire da qualcuno -Allora, durante lo spettacolo ad avere un alibi di ferro, dato che eravamo presenti allo spettacolo, siamo io, Chap, tu, Nowell, Midge, Leland, Winona, Pierce, River e Alan- ricordò Sophie, pensierosa.

Misaki segnò ogni nome in una colonna con la scritta “Alibi dello spettacolo”.

-Quindi gli assenti e sospetti sono Naomi, Brett e Godwin… il cerchio si restringe parecchio- commentò, segnando  i tre nomi e sentendo un nodo formarsi nello stomaco.

Non sapeva da cose fosse provocato, ma il pensiero che con molta probabilità una di quelle tre persone era la colpevole, e li avrebbe lasciati per sempre, era spaventoso.

-Forse dovremmo indagare meglio sugli alibi di ciascuno durante il processo di classe. Adesso dovremmo concentrarci sulle prove fisiche- provò a suggerire Godwin, entrando nella conversazione in punta di piedi, ma in tono abbastanza deciso.

Il nodo allo stomaco di Misaki si strinse, ed esitò qualche secondo nel rispondergli.

I suoi occhi grandi erano limpidi e determinati, ma a conti fatti, non si poteva negare che uno dei nomi sospetti era il suo, e non sembrava per niente preoccupato al riguardo.

-Sì, hai ragione. Credo che per il momento qui abbiamo visto tutto, forse dovremmo controllare l’infermeria per vedere se sono rimasti indizi- alla fine decise di assecondarlo.

Dei tre nomi sospetti, quello di Godwin era l’unico che non credeva proprio potesse essere.

Insomma, era Godwin, e aveva un alibi di ferro, dato che era stato aggredito e rimasto svenuto per tutto il tempo.

-Bene, andiamo in infermeria- Nowell si aggregò alzando le spalle, e fece loro cenno di precederlo. Godwin fu il primo ad uscire, ancora un po’ traballante.

Misaki fece per raggiungerlo, ma venne tirata leggermente indietro da Nowell, che la prese per un braccio e le sussurrò all’orecchio.

-Come vedi Godwin?- le chiese, incerto.

Misaki si affrettò a scuotere la testa.

-È stato drogato anche lui, non è sicuramente colpevole- prese immediatamente le sue difese.

Insomma, dai, era Godwin! Fosse stato chiunque altro avrebbe anche capito i sospetti, ma non Godwin, lui era un angelo!

-Mi fido del tuo giudizio, amicona, ma meglio restare in guardia. I più silenziosi sono quelli che più rischiano di pugnalarti alle spalle quando meno te l’aspetti- l’avvertì, lasciandola poi andare e seguendo Godwin per tenerlo d’occhio.

Misaki non ebbe molto tempo per riflettere sulle sue parole, perché erano già arrivati all’infermeria.

Misaki osservò con attenzione la stanza.

Al suo interno, intenti ad indagare, c’erano Pierce e Winona, il primo alla postazione chimica, la seconda inginocchiata davanti al letto di Godwin.

-Oh, amicissimo mio! Proprio te cercavo!- quest’ultima si alzò di scatto appena vide Godwin, e gli si avvicinò energica.

-Uh, me?- Godwin sembrava davvero sorpreso.

-Ovvio, dopotutto sei l’ultimo ad aver visto Kismet viva. Puoi dire cosa è successo qui?- chiese, già pronta a prendere appunti.

Godwin impallidì.

-Io… come ho detto a Misaki, stavo dormendo, ho sentito un urlo, mi sono svegliato, e qualcuno mi ha drogato. Quando ho ripreso conoscenza, c’era Misaki, Kismet era sparita e poi l’abbiamo ritrovata nella sala dei bimbi- spiegò lui velocemente, Winona segnò incuriosita.

-E hai visto il volto di chi ti ha drogato?- indagò, curiosa.

-No, portava una maschera. E una specie di lungo mantello. Non ho avuto tempo di capire chi fosse- Godwin si prese il volto tra le mani, a disagio e in difficoltà.

Si vedeva che ricordare quello che era successo gli provocava non poca sofferenza.

-Conveniente- borbottò Winona tra sé.

-C’è qualche indizio qui?- chiese Misaki, cercando di cambiare argomento.

-Parecchi segni di lotta, quindi Kismet deve aver combattuto parecchio con il suo assalitore prima di essere portata via. E ci sono parecchi medicinali rotti a terra. Soprattutto anestetici di vario tipo- spiegò Winona, illustrando la situazione e mostrando parecchi contenitori di vetro rotti a terra.

Misaki si piegò, attenta a non calpestare nulla, e analizzò le etichette: Propofol, Ketamina, vari barbiturici e cloroformio.

-Tu invece che fai, Pierce?- Nowell superò i resti a terra e si avvicinò al dentista appassionato di chimica, che fischiettava mentre lavorava e non aveva dato alcun segno di essersi accorto dell’arrivo del trio nella stanza.

Alzò la testa su Nowell quasi infastidito dall’interruzione.

-Propofol- disse solo, mostrando un campione di sangue e non dando alcuna vera risposta.

-…a te e famiglia- Nowell lo guardò storto, molto confuso.

-È un analgesico ad effetto immediato, del tipo che 10 secondi dopo essere stato somministrato ti stende, ma l’effetto dura poco, tra i cinque e i dieci minuti, a meno che non venga somministrato continuamente- spiegò Pierce, in tono ovvio, mostrando con più trepidazione il sangue.

Nowell guardò il sangue, poi Misaki, ed infine Pierce.

-E quindi?- chiese, sempre più confuso.

-Hai controllato il sangue di Kismet?- suppose Godwin, avvicinandosi ai due e osservando il campione curioso.

-Ovvio! È la base! Ah, giusto…!- prima che chiunque potesse fare qualsiasi cosa, Pierce afferrò con violenza il braccio di Godwin, con l’altra mano prese una siringa, e con precisione chirurgica, gli prelevò il sangue.

-Ma che…?!- Godwin sobbalzò per la sorpresa, facendo schizzare un po’ di sangue a terra.

-Ma ti sembra il caso?!- Misaki si alzò di scatto, sconvolta.

-Ma sei un genio!- commentò invece Winona, avvicinandosi a Pierce con occhi brillanti e guardando con attenzione il sangue.

Quella ragazza aveva un lato sadico nascosto, evidentemente.

-Ma un genio di che?- chiese Nowell, guardandola storto.

-Perché così negativi? Analizzo il sangue di Godwin per…- 

-…per controllare che ha detto la verità sull’essere stato drogato! Geniale!- concluse Winona per lui, battendo le mani.

Godwin impallidì, e premette con il dito sulla ferita provocata dalla siringa. Misaki si affrettò a passargli un cerotto.

-Qualche problema, Godwin?- chiese Pierce, iniziando già la sua analisi e felice come un bambino in un negozio di caramelle.

-N_no, certo che no… solo… abbiamo davvero tempo per un’analisi approfondita?- chiese. Nonostante le sue parole volessero risultare tranquille, sembrava spaventato a morte.

Il nodo allo stomaco di Misaki non fece che aumentare, ma provò ad ignorarlo.

-Nah, certo che no. Ma per scoprire sei hai mentito di tempo ce n’è a bizzeffe- Pierce fece un occhiolino a Godwin, e tornò a lavoro.

-Beh, sarà utile, in effetti è stata una buona idea- ammise Nowell, pensieroso, controllando meglio il resto della stanza, ma non trovando nulla di ché.

Misaki lo affiancò. Voleva obiettare qualcosa, ma sapeva che aveva ragione.

Sperava davvero, con tutto il cuore, che Pierce confermasse l’alibi di Godwin. Avrebbe reso anche più semplice la scoperta del vero colpevole.

-Credo che qui non ci siano altri indizi degni di nota- osservò alla fine Misaki, rassegnandosi al fatto che i due principali luoghi del delitto fossero fondamentalmente spogli di indizi veri e propri sull’identità dell’assassino.

Si sedette sconsolata sul lettino dell’infermeria, riflettendo su tutta la situazione.

Godwin si sedette accanto a lei, attento a non muovere troppo il braccio e osservando la stanza con attenzione, come a cercare di recuperare ricordi più importanti.

-C’è una cosa che non mi torna- borbottò poi, battendo leggermente contro il muro.

-Cosa?- chiese Misaki, curiosa.

-Kismet è stata… torturata. Deve per forza aver urlato, e in generale devono esserci stati tonfi molto forti. Com’è possibile che non mi abbiano svegliato?- chiese, confuso.

-Capisco solo un tonfo, ma tanti tutti insieme… la pareti sono sottili, e la sala dei bimbi è proprio accanto- insistette, mordendosi le unghie nervosamente.

-Eri stato drogato, Godwin- gli ricordò Misaki -Però è strano che nessuno di noi si sia accorto di niente- rifletté poi. Era vero che c’erano tre piani di distanza, ma come potevano non aver sentito assolutamente nulla?

-Ci stavo pensando anche io. La musica dello spettacolo era forte, e le camere sono insonorizzate, ma un suono di tortura continuo doveva per forza essere sentito da qualcuno- Nowell si inserì nella conversazione.

-Forse la sala bimbi è insonorizzata- provò a suggerire Misaki. I bambini fanno casino, no? Ci sta che la loro sala sia a prova di urla.

-No, non lo è sicuramente. Ho sentito il tuo urlo, appena hai trovato il corpo di Kismet. L’unica parte insonorizzata dell’hotel sono le camere da letto- spiegò Nowell, scuotendo la testa.

-Eureka!- Misaki arrivò immediatamente alla soluzione, alzandosi di scatto e facendo sobbalzare i due ragazzi -Il magazzino!

-Il magazzino?- chiesero Godwin e Nowell, confusi.

-Era un corridoio con due camere da letto di lusso, ma è diventato un magazzino, se erano camere, sicuramente erano insonorizzate, me l’ha spiegato Leland durante il giro dell’hotel- li mise al corrente, iniziando a sentire la speranza che tornava.

-Quindi pensi che la tortura sia avvenuta in magazzino?- chiese Nowell, curioso.

-E l’ultimo colpo nella sala bimbi, probabilmente perché era più facile realizzare la trappola con le sbarre di ferro- rifletté sbattendo un pugno sulla mano aperta.

-Mi sembra una buona teoria, controlliamo il magazzino!- Nowell le diede man forte, e si alzò di scatto, pronto a dirigersi al magazzino.

Godwin lo seguì.

-Sei un genio, Misaki- 

Misaki sorrise ai due, si sentiva davvero soddisfatta.

Uscirono senza neanche salutare o aspettare che Pierce finisse l’analisi, e si avviarono subito nel magazzino alla fine del corridoio, sperando di trovare qualche indizio un po’ più utile.

Purtroppo il magazzino era un enorme labirinto.

-Meglio dividersi, faremo prima- suggerì Godwin, che aveva recuperato sicurezza.

-Non credo sia una buona idea- provò a fermarlo Nowell, squadrandolo con sospetto.

-Lo so che sono sospetto, ma non abbiamo tempo adesso. Monokuma potrebbe chiamare il processo di classe da un momento all’altro, e siamo gli unici ad aver pensato al magazzino- provò ad insistere Godwin, indicando la grandezza del magazzino.

-Facciamo che Nowell e Godwin vanno insieme ed io da sola? Sia io che Nowell abbiamo un alibi perfetto, dato che non ci siamo mossi dallo spettacolo- provò a suggerire Misaki, trovando un punto di incontro.

-Mi va bene, non ho niente da nascondere!- annuì Godwin, portando inconsciamente una mano dietro la schiena.

I due sottogruppi si divisero e iniziarono ad esplorare.

Misaki non trovò nulla fuori posto, anche se notò che mancava un peso, e anche le corde sembravano meno.

In generale era tutto troppo disordinato per capire esattamente cose fosse fuori posto e cosa no.

Ma alla fine, dopo un po’ di ricerca, notò una pila di sedie che a prima vista poteva non sembrare niente di ché, ma ad un’osservazione più attenta, celava un indizio non da poco.

La sedia in cima, infatti, era parecchio rovinata, graffiata e piena di bozzi, come se qualcuno l’avesse colpita ripetutamente con una mazza da baseball o qualcosa del genere.

Non aveva messo in conto una sedia, ma forse poteva controllare meglio il corpo di Kismet per essere sicura che non ci fossero delle schegge. Non dava indizi sul colpevole, ma avrebbe confermato l’ipotesi che il delitto fosse stato commesso nel magazzino.

Controllò un po’ meglio nelle vicinanze, e arrivò molto presto ad un espositore di vari oggetti sportivi, tra cui numerose mazze da baseball. Come aveva intuito dalla visione della sedia, ne mancava una, che ritrovò buttata in un angolo lì vicino. Anche la mazza, di metallo, aveva qualche bozzo, ed era leggermente graffiata.

Le dinamiche del delitto iniziavano a farsi più chiare nella mente di Misaki.

Ma prima che potesse riflettere bene, sentì Godwin urlare.

E il suo cuore perse un battito.

Corse immediatamente verso la fonte dell’urlo, e raggiunse in fretta Nowell e Godwin. Quest’ultimo era a terra, e si teneva il petto con le mani, facendo grandi respiri.

-Che cosa è successo?- chiese Misaki, spaventata, controllando in fretta i dintorni e rivolgendosi principalmente a Nowell, dato che Godwin non sembrava nelle condizioni di parlare.

Ma fu quest’ultimo a risponderle.

-La maschera era quella- indicò un punto nel muro, dove diverse maschere erano in esposizione, tutte dal simile design, che ricordavano un’inquietante smile dai grossi occhi neri e vuoti e un sorriso dai denti affilati.

-Inquietantissima- ammise, indietreggiando di un passo.

-E vicino c’è anche un mantello riposto male, credo che l’assassino non si aspettasse che qualcuno venisse ad indagare qui- aggiunse Nowell, indicando una pila di mantelli perfettamente ordinati ad eccezione di quello in cima, che era buttato alla meno peggio.

-È stata un’ottima idea venire qui- ammise Misaki, controllando gli indizi per essere sicura che non ci fosse altro da vedere.

-Tu invece hai trovato qualcosa?- chiese Nowell, cambiando argomento.

-Una sedia graffiata e una mazza da baseball piena di bozze. Credo che questo sia l’effettivo luogo della tortura, e che Kismet sia stata legata ad una sedia per evitare che scappasse- spiegò i ritrovamenti e le sue supposizioni al riguardo.

Nowell annuì.

-Inizio a pensarlo anche io. Dovremmo controllare meglio Kismet per trovare ulteriori indizi- le diede man forte. Godwin rabbrividì, era ancora seduto a terra, e non sembrava tanto desideroso di rialzarsi.

-Se vuoi puoi tornare in infermeria, non sei stato bene- propose Misaki, porgendogli la mano per aiutarlo ad alzarsi.

Godwin gliela prese senza esitazioni.

-No, sto bene, stiamo facendo molti progressi e voglio scoprire chi è stato il prima possibile- rifiutò la proposta, e si alzò, determinato, anche se il suo volto era pallido, e sembrava sul punto di collassare ogni secondo.

-Va bene, allora torniamo nella sala bimbi- Nowell alzò le spalle, e indicò la porta.

Quando uscirono, però, si ritrovarono faccia a faccia con Alan e River, che sembravano in procinto di entrare. Alan portava un vassoio con della camomilla fumante, mentre River, a mani vuote, osservò subito Godwin, con espressione preoccupata, per assicurarsi che stesse bene.

-Stavamo cercando voi. La signorina Wright e il signor Ellis ci hanno riferito che siete andati ad indagare nel magazzino- spiegò Alan, gioviale, porgendo il vassoio con le tazze di camomilla -Trovato qualche indizio sulla morte della povera Kismet?- chiese poi, rammaricato.

-Qualcosa, grazie per la camomilla- rispose Nowell, evasivo, prendendo una delle tazze.

Misaki fece altrettanto, Godwin però scosse la testa.

-Temo di aver dormito abbastanza, ho paura che una camomilla potrebbe stendermi- spiegò, declinando l’offerta.

-Oh, capisco, signor Dixon- il maggiordomo sembrava leggermente dispiaciuto, ma non insistette, e fece dietro-front per portare i generi di conforto ad altre persone.

River si girò per seguirlo, ma all’improvviso, come colto da un’intuizione, tornò a fissare Godwin, e corse verso di lui con una prontezza di riflessi invidiabile, afferrandolo nel momento stesso in cui, senza motivo apparente, le sue ginocchia cedettero e lui collassò a terra.

Misaki non si aspettava minimamente una cosa del genere, e si affrettò ad aiutarlo.

Una parte della sua mente, però, si chiede come fosse possibile che River, al contrario, se lo aspettasse.

C’era qualcosa di davvero strano in quel ragazzo.

-Godwin, stai bene?- chiese all’amico, concentrandosi sul problema più urgente.

-Sì, sì, sto bene, posso continuare l’indagine- contrariamente alle sue parole, Godwin non sembrava riuscire a reggersi in piedi, e River riusciva a malapena ad evitare che cadesse.

-Signor Dixon, deve assolutamente tornare in infermeria- suggerì Alan, allarmato, tenendo il vassoio in equilibrio su una mano sola e tenendo in piedi Godwin con l’altra.

Sembrava davvero un compito facile per lui.

-No! Io… io…- Godwin provò ad obiettare, ma poi fece passare lo sguardo tra tutti, e abbassò la testa -Forse è meglio… dopotutto sono solo un peso in queste condizioni- cedette infine, accettando l’aiuto di Alan, che porse il vassoio a River e prese il filantropo in braccio, per portarlo in infermeria.

-È proprio fragile, quel povero ragazzo- commentò Nowell, osservando il gruppo, ora formato da tre persone, che andava via.

-Andiamo alla sala bimbi- Misaki lo incoraggiò a seguirla, e i due si avviarono nella sala.

All’interno, Leland e Midge stavano controllando il corpo, il primo con sguardo concentrato, la seconda il più distante possibile, in estrema ansia.

-Non riesco a credere che abbiano infierito così tanto- borbottava l’orafa, sconvolta e tremante.

-Non ha senso…- commentò invece Leland, molto tra sé, osservando le mani della ragazza.

-Trovato qualcosa di strano?- chiese Misaki, avvicinandosi e controllando a sua volta.

In effetti, come aveva supposto, le mani di Kismet erano piene di schegge, e i polsi sembravano essere stati legati con delle corde.

-Sembra quasi che sia stata legata da qualche parte, ma non ha il minimo senso. Se l’assassino le ha spezzato la schiena per evitare che si muovesse… ma allo stesso tempo l’aveva legata… perché qualcuno dovrebbe arrivare a tanto, e rischiare di fare degli errori, per farla soffrire il più possibile?- chiese Leland, riflettendo ad alta voce.

Misaki si trovò d’accordo con il suo ragionamento.

Anche Nowell raggiunse i due, e controllò a sua volta meglio le condizioni del corpo.

-È semplice- osservò infine, iniziando a guardarsi intorno.

-Sentiamo la mente di un criminale cosa partorisce- lo provocò Leland, incrociando le braccia e guardandolo con malcelato sospetto.

-Ovviamente se voleva farla soffrire significa che questo non è un delitto perpetrato solo per uscire, ma una vera e propria vendetta- spiegò Nowell, con sicurezza. 

-Una vendetta? E per cosa? A nessuno piaceva Kismet, ma non ha mai fatto niente di così grave da portare ad un omicidio così orribile- commentò Chap, che era proprio lì vicino, dato che era incaricata di osservare il corpo.

-Sicuramente ha a che fare con le polaroid, il motivo della settimana- suggerì Misaki, guardandosi intorno e cercando di pensare ad un modo di svelare l’assassino senza costringere tutti quanti a rivelare la propria polaroid.

La sua attenzione venne attirata dalla scatola dei giochi all’angolo della sala, quella dove Kismet aveva trovato il cavallo, durante l’indagine del nuovo piano.

Il coperchio era messo male, come se fosse stato chiuso molto in fretta.

Si avvicinò con circospezione.

-La soluzione è semplice, basta costringere tutti quelli senza un alibi a mostrare la propria polaroid. Sicuramente tra di loro si cela l’assassino- suggerì nel frattempo Leland, pratico. 

-Brett, Naomi e Godwin, giusto? Non è che le polaroid siano molto specifiche, potrebbero non rappresentare in pieno la scena mostrata in sogno, e rischieremmo di creare solo maggiori problemi- obiettò Nowell, scettico.

Misaki aprì la scatola, e rimase di sasso.

Si portò lentamente la mano alla bocca, sconvolta.

-Ragazzi!- chiamò Nowell e Leland, che si avvicinarono immediatamente, e nel frattempo tirò fuori ciò che aveva appena scoperto.

Una polaroid che mostrava chiaramente sia Kismet che Godwin, la prima a cavallo, che aveva, inavvertitamente o di proposito, appena investito il secondo, colpendolo con violenza alla schiena.

Dietro di essa si leggeva la macabra scritta: “Kismet ferisce gravemente Godwin”.

-Oh… suppongo che non ci sia più bisogno di chiedere, abbiamo il nostro movente- osservò Leland, prendendo la polaroid dalle mani di Misaki e osservandola per bene.

La ragazza era senza parole, e il nodo che aveva allo stomaco dall’inizio dell’investigazione si fece sempre più stretto.

Godwin, in quel momento, appariva più sospetto che mai.

-Ding Dong Dong Ding! Il periodo di indagine è finito, siete pregati tutti di raggiungere il salottino privato vicino alla hall- 

Era arrivata l’ora del processo di classe.



 

 

 

 

(A.A.)

Allora… vi ho trollati nello scorso capitolo.

Ma finché non c’è l’annuncio della morte, non si può mai sapere se una persona è viva o morta, giusto?

E Godwin per fortuna era vivo.

Kismet… eh… mi sa proprio di no.

So che il capitolo è un po’ corto, e gli indizi non sono tantissimi, ma spero comunque che vi siate fatti un’idea di cosa sia successo, e magari anche del colpevole. Ci sono parecchie persone sospette… e pochissimi senza un alibi.

Mmmm.

Il prossimo capitolo, che arriverà lunedì prossimo, sarà il più lungo scritto finora, e spero che chiuderà al meglio il chapter.

Per il momento, vi lascio un sondaggio: Chi è il secondo assassino?

   
 
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