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Autore: ChrisAndreini    12/07/2021    2 recensioni
Leonardo non è mai stato un tipo molto ambizioso. Certo, ha i suoi sogni e le sue speranze e le sue passioni, ma di certo non ha mai pensato che un giorno sarebbe finito in un universo parallelo a lottare per salvarsi la vita in mezzo a principi, cavalieri, spie di città nemiche e disapprovazione dei nobili e paesani.
Ma oh, uno deve sopravvivere come può, e se diventare il cuoco reale potrà allungargli la vita di qualche giorno, vale la pena ricevere occhiatacce.
Dopotutto, la via più veloce per il cuore di qualcuno passa per il suo stomaco, giusto?
Non che Leonardo, dichiaratamente omosessuale, abbia intenzione di fare stragi di cuore, sia mai!
Genere: Fantasy, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Rainbow Cookies'
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Era meglio farmi i cavoli miei e chiedere l’elemosina per strada

 

Leo era abituato ai bulli. Era un ragazzo, maschio, basso, e gay, quindi aveva avuto la sua buona dose di bullismo per tutti gli anni di scuola, e ogni giorno era stato felice di non essere in un liceo americano perché altrimenti sarebbe stato ancora più bullizzato come nei film pieni di cliché.

E bisognava dire che non era un gran maestro nell’affrontare i bulli, dato che il suo talento principale era scavarsi la fossa, ergo faceva sempre in modo, nel tentativo di salvarsi, di finire maggiormente bullizzato.

Certo, quando aveva conosciuto la sua migliore amica, Giada, al liceo, le cose avevano iniziato ad andare meglio, dato che quella ragazza era una forza della natura.

Al momento Giada non era con lui in quel mondo, anzi, probabilmente lo credeva morto investito da un camion.

…forse era davvero morto investito da un camion.

Le dinamiche di come Leo fosse arrivato in quel mondo erano ancor misteriose, ma il punto era che era bullizzato, e dopo aver ottenuto il favore del re e soprattutto della regina, il bullismo era aumentato esponenzialmente.

Non solo adesso non aveva un materasso, né un cuscino, né le coperte, ma si era trovato un serpente, vivo, nel letto, i suoi vestiti erano stati lanciati in cima a numerosi alberi, e durante la notte veniva sempre, costantemente, svegliato da tonfi, o sibili (quel serpente l’aveva traumatizzato) e altre cose fastidiose.

Quindi, quando quella mattina, tre giorni dopo aver confermato il suo impiego a tempo indeterminato, i biscotti si erano vagamente, appena appena, bruciacchiatini… Leo era estremamente giustificato, diciamolo! 

Erano comunque buoni, solo che era troppo stanco, si era appisolato un minuto di troppo, e non li aveva tolti in tempo dal forno.

Mildred l’aveva guardato malissimo.

Ma non aveva tempo di rifarli, quindi aveva preso i migliori e li aveva portati nella sala da pranzo, dove la regina e la principessa si erano concesse una colazione madre-figlia per parlare del viaggio della regina e iniziare ad organizzare la festa di compleanno della principessa.

Leo ricordava vagamente quell’evento, nel libro, perché prima del ballo, circa due settimane prima, iniziava il libro, con la protagonista che partecipava alle selezioni per scegliere delle nuove cuoche qualificate che aiutassero nei preparativi.

Chissà se sarebbe successo anche lì, ora che c’era Leo. Il ragazzo sperava di non mettersi in mezzo tra il principe e il suo vero amore.

…o forse chissà, lo sperava.

Nah, non era uno sfasciafamiglie, anche se la famiglia non si era ancora formata.

Geez, Leo, resta etero per cinque secondi! Il principe non è neanche così gentile con te. Anche se è figo.

E, almeno tra gli uomini, era uno dei pochi che lo trattava con un minimo di rispetto.

Leo era troppo stanco per pensare.

-Cuoco- venne chiamato dalla regina, svegliandosi dal torpore nel quale era sprofondato mentre aspettava che le due donne finivano di mangiare.

-Sì, mia regina, posso aiutarla?- Leo fece un inchino molto impacciato e si avvicinò. Non aveva ancora imparato a inchinarsi come si deve, era davvero pessimo.

-Riporti i biscotti in cucina- la regina gli fece un cenno verso il piatto di biscotti che non erano stati praticamente toccati, tranne uno che la principessa stava mangiando con gusto.

-Perché mamma?- chiese infatti Opal, confusa, avvicinando il biscotto a metà al petto.

-Perché mi aspettavo di meglio. Non sono un piatto all’altezza- la voce della regina era impassibile, ma il suo sguardo era freddo e Leo capì chiaramente che fosse estremamente delusa dall’operato di Leo.

-A me piacciono- obiettò la principessa, sorridendo incoraggiante a Leo, che però non stava guardando lei, ma la madre, che non ricambiava il suo sguardo, come se non fosse degno di attenzione.

Leo conosceva l’ambiente culinario, e i critici intransigenti.

E sapeva perfettamente che quei biscotti non erano la sua opera migliore.

Ma era troppo stanco per essere comprensivo e accettare le critiche, quindi non nascose la sua irritazione quando fece un secondo inchino, prese il piatto, e tornò in cucina con un poco sentito: 

-Sono spiacente non siano stati di vostro gradimento, farò meglio la prossima volta-

-È il caso- rispose la regina, prima che Leo si chiudesse la porta alle spalle.

-Immaginavo sarebbe andata così- lo accolse una voce in cucina, in tono severo.

Era Mildred, e sembrava aspettarlo. Scosse la testa e gli prese il piatto dalle mani -spero tu abbia un’idea per un dolce epico a pranzo per rimediare… Leonardo?- interruppe la sua sgridata notando lo stato in cui Leo versava in quel momento.

Stanco morto, spaventato dai continui scherzi che diventavano sempre più pericolosi, rimproverato sia dalla regina che dal capo della cucina. Con nessun alleato o amico con cui confidarsi, e con il carico di lavoro di uno schiavo unito a lezioni di etichetta con un insegnante che non faceva che ripetergli quanto facesse schifo… Leo era sul punto di crollare.

E la critica alla sua cucina era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.

Perché diavolo era rimasto lì?! Forse sarebbe stato meglio farsi buttare per strada e farsi assumere in una locanda… tipo. Leo non aveva idea di cosa avrebbe potuto fare fuori dalle mura del palazzo, e il timore che fosse ancora più pericoloso che all’interno era stata l’unica cosa che lo avesse trattenuto dallo scappare via da lì.

Ma adesso iniziava davvero a valutare l’idea di licenziarsi, andarsene e non mettere più piede lì dentro.

Dopotutto, oltre a Mary, Jane, Anna e la principessa, praticamente nessuno gli aveva offerto incoraggiamento e affetto sincero, e sebbene quelle quattro gli sarebbero sicuramente mancate, non era comunque ancora abbastanza affezionato da preferire stare lì con loro e venire costantemente bullizzato, abbattuto e trattato con sospetto e giudizio costante.

I suoi pensieri depressi, e le lacrime che avevano iniziato a scorrergli sulle guance nel bel mezzo del suo crollo emotivo, vennero interrotti da due forti braccia che lo avvolsero, e Leo, che non ricordava più cosa fosse un abbraccio, rimase completamente interdetto.

-Su, su… stai ancora imparando. Nessuno si aspetta che tu sia sempre perfetto- la voce di Mildred era così dolce e incoraggiante che Leo non la riconobbe subito, troppo abituato a commenti sgarbati e sospettosi.

Lo stringeva con affetto e gli stava dando qualche pacca sulla schiena per calmarlo, come una madre nei confronti del proprio figlio.

Improvvisamente, Leo sentì la mancanza di casa molto più di prima, e ricambiò l’abbraccio con forza, singhiozzando copiosamente e seppellendo il volto sulla sua spalla.

Era consapevole che le altre cuoche, intente a pulire dopo aver preparato la colazione, lo stavano fissando a bocca aperta, ma non riusciva a permettere alla vergogna di continuare a sfogarsi. Era troppo stanco. E non solo fisicamente, ma anche e soprattutto emotivamente.

E quell’abbraccio era la cosa migliore che gli fosse successa dall’inizio di quella pazza avventura.

Mildred lanciò loro un’occhiata penetrante, e tornarono tutte ai rispettivi compiti ignorando il crollo emotivo della nuova recluta.

-Mi dispiace- borbottò Leo dopo un po’, separandosi e asciugando al meglio le lacrime che ancora si ostinavano ad uscire -Torno a lavoro- cercò di recuperare la compostezza e rimettersi a lavorare. Doveva rimediare ai biscotti con un dolce straordinario… non gli veniva in mente niente. Voleva un caffè.

Mildred lo bloccò sul posto, tenendolo fermo per le spalle e cercando di incrociare il suo sguardo.

-Qualcosa mi dice che non stai così a causa di qualche biscotto bruciacchiato. Cosa è successo?- chiese, sinceramente preoccupata, e squadrandolo dalla testa ai piedi.

Leo avrebbe potuto lamentarsi, ma dubitava fortemente che aprire il suo cuore a una cuoca l’avrebbe aiutato molto contro alcune delle guardie scelte del regno. Soprattutto perché Lionel era un nobile, mentre sia Leo che Mildred erano semplici popolani. 

Scosse la testa.

-Nulla. Sono solo stanco. E un pessimo cuoco, e mi chiedo sinceramente perché diamine mi hanno preso a lavorare qui se poi devono tutti trattarmi…- nonostante si fosse imposto di non lamentarsi, iniziò a lamentarsi, e si interruppe appena in tempo, mordendosi il labbro.

Mildred sospirò.

-Senti, ragazzo. So di essere burbera, e a volte troppo severa, ma se mi accanisco un po’ contro di te è perché vedo davvero del potenziale, e il motivo per cui ti hanno preso a lavorare qui è perché te lo meriti…- Mildred fraintese la lamentela di Leo, credendo che fosse lei il motivo per il quale Leo fosse così abbattuto.

Il ragazzo iniziò a scuotere la testa.

-No, Mildred, non è…- provò a chiarire il malinteso, ma la donna lo zittì con un dito sulla bocca.

-Non mi interrompere!- lo rimproverò -Vuoi sapere perché sei stato valutato dal re e dalla regina in persona?- chiese poi.

Leo ci mise qualche secondo a rispondere, perché non voleva interromperla nuovamente.

-Ehm… perché sono molto sospetto? E sono un uomo? E quindi c’è bisogno dell’approvazione del re?- provò a supporre, ripensando all’interrogatorio svolto durante la cena di qualche giorno prima.

-Sei più percettivo di quanto ti dessi credito- Mildred sembrava stupita e forse anche un po’ orgogliosa.

Leo accennò un sorrisino.

-Ma non è l’unico motivo. In realtà il principe poteva benissimo decidere da solo, ma... senti…- Mildred lo prese per un braccio e lo avvicinò per parlargli più in confidenza, lontano dalle orecchie delle altre cuoche che comunque stavano sentendo l’intero discorso e probabilmente l’avrebbero raccontato in giro dato che i gossip, tra la servitù, galoppavano rampanti.

-…quando il principe chiede ai genitori di valutare un caso, soprattutto quando si tratta di cucina, il suo vero intento è di cacciare via la persona- ammise, sottovoce.

Leo pensò di aver capito male.

-il principe Daryan voleva cacciarmi da palazzo?- chiese, sentendosi un po’ ferito.

Certo, sapeva benissimo di non essere molto apprezzato dal principe e dai suoi collaboratori più stretti, ma credeva che in quei giorni si fosse convinto che Leo non aveva intenzione di avvelenare nessuno.

Dopotutto si vedevano ogni giorno durante i pasti, Leo assaggiava ogni suo cibo, e ogni tanto condividevano anche qualche parola sulla qualità delle pietanze.

Okay, non è che fossero amici, ma Leo non credeva che volesse cacciarlo, ma dargli un’occasione.

Aveva completamente frainteso, probabilmente.

-Oh, sì. La muta richiesta verso i suoi genitori è “non voglio cacciarlo io perché mia sorella mi odierebbe, quindi fatelo voi, per piacere”. Il test aveva il risultato già deciso. Eravamo tutte convinte che te ne saresti andato- si intromise Jane, dando prova che tutte stavano ascoltando, e che tutti fossero a conoscenza del metodo usato dal principe.

Quindi Leo si era impegnato tanto per niente?! No, un momento. Ma se volevano cacciarlo, perché allora adesso stava lavorando lì soffrendo così tanto?! Leo non riusciva a capire cosa diavolo volesse la famiglia reale da lui.

Sospirò abbattuto, Mildred lanciò un’occhiataccia a Jane, che tornò a lavoro, e prese il ragazzo per portarlo in un’altra stanza.

-Il punto è, figliolo, che se ti hanno assunto e messo alla guida del banchetto per la principessa, significa che il tuo talento è così straordinario che vogliono a tutti i costi tenerti nonostante tu sia sospetto. Ma devi comunque lavorare con noi, e fidarti di noi, e venire da noi se hai qualche problema. Non sei solo. Siamo una squadra, okay?- la capo cuoca concluse l’incoraggiamento e diede la propria disponibilità -E se a volte sono troppo dura, sappi che lo faccio per spronarti, perché ho notato anche io quanto sei bravo in cucina- poi mise le mani avanti circa i propri metodi, scompigliando i capelli ricci di Leo con affetto.

Leo pensava di esserle decisamente antipatico, ma era davvero commosso alla nuova consapevolezza di essersi sbagliato, e che al contrario la signora Mildred lo valutava così tanto, perché anche lui stimava moltissimo lei. A differenza dei cavalieri, lei era burbera, sì, ma ai livelli che si sarebbe aspettato dai giudici di Masterchef. Severa ma per incoraggiarlo. L’aveva capito, inconsciamente.

I suoi coinquilini… Leo sperava di non vedere nuovamente un serpente tanto presto.

L’unico che si salvava appena era Alex, ma nel senso che non faceva nulla né contro di lui, né per lui.

-Grazie Mildred… so che siete tutte fantastiche- Leo sorrise alla cuoca, comunque molto toccato dall’interessamento nelle sue condizioni mentali. Mildred gli sorrise rasserenata.

-E cerca di dormire un po’ di più, di notte. Hai due occhiaie tremende- lo incoraggiò poi, osservandogli bene il viso.

Leo si rabbuiò, pensando al suo dormitorio.

-Ci proverò- promise, con sguardo basso. Mildred sembrò capire qualcosa, ma decise di non indagare oltre.

-Bene, ora che abbiamo chiarito, cosa pensavi di fare a pranzo?- chiese, incuriosita dal suo piano.

Leo cercò di riflettere. Allora, doveva fare un dolce che ripagasse i biscotti bruciacchiati, quindi qualcosa che non aveva mai fatto, che riuscisse a fare senza addormentarsi, magari che non c’era neanche bisogno di cucinare… ufff, a Leo non veniva in mente proprio nulla. Se solo avesse potuto bere un caffè…

Caffè…

Dolce…

Che non bisognava cucinare…

EUREKA!!

Leo si illuminò completamente, entusiasta all’idea che gli era appena venuta in mente.

-Ho il dolce perfetto! Ma ho bisogno di caffè, e devo fare la crema al mascarpone, e i savoiardi… se è per un dessert posso prendere i chicchi di caffè, vero?- chiese Leo, speranzoso, e pronto a creare il piatto boomerang più piatto boomerang della storia dei piatti boomerang.

E con piatto boomerang si intende un dolce pensato per la famiglia reale che però avrebbe in realtà giovato a Leo.

Perché per cucinare il tiramisù serviva il caffè, e tutto quello avanzato sarebbe finito dritto dritto nello stomaco di Leo.

-Se è fondamentale per la ricetta suppongo tu lo possa usare, ma cosa sono i savoiardi?- chiese Mildred, confusa.

-Dei biscotti particolari. Li ho già fatti una volta, spero di ricordare bene la ricetta- Leo era grato di avere una buona memoria selettiva, perché questo lo rendeva esperto nel ricordare le ricette, sebbene facesse alquanto schifo quando si trattava di ricordare cose più importanti.

-Ma la prima cosa da fare è il caffè. Posso prendere i chicchi?- Leo guardò Mildred con stanchi occhi adoranti, e Mildred accennò un sorrisetto divertito.

-D’accordo, prendi tutti i chicchi che vuoi. Tanto dovrebbe arrivare un carico di cibi esotici da Fring, in settimana. E i chicchi di caffè e di cacao saranno rimpinguati- gli diede il via libera, intuendo che quello fosse un piatto boomerang, ma concedendogli il beneficio del dubbio a fronte del momento appena condiviso.

-Sei la migliore, Mildy! Grazie mille!- Leo era più sveglio solo al pensiero di bere un po’ di caffè. Mildred storse il naso al soprannome, ma non lo riprese troppo aspramente.

-Mettiti a lavorare adesso! Che hai perso già troppo tempo- lo rimproverò solo, incoraggiandolo a tornare in cucina.

Dopo aver bevuto una tazza di caffè con la scusa di controllare che fosse fatta bene, Leo si sentì per la prima volta da qualche giorno di nuovo sveglio.

Preparò il miglior tiramisù della sua vita!

 

Il pranzo andò parecchio bene, soprattutto grazie al suo tiramisù, che fece sorridere e annuire la regina, che sembrava essersi dimenticata dei biscotti bruciacchiati della colazione.

Leo era anche abbastanza sveglio, grazie al caffè, anche se doveva comunque cercare una soluzione perché dubitava fortemente che sarebbe riuscito a preparare ogni giorno dolci che necessitavano caffè senza rischiare di risultare sospetto o di non far dormire di notte tutti i membri della famiglia reale.

Peccato che non gli venissero idee per affrontare i bulli.

Dato che di solito la sua soluzione era trovarsi un’amica che lo proteggesse.

Ma Giada non c’era…

Al momento aveva circa un’ora di riposo prima di dover preparare i dolci per l’ora del tè, ed era diretto verso il dormitorio con la remota speranza di riuscire a dormire qualche minuto approfittando che i cavalieri fossero in una sezione di allentamento, ma evidentemente anche loro avevano la pausa pranzo, perché nel momento stesso in cui entrò in camera, Lionel, l’unico presente, sguainò la spada.

Leo sospirò e fece dietro front, ma il cavaliere nobile era decisamente ben allenato, perché gli era già arrivato vicino, e aveva chiuso con violenza la porta prima che Leo potesse attraversarla, mettendogli poi la spada al collo.

-Ehi, capisco che mi odi, ma mi sembra che tu stia esagerando- si lamentò Leo, cercando di mantenersi tranquillo.

-Ti sei lamentato con qualcuno?- chiese Lionel, in tono furioso.

Quel tono colpì Leo profondamente, e lo fece impallidire.

Non stava scherzando. Non lo stava minacciando con scherzi che considerava insignificanti (che poi Leo temesse i serpenti era un’altra faccenda, Lionel chiaramente voleva solo intimidirlo normalmente), lo stava seriamente minacciando, con una spada puntata alla sua gola.

Era la seconda volta che Leo aveva una spada puntata addosso, ma era la prima volta che era così intimidito.

-No!- si affrettò a dire la verità -Non ho detto nulla a nessuno! E soprattutto non ho fatto il tuo nome- giurò, alzando le mani e spalmandosi contro la porta.

-Se è vero allora perché il bibliotecario è venuto a chiedermi se c’era qualche problema al dormitorio?- chiese Lionel, ancora più minaccioso.

Leo cadde dalle nuvole.

-Persian?- chiese, sorpreso. Non si aspettava proprio che si mettesse ad indagare, e non gli aveva davvero detto nulla. Solo che era stanco come giustificazione al fatto che non riusciva ancora a fare un inchino decente.

-È Signor Lavoie, per te. E io sono Sir Lionel Vinterberg, non dimenticarlo! Siamo nobili, e tu sei una nullità che verrà gettata via nel momento in cui perderai la tua utilità. Solo perché la regina ha apprezzato un tuo piatto, non significa che ora vali qualcosa. Nessuno sentirà la tua mancanza se sparirai, anzi, probabilmente non se ne accorgerebbero per parecchio tempo o penserebbero che sei semplicemente tornato a fare la spia, quindi se una sola parola prova ad uscire nuovamente dalla tua bocca, sarà l’ultima cosa che dirai mai- lo minacciò Lionel, prendendogli la testa per i capelli e sbattandogliela contro la porta, per far capire il concetto.

-Non ho detto niente a nessuno! So di non valere nulla! Non voglio problemi- insistette Leo, massaggiandosi appena la testa e cercando di non far risalire le lacrime.

Stava vedendo le stelle, e sicuramente gli sarebbe uscito un enorme bernoccolo. Lionel era una persona orribile, ma non era una delle guardie più promettenti a caso. Era forte.

E pericoloso.

-Ecco, tieni la bocca cucita. Da domani ci penserò io ad assicurarmi che tu non vada in giro a sparlare- lo minacciò, dandogli una gomitata sullo stomaco che lo fece crollare a terra, e poi superandolo per uscire dalla stanza.

Leo aveva il respiro affannato, la testa che girava, ed era una vera fortuna che non avesse iniziato a sputare sangue.

Si alzò con una certa difficoltà, con gambe tremanti, e il suo primo pensiero fu di uscire dalla camera prima che Lionel tornasse per finire il lavoro approfittando che fosse solo.

Si appoggiò al muro e si allontanò il più in fretta possibile, cercando un luogo qualsiasi dove ritirarsi per riflettere.

Al momento la biblioteca era il suo ritrovo preferito, ma non voleva assolutamente imbattersi in Persian e rischiare che gli facesse il quarto grado.

Forse il giardino? Non l’aveva visitato molto, ma era grande e pieno di nascondigli, lo aveva osservato attentamente dalla finestra della camera del principe, ogni volta che andava a portargli da mangiare.

Sì, il giardino, doveva raggiungere il giardino, sedersi, respirare, e pensare a cosa fare.

-Che stai facendo?- una voce dura lo fece sobbalzare e irrigidire, e si girò verso la direzione dalla quale proveniva con terrore malcelato. Era Chevel, e si avvicinava minaccioso. Leo non aveva la forza di affrontare anche lui, così si girò nuovamente e provò a scappare, ma il cavaliere fu più veloce, e lo prese per un braccio, fermando la sua disperata fuga.

-Stai per caso facendo qualcosa che non dovresti?- lo aggredì, avvicinandolo a sé, ma sgranando gli occhi e perdendo lo sguardo duro non appena vide le condizioni in cui era, con le lacrime che avevano iniziato a solcargli le guance -Cosa è successo?- chiese, indebolendo la presa ma non lasciandolo andare completamente.

Sembrava sinceramente preoccupato, ma Leo dubitava fortemente che l’avrebbe potuto aiutare. E si odiava per apparire così debole davanti a lui.

-Niente! E se fosse successo qualcosa non lo direi a te!- esclamò, provando a liberarsi il braccio con uno strattone senza successo. 

-Bada al linguaggio!- Chevel indurì lo sguardo e lo tenne ancorato sul posto.

La presa del cavaliere era di ferro anche quando non era stretta al massimo. Se avesse voluto, probabilmente avrebbe potuto spezzare il braccio di Leo senza troppo sforzo.

Leo teoricamente non avrebbe dovuto dargli motivo di farlo, ma come ben sapete, era bravo a scavarsi la fossa e parlare e agire a sproposito.

-E pensare che stavo cercando di essere cortese, invece di mandarti direttamente all’inferno!- esclamò con foga, provando nuovamente a liberarsi senza alcun successo.

Il polso iniziava a fargli male.

Anche se non quanto la testa e lo stomaco.

Chevel sembrava più confuso che offeso.

In effetti lì non avevano l’inferno, o il diavolo, o altri concetti cristiani. Avevano i sette dei.

Che sicuramente odiavano Leo con tutto il loro cuore.

Dopo l’istante di confusione, Chevel scosse la testa, e decise di ignorare la faccenda.

-Ti stavo cercando, ho delle notizie da darti- spiegò, lasciandogli il braccio ma pronto a riprenderlo nel caso avesse tentato di scappare.

Leo decise di ascoltare cosa aveva da dire, anche se voleva ancora scappare il prima possibile ed elaborare un modo per sfuggire a Lionel senza venire ucciso.

Si massaggiò il polso e aspettò qualsiasi cosa Chevel avesse da dirgli, probabilmente qualche ulteriore minaccia perché non erano mai abbastanza da parte dei cavalieri.

Per qualche strano motivo, in presenza di Chevel, iniziò a calmarsi. Era minaccioso, e a Leo non stava simpatico, ma l’aveva inquadrato meglio, e sembrava un cane che abbaia ma non morde.

Non come Lionel.

Brrr, chissà cosa intendeva dicendo che da domani si sarebbe assicurato che Leo non andasse in giro a sparlare.

-Da domani e almeno fino al compleanno della principessa, Lionel sarà la tua guardia personale, ti seguirà ovunque e ti terrà d’occhio- annunciò Chevel, con nonchalance.

Leo si immobilizzò, e lo guardò sperando di aver capito male.

-Cosa?- chiese, in tono acuto.

Chevel fu preso in contropiede dalla sua reazione.

-Lionel sarà la tua guardia del corpo personale per circa tre settimane. Perché, hai qualche problema con lui?- chiese, senza traccia di astio, ma solo con una certa curiosità.

Leo maledisse il suo essere completamente trasparente, perché non riuscì a non impallidire e iniziare a sudare freddo.

-No- mentì, con un sussurro, iniziando ad indietreggiare.

-Leonardo…- Chevel si avvicinò, tentando di indagare.

Ma Leo non voleva la sua preoccupazione. Non voleva la preoccupazione di nessuno. Avrebbero creato solo maggiori problemi.

-Non ho nessun problema. Voglio solo farmi una passeggiata. Mi è concesso fare una passeggiata o ho bisogno di un babysitter?- Leo iniziò ad agitarsi, e indietreggiò più facilmente.

-Un cosa?- Chavel si bloccò, nuovamente confuso dal lessico moderno di Leo.

-Ho solo quaranta minuti di pausa ormai. Posso andare o hai altre notizie da comunicarmi?- tipo che domani mi brucerete sul rogo tanto ormai siamo lì.

-No, nulla…- Chevel lo osservò con una certa preoccupazione, ma non indagò oltre, e fece come se non fosse affatto interessato al dramma di Leo.

A Leo andava alla grande.

-Allora, con permesso, Sir Podbart- Leo cercò di fruttare le lezioni di Persian, e fece un breve inchino in direzione di Chevel, che sembrò parecchio sorpreso dal rispetto mostrato dopo tutta quella strana e agitata conversazione.

-Sì… eh… vai- lo congedò, con un piccolo cenno del capo.

Leo era troppo impegnato a scappare per rendersi conto che, secondo le lezioni di Persian, Chevel gli aveva appena mostrato un rispetto solitamente riservato a persone di ceto sociale simile o vagamente superiore.

Leo era molto sotto rispetto a Chevel, non si sarebbe meritato un cenno di rispetto neanche da un topo di fogna, dato che era al loro stesso livello.

Ma non se ne accorse, e comunque non gli interessava più di tanto quello che pensava Chevel di lui. Voleva solo stare il più lontano possibile da lui e dai suoi cavalieri.

Raggiunse il giardino e si sedette sull’erba nel luogo più isolato che riuscì a trovare, dietro un cespuglio scolpito a forma di drago.

Era davvero molto bel realizzato, anche se Leo non riuscì a goderselo, con tutti i pensieri pieni di panico che gli attraversavano la mente.

Si prese la testa tra le mani, e cercò di riflettere.

Forse se manteneva un profilo basso, non avrebbe attirato l’attenzione e non avrebbe infastidito Lionel con il favoritismo nei suoi confronti.

Magari poteva semplicemente farsi cacciare da lì e dormire.

Ma Leo non amava arrendersi e basta senza lottare.

Anche se in quella situazione non si trattava di affrontare un paio di bulletti, ma dei cavalieri molto più potenti di lui armati di spade taglienti. Era come se nel suo mondo si fosse messo contro la mafia, e non era un protagonista di qualche fiction. Lui se si metteva contro la mafia, finiva con le scarpe di cemento.

Forse lì le scarpe di cemento non c’erano.

Ma era possibile che ci fosse la culla di giuda, e Leo temeva più le torture medievali rispetto a una morte che sì era lenta, ma almeno era definitiva.

Ma non doveva pensare già a quello.

Doveva trovare un modo per conquistare il favore di Lionel.

Forse con un biscotto, o qualche altra prelibatezza. La via per il cuore di un uomo è sempre il suo stomaco.

Ma aveva giurato che nessuno di quei tre avrebbe mai assaggiato un suo cibo, e non voleva andare contro quella promessa.

Ma meglio perdere la dignità che la vita.

Mentre Leo rifletteva, si alzò e iniziò a camminare avanti e indietro cercando di riflettere meglio.

Si bloccò di scatto quando notò che poco distante, il principe Daryan stava camminando nella sua direzione, parlando distrattamente con Persian. Sembrava molto concentrato.

Voltò la testa nella sua direzione, e per un istante i loro sguardi si incrociarono.

Poi Leo si abbassò di scatto, coprendosi con il cespuglio drago, e iniziò a strisciare il più lontano possibile per evitare che anche il principe lo raggiungesse per chiedergli se andasse tutto bene.

Dubitava che l’avrebbe fatto, onestamente, ma meglio non rischiare.

Ci mancava solo che Lionel lo vedesse che parlava con il principe fuori dall’orario di lavoro.

L’avrebbe davvero ammazzato.

No, no, meglio scappare.

Leo riuscì ad uscire dal giardino e ad allontanarsi il più possibile dal castello, iniziando a perdersi tra gli alberi.

Era ancora nel territorio dentro le mura, quindi non stava facendo nulla di sbagliato, giusto?

Anche se mano a mano che si allontanava sempre di più, iniziò a chiedersi se sarebbe riuscito a tornare in tempo per preparare i muffin al cioccolato che aveva in mente per l’ora del tè.

Forse avrebbe dovuto ripiegare su dei veloci pancakes, anche se ci metteva un po’ a cuocerli. Ma se faceva meno impasto, e li faceva più grandi…

Arrivato nei pressi di un laghetto dall’acqua limpida, Leo decise che era meglio fermarsi, sedersi, e respirare.

Ritornò a riflettere su come risolvere la situazione con Lionel.

Avrebbe avuto bisogno di aiuto, onestamente. Qualcuno di forte ma non troppo che potesse prendere le sue parti con Lionel e che lui ascoltasse.

Ma non qualcuno con cui lamentarsi, ma una persona che potesse proteggerlo costantemente.

Quindi non la famiglia reale, né Persian, né le cuoche.

E sicuramente non Chevel, perché Leo dubitava fortemente che Chevel avrebbe preso le sue parti, anche se avrebbe senza problemi fermato Lionel, essendo il suo diretto superiore.

Ma Leo preferiva morire che chiedere al capo delle guardie un favore, quindi avrebbe dovuto ripiegare su altro.

Magari qualche cavaliere a sua volta.

Non Prankit di certo.

Qualcuno come…

-Tu cosa diavolo ci fai qui?!- chiese una voce molto allarmata, una voce che Leo non riconobbe immediatamente.

Sobbalzò preoccupato, e si girò verso la fonte dalla quale proveniva, ritrovandosi faccia a faccia con un imbarazzato e intento a fare il bagno…

-Alex?- chiese, sorpreso.

L’uomo, con le guance color porpora, cercava di coprirsi al meglio.

Leo ci mise qualche secondo a fare due più due.

Poi si girò di scatto.

Oh… questo poteva aiutarlo.

O condannarlo definitivamente.

 

-Allora, hai scoperto qualcosa?- stava chiedendo Daryan a Persian, passeggiando in giardino, nei pressi del cespuglio a forma di drago.

-Ho trovato solo Sir Lionel, e mi ha detto che Leo si trova bene lì con loro, ma che disturba parecchio la notte- rispose Persian, un po’ incerto -Perché mi ha chiesto di indagare al riguardo, principe Daryan? Crede che le guardie possano averlo preso di mira?- osservò poi, più sottovoce.

Daryan non sapeva bene come rispondere, ed era stato salvato dal farlo dall’inconfondibile testa rossa di Leonardo, spuntata fuori all’improvviso da dietro il cespuglio, che aveva iniziato a fare avanti e indietro chiaramente teso da qualcosa.

Per un secondo incrociò il suo sguardo, poi il cuoco sparì come era comparso.

Daryan non credeva di avergli dato il permesso di uscire in giardino non supervisionato, ma suppose che essendo ormai membro ufficiale dello staff del castello, avesse anche quel privilegio.

Si avvicinò comunque al suo nascondiglio per provare a parlargli e indagare.

-Persian, mi vai a chiamare Chevel? Devo chiedergli una cosa- incoraggiò l’istruttore, che si lamentò un po’ sottovoce circa il “fastidioso cavaliere puzzone” ma eseguì senza obiettare.

Non appena Daryan raggiunse il cespuglio, notò che Leo si stava goffamente trascinando verso la foresta, e il suo tentativo era così poco discreto che non c’era neanche il bisogno di fermarlo dall’andare troppo lontano.

Era oltremodo improbabile che volesse dare informazioni sul palazzo a qualche inviato di Valkrest, o qualche membro del gruppo anti-monarchico.

Probabilmente, vista la sua ignoranza sul mondo, non sapeva neanche cosa fosse il gruppo anti-monarchico.

Lo osservò per un po’ mentre spariva in mezzo agli alberi, valutando se seguirlo e nascondendosi perfettamente quando lui si guardò goffamente intorno per assicurarsi di non essere seguito.

Sembrava davvero voler stare semplicemente solo.

E Daryan aveva notato che da quando i suoi genitori erano tornati, sembrava stare sempre peggio. 

Non che prima stesse bene, dato che ogni giorno era più stanco del precedente, e iniziava anche a sbagliare qualche ricetta.

Daryan non riusciva a capire se fosse solo poco abituato ai ritmi di un palazzo, o se ci fosse qualcosa sotto, ma iniziava ad essere leggermente preoccupato.

…per Opal, ovviamente.

Il cuoco sarebbe stato responsabile del banchetto del suo compleanno, non poteva permettersi di sbagliare e rovinare il buffet.

-Mi cercava, vostra altezza?- Chevel raggiunse il principe e fece un inchino -Che Jahlee la protegga-

-Che Jahlee protegga anche te- rispose distrattamente Daryan, continuando a fissare la direzione dove il cuoco era ormai sparito -Hai notato qualcosa di insolito nel cuoco?- chiese poi a Chevel, senza neanche guardarlo.

E non notando quindi l’espressione preoccupata che aveva raggiunto i suoi occhi.

-Non saprei, a dire il vero. L’ho incontrato poco fa per avvisarlo della sua nuova guardia fissa, e mi sembrava agitato. Forse nasconde qualcosa- provò a supporre Chevel, alzando le spalle senza sapere bene cosa pensare.

A Daryan la faccenda puzzava non poco.

-Chi sarà la sua guardia personale?- chiese, socchiudendo gli occhi.

-Sir Lionel Vinterberg, si è offerto personalmente- rispose Chevel, ricordando con una certa confusione la reazione terrorizzata di Leo a sentire il suo nome, ma senza parlarne a Daryan.

Non gli era neanche sfuggito che camminava con una certa difficoltà, dopo essere uscito dalla camera. Ma non sapeva davvero come interpretare la situazione.

-Tienilo d’occhio senza che lui ti scopra, e non affrontarlo in alcun modo. Poi anticipa il controllo mensile delle camerate, di tutto il palazzo. Evita accuratamente che sembri come se ci fosse stata una soffiata. Controlla semplicemente le stanze come fai sempre- gli ordinò Daryan, pratico.

-Per quale motivo?- chiese Persian, confuso.

-Ci sono due possibilità riguardo al comportamento di Leo: o è davvero una spia nemica, ed è stanco perché passa le notti ad indagare; oppure qualcuno dei cavalieri gli sta facendo passare le pene dell’inferno- spiegò Daryan.

Se avesse dimostrato che il cuoco era semplicemente bullizzato, le possibilità che fosse una spia sarebbero esponenzialmente diminuite.

Altrimenti… beh, poteva anche esserci la terza opzione che fosse solo stanco perché non abituato ai ritmi del palazzo, anche se sembrava un ragazzo pieno di risorse.

-Mi perdoni, principe Daryan, ma… cos’è l’inferno?- chiese Chevel, confuso dal suo modo di esprimersi.

-Nel mondo alternativo dell’ultimo libro che ho letto, è il luogo dove vanno le persone cattive dopo la morte- spiegò Daryan, distrattamente -Lo usano i personaggi con termini colloquiali anche per parlare di torture, o per augurare a qualcuno qualcosa di male- 

Gli isekai erano il suo genere preferito, e il mondo con un solo Dio, il paradiso e l’inferno, che quasi sempre veniva raggiunto dai protagonisti, era davvero affascinante per lui. Aveva imparato molto bene quel gergo così esotico.

Chevel sembrava particolarmente offeso da qualcosa, e iniziò a borbottare insulti tra sé rivolti verso qualcuno che Daryan non capì.

Intuì che fosse probabilmente Persian, dato che era uno dei pochi ad avere conoscenze di quel tipo di libri, anche se non erano i suoi preferiti da leggere.

-Mi occuperò delle camere. Persian… insegna un po’ meglio gli inchini al cuoco, è davvero pessimo- Chevel lanciò una frecciatina contro Persian, salutò con rispetto il principe, e se ne andò.

Daryan riesumò la camminata con un offeso bibliotecario, e cercò di togliersi dalla testa il volto sempre più stanco e distratto di Leo.

Non sembrava neanche lui, senza i soliti splendidi occhi brillanti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Capitolo un po’ di passaggio, il prossimo preparerà il terreno per vari colpi di scena che si susseguiranno uno dietro l’altro.

Per il momento l’ostacolo principale sono i bulli.

E Alex… chissà cosa ha scoperto Leo. Qualche teoria?

(Dovrebbe essere ovvio ma vabbè dai).

Prometto che il prossimo capitolo darà più soddisfazioni di questo.

 

 

   
 
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