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Autore: JasonTheHuman    13/07/2021    0 recensioni
Umani.
Verità o finzione? Antica civiltà perduta o solo una vecchia favola dei pony?
Nessun pony ne ha mai visto uno, e molti non ne hanno neanche sentito parlare. Ma Lyra sa che queste creature meravigliose sono più di una vecchia leggenda, ed è determinata a scoprirne di più… e possibilmente far impazzire la sua coinquilina nel processo.
Genere: Avventura, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 18

VITE PASSATE

 

“Un… unicorno” ripetè Audrey, lasciandosi cadere indietro sulla sedia. 

Lyra annuì e si sedette sul letto, di fronte a lei. “Non so come sono arrivata in Equestria — dove abitavo — ma è quello che è successo quando sono scomparsa da questo mondo.”  

“Quindi… quello che mi hai nascosto per tutto questo tempo… è che sei un unicorno.”

“Lo ero,” Lyra la corresse. “Non ero neanche consapevole di essere un umano fino a… meno di un mese fa, in realtà. Ho fatto ricerche sugli umani per tutta la mia vita, ma la Principessa Celestia mi ha detto che erano reali, e che vivevate qui — “

Audrey alzò una mano per interromperla. “ No. Basta… smetti di parlare.”

Lyra alzò le spalle. “Volevi che ti dicessi la verità.”

“Sì, ma voglio che tu sia onesta. Hai già raccontato delle cose sul posto da cui vieni, ma non pensavo che stessi parlando di unicorni.” Audrey si soffermò un attimo per ricordare. “Per esempio… hai menzionato il fatto che tua madre lavora ad una stazione meteo.”

“Beh, lei non è un unicorno. È una pegaso, e lavora alla fabbrica della pioggia di Nuvola City. Specializzata in produzione di nuvole temporalesche.”

Audrey sosse la testa. “No, è… ridicolo. Stai dicendo che mi hai apertamente mentito per tutto questo tempo?”

“Non ho mentito. Magari non ho detto tutta la verità, ma non ti ho raccontato bugie.” Lyra guardò giù, verso sua collana, e la sollevò in modo che Audrey potesse vedere il pendaglio a forma di lira. “Lo vedi questo? È un dono che mi ha fatto la Principessa prima di venire qui.”

“Cosa? Mi vuoi dire che è magico?”

“No, non funziona così la magia. Non puoi fare niente senza un corno,” disse Lyra. “L’ho perso quando sono diventata umana. Non che mi dispiaccia, considerando che adesso ho queste.” Alzò le sue mani.

Audrey quasi le rise in faccia. “Sembri una pazza in questo momento. Te ne rendi conto?”

“So che è tanto da accettare. È il motivo per cui non te ne ho parlato prima. Inoltre, non voglio tornare in Equestria. Voglio incontrare i miei veri genitori. I miei genitori umani.”

“Quindi… La ragione per cui non mi hai detto niente è perché sei un unicorno che tenta di adattarsi alla società umana.”

“Esattamente.”

Audrey ridacchiò. “E ci credi davvero?”

Lyra la fissò. “Certamente. Non sono stata per così tanto tempo nel mondo degli umani. Mi sto ancora abituando. Quando sono arrivata qui, ero totalmente nel pallone. Des Moines è molto più grande di Ponyville.”

“Ponyville?” chiese Audrey.

“Sì, è dove abitavo.”

“Ma è —” Le mancarono le parole. “Non importa ora.”

“Tu sei il primo amico umano che abbia mai avuto. Finché non ti ho incontrato, gli umani sembravano così distanti. Non pensavo neanche che fossero così simile a me. Ma tu mi hai mostrato che cosa siamo. Mi hai insegnato così tanto. Non so cosa avrei fatto senza il tuo aiuto.”

“Eri un unicorno fino a quando non ti ho incontrato?”

Lyra annuì. “Quello era il giorno in cui ho lasciato casa,” disse. “Tu… mi credi, vero?”

“Certo che no. Tutte queste storie sugli unicorni… Non hanno alcun senso! Non dovrei neanche dirlo, ma gli unicorni non sono reali, Lyra.”

Quelle parole le suonavano come un’eco, qualcosa che aveva sentito molte volte prima d’allora — ma al contrario. Lyra la guardò. “Mi sembra di sentire Bon-Bon.”

“Chi?”

“La mia vecchia coinquilina. Neppure lei mi ha mai creduto.”

“Esattamente! Se non ti credeva lei sugli unicorni, cosa ti fa pensare che io lo possa fare?”

“No, lei non credeva negli umani. I pony credono che siamo solo creature di fantasia tratti da vecchie storie. Molti non hanno neanche mai sentito parlare di noi. Nonostante ci fossero così tante prove che gli umani fossero veri, tutte attorno a loro. Anche prima di sapere chi fossi realmente.”

Audrey non riuscì a trattenere le risate, per quanto sembrasse crudele. “Lyra, devo ammettere che è proprio una gran bella storia. È quasi azzeccato che tuo padre sia uno scrittore. Sei decisamente brava ad inventarti cose. Eppure…” La sua espressione tornò seria. “Tu credi davvero a tutto quello che ha detto, non è così?”

“Naturalmente,” rispose Lyra.

Il problema era solo che non possedeva nessuna prova. Ma anche in caso contrario, sarebbe cambiato qualcosa? Bon-Bon non aveva mai cambiato idea, a prescindere di quante prove Lyra avesse trovato — ma lei aveva ragione. La Principessa Celestia aveva confermato tutte le sue teorie, e ora era lì, da essere umano. 

“Non avrei mai pensato di dover convincere un essere umano dell’esistenza degli unicorni…” mormorò Lyra.

“Credimi, neanch’io mi sarei mai aspettata una discussione del genere,” disse Audrey. “Per favore… Non dire niente di tutto ciò ai miei genitori.”

“Non ne avevo intenzione. Voglio solo essere un umano. Non volevo dire niente neanche a te.”

“Bene. Perché tu gli piaci, Lyra. Ti hanno lasciata stare qui molto più a lungo di quanto avrei mai creduto. Se cominci a dire cose sull’essere un unicorno e su Ponyland o quello che è — ”

“Ponyville.”

“Non importa. Il punto è che ti prenderebbero per pazza. E avrebbero pure ragione.”

Lyra si chiese come le fosse venuto in mente di raccontare tutto. Avrebbe dovuto sapere cosa sarebbe successo. Il mondo umano non era davvero così diverso da Equestria dopotutto. “Ok…” mugugnò.

“Contattiamo i tuoi genitori. Scopriamo se lo sono davvero. Penso sarebbe bene che tu avessi un posto stabile in cui stare, in modo da farti riprendere contatto con la realtà.”

“Solo una cosa,” disse Lyra, alzando un dito. “Tu sai cosa sono gli unicorni, vero?”

“Sì, ma non vedo come — “

“E come fai a saperlo?”

“Beh… Ci sono storie su di loro. Ma sono tutte di finzione, inventate.” disse Audrey. “Lyra, se c’entra quello che scrive tuo padre, sarà lui il primo a dirti che è tutto — “

“Avevamo qualche storia sugli umani in Equestria. Non molte, ma erano lì se le cercavi. Ed era perché gli umani esistono, e tutte quelle storie erano basate su fatti reali.”

Audrey si portò una mano alla faccia. “Probabilmente a te sembra un ragionamento logico, ma non ha assolutamente nessuna base.”

“Non so quanto i nostri mondi abbiano in comune, ma ho notato così tante cose che combaciano. Sappiamo anche cos’è la Francia in Equestria, anche se molti pony non realizzano sia un posto vero,” disse Lyra. “Difficilmente crederebbero che ci sono stata.”

“Quando sei stata in Francia? Sei della Pennsylvania. O almeno, è ciò che crediamo,” disse Audrey.

Lyra inclinò la testa. “Ma hai detto… che Des Moines era francese.”

“Siamo in America. Ci sono un sacco di parole straniere qui.”

“Aspetta, siamo…” Lyra si fissò i piedi. “Ma non ho mai sentito parlare dell’America prima d’ora. Non era in nessuna delle storie che ho letto in Equestria.”

“Non hai mai sentito parlare dell’America?” chiese Audrey. Scosse la testa e si alzò. “Lyra… Tu hai davvero bisogno di aiuto. Senti, ci penso io a metterti in contatto con tuo padre. Tu cerca di… non lo so. Lascia che me la sbrighi io.”


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Lyra tornò nella camera degli ospiti, collassò sul letto e fissò il soffitto. Inizialmente, non aveva pianificato di raccontare di Equestria agli umani. C’era una serie di ragioni per non farlo. Voleva davvero integrarsi, come se avesse sempre fatto parte di questo mondo, come se non fosse stata strappata via tutti quegli anni prima. Inoltre, non voleva raccontargli che da dove veniva, la specie umana aveva causato la sua stessa estinzione.

E c’era pure il fatto che non aveva prove che un altro mondo esistesse, e gli umani l’avrebbero chiamata pazza per averlo affermato. Ed infatti, era quello che era successo. Audrey non credeva neppure negli unicorni. 

Era stato proprio come la sua ultima settimana a Ponyville. Bon-Bon pensava che fosse pazza e voleva che lei lasciasse perdere tutta la faccenda degli ‘umani’, così Lyra non ne aveva più parlato. Ciò aveva contribuito a calmare l’atmosfera, ma non era stato facile.

Le prove erano disseminate per tutta Equestria. E per forza — gli umani erano vissuti lì, ed avevano lasciato le loro invenzioni. E poi si estinsero. Non aveva raccontato quella parte ad Audrey. Ed ora che si considerava più umana che pony, faceva ancora più male a pensarci. 

Eppure… Il suo tempo in Equestria sembrava un’altra vita, e allo stesso tempo sembrava solo ieri. Lyra era ormai abituata a sedersi a cena ogni sera con Audrey e la sua famiglia, ma ancora si meravigliava a pensare che abitava sotto lo stesso tetto di creature di cui aveva lavorato così tanto per dimostrarne l’esistenza.

Però loro avevano vissuto la loro vita senza aver mai visto unicorni. E qualunque cosa fossero i pony che aveva incontrato settimane prima, non erano per niente simili a quelli in Equestria. Non le avevano neanche parlato.

Lyra si analizzò pigramente le dita. Avrebbe potuto ripetere la stessa cosa che aveva fatto con Bon-Bon in quell’ultima settimana. Non menzionare gli unicorni, e convincere Audrey che le era passata. Che non era pazza.

Sapeva ancora meno di questo mondo di quanto sospettasse. Per tutto questo tempo, si trovava in un posto chiamato “America”. Giudicando dalla reazione di Audrey, la Francia era comunque un posto reale, ma Lyra non aveva idea di quanto fosse realmente distante. Sembrava molto.

Lyra sospirò. Che cosa avrebbe raccontato alla sua vera famiglia?


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Audrey trovò suo padre a lavorare al suo laptop nel salotto. Gli si avvicinò lentamente. Doveva affrontare questo discorso con cautela.

“Hey, papà?”

“Si?” Lui non si girò a guardarla.

“So che è un po’ improvviso, ma… abbiamo trovato i genitori di Lyra,” disse lei.

Lui smise immediatamente di scrivere, e la guardò. “Siete sicure?”

Audrey annuì. Gli spiegò che uno degli amici della band di Lyra aveva riconosciuto suo padre, e le raccontò dell’articolo di giornale che avevano trovato. Gli raccontò l’intera storia, escludendo la conversazione che aveva avuto con Lyra. La storia era già folle di suo senza aggiungere le sue farneticherie. “Non sono sicura di come nessuno se ne sia accorto prima d’ora. Thomas Michelakos. Ne hai mai sentito parlare? Immagino che sia abbastanza famoso.”

“Non riconosco il nome. Ma sei sicura sia lui? Non vedo come nessuno possa averlo — “

“Perché non l’hanno riconosciuto?” disse Audrey. Beh, Lyra aveva una spiegazione perfetta… “Neanch’io lo capisco. Ma la fotografia corrisponde, e ci sono storie sulla sua scomparsa che combaciano con la sua età… Non penso possiamo dirlo con certezza, ma sembra decisamente plausibile.”

“Fammela vedere prima di prendere decisioni,” disse. “E non ti ha detto niente sul dove sia stata per tutto questo tempo?”

Si. Non era per niente stata rapita. Aveva vissuto in una terra magica con gli unicorni, dove non ci sono preoccupazioni, e tutto era fiori e arcobaleni. Invece, ciò che Audrey gli disse fu “No… Ancora niente. Penso ancora che le possa essere successo qualcosa, come…”

Lui annuì. Non c’era bisogno di dire niente, avevano già discusso quell’opzione diverse volte. 

“E Lyra non dice niente. Le hai mostrato cosa hai trovato, giusto?”

“Certamente. Ha detto… che non ricorda niente.”

Restarono entrambi in silenzio per del tempo. “Ma, Audrey…”

“Si?”

“Se esce fuori che questa non è la sua vera famiglia, dobbiamo fare qualcosa per Lyra. È una brava ragazza, ma non può stare qui più molto a lungo…”

“Lo so…”

“Ho bisogno del tempo per finire una cosa, e poi vengo su a dare un'occhiata a quello che avete trovato.”

Lei salì le scale e lo aspettò.


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Nella stanza buia, la luce dello schermo del computer illuminava la faccia di Audrey. Era notte fonda. Anche sua madre aveva controllato quello che avevano trovato. Aveva sentito parlare della serie di libri scritti dal padre di Lyra, anche se non ne aveva letto nessuno. L’high fantasy non era il suo genere preferito. Ma tutta la storia della scomparsa di Lyra Michelakos quindici anni prima sembrava coincidere. Ora era solo questione di contattarli. Lyra le aveva lasciato questo compito, anche perché lei non sapeva neanche cosa fosse una email.

Però perché doveva rendere le cose così tanto complicate?

Era migliorata così tanto fino ad adesso. La prima volta che si erano incontrate, Lyra era senza speranza, un completo disastro. Era stata solo una prova di buona azione da parte di Audrey, lasciarla stare da lei per alcuni giorni… che si erano tramutati in settimane. Ma una ragazza come lei — ovviamente una fuggitiva — da sola in una (mediamente) grande città. Non ci voleva niente a mettersi nei guai. Chissà dove sarebbe Lyra adesso se Audrey non fosse intervenuta? Chissà se sarebbe stata ancora viva. Era un po’ forzata forse, ma… non impossibile.

Era già stato difficile convincere i suoi genitori che questa sconosciuta dai capelli verdi che tentava saltuariamente di mangiare fiori non era una pazza totale. Audrey doveva assicurarsi che non venissero mai a conoscenza della storia degli unicorni. Più lasciavano che se ne occupasse lei, meglio era.

Fare domande dirette Lyra sul suo passato, non l’aveva portata lontano all’inizio. Audrey aveva pensato che guadagnandosi un po’ di fiducia si sarebbe aperta. Ed era successo.

Quindi Lyra pensava di provenire da “Ponyville” — nome originale, doveva averci pensato molto — e che era un unicorno. Ed ora era stata tramutata in un umano da una principessa magica e stava tentando di integrarsi nella società degli umani. Esistevano sicuramente deliri peggiori, più pericolosi, ma quello là era comunque una roba pazzesca.

Audrey aveva subito sospettato di abuso minorile, e non poteva essere scartato. Anzi, ora sembrava ancora più probabile. Assumendo che lei fosse Lyra Michelakos — c’erano abbastanza prove su quello — e che fosse stata rapita quando era un infante, chissà dov’era finita? Stava bloccando i suoi ricordi. Per forza. Qualcosa nel suo comportamento quando aveva rivelato il suo piccolo “segreto” indicava che credeva a tutte le parole che uscivano dalla sua bocca.

Quando si erano conosciute, aveva pensato che Lyra fosse interessante. E sì, si era rivelata decisamente interessante. Audrey si mise la testa nelle mani e gemette. Prima chiudeva con tutta questa storia, meglio era.

Audrey pressò spazientita la barra spaziatrice per far partire il computer. Aprì il browser e andò di nuovo alla pagina web ufficiale di Thomas Michelakos. Il sito era solo una appariscente vetrina per la sua serie di libri. Il tizio si era costruito una fortuna sui suoi mondi fantasy, e Lyra pensava di provenire da uno di essi. Era davvero il posto giusto dove mandarla, anche se era la sua vera famiglia?

Da una parte, si comportava come se non volesse essere un unicorno. Considerando cosa dovevano essere stati i suoi anni a “Ponyville”, aveva senso che volesse allontanarsene. Il suo obiettivo era trovare i suoi genitori e diventare un normale umano. Non suonava così pericoloso.

E, dall’altro lato… Pensava di essere stata un unicorno. Di tutte le cose, un unicorno. Qual era la giusta reazione a una cosa del genere?

Lyra aveva bisogno di aiuto, prima che i suoi deliri diventassero pericolosi… Terapia, medicine. Probabilmente roba costosa. Farla partire per un viaggio attraverso gli stati forse non era la cosa migliore da fare al momento, ma Audrey e la sua famiglia non potevano fornirle l’aiuto di cui aveva bisogno. E ora Lyra aveva una famiglia che si poteva prendere cura di lei, ammesso che fosse riuscita a raggiungerla. 

Ci volle un po’ di tempo speso a scavare nel sito, ma Audrey riuscì finalmente a trovare un link alla mail dell’autore. Probabilmente solo per lettere dei fan e cose del genere, ma non c’erano altre maniere per mettersi in contatto. Avevano discusso con i suoi genitori — cosa dovesse fare, cosa gli avrebbe detto.

Passò un buon numero di minuti a scrivere il messaggio, e lo rilesse un po’ di volte. Non voleva che suonasse come un compito in classe. Era troppo formale? O non abbastanza? Cercò di minimizzare i problemi di Lyra. Se fossero sembrati troppo gravi, avrebbe compromesso la parte di storia che poteva essere vera.
 

Mr. Michelakos – 

Il mio nome è Audrey Loren. Ho sedici anni e vivo a Des Moines, Iowa. Diverse settimane fa, ho incontrato una ragazza della mia età in viaggio per la città che si faceva chiamare Lyra. Al momento si trova a casa mia e lavora come musicista dilettante. Non sa il suo cognome, e dice che era alla ricerca dei suoi genitori biologici, dopo aver scoperto di essere stata adottata.

Da poco tempo, abbiamo identificato lei e sua moglie nella fotografia che Lyra portava con sé. Lei non ha mai sentito parlare di voi, ma il suo nome e la sua età coincidono con quelli della vostra figlia scomparsa.

Lyra si rifiuta di parlarmi onestamente del suo passato o chi fossero i suoi precedenti guardiani. Sembra essere preda di illusioni, e potrebbe aver bisogno di medicine o di aiuto professionale. 
 

Audrey si fermò. Era meglio non citare quanto seri fossero i suoi deliri. La figlia di questo tizio era stata rapita e non la vedeva da anni. Non c’era nessun modo di aggiungere “comunque, mi ha detto di essere stata un unicorno” senza farlo sembrare uno scherzo di cattivo gusto. 
 

Capisco che quando vostra figlia scomparve quindici anni fa, molti oggetti furono rubati. Se questa foto era uno di essi, non so come altro possa averla ottenuta.

Per favore, rispondete.
 

Allegò al messaggio una foto della fotografia incorniciata. Audrey non aveva uno scanner, e comunque — la cornice avrebbe potuto aiutarli ad identificarla, a dimostrare che non era una copia. Allegò anche una foto di Lyra.

“Prego dio che leggiate questa mail,” Audrey mormorò, e pressò il tasto invia.


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Erano passati alcuni giorni da quando avevano trovato i suoi genitori. Lyra stava cominciando a  sentirsi a disagio in questa casa. Al momento, era seduta sul letto con la sua chitarra — senza suonarla; non l’aveva neanche attaccata. Aveva preso a passare molto tempo da sola, a pensare.

I genitori di Audrey le avevano cominciato a chiedere cosa ricordasse della sua famiglia adottiva, e Lyra notava la faccia di Audrey ogni volta che l’argomento spuntava fuori. Non aveva più parlato di Equestria dalla loro ultima conversazione. Audrey l’aveva praticamente implorata di non farlo.

Erano ancora ospitali, ma le domande erano riprese di nuovo. Lyra voleva solo tornare a Fillydelphia — Philadelphia, si corresse — e vivere la normale vita da umana che aveva sempre sognato. Aveva finto che fosse già quello che aveva qui, ma in realtà era stata un’estranea per quelle poche settimane. Ora aveva finalmente dei solidi legami col mondo umano.

Beh… forse. Non avevano ancora —

“Ho ricevuto una risposta.”

Alzò lo sguardo verso Audrey, che era appena entrata dalla porta. Qualcosa nella sua espressione diceva che le cose non stavano andando come pianificato.

“Da mio padre? Cosa dice?” chiese Lyra, preoccupata. Poggiò lo strumento al suo fianco.

Audrey si sedette vicino a lei. Aveva le braccia conserte, e si fissava in grembo. “Beh, prima di tutto… Non è interamente convinto che tu sia sua figlia.”

Lyra si sporse in avanti. “Cosa? Ma ciò che diceva il tuo computer —”

“Ti hanno cercato per anni, dopo la tua scomparsa. Ovviamente vogliono indietro loro figlia, ma col tempo hanno perso le speranza che tu fossi ancora viva,” disse Audrey. “Inoltre... tu non sei la prima persona che dice di essere Lyra Michelakos.”

“Vuoi dire… che qualcuno ha finto di essere me? Perché?”

“Ha una figlia scomparsa e un mare di soldi. Fai due più due,” rispose Audrey. “Non vuole mettere troppo sotto stress la sua famiglia. Ma era interessato alla foto. Niente è stato ritrovato dalla tua scomparsa, ma dice che quella foto è uno degli oggetti spariti.”

Lyra tirò un sospiro di sollievo. “Visto? Te l’ho detto. Dovrebbe bastare come prova, no?”

“Niente può essere dato per certo, finché non otteniamo un test del DNA, ma prima lui vuole parlare con te. Mi ha dato un numero di telefono,” disse Audrey.

“Un numero di telefono…” Lyra si ricordava cosa fosse. Come quello che aveva usato per parlare con Randall la prima volta. “Quindi posso parlarci con quello, vero?”

“È più o meno il motivo per cui è stato inventato, sì. Solo, non dirgli niente di folle, ok?”

“Intendi Eques —“

“Sì, quello. Non farne parola.”

Lyra rise nervosamente. “No, certo che no. Non sono un unicorno. Io stavo… scherzando, ecco.”

“Quindi dirai alla tua famiglia dove sei stata per gli scorsi quindici anni? Sicuramente vorranno saperlo.”

“Io…”

Audrey scosse la testa. “Qualunque cosa decidi di dirgli, ricorda che sei ancora in bilico. L’ultima cosa che dovresti fare è farli sospettare che ti vuoi approfittare di loro.”

“Non lo farei mai.”

“Lyra… Nonostante tutto, mi fido ancora di te. Forse non dovrei. Forse sei davvero pazza.” Audrey le porse un piccolo pezzo di carta. “Questo è il numero che mi ha mandato. Adesso devi solo parlare con lui.”


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Teneva il telefono in una mano, il pezzo di carta nell’altra. Lyra cercò di ricordare come inserire il codice nell’apparecchio. L’operazione era abbastanza semplice. Eppure, era solo la seconda volta che parlava ad un telefono, e l’ultima volta era stata tempo prima. Senza parlare del fatto che avrebbe parlato con suo padre per la prima volta in assoluto.

Prese un respiro profondo. Aveva osservato le relazioni di famiglia tra Audrey e i suoi genitori. Andavano d’accordo, per la maggior parte del tempo. Ma Audrey era sempre stata un umano, e li aveva conosciuti per tutta la sua vita. Questo umano — ed era un fattore importante, l’essere umano — era praticamente un estraneo. Non si era sentita così nel parlare ad un umano dalla prima volta che ne aveva incontrato uno.  

Lyra strinse i denti, e picchiettò ogni cifra. 

“Um… Ciao…” Non c’era nessuna risposta, solo del ronzio ricorrente. “Hey? C’e nessuno —”

“Pronto? Chi parla?” Improvvisamente, la voce di un uomo uscì dal piccolo apparecchio.

Lei si congelò, ma riuscì a trovare di nuovo la voce. “Mi chiamo Lyra.” Disse piano, ed aspettò una risposta. Neanche lui non disse niente. Dopo un momento, lei continuò. “Lei è… Thomas Michelakos?”

“Sì…” La sua voce si era fatta improvvisamente bassa. Forse era solo nervoso quanto lei in questo momento. Non disse nulla per un po’, e poi: “ho letto di te nella mail.”

“Oh… davvero?” Stava trovando difficile dire qualsiasi cosa.

“La tua… amica mi ha detto —”

“Audrey? Sì, lei ha mandato la lettera. Io non so come usare un computer.” disse, facendo una risatina nervosa.

Un’altra lunga pausa. “Da quando tempo hai quella foto?”

“Da… Da quando ero piccola. Non sapevo chi foste. Un altro mio amico ha letto i tuoi libri. Me ne ha parlato, quelli sulla magia.”

“Lyra…” C’era qualcosa di strano nel modo in cui diceva il suo nome, come se non fosse più abituato a pronunciarlo. “Dove sei stata tutti questi anni?”

La domanda era inevitabile. Era giusto che volesse saperlo. Eppure, non le avrebbe probabilmente creduto. E se la sua famiglia — la sua sola stabile connessione con questo mondo, la sua sola casa permanente — se l’avessero abbandonata, non avrebbe avuto niente.

Ricordò la notte che Dewey le aveva mostrato quella foto. Era stata una delle sue ultime notti in Equestria. Alla vista di quegli umani, anche senza sapere chi fossero, aveva deciso che non poteva rimanere in Equestria. E ora stava parlando con l’uomo della foto.

Se voleva vivere lì, in Pennsylvania, allora era meglio mettersi Equestria alle spalle. Per sempre.

“A dire la verità…” Si grattò la testa. “Non ricordo cosa mi è successo.”

“La mail diceva che eri confusa.”

“Sì.” La voce di Lyra tremò. “È come tutto sfocato.”

Il telefono tornò ad essere silenzioso, e poi, “Tu stai bene?”

“Certo. Non mi è successo niente di male. Ma non ricordo molto prima di arrivare a Des Moines. Audrey e la sua famiglia mi hanno ospitata per un po’. Prima di ciò… Non so come sono giunta fin qui.”

Realizzò che non era molto convincente. Non conosceva abbastanza del mondo umano per inventarsi una bugia credibile, anche se aveva passato quei pochi giorni a ragionarci su. Non sapeva neanche come fosse l’”America”, nonostante ci fosse dentro. 

“Ricordi qualcosa?” chiese.

“Lo vorrei tanto.”

Le sue gambe si muovevano senza sosta. La cosa più strana del parlare a telefono è che non potevi vedere gli altri interlocutori. Che stavano facendo, qual era il loro aspetto. E ciò le stava solo rendendo più difficile parlare con suo padre.

“Quindi… capelli verdi, huh?”

“Cosa?” Lyra si guardò attorno, ma era da sola nella stanza. Come faceva a saperlo?

“La tua amica Audrey mi ha mandato una tua foto. Non sei come mi aspettavo, a dirla tutta.” Il buonumore nella sua voce sembrava forzato. Era chiaro anche senza aver bisogno di vederlo.

“Uh… già, penso di no.” Lyra sorrise debolmente. Gli altri umani pensavano tutti che si fosse tinta i capelli. Lei non sapeva in realtà quale fosse il suo colore naturale — ovviamente non era nata coi capelli verdi. I suoi genitori lo sapevano, ma non lei. 

“E sei una musicista? Mi ricordo bene?”

“Sì. Principalmente, chitarra.”

Ci fu un altro lungo silenzio. “Ho visto che scrive libri sulla magia.”

“Sì… immagino che tu possa dire così, ma il fantasy oggi è molto più di solo magia.”

“Non sono davvero interessata a quello…” disse Lyra.

“Potresti essere quella strana allora. Mia moglie disegna, spesso per i miei libri, e… tua sorella… Beh, lei…”

Da quando Audrey l’aveva menzionata mentre leggeva le informazioni al computer, Lyra aveva voluto saperne di più su sua sorella. “Come si chiama?” Lyra si sporse in avanti.

“Chloe.”

“Mi piacerebbe incontrarla.” Lyra sorrise. Era abituata ad essere figlia unica, ma era brava con le bambine più piccole. Sua sorella aveva probabilmente l’età delle Cutie Mark Crusaders. 

“Non ho ancora detto niente di te a loro due. È solo che…” Lo sentì sospirare. “Lyra, mi piacerebbe davvero crederti, ma devo essere prudente. Non stai mentendo sul dove hai preso quella foto?”

“Certo che no! È davvero stata in mio possesso da quando… da quando riesca a ricordare.”

“Hai detto che non ricordi niente.”

“Beh, non tutto… Ma quella foto, ce l’ho avuta sicuramente — “ Per qualche settimana. “Per anni,” disse invece.

Dewey però l’aveva tenuta per anni, e dove altro poteva aver preso una foto con degli umani? Inoltre, non è che i suoi genitori potessero andare a dirgli la verità. Fino alla fine, volevano che lei fosse un normale unicorno. Non avevano realizzato che sarebbe stato impossibile?

“Se solo mi potessi dire cosa ti è successo, dove sei finita dopo… beh…”

“Non posso. Mi dispiace.”

Nessuno dei due disse niente. Quindi, lui parlò di nuovo. “Riusciresti a venire qui? In Pennsylvania?”

“Huh? Penso… Penso di sì…” Lyra non aveva idea di dove fosse la Pennsylvania rispetto a Des Moines, ma doveva essere possibile arrivare là in qualche modo. “Vuole dire che lei si fida di me?”

“Potrei stare cominciando a sperarci.”

“Non so davvero dove altro andare. Grazie, grazie mille…” lei sussurrò.

“Un’ultima cosa. Posso parlare con la famiglia che ti sta ospitando?”

“Um, certo… Vado a cercare qualcuno… Gli devo solo dare il telefono? Mi dispiace, queste cose mi sono nuove.”

“Sì, andrà bene.”

Allontanò il telefono dall’orecchio. Probabilmente poteva andare in giro fino a trovare uno dei genitori di Audrey. Sembrava che gli umani seguissero una certa etiquette mentre usavano quelle cose, l’aveva notata ma mai capita.

Ma la cosa più importante… Era che stava finalmente per andare a casa.

   
 
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