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Autore: martina_1534    15/07/2021    0 recensioni
Se io ero una vipera, forse innocua a volte, Rinaldo non sapeva di avere davanti a sé il più temibile dei serpenti a sonagli.
« Quella vipera che io chiamo moglie adorata » - cominciò con un sorriso serafico e io, per un attimo, ebbi la sensazione di sentire la terra tremare
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Andrea era seduto al suo tavolo, immerso in plichi di fogli. La sua concentrazione era come un’aura che lo avvolgeva e niente avrebbe potuto distrarlo se non la mia presenza.  
Tossii per disturbarlo nel miglior modo possibile ma, evidentemente, la mia tosse tradì il mio stato emotivo.
« Bianca, qual è il problema? Percepisco il nervosismo dal tuo respiro. »
« Andrea, perdonami il disturbo ma c’è Rinaldo alla porta. »
Vidi gli occhi di mio marito accigliarsi, appannati come da un velo rosso. Alzò lo sguardo, fiero e potente come un leone, penetrante come una vipera e diabolico come Lucifero. Il fascino che quel viso aveva su di me era indicibile. Quasi ebbi voglia di baciarlo ma mi fermai: Dio non voglia, quella serpe mi avrebbe ucciso con il suo veleno. 
« Fallo entrare. » la voce dura, decisa, crudele.
Annuii e mi accinsi ad aprire la porta. Rinaldo entrò e, dopo avermi squadrata, si rivolse a mio marito. 
« Questa vipera che tu chiami moglie può lasciarci o c’è bisogno che riferisca a suo fratello anche il contenuto delle nostre conversazioni? »
Terrore. Quelle offese velate non mi sfioravano, con il tempo avevo indurito il cuore nei confronti di quell’essere ma Andrea, per fortuna o forse no, era diverso. Se io ero una vipera, forse innocua a volte, Rinaldo non sapeva di avere davanti a sé il più temibile dei serpenti a sonagli. 
« Quella vipera che io chiamo moglie adorata » - cominciò con un sorriso serafico e io, per un attimo, ebbi la sensazione di sentire la terra tremare - « si è gentilmente offerta di aprirti la porta e di portarci qualcosa da bere. Ci penserei un paio di volte prima di offenderla, potrebbe, o potrei, avvelenarti il vino ». 
Rinaldo, d’improvviso, sembrò raggelarsi ma presto recuperò vigore e rispose per le righe.
« Se non ti conoscessi amico mio, direi che sei un debole di fronte alle donne! » e rise con scherno. Il volto di Andrea, al contrario, era un misto di rabbia e violenza pura. Uscii dallo studio senza proferir parola e mi accostai alla porta per capire cosa sarebbe successo, avevo paura.
 
Il freddo calò nella stanza, nonostante il camino acceso. 
« È giunto il momento di agire. Quanti uomini hai a disposizione? »
« Davvero, amico mio, siediti, mia moglie ci porterà del vino. »
Rinaldo rimase in piedi, con occhi spalancati. Andrea sospirò. Sperava, per un attimo, che si sarebbe seduto. 
« Come preferisci. »
La rabbia in Rinaldo aveva preso il sopravvento e alzò il tono di voce. Camminava nervoso nello studio e il tintinnio delle sue vesti era udibile da fuori la porta. Ad un tratto si fermò.
« Ci sono folle di sostenitori dei Medici fuori. Dobbiamo agire ora o lui sfrutterà l’occasione per tornare! »
Andrea lo fissò, intento a capire dove il suo ragionamento contorto potesse arrivare.
« Forse gli altri non capiscono ma io sì! Bisogna convincerli! »
« Rinaldo, ti prego, fermati. » ma no, Andrea non voleva che si fermasse, voleva che desse il peggio di sé, voleva che Rinaldo si rovinasse da solo con le sue stesse mani. Provò a fermarlo per potersi giustificare davanti a sua moglie, il resto per lui era il nulla. Così come Andrea aveva previsto e sperato, Rinaldo non si fermò. 
« Ho detto ai miei uomini di tenersi pronti al mio segnale. Sono meno di quanto sperassi, ma arrivano rinforzi » - fissò l’amico seduto che sembrava sorridere ma la sua bocca nascondeva ben altri pensieri. Rinaldo continuò e con quella frase, finalmente pensò Pazzi, si bruciò. 
« Dobbiamo prenderci la signoria con la forza! »
Negli occhi di Andrea un lampo. Ricordò il dolore, l’amore, l’amicizia, ricordò ogni istante, ogni torto subito da quell’essere che aveva di fronte. Sorrise e cominciò a tamburellare con le dita sul tavolo, non aspettava altro da ore.
« Non è il momento di essere codardi, Pazzi. Abbiamo il potere di agire, facciamolo. »
La rabbia esplose e Andrea, lentamente, si alzò.
La voce ovattata, il fuoco scoppiettava come se quello studio fosse diventato l’inferno ed era scontro aperto tra Lucifero e Giuda. 
Come con un sibilo, la serpe sentenziò.
« Tu non hai potere, amico mio » e, con passo felpato, Messer Guadagni, gonfaloniere della città, scostò la tenda dietro cui era nascosto e si mostrò, circondato da guardie che si apprestarono a bloccare Rinaldo che prontamente provò a liberarsi. 
Guadagni sospirò, quasi deluso e amareggiato. 
« Con le vostre parole, avete condannato voi stesso. »
« Sono un fedele cittadino di questa città. » e fu il suo ultimo tentativo di difesa. Rivolse lo sguardo ad Andrea che, guardandolo, lo sfidò in silenzio.
« Fermateli! » gridò Rinaldo, sputando parole composte da rabbia. Gridò ancora più forte mentre lo trascinavano fuori. « Voi siete i traditori! Siete voi! » e finalmente fu portato fuori.
Andrea de’ Pazzi e Bernardo Guadagni si guardarono per un attimo, poi, il gonfaloniere ruppe il silenzio. 
« Vostra moglie non la prenderà affatto bene, Pazzi, ma, se può consolarvi, avete fatto la cosa giusta per questa città, siatene fiero. » e andò via.
Rimasto solo, Andrea respirò con affanno, capendo di essere perduto. Mille nemici non erano nulla di fronte ad una donna affranta che avrebbe perso un amico. Provò a montare un discorso nella sua testa sperando che avrebbe potuto convincerla. 
 
Tutto ciò che avevo sentito mi aveva spezzato il cuore ma conoscevo la rabbia e i motivi dietro ogni singola parola. Cercando di non piangere, entrai.
« Amore mio, hai avuto coraggio nel condannarlo a morte. Senza che tu dica niente, io comprendo e ti perdono. »
E, finalmente, Andrea pianse a dirotto.
« Era da tempo che volevo mandarlo a morire, credimi. Il mio cuore è a pezzi. So che, in fondo, gli volevi bene, eravate amici ma quello che ha fatto a te, nostro figlio. La voglia di ucciderlo cresceva ogni giorno di più. Dopo l’esilio di Cosimo ho visto il tuo sorriso spegnersi lentamente, questo mi ha definitivamente distrutto. Ti prego perdonami. »
« Non devi implorare alcun perdono. Al tuo posto avrei fatto lo stesso. » e gli diedi un bacio sulla guancia, accarezzandogli contemporaneamente il viso e i capelli. 
« Ti amo » - aggiunsi - « più dello stesso cielo. » e lo lasciai nuovamente solo.
 
Distrutto dal dolore e dalla stanchezza, Andrea si accasciò sulla sedia e smarrì gli occhi nel vuoto che gli sembrò assordante.
  
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