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Autore: Fiamma Drakon    31/08/2009    6 recensioni
Era un mazzo di rose, constatò il moro senza scomporsi minimamente. Ed era per il tenente Hawkeye, altra ovvia constatazione, superflua da ribadire. E allora perché, osservando quel mazzo di rose, sentiva crescere dentro di sé qualcosa che, nonostante la sua ampia esperienza in campo sentimentale, non riusciva a definire?
[dedicato alla mia amica Violet Adams, che mi ha dato l'ispirazione]
[possibili OOC]
Genere: Romantico, Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Riza Hawkeye, Roy Mustang, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1_Fiori misteriosi Era una giornata soleggiata come tante altre a Central City.
I caldi raggi del sole tipico del tardo pomeriggio illuminavano la città, contribuendo in qualche modo a farla apparire come una delle metropoli più vivaci e caotiche dell’intero paese.
Il colonnello Mustang e la sua squadra erano stati da poco trasferiti al Quartier Generale Centrale di Central City ed ancora non erano riusciti ad abituarsi a tutta la confusione della città, talmente erano avvezzi alle tranquille viottole semideserte di East City e alla quiete che regnava incontrastata nel Quartier Generale dell’Est.
Non erano semplicemente paragonabili.
- Colonnello... deve firmare questi... e questi... -.
Un po’ doveva ammettere che gli mancava la tranquillità della campagna e, soprattutto, le belle ragazze di East City. Chissà, forse anche lì non erano poi così male...
- Signor colonnello...? -.
Tuttavia, con tutto il caos del trasloco, non aveva ancora avuto un attimo di pace per andare a fare un giro in città e ciò gli rendeva qualsiasi spostamento problematico, dato che non sapeva ancora orientarsi.
- Colonnello Mustang...?! -.
Il peggio era che senza avere la minima idea di dove andare, avrebbe dovuto rinunciare agli appuntamenti fino a data da destinarsi e...
- COLONNELLO!! -.
Lo schianto di qualcosa sulla scrivania lo fece uscire bruscamente dai suoi pensieri con un sobbalzo, facendolo ritornare al presente, nel suo nuovo ufficio ingombro di scatoloni e pacchi di ogni genere e misura. In particolare, la sua attenzione fu attirata dalla donna che gli stava dinanzi, dall’altra parte della scrivania, con gli occhi puntati su di lui, severi.
- Deve firmare questi... - continuò la donna con tono di voce nuovamente normale, porgendo al moro alcuni documenti scritti in calligrafia a dir poco minuscola.
- Ah... grazie, tenente Hawkeye... - rispose Mustang, prendendo i fogli, iniziando a leggerli.
Il tenente si volse di nuovo verso il resto della stanza, dove Fury, Falman, Havoc e Breda stavano sistemando il contenuto degli scatoloni.
Per quanto Mustang si sforzasse, era inutile dire che non riusciva a concentrarsi quel tanto che bastava a capire il contenuto del documento che stava leggendo, tra l’altro, con scarsissimo interesse.
Pose la propria firma senza neppure aver capito nel complesso di cosa parlasse, quindi lo restituì al tenente: gli riusciva difficile concentrarsi con l’idea delle donne che lo aspettavano fuori dal Quartier Generale.
- Colonnello, se ci aiutasse finiremmo prima... -.
Stavolta fu Havoc ad interrompere le sue fantasticherie, guadagnandosi un’occhiataccia da parte del suo superiore che lo convinse a tacere definitivamente.
Il telefono sulla scrivania del colonnello squillò ed il tenente si precipitò a rispondere.
Quando riattaccò il ricevitore, spostò i suoi occhi sul moro.
- Devo assentarmi qualche istante... tornerò il prima possibile - esclamò, quindi si avviò a passo sicuro e svelto verso la porta ed uscì, chiudendosela alle spalle.
Nella stanza cadde un silenzio a dir poco tombale, quasi sinistro, mentre il colonnello si girava a guardare fuori della finestra, in perfetto stile “donnaiolo-lavativo”, mentre i suoi sottoposti continuavano a sistemare l’ufficio, lanciandosi occhiate assai eloquenti.
Quel silenzio quasi tetro sembrò prendere prepotentemente possesso dell’ufficio per quelle che parvero ore.
All’improvviso, poi, qualcuno bussò alla porta.
- Sì...? - esclamò Mustang.
Sull’uscio apparve un postino, che si fece timidamente avanti.
- È qui che si trova il tenente Riza Hawkeye? Ho qualcosa per lei... - disse.
- Tornerà a breve... può lasciare lì... - replicò garbatamente il moro in tono quasi annoiato, facendo un cenno verso i tavoli al centro della stanza.
Il postino oltrepassò la soglia, rivelando ai presenti il “qualcosa” del quale aveva accennato poco prima: un enorme mazzo di rose rosse che spuntavano da un involucro di carta bianca tenuta chiusa da uno spesso nastrino magenta.
Il colonnello realizzò di essere scattato in piedi con qualche istante di ritardo rispetto al tempo di reazione. Era strano che si fosse alzato senza accorgersene neppure...
Oltrepassò rapidamente gli altri sottoposti e si avvicinò a grandi passi al postino, che si fece piccolo piccolo sotto lo sguardo apparentemente irato del moro, che firmò la ricevuta senza proferir parola alcuna.
Una volta che il postino se ne fu andato, Mustang si girò ad affrontare i suoi sottoposti, sul viso dipinta un’assai eloquente espressione di perplessità.
- Be’? Che cos’avete da guardare?! Tornatevene al lavoro!! - esclamò, facendo dietrofront, tornando alla sua consueta postazione dall’altra parte della scrivania.
La squadra obbedì senza fiatare.
Seduto oltre la scrivania, il moro continuò ad osservare, incuriosito e perplesso, il mazzo di rose deposto dal postino sui tavoli al centro della stanza, esattamente dinanzi a lui.
Era un mazzo di rose, constatò il moro senza scomporsi minimamente. Ed era per il tenente Hawkeye, altra ovvia constatazione, superflua da ribadire. E allora perché, osservando quel mazzo di rose, sentiva crescere dentro di sé qualcosa che, nonostante la sua ampia esperienza in campo sentimentale, non riusciva a definire?
Era un sentimento ed una sensazione al medesimo tempo, un qualcosa di ignoto che gli dava una strana parvenza dal retrogusto amaro e per un istante, anche se fugace, provò ira verso il mittente di quei fiori, chiunque esso fosse.
Ci fu un altro lieve picchiettio sulla porta, quindi questa si aprì ed apparve di nuovo il tenente, che mosse qualche passo all’interno, prima di fermarsi ad osservare i fiori.
- Che significa...? - domandò severa agli uomini nella stanza.
Nessuno fiatò.
- Ce li hanno lasciati poco fa... sono per lei... - disse Mustang in tono perfettamente neutro e disinteressato.
La bionda parve momentaneamente scioccata.
- Per me? - chiese ancora.
- Sì... - rispose ancora il moro.
Continuare ad affermarlo gli provocava stranissime fitte all’animo, fitte di quel sentimento ignoto che cominciava ad odiare per il semplice fatto che non riusciva ad identificarlo.
Il tenente si avvicinò e prese fra le braccia le rose, tra le quali scorse un bigliettino che si affrettò a prendere, posando nuovamente il mazzo.
Lo aprì e lo lesse.
Tutti quanti i presenti notarono, con stupore assai palese, un lievissimo e quasi impercettibile rossore tingerle le guance.
Quando la donna alzò lo sguardo dal biglietto, ognuno tornò alle proprie occupazioni senza dare a vedere d’averla osservata.
Il tenente posò i fiori da parte e riprese a lavorare.
Qualche ora più tardi, con sommo piacere di tutti, terminò l’orario d’ufficio ed ognuno tornò a casa, tutti tranne Mustang, che ne approfittò per andare a fare il suo tanto atteso primo giro libero in città.
   
 
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