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Autore: CedroContento    17/07/2021    0 recensioni
Come ogni storia di Re e Principesse che si rispetti anche questa comincia, come molte altre, con "C'era una volta..."
Quindi, c'era una volta una terra lontana lontana chiamata Avior.
A sud di questo paese altri Cinque Regni più piccoli vivevano in pace sotto la protezione del Re di Avior, Re Karl.
Il giorno in cui il sovrano di Avior dovette decidersi a prender moglie scelse di ospitare a palazzo le principesse in età da marito provenienti dai Cinque Regni, in modo da poter scegliere tra queste la sua sposa.
Astoria, principessa di Tabita, viene così strappata alla sua tranquilla esistenza e catapultata tra gli intrighi di corte, sarà lei a conquistare l'enigmatico Re?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
Capitoli:
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Nota: Questo capitolo si colloca tra l’ultimo capitolo e l’epilogo.

 

 
 
La strega e la prima notte

 
 
Astoria, affacciata al balcone della sua stanza, si lasciò avvolgere dagli ultimi raggi di sole caldi della stagione. Le chiome delle betulle, che vedeva stagliarsi sul cielo limpido nel vasto giardino di corte, danzavano impetuose sferzate dal vento freddo tipico delle giornate di metà ottobre. Vento, che oltre a far vorticare in delicati turbinii le foglie degli alberi variopinte, faceva cadere le castagne dagli alberi, pensò stizzita la principessa, massaggiandosi il bernoccolo che si era guadagnata il giorno prima, mentre con Karl, Nicolas e Diana passeggiava per raccogliere quei piccoli deliziosi frutti bruni.
L’intenzione era quella di passare il raro pomeriggio libero da impegni dei regnanti di Avior, a passeggiare lungo il viale costeggiato dai castagni, che serpeggiava nei boschi, poco fuori dalle mura del palazzo.
Quella sera i due fratelli vollero occuparsi personalmente di cuocere le caldarroste, così avevano deciso di congedare praticamente tutta la servitù e guadagnare così ancora più intimità.
“Voglio farlo ogni mese!” aveva sentenziato Nicolas, seduto scompostamente sul pavimento, davanti al caminetto accesso, alle prese con una castagna che non aveva nessuna intenzione di farsi sbucciare. “Il pomeriggio in famiglia” precisò lanciando infine spazientito il frutto, ancora avvolto dalla fine peluria che non era riuscito a staccare, tra i gusci vuoti.
“È vero giornate del genere dovrebbero diventare un’abitudine” concordò Karl, “era una vita che non mi sentivo così spensierato” aggiunse piano, accompagnando al sussurro una delicata carezza ad Astoria, la sua futura sposa.
Lo sguardo che le regalò le fece sciogliere il cuore. Non sopportava l’idea di pensare a quanto doveva essersi sentito solo Karl in tutti quegli anni, mentre lei si era sempre crogiolata nell’amore, che ingenuamente considerava scontato, della sua famiglia.
Mentre fuori, complici le giornate che andavano accorciandosi, già si faceva buio, i quattro davanti al caminetto rimasero fino a tardi a conversare allegri, sorseggiando succo di mela caldo aromatizzato alla cannella e, grazie a Nicolas, corretto con un’eccessiva dose di rum.
Astoria pensò che nonostante fosse lì solo da pochi mesi, era già affezionata ai componenti di quella nuova giovane famiglia.
 
Un sommesso bussare la riportò al presente “Avanti” disse indovinando già chi fosse.
“Mia signora, la carrozza è pronta” disse Anna, la sua cameriera personale. “Vi aiuto a mettervi un cappotto più caldo” aggiunse, senza riuscire a celare la tensione nella voce.
“Hai mangiato dei mandarini Anna?” le chiese la principessa, avvertendone su di lei l’ombra dell’aroma, che bastò a infastidirle la lingua. “Perché non mi hai detto che già ci sono?! Ne voglio una ciotola piena, anzi un secchio!”
Anna la guardò con rimprovero rifiutandosi di cadere nel tranello del cambio argomento. “Ci sono anche già i cachi se è per questo” disse secca. “Ma non cercate di imbrogliarmi, io continuo a non credere affatto sia una buona idea” aggiunse infatti la donna bionda e minuta, mentre sceglieva l’indumento adatto nell’immenso guardaroba della principessa di Tabita.
“Lo so Anna, ma cosa faresti al mio posto?” sospirò Astoria, ancora indecisa se attuare veramente il suo folle piano “Non voglio deluderlo…” ammise guardandosi i piedi.
Anna annuì, ne avevano già parlato così tanto, e quell’idea alla fine l’aveva suggerita proprio lei, prima di pentirsi amaramente di averlo fatto. “Allora andiamo” decise prima che avessero tempo di ripensarci ancora una volta.
Astoria aveva confidato tutto ad Anna di quanto era accaduto la sera di diversi giorni prima.
Quella confidenza non era assolutamente appropriata, ma la principessa aveva sentito il gran bisogno di esternare i suoi timori con qualcuno, e di Anna, nonostante tutto ciò che era successo, ora sentiva di potersi fidare. Ad esclusione di Diana poi, era anche l’unica giovane donna di cui era strettamente amica, e nonostante avesse legato molto con la principessa di Ain negli ultimi tempi, era fuori discussione parlare con lei di certe cose.
La colpa dei suoi guai era, ovviamente ancora una volta, Karl.
Astoria gettò uno sguardo distratto al passaggio segreto celato da un arazzo, ad uno degli angoli della stanza. Il passaggio segreto che metteva in comunicazione la sua camera nientemeno che con quella del Re di Avior. Karl ovviamente era stato a conoscenza dell’esistenza di quella via fin da subito, anzi, le aveva assegnato quella stanza proprio nella speranza che un giorno sarebbe arrivato il momento di servirsene, cosa ora che faceva praticamente ogni sera. Come sempre il Re si era rivelato uno stratega lungimirante, pensò Astoria infastidita. Ogni tanto era così pieno di sé, così sicuro che alla fine lei avrebbe accettato di sposarlo.
 
Quasi una settimana prima Astoria, in quella stessa stanza, leggeva adagiata comodamente sui morbidi cuscini davanti al caminetto accesso. Le fiamme vivaci lanciavano nella camera rasserenanti bagliori aranciati. Karl era impegnato in un Consiglio con i Lord fino a tardi, ormai non si aspettava più di vederlo, quando un cigolio l’aveva fatta sobbalzare. “Scusami non volevo spaventarti” disse piano Karl facendo capolino da dietro la pesante stoffa.
Nonostante alle nozze mancassero ancora diversi mesi, i due innamorati si stavano abituando a passare le serate insieme, alla ricerca di un po’ di intimità, difficile da trovare per il Re di Avior e la sua futura Regina. Karl però cominciava a perdere l’abitudine di bussare per annunciarsi.
Astoria alzò la testa per ricevere un bacio dal futuro marito.
“Astoria…” le sussurrò sulle labbra.
“Sì?” chiese lei completamente avvinta.
“Non hai la vestaglia…e questa camicia da notte è trasparente” disse distogliendo forzatamente lo sguardo dalle forme seducenti della principessa.
Astoria arrossì e si ritrasse “Perché dovresti avvisare prima di entrare” lo rimproverò alzandosi per prendere la vestaglia che giaceva abbandonata sul letto.
Ma la sua mano, fermata da quella del Re, non arrivò a toccarne la raffinata stoffa.
Karl, gli occhi accesi dalla passione, le si avvicinò per accarezzare le forme che si intravedevano sotto la veste semitrasparente e impalpabile.
“Vorrei sapessi cosa vorrei farti” le disse con voce roca prima di attirarla a sé e baciarla prepotente. In pochi istanti si ritrovò distesa sul letto, Karl tra le sue gambe, la camicia da notte tirata sopra i fianchi.
“Karl…fermati” mugugnò mentre lui le baciava il collo annebbiandole la mente. “Karl!” ripeté con più convinzione quado lui fece scivolare la mano sulla sua femminilità, trovandola umida.
“Voglio farti provare una cosa” le mormorò suadente. “Non farò niente che non dovremmo, promesso…ti fidi di me?” chiese guardandola negli occhi, i suoi ardenti di desiderio.
Astoria annuì, aveva già capito da tempo che quello sguardo accattivante avrebbe sempre avuto la meglio sulla sua volontà.
Karl mantenne la promessa, con le dita e con la bocca le fece toccare il cielo con un dito, lasciando intatta la sua virtù.
 
Nei giorni seguenti Astoria aveva cercato di non dar vedere al Re quanto quella notte l’avesse turbata.
Ovviamente aveva pensato spesso a ciò che sarebbe successo la prima notte di nozze, ma lei e Karl erano sempre stati attratti l’uno dall’altra, c’era la chimica necessaria tra loro. Quello che turbò la principessa fu una questione di cui non sapeva avrebbe dovuto preoccuparsi.
Karl le aveva mostrato di conoscere molto meglio di lei il suo corpo di donna, le aveva fatto provare quella nuova sensazione inebriante, sapeva esattamente come e dove toccarla per farle perdere la testa. Ma lei? Astoria non solo si rendeva conto di non conoscere sé stessa, ma non aveva neanche la più vaga idea di come funzionasse il corpo di un uomo, come avrebbe fatto a soddisfarlo?
Questa preoccupazione le fece perdere il sonno, l’idea di rivelarsi una delusione per il Re la tormentò per i giorni successivi.
Infine aveva deciso di confidarsi con Anna, ma neanche la cameriera non era mai stata con un uomo, e tanto meno Diana, le cui nozze con Nicolas erano ancora lontane. L’unica che avrebbe potuto aiutarla era Cheyenne, ma l’amica a quest’ora, per quanto ne sapesse la principessa di Tabita, era dall’altra parte del mondo, con Victor.
L’idea era venuta ad Anna. Un giorno, mentre rientrava da una passeggiata con un cesto pieno di noci profumate, sul viale usato dai domestici già ingombro di foglie secche che scricchiolavano sotto gli stivaletti, aveva incrociato una cortigiana che lasciava il palazzo dall’uscita di servizio. Vederla non l’aveva sconvolta particolarmente, non era inusuale scorgerne qualche d’una chiamata a corte per intrattenere qualche nobile, ma l’incontro le suggerì la soluzione al problema della sua signora.
“Dovrei ingaggiare una prostituta per farmi spiegare come funziona?” chiese Astoria incredula in un primo momento. La sola idea di assumere una donna di facili costumi per qualche ora, per farsi istruire sui modi di appagare un uomo, sembrava ridicola, oltre che inappropriata, senza ombra di dubbio. Eppure, più ci pensava e più sembrava la cosa più logica da fare. Una cortigiana sarebbe stata discreta e di sicuro dalla sua avrebbe avuto l’esperienza.
“Ma non possiamo incontrarla qui Anna, Karl lo verrebbe a sapere di sicuro, mi vergognerei da morire, no…”
Possiamo?” la interruppe la cameriera sgranando gli occhi.
“Beh non ti aspetterai che io la veda da sola! Non se ne parla tu starai con me! E poi non sei curiosa anche tu?”
Anna rispose che sì, effettivamente era curiosa anche lei. Ma se non potevano tenere quell’incontro a palazzo l’unica altra soluzione era recarsi in città, alla casa di piacere, forse lei poteva indagare e organizzarle un incontro in gran segreto grazie a qualche aggancio.
E così aveva fatto, l’appuntamento venne organizzato per quel pomeriggio.
 
Astoria studiò l’ingresso di quell’edificio tutto sommato anonimo. Il vialetto d’accesso era curato, addobbato con piccole zucche ornamentali e pannocchie secche, un omaggio alla romantica atmosfera autunnale e alla imminente Festa del Raccolto che sanciva la chiusura della stagione.
Improvvisamente la giornata si adombrò, Astoria guardò rapidamente in direzione dei lontani picchi incappucciati dalle prime nevicate, su cui notò con delusione, si stavano radunando scure nuvole cariche di pioggia. Si prospettava una serata piovosa, se non temporalesca, come preannunciò il rombo lontano di un tuono.
Avevano appena varcato il cancelletto d’ingresso che improvvisamente Anna esclamò “Attenta!”
Astoria saltò all’indietro colta alla sprovvista. Ebbe appena il tempo di vedere un’ombra scura sfrecciare davanti a lei.
“Un gatto nero ci ha tagliato la strada” le sussurrò la cameriera “è un brutto presagio…andiamo via…” la pregò, sempre più in apprensione.
La principessa le lanciò un’occhiata di biasimo “Anna non è il momento per queste sciocche superstizioni!” la rimproverò “E poi io non credo a queste cose, sono tutte stupidaggini” disse più per convincere sé stessa che l’amica.
Salendo i tre bassi gradini d’entrata ammirò la bellissima ghirlanda di foglie secche dai colori vivaci appesa al portone, facendosi l’appunto mentale di chiedere di confezionarne di simili anche per il palazzo. Anna invece si strinse nel cappotto, l’aria si stava facendo fredda e umida, la giornata era diventata grigia.
La cameriera la guardò per chiedere tacitamente conferma di voler andare fino in fondo. Al piccolo cenno d’assenso che le rivolse la sua signora sospirò sconsolata e bussò con il pesante battacchio, dall’originale forma di pipistrello.
La porta si aprì cigolando dopo pochi secondi, non c’era nessuno ad accogliere le due dame, solo il vuoto scuro dell’atrio.
Anna scosse la testa, ora decisamente spaventata, sempre più tentata di tornare sui suoi passi. Astoria la ignorò e varcò la soglia.
L’interno dell’abitazione era elegante e pulito, notò nella penombra. Le finestre erano coperte da spesse tende scarlatte, a tutela della riservatezza della clientela, immaginò. Su un tavolino tondo in centro alla stanza, in un bellissimo vaso di porcellana azzurra, dominava una stupenda composizione di fiori secchi, spighe di grano e alchechengi. L’ambiente era così curato che per poco la principessa non credette di essere nel posto sbagliato, almeno fino a quando le sue orecchie non captarono i rumori ovattati provenire dalle stanze della casa.
Le due giovani si guardarono, arrossendo per l’imbarazzo.
Gridolini, risate divertite, gemiti e urla di estasi rompevano il silenzio. Sempre più a disagio le due cominciarono a chiedersi cosa avrebbero dovuto fare, si sarebbero azzardate a bussare ad una delle porte che si affacciavano sul corridoio?
Proprio quando la principessa stava per chiedere ad Anna con chi avrebbero dovuto incontrarsi, una voce le raggiunse dall’alto della curva scalinata in mogano che svettava sulla stanza.
“Vi stavo aspettando” disse una voce carezzevole.
In cima alle scale una donna, non più giovane, ma ugualmente bellissima, sorrideva serafica. Indossava un morbido vestito di velluto verde sul corpo snello, due pendenti color smeraldo incorniciavano il viso candido senza ombra di una ruga. I capelli biondi legati in un basso e morbido chignon, fermato sulla nuca da un fermaglio dorato.
“Prego, se volete raggiungermi” disse poggiando aggraziatamente una mano ingioiellata al corrimano lucido.
Astoria ed Anna si fecero coraggio e presero a salire lente i gradini rivestiti da un tappeto orientale dello stesso colore delle tende.
Tutto accadde in fretta.
Astoria aveva quasi raggiunto la sommità delle scale quando lo sguardo le cadde sulla lunga ombra della donna che si allungava verso di lei sui gradini alla luce tremolante delle candele.
Anche ripensandoci in futuro, Astoria ne era assolutamente certa, la donna non si era mossa di un millimetro, ma la sua ombra sì. La pozza nera si allungò rapida verso le caviglie della principessa. Due mani affusolate, con unghie lunghe come artigli affilati, sfrecciarono sul pavimento per afferrarle le gambe.
Astoria balzò indietro nel tentativo di sottrarsi alla presa, che però non si serrò su di lei. Se Anna non l’avesse prontamente sorretta sarebbe sicuramente ruzzolata giù per la gradinata.
Una volta recuperato l’equilibrio la principessa vide che l’ombra si era volatilizzata. Guardinga, alzò lo sguardo sulla donna. Il sorriso che inizialmente le era sembrato cordiale, ora appariva sinistro, come lo strano bagliore che attraversò i suoi occhi verde intenso.
Senza commenti o alcun segno di stupore per l’accaduto, la padrona di casa fece loro strada in un salottino al primo piano. Astoria, il cuore che martellava inquietamente nel petto, si costrinse a seguirla, convincendosi che la strana sensazione che la avvolgeva, così come l’illusione che aveva avuto sulle scale, fossero solo frutto della suggestione.
“Ero proprio curiosa di conoscervi principessa” disse la donna placidamente, una volta che ebbero preso posto in un caldo salottino, piacevolmente profumato da incensi, che sorprendentemente non risultavano essere fastidiosi.
Astoria e Anna si lanciarono un’occhiata preoccupata, avevano messo particolare cura nel mantenere l’anonimato.
La donna rise frizzante “Non temete siete state abbastanza attente!” concesse captando il loro pensiero. “Ma io so molte cose” aggiunse seria “È uno dei vantaggi di gestire un bordello. I miei clienti chiacchierano molto. Soprattutto le signore”.
Le giovani, la cui presenza in quel posto si faceva sempre più equivoca, sgranarono gli occhi interdette, facendo sorridere la padrona di casa.
“Non vi stupite, anche alle donne piace cercare piacere. E da me ognuno trova ciò che cerca. Non amo fare distinzioni tra i sessi. Tantomeno giudicare i gusti altrui” spiegò divertita versando loro un profumato infuso di arancia, mela e anice stellato, che fumava invitante nelle raffinate tazzine bianche e dorate.  
“Quindi voi non siete una…una…” azzardò Astoria.
“Una prostituta? No, io sono la maîtresse mia cara, madama Elena, anche se in città adorano chiamarmi La Strega, pettegoli che non sono altro” proseguì con un cenno spazientito della mano, palesemente contraria a quell’appellativo. “Ma veniamo al motivo per cui siete qui, principessa di Tabita”. Improvvisamente madama Elena si fece seria e scura in volto, così come la luce nell’intera stanza.
“Non è molto scaltra la futura Regina facendosi vedere in un posto del genere. Questa volta vi è andata bene, nessuno lo saprà, ma dovete imparare ad essere più cauta, non lo avete forse già imparato?” la mise in guardia.
La Strega fissò i suoi penetranti occhi verdi in quelli della giovane. Astoria incapace di abbassare lo sguardo, nonostante avesse tanto voluto, cercò di capire cosa in quella stanza potesse riflettersi in quel modo negli occhi della maîtresse, ma anche guardandosi intorno non avrebbe trovato la fonte di quel bagliore. Quella luce verde, quella fiamma ardente color smeraldo sembrava provenire dal più profondo della sua anima.
Astoria, nonostante la temperatura gradevole, sentì un brivido gelido correrlo lungo la schiena. Per quale motivo gli abitanti di quella città le avevano attribuito quel soprannome? Astoria pensò che non fosse stato scelto a caso.
“Quanto è disposta a darmi in cambio la futura Regina di Avior e dei Cinque Regni per il mio aiuto?” proseguì suadente madama Elena “Quanto profondo è il desiderio di rendere contento il Re, tuo marito, quando verrà il momento? Quanto profonda è la tua devozione?” indagò senza aspettarsi realmente una risposta.
La principessa ebbe la sensazione che in realtà la Strega la stesse cercando da sé, frugando nella sua mente. Cercò la forza di volontà per distogliere lo sguardo. Ghermita da quagli occhi inquisitori, non la trovò.
Il cigolio provocato dall’ondeggiare di uno sportellino alla finestra ruppe l’incantesimo, liberando Astoria dalla forza invisibile che non era sicura di aver solo immaginato. Con la coda dell’occhio intravide un’ombra sfrecciare nella stanza.
“Ah mia piccola Nur” cinguettò madama Elena, celando nuovamente la sua natura sinistra, tornando ad indossare la maschera di accattivante maîtresse. “Dove ti eri cacciata?” chiese sdolcinatamente, accarezzando un curato micio nero dal pelo lucente. Quello, dopo essersi strofinato sulle gambe della proprietaria, corse ad acciambellarsi su una morbida poltrona accanto al fuoco.
Astoria guardò quel gatto, indovinando fosse quello che poco prima le aveva tagliato la strada. Bizzarramente l’animale la guardò di rimando, con i suoi occhi diversi, uno ambrato e l’altro verde. La guardava fisso negli occhi. Quella situazione si faceva sempre più singolare.
“Allora non perdiamo altro tempo!” decretò allegra la padrona di casa, mentre la stanza sembrò rischiararsi nuovamente, senza apparente motivo. Si alzò ed estrasse un libro da uno dei cassetti di un comò, tinteggiato di viola e arancione, su cui erano incise strane rune.
“Abbiamo un argomento da affrontare, non vi lascerò andare via senza ciò per cui siete venute” disse ammiccando maliziosamente.
Nell’ora seguente, madama Elena, come promesso, spiegò alla principessa tutto ciò che voleva sapere. La Strega, padrona dell’argomento, gestì sapientemente la lezione, senza diventare mai volgare o particolarmente imbarazzante. Mentre conversavano, l’atmosfera si rilassò, perfino Anna fece qualche domanda. La principessa si chiese se forse la sua fervida immaginazione avesse viaggiato troppo. Continuò a rimanere in guardia, non di fidava affatto di quella donna.
“Dobbiamo concludere qui temo. Siamo attese al piano inferiore” concluse madama Elena.
“Vi ringrazio infinitamente madama Elena, siete la mia salvatrice” disse la principessa, ricordando finalmente le buone maniere.
“Quando avrete bisogno mi troverete qui, per questo e altro ancora” disse la Strega, sott’intendendo cose che la principessa, almeno per il momento, non poteva capire.
“Meglio non far aspettare il Re, diventa irritabile quando pensa di star perdendo tempo” esclamò incomprensibilmente la maîtresse.
“Il Re?” ripeté Astoria perplessa.
 
Karl, tenendo compostamente le mani dietro la schiena, batteva spazientito un piede sul pavimento. Aspettava solo da pochi minuti che madama Elena si degnasse di palesarsi, già troppi per i suoi gusti.
“Karl! Cosa ci fai qui?” la voce di Astoria gli arrivò dalla balconata.
“Cosa ci faccio io qui?” ribatté scocciato, mentre la sua amata scendeva le scale. “Sono venuto a prendere la mia promessa sposa!” esclamò.
“Come sapevi dov’ero?” chiese lei sospettosa, ma per niente stupita.
“Ti ho fatta seguire!” rivelò il Re “Credevi veramente ti lasciassi andare in giro senza scorta? Sei sempre seguita Astoria, è per la tua sicurezza. Ma mai avrei pensato di doverti venire a ripescare in un posto del genere, parola mia!” disse senza darle il tempo di lamentarsi per quella violazione della privacy.
“Maestà, è tanto che non vi vedo” madama Elena li interruppe.
Astoria notò sorpresa che la maîtresse non fece nessun cenno di riverenza nei confronti del sovrano, come invece consuetamente faceva chiunque, a meno che non si trattasse di lei, Nicolas o Diana.
“Avrei fatto volentieri a meno Elena credetemi. Infatti ora tolgo il disturbo” disse il Re lapidario, accompagnando a quel saluto un’occhiata gelida.
La Strega ne sostenne lo sguardo senza timore, sorridendo anzi impertinente, quasi in segno di sfida. Lo studiò a lungo prima di dire “Ricorda la promessa Karl. Io ho onorato la mia parte dell’accordo” disse altera ed enigmatica.
Astoria percepì Karl, accanto a sé, irrigidirsi. In risposta a quello strano promemoria si limitò ad annuire con un rapido cenno con la testa. Senza aggiungere altro, la cinse protettivo, non le diede tempo di congedarsi educatamente. Spiccio, fece per andarsene.
Non raggiunsero la porta che Elena parlò ancora una volta “E dì a Nicolas che almeno lui potrebbe passare a trovarmi ogni tanto!”
Karl serrò la mascella “Addio zia Elena” rispose.
Arrivederci” lo corresse la Strega.
 
Zia Elena?! Quella è tua zia?!” chiese Astoria a Karl, una volta che ebbero fatto ritorno nelle sue camere.
Non avevano parlato durante il viaggio di ritorno in carrozza.
Karl, schivo e taciturno, aveva guardato quasi tutto il tempo fuori dal finestrino. Appariva così turbato che Astoria, nonostante il timore che il Re potesse essere arrabbiato con lei, aveva allungato una mano cercando la sua. Quando Karl la strinse e forzò un sorriso, capì che i suoi timori erano fondati, qualcosa non andava.
“Di cosa parlava? A quale accordo si riferiva?” indagò la principessa cautamente.
Karl, restio, non la guardava, ma Astoria notò i suoi occhi indugiare sul ritratto appeso sopra al caminetto, la donna dai folti capelli rossi, sulla cui identità la principessa spesso si era interrogata.
“Karl…” lo sollecitò.
“Te lo spiegherò a tempo debito, te lo prometto. Ma Astoria, voglio che tu stia lontana da Elena!”
“Ma perché?” non che Astoria avesse alcuna intenzione di tornare in quella bizzarra casa di piacere in realtà. “Come mai la chiamano La Strega?” incalzò.
Ma Karl si limitò a scuotere la testa, non avrebbe ottenuto alcuna risposta da lui quel giorno. “Devi fidarti di me” tagliò corto il Re.
“Fidarmi… ancora una volta chiedi la mia fiducia, ma ancora nascondi segreti!” esclamò avvilita Astoria. “Come posso fidarmi se non sei sincero con me?” aggiunse.
“Mi vuoi spiegare perché eri lì?” le chiese lui eludendo la sua domanda.
Astoria arrossì, l’intenzione del Re di sviare la conversazione riuscì alla perfezione. “Io…è per l’altra sera” ammise imbarazzata.
Karl la guardò perplesso.
“L’altra sera quando…” cercò di spiegarsi Astoria guardando allusivamente il letto “io volevo sapere come funziona quando un uomo e una donna stanno insieme” riuscì a racimolare.
“Non osare ridere di me!” esclamò infiammandosi quando vide che Karl aveva abbassato il viso, nel tentativo di nascondere un sorriso divertito.
“Non rido di te Astoria” la corresse. “Sono sollevato, pensavo che…non importa. É questo?” disse cingendole la vita.
Astoria stizzita voltò la testa.
“Cosa volevi sapere dimmi amore mio?” le chiese prendendole il mento tra le lunghe dita e guardandola in adorazione.
“È che io non ne so niente, tu invece, è evidente che sei già stato con una donna!” con ogni probabilità diverse donne, ma la principessa non volle pensarci.
“Perché non ne hai parlato con me?” le chiese.
“Non lo so. Mi vergognavo immagino” tra le sue braccia Astoria si sentì una stupida. Naturalmente anche lei avrebbe dovuto essere sincera con Karl fin da subito, dirgli dei suoi timori.
“Astoria” cominciò col dirle Karl teneramente “tu mi fai già impazzire così, non hai bisogno di sapere nulla di più. Quando sarà il momento ti insegnerò tutto io” le promise prima di baciarla dolcemente.
“E dovrai applicarti, le lezioni pratiche saranno tante, lunghe…” le sussurrò all’orecchio, intrigante, solleticandole il collo e strappandole suo malgrado una risata.
“Ti amo” quelle parole, dopo quell’insolito, inquietante pomeriggio suonarono più dolci che mai alle orecchie della principessa.

 
   
 
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