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Autore: Eurus91    18/07/2021    1 recensioni
Una versione alternativa della missione in Azerbaijan al Karabakh Hotel e Casinó. I protagonisti saranno Jack, Mac e uno stranito inserviente che si troverà davanti un Mac ammanettato a letto.
Genere: Comico, Erotico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Owen Smith, si considerava un uomo ordinario. Viveva in una casa ordinaria e aveva una moglie ordinaria. La sua casa aveva una staccionata bianca, tetto in tegole rosse, e un giardino ben curato con aiuole di rose e gerani. 

Quella mattina si stava recando a lavoro, un po’ più presto del solito, dopo aver lasciato a metà il suo cornetto ripieno di marmellata ai frutti di bosco fatta in casa e aver trangugiato tutto d’un fiato il suo cappuccino con una spolverata di cacao mentre leggeva le ultime notizie sulla prima pagina del quotidiano locale.

Dopo aver chiuso il suo vecchio camioncino rosso con la chiave, e aver recuperato la cassetta degli attrezzi dai sedili posteriori, si recò in albergo a passo veloce attraversando il parcheggio sotterraneo, poiché aveva ricevuto una richiesta d’assistenza, particolarmente urgente, da una delle stanze dell’hotel.

La sua tuta verde era pesante e pruriginosa, di un tessuto così spesso che rendeva difficile ogni movimento, rendendolo goffo se solo non ci fosse abituato. Se qualcuno lo avesse chiesto si sarebbe detto orgoglioso di fare quel lavoro anche se non vedeva l’ora di andare in pensione e godersi i suoi risparmi. 

Perché ammettiamolo amava la vita ordinaria e prevedibile ma lavorare in un Hotel casinò, come tuttofare, non offriva molte opportunità di vedere cose strane. Riparare tubi che perdevano o sistemare cavi scoperti non era qualcosa che si potesse considerare eccitante e le giornate trascorrevano noiose. Tutte uguali, una dopo l’altra.

Fino a quel momento.

Soffocando uno sbadiglio, con la cassetta degli attrezzi che pesava una tonnellata, tenuta solo con una mano, bussó alla porta della stanza numero 203 dell’Hotel aspettando impaziente che qualcuno aprisse e gli spiegasse cosa c’era di così impellente da farlo correre a lavoro senza aver finito la sua amata colazione. 

Fu un uomo, alto, muscoloso, sulla quarantina, con indosso solo una camicia blu aperta e un paio di boxer scuri ad aprire la porta. 

«Salve. Grazie per essere venuto così rapidamente…» l’uomo sembrava tremendamente imbarazzato mentre tirava le labbra in un mezzo sorriso e si portava una mano alla nuca massaggiandosela. 

Quel genere di imbarazzo, si disse Owen, era causato solitamente da un guasto nel bagno. Capitava spesso e non si scandalizzava neanche più così tanto. Era uno sporco lavoro ma qualcuno doveva pur farlo.

L’uomo si fece da parte, per lasciarlo passare, mentre gettava occhiate furtive ad un angolo della stanza che Owen non aveva ancora considerato. 

«Vede. Tra me e il mio fidanzato c’è stato un piccolo malinteso. Entrambi pensavamo…ecco le faccio vedere…»

Prima che potesse o fare o dire qualcosa l’uomo gli aveva avvolto le spalle con un braccio e lo stava dirigendo verso la camera da letto.

Ammanettato a letto c’era un ragazzo biondo. Capelli spettinati e aria giovane. Sembrava avere una ventina d’anni. Poteva benissimo essere appena uscito da un liceo. 

«Come si forzano le manette?» 

Disse il giovane, con un tono piuttosto alto, non appena lui varcò la soglia immaginaria dell’open space, alzando le mani per rendere ancora più evidente il fatto che fosse bloccato, riservandogli poi un sorriso furbo che lo fece sembrare ancora più giovane. 

«Biscottino avevi detto che sapevi aprire le manette…»

Disse l’uomo, Ernie, si corresse mentalmente Owen. Era così che si era presentato quando lo aveva accompagnato verso il ragazzo ammanettato, mentre quest’ultimo cedendo all’istinto continuava a strattonare gli anelli di metallo, rendendo il suo compito ancora più difficile.

«Mentivo. Ti sembra così strano?» 

Replicò piccato, probabilmente dal soprannome orrendo, il ragazzo lanciando un’occhiata a quello che era a tutti gli effetti, notò, il suo fidanzato; 

Una bottiglia di champagne, semi vuota, sul comodino attirò la sua attenzione come un faro in una notte buia. I bicchieri di cristallo erano adagiati su un vassoio che era cosparso di petali di rosa ormai secchi e raggrinziti.

Aveva tutta l’aria di essere una luna di miele o una serata romantica. 

Un sentimento molto simile alla nostalgia fece capolino nelle viscere dell’uomo. Lui si era sposato tanti anni prima, ma, aveva cercato di rendere sempre felice sua moglie, portandola sulla spiaggia, a fare lunghe passeggiate al tramonto. Sperava, solo, che quel ragazzo fosse felice e a suo agio con questa situazione. 

«Ma hai l’età per bere?»

Le parole gli sfuggirono ancora prima che potesse anche solo prendere in considerazione l’idea di dirle ad alta voce. 

Ed era pronto a scusarsi, affermando che effettivamente non erano affari suoi, quando il ragazzo dopo aver sbattuto le palpebre un paio di volte chiaramente incredulo e forse anche un po’ offeso, apri la bocca. 

«Ho trent’anni in realtà. Le faccio vedere un documento se non mi crede…»

Poi dopo aver gettato un’occhiata alla manetta restante, «Beh dopo avermi liberato ovviamente.»

Distrattamente si chiese perché quel ragazzo fosse dannatamente a suo agio in quella situazione. Lui sarebbe morto di vergogna, in realtà non avrebbe mai fatto nulla di simile, per cominciare. Lui era un uomo che preferiva fare le cose alla maniera tradizionale. Un letto e solo lui e la sua compagna.

I giovani d’oggi, così trasgressivi, si mettevano sempre nei guai e avevano bisogno sempre degli altri per uscirne. 

Un sospiro gli sfuggì dalle labbra mentre immerso nella cassetta cercava l’attrezzo giusto.

Owen si ritrovò a pensare se anche quel ragazzo avesse fatto la stessa cosa, cercare la persona giusta intendeva. Era un paragone strano, ma passare una vita a fare questo mestiere ti cambia la prospettiva e anche le metafore si adattano.

«Ernie, tesoro, devi vedere quanto è veloce!» continuò con un tono di voce un po’ troppo alto. Come se dovesse farsi sentire da lontano ed effettivamente era così perché Owen non avvertiva la presenza dell’uomo più vecchio nella stanza. Forse era in bagno. 

«Ho fatto…»

Owen quasi tirò un sospiro di sollievo quando con un tic metallico anche l’altra manetta cedette, liberando finalmente il giovane che si massaggiò i polsi pensieroso. Quasi come se si stesse chiedendo se fosse tutto a posto.

«La ringrazio molto…» 

Disse una voce alla sue spalle, che quasi lo fece spaventare. Anzi sobbalzò proprio, quando l’uomo più vecchio gli posò una mano sul braccio. Quando diavolo era arrivato? Non l’aveva sentito arrivare. 

«È stato velocissimo. Tenga pure il resto…» Disse sorridendo, mentre gli porgeva alcune banconote ed essersi scambiati un paio di sguardi con il ragazzo. 

Mentre raccoglieva gli attrezzi usati sparsi sul letto disfatto, senti Ernie chiedere a Luke, ecco come si chiamava il ragazzo, se stesse bene. 

Lo vide annuire e sorridere con la coda dell’occhio, mentre il ragazzo raccoglieva magliette e pantaloni dalla sedia accanto al letto. Celando il suo corpo sotto strati di stoffa. Owen avrebbe voluto chiedere il perché di quella cicatrice sul petto, ma alla fine decise che non era affari suoi e se avesse dovuto azzardare; un vecchio tatuaggio coperto, perché si sa i giovani sono avventati in quelle cose.

Nelle movenze dell’uomo più vecchio, Owen, rivedeva un po’ se stesso con sua moglie. Il modo in cui si aggirava intorno al ragazzo come una calamita con il metallo, come a fargli scudo con il proprio corpo. 

Lo vide accarezzargli le braccia come a sincerarsi delle sue condizioni e lui, giurò quasi, di vedere il ragazzo arrossire mentre distoglieva lo sguardo per evitare di farsi scrutare troppo, forse.

Finì di raccogliere gli attrezzi e si chiuse la porta alle spalle, giusto il tempo di sentire un «E tu che non volevi accettare, è stato divertente» dal ragazzo biondo. 

Quindi la vita poteva anche sorprenderlo a volte.

Sulla strada di casa, Owen, si fermò da un fioraio.

   
 
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