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Autore: lady lina 77    18/07/2021    2 recensioni
L'omicidio di una donna e il salvataggio dei suoi due figli porteranno i Poldark dentro a un grande segreto da tenere celato a qualsiasi costo. Una storia che nasce nel freddo dei ghiacci di Oslo per poi approdare in Cornovaglia dove Ross, assieme a due misteriosi gemellini (già conosciuti in una mia vecchia fanfiction ma quì in ruoli diversi), lotterà per poter tenere fede a una promessa.
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Nuovo personaggio, Ross Poldark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nampara, Cornovaglia, giugno 1806

Godendosi la brezza del mare e il profumo estivo di salsedine che gli inebriava le narici sotto un cielo assolutamente sereno e privo di nuvole, Ross si avviava verso casa stupendosi ancora una volta di quanto gli mancasse la sua terra ogni volta che ne era lontano.
Era stato via due mesi per un breve viaggio in Francia per conto della corona e ora non vedeva l’ora di varcare la porta di casa, abbracciare i suoi figli, baciare sua moglie e gustarsi un pranzo decente dopo giorni passati a mangiare nelle osterie di passaggio.
Sfilò davanti alla Wheal Grace, salutando i suoi uomini che appena lo ebbero visto, gli corsero incontro. Poi a sorpresa, vide comparire dal suo ufficio anche suo figlio Jeremy. Ormai aveva quindici anni, era un ragazzo alto e snello ed era sempre più interessato ai lavori della miniera tanto che spesso aveva voluto accompagnarlo al mattino, in quell’ultimo anno.
Ross lo guardò con orgoglio e Zachy, intuendo i suoi pensieri, si affrettò a spiegare. “Viene spesso a chiederci come va e a dare una mano. Adora il modo in cui lavorano le pompe ed è interessato a tutte le nuove macchine elettriche che stanno venendo fuori dalla testa di architetti e ingegneri in questi anni. E’ un piacere averlo con noi e ha voglia di imparare”.
Jeremy li raggiunse, accaldato in viso. “Papà, sei tornato! Mamma prevedeva che non saresti arrivato prima del prossimo mese” – disse, abbracciandolo.
Ross ricambiò la stretta. Jeremy era un ragazzo delicato nei modi, molto legato a sua madre ma più defilato e sfuggente nei suoi confronti. E questo lato del suo carattere a volte chiuso e taciturno si era un po’ acuito negli ultimi anni e spesso Ross si chiedeva se mai si sarebbe allentata la strana tensione che a volte insorgeva fra loro. Quindi si gustò quell’abbraccio tanto sincero quanto raro di suo figlio che spesso stringeva fra le sue braccia la madre ma quasi mai si era lasciato andare a gesti simili con lui, soprattutto negli ultimi anni. “Vedo che mi stai sostituendo egregiamente!” – gli disse infine, dandogli una pacca sulla spalla.
Jeremy arrossì. “Mh, col piccone valgo poco. Ma mi piace studiare le mappe e controllare le pompe. Sai che hanno inventato nuovi modelli a propulsione elettrica?”.
Ross sospirò, sentendosi vecchio a causa della sua avversione alle novità. Era molto scettico sulle nuove trovate tecnologiche ed era più legato ai vecchi sistemi di estrazione, usati da secoli e che suo padre gli aveva insegnato. Jeremy invece era attirato da tutto ciò che era nuovo e ogni scoperta era per lui motivo di studio ed interesse. Era contento di questa sua curiosità per la vita e le sue mille opportunità ma credeva che fidandosi troppo del progresso, avrebbe finito col rimanerne deluso. “Sì lo so, ma fin’ora le macchine che abbiamo funzionano bene e quindi evitiamo di spendere denaro se non ne abbiamo bisogno”.
Jeremy fece per replicare ma poi decise di tacere. Suo padre era il capo ed era amato e rispettato da tutti per le sue scelte e lui non era nessuno per poterlo contrastare. Quindi optò per un cambio di argomento. “Sai, la miniera gode di un altro aiuto di famiglia”.
Chi?”.
Zachy rise e dall’ufficio sbucò Clowance, vestita con abiti maschili e vivace e allegra come sempre. La ragazzina, ormai dodicenne, coi suoi lunghi capelli biondi pieni di boccoli, gli occhi azzurri e il viso tondo e ancora infantile, gli corse incontro abbracciandolo con più vigore del fratello. Clowance era la sua piccola principessa e come per ogni sua figlia, il suo punto debole. Era vivace, sfacciata, testarda ed esuberante come tutti i Poldark ed era sempre contenta. Ancora era una bambina sia nei modi che nell’aspetto e Ross sperava sarebbe rimasta ancora a lungo così, spensierata e senza preoccupazioni. La fissò e scoppiò a ridere vedendo come era agghindata da maschiaccio. Sporca di fuliggine, in pantaloni, spettinata, era così incredibilmente simile a sua madre nel giorno del loro primo incontro… “Che fai, monella?” – le chiese, scompigliandole ancora di più i capelli.
Clowance ridacchiò, osservando Zachy. “Ohhh, è un segreto papà!”.
Jeremy rise e Zachy fece un occhiolino alla piccola. “Silenzio o tuo padre ci mette tutti e due in castigo”.
Ross fece finta di stare al gioco anche se aveva già capito tutto. “Quindi… Non sei così sporca perché ti sei avventurata ancora nei cunicoli, vero?”.
No papà” – rispose lei, con una notevole faccia tosta.
Sicura?”.
Sicurissima”.
Ross le sorrise, compiaciuto nonostante tutto che fosse tanto attratta dal mondo delle miniere che i Poldark avevano nel sangue. “Beh, io torno a casa, non vedo l’ora di rivedere la mamma e i bambini. Mi fate compagnia?”.
I ragazzini annuirono e così Ross, con loro e dopo aver salutato tutti, si diresse a Nampara.
Come vanno le cose a casa?”.
Bene” – rispose Jeremy. “Anche se Bella fa baccano, Prudie come sempre lavora poco e mamma è impegnata in mille cose”.
Ross sospirò, tutto rimaneva immutabile. “E i gemelli?” – chiese, notando come sempre la reticenza di Jeremy a parlare di loro. Era un bravo fratello maggiore ma coi gemellini faticava a legare e cercava sempre di star loro il più lontano possibile, come se ne rifiutasse ancora la presenza e li vivesse come una minaccia. Ed era strano perché erano passati tre anni e mezzo dal loro arrivo, la pace era regnata dentro e fuori casa, nessun pericolo ne era scaturito e ormai per tutti, loro, erano i bambini dei Poldark, quasi che nessuno più ricordasse le loro origini. A volte aveva tentato di parlare col figlio dei bambini e dei pensieri che lo affliggevano ma Jeremy era sempre stato sfuggente e aveva evitato di rispondergli in modo sincero, preferendo cambiare argomento. Ma ora era abbastanza grande e magari, nella giusta occasione, sarebbe riuscito a confrontarsi con lui da uomo a uomo, sperando di riuscire a fugare i suoi dubbi.
Fu Clowance a rispondere, al posto del fratello. “Fanno baccano come sempre! E litigano e giocano con Bella e fanno mille disastri”.
Posso immaginare” – commentò laconico Ross, pensando alla immensa vivacità di quei due piccoli e scalmanati vichinghi che ormai amava come fossero suoi. Demian era attaccato a Demelza in modo viscerale, come Jeremy, Daisy come Bella e Clowance era la sua cocca e la monella di casa, irriverente e furba come pochi bambini al mondo.
Quando giunsero infine all’aia di Nampara, fu Bella la prima che Ross rivide. Coi suoi lunghi capelli neri pieni di ricci e gli occhi verdi come la mamma, la sua piccolina era la luce dei suoi occhi. Era rumorosa, canterina, non stava mai zitta e aveva una vocina acuta che se urlava, la si sentiva fino a Truro e oltre. E lui ne era follemente innamorato… “Bambolina, vieni qui” – disse alla piccola che gli volò fra le braccia.
Papino, papino” – mugugnò lei, affondando il viso nel suo collo.
Sentendo la voce della figlia, Demelza corse fuori e emozionata, gli corse incontro come Bella abbracciandolo. “Ross, giuda! Perché non mi avverti mai quando torni?”.
Lui la baciò, affamato di rivivere il tocco delle sue labbra. Anche se c’erano attorno a loro i figli, mai si erano sentiti in imbarazzo ad esprimere i propri sentimenti e i bambini ci erano ormai abituati. “Perché? Non ami le sorprese?”.
Demelza si mise le mani sui fianchi. “A volte vorrei farmi trovare un po’ più carina che coi vestiti da lavoro”.
Ross le si avvicinò, baciandola sulla guancia e mormorandole nell’orecchio. “Oh, ti rifarai più tardi”. Oh sì... E le avrebbe anche detto che era adorabile anche in abiti da lavoro e che se voleva ammirare delle damine agghindate come bambole di porcellana, si sarebbe sposato con Lady Bodrugan.
Jeremy e Clowance si guardarono negli occhi divertiti dall'intimità dei genitori, Bella invece reclamò l’attenzione del padre. “Sono arrabbiata!”.
Anche tu? Con me?” – scherzò lui.
No, con Daisy e Demian che non fanno cosa dico io ma come vogliono loro”.
Ross rise. “Mi sembra onesto fare ciò che si vuole”.
No! Io sono grande e loro devono fare come dico io!”.
Demelza se la riprese in braccio. “Dubito loro siano d’accordo”.
Ross si guardò attorno. “Dove sono?”.
Nella stalla, dove si rintanano quando fuggono da Bella”.
Ross le strizzò l’occhio, riprese la figlia minore e poi si diresse alla stalla.
Quando entrò, li chiamò a gran voce. “Hei, bambini! Dove vi siete cacciati? Ho fatto un lungo viaggio per venirvi a salutare e voi vi nascondete?”.
Dopo pochi secondi, dalla paglia sbucarono le faccine monelle di due bimbi dai capelli lisci e biondissimi e con dei bellissimi occhi color ghiaccio. Erano due piccole pesti ancor più vivaci di Bella e spesso in loro Ross vedeva scorrere il vento e la furia dell’estremo nord che li aveva visti nascere. Però di contro erano buoni, avevano un animo candido e gentile e li adoravano. Erano ormai in tutto e per tutto bambini di Cornovaglia, con abitudini simili a tutti gli altri, Daisy adorava il mare, Demian arrampicarsi sugli alberi ed erano stati un dono dal cielo che aveva portato ancora più amore e risate nella loro casa, come spesso diceva Demelza.
I due bimbi, appena lo videro, gli saltarono al collo. “Papà, papà”.
Ross li strinse, sentendosi grato per quel dono di sentirsi chiamare così anche da loro. Le antiche paure non erano sparite del tutto ma molte avevano lasciato posto all’amore per quei due esseri agli occhi dei quali lui era un eroe e un modello da imitare.
Li baciò e poi li rimise a terra. “Ecco la mia banda di tre piccole pesti!” – disse, rivolto a loro e a Bella. “Su, vorrei vedervi fare la pace, per prima cosa. Cos'è questa cosa che litigate spesso?”.
Bella incrociò le braccia al petto. “Colpa loro! Sono piccoli e devono fare cosa dico io che sono grande”.
Ross ridacchiò. Santo cielo aveva quattro anni e mezzo sua figlia e si credeva già una donna fatta e finita!
Daisy picchiò il piedino. “NO! Io faccio come voglio io! Anche Demian fa come voglio io”.
Demian, decisamente più saggio e che aveva già compreso che le donne non vanno contraddette, annuì senza replicare.
Ross accarezzò la testolina di Bella. “Dai, ognuno deve essere libero. Fai la pace con loro almeno per me?”.
Bella ci pensò su e poi, col broncio, annuì controvoglia. Allungò la manina e strinse, con decisamente più vigore del necessario, quelle dei gemelli. Che ricambiarono la stretta con altrettanto vigore, cercando di stortarle il braccio.
Ross finse di non vedere, sua moglie tentò di riportare l'ordine. “Pace fatta?” – chiese Demelza, spuntando dalla porta della stalla.
Ross si stiracchiò, la raggiunse e le cinse la vita con il braccio. “Pace fatta! E ora ti prego, dimmi che hai cucinato e che è pronto. Ho una fame da lupi!”.
Demelza rise. “Sì, è tutto pronto!”.
E coi figli, tutti insieme, rientrarono in casa pronti a riappropriarsi del tempo perso, tutti insieme. C’erano tante novità all’orizzonte di cui parlare e Ross non vedeva l’ora di farle sapere a Demelza. Ma prima del buon cibo, un bagno caldo, tante chiacchiere coi bambini e poi, a letto, avrebbero affrontato ogni cosa.

...

Alcune ore più tardi, quando tutti i figli erano addormentati, abbracciati nella loro camera da letto completamente nudi dopo essersi amati con passione, Ross si ricordò che c'erano importanti novità in vista per tutti loro e che desiderava discuterne con Demelza prima che coi loro figli.
Le accarezzò la schiena, ricordando con una nota di dolore il loro primo incontro quando quella stessa schiena era martoriata dalle ferite infertele dalla cinghia del padre, rendendosi conto di quanto tempo era passato e di quante cose fossero successe da allora. Desiderò proteggerla in quel momento, rendendosi conto che aveva desiderato farlo fin da quel lontano giorno a Redruth e con rammarico dovette ammettere che quando era lontano non poteva adempiere a questo suo ruolo appieno. "Mi sei mancata. Mi manchi sempre quando sono via".
Demelza sospirò, rilassata e serena. "Anche tu. Ma i bambini mi hanno tenuta occupata e a modo loro si prendono cura di me".
Ripensando agli avvenimenti della giornata, Ross sorrise. "Sono stato molto colpito dal vedere Jeremy in miniera stamattina. E' ancora molto inesperto ma sono felice di vedere che inizia a interessarsi del mondo degli adulti. E sono anche orgoglioso di Clowance e della sua intraprendenza".
Demelza gli diede un pizzicotto. "Cerca di non dirglielo. E sgridala quando, come oggi, si avventura nei cunicoli! Giuda Ross, è pericoloso!".
Non era per niente d'accordo. "E' una Poldark, mia cara! Ha la miniera nel sangue e io non posso guerreggiare con le scelte di madre natura e dell'indole che ha donato a nostra figlia. E tu alla sua età dovevi essere ben più spericolata!".
Lei gli diede un altro pizzicotto. "Ross".
"Mi farai diventare il petto completamente chiazzato se andiamo avanti con questa conversazione" - le disse, decisamente divertito da quello scambio di battute. "Bella invece sta diventando un osso duro. E i gemellini anche...".
Demelza sollevò il capo verso di lui, abbandonando la posizione comoda sul suo petto. "Sei stato geniale prima, a cena, su questa cosa di chi deve essere capo".
Ross si sentì soddisfatto. "Beh, il mio lavoro di spia mi rende scaltro. E' bastato poco dopo tutto... In fondo non ho fatto altro che far notare a Bella che sua cugina Loveday ha un anno più di lei e che quindi le spetta il ruolo di capo di tutti loro bambini. La cosa non le è piaciuta molto ma non ha trovato modo di ribattere e quindi si è giunti a un compromesso che ha accettato anche Daisy: faranno il capo un giorno per uno. Prima Loveday che è la più grande, poi Bella, poi Sophie, poi Daisy, poi Demian e infine Meliora".
"Direi che è democratico! Si dice così, vero Ross?".
Ross rise, democrazia era una parola decisamente odiata dal re. "Sì, amore mio. Anche se Daisy ha provato a dire che anche lei è la più... in qualcosa".
Demelza scoppiò a ridere. "Sì, la più piccola della casa".
Ross annuì. "Esatto! E' più degli altri in qualcosa e pretende che questo le sia riconosciuto".
Demelza sospirò, tornando a poggiarsi col capo sul petto del marito. "I gemelli hanno un carattere forte e non accettano compromessi".
Ross si fece pensieroso alcuni istanti, ricordando le loro origini che, combinate coi loro caratteri, in fondo definivano appieno la loro vera identità. Avevano carisma, avevano carattere, avevano forza ed erano scaltri... Tutte cose che in fondo gli sarebbero state richieste se... se...
Scosse la testa, deciso a ricacciare indietro quei pensieri che in fondo non avevano più senso. Ormai i gemellini erano Poldark e tutto ciò che avrebbero potuto essere in Norvegia non esisteva più. "Sai, prima ti accennavo a qualche cambiamento importante che ci riguarderà il prossimo autunno ed inverno".
Demelza sospirò, già presagendo il seguito. "Ripartirai a breve?".
"Ripartiremo".
"Tu e Jones?".
"No, tu, io e i nostri bambini".
Lei tirò su di scatto la testa. "Che vuoi dire?".
La strinse a se, baciandola sul mento. "Che il prossimo inverno è richiesta la mia presenza a Londra come membro e rappresentante di Westminster. Pitt è morto, molti posti di potere sono vacanti, Napoleone imperversa in Europa e molte congregazioni governative straniere arriveranno nella capitale per discutere la situazione. Tradotto: cene, incontri, party esclusivi e alleanze da costruire. Si richiede la mia presenza a Londra, a rappresentare i valori inglesi con la mia famiglia. Ogni membro di Westminster con le proprie famiglie è chiamato nella capitale a presenziare a ogni evento possibile, ad avvicinare ambasciatori esteri, a carpire informazioni, a stringere alleanze e amicizie fra famiglie. Insomma, preparati a partire coi bambini e a interpretare il tuo ruolo di perfetta lady e moglie di un parlamentare".
Demelza si alzò di scatto, a occhi sgranati. "Giuda, Ross!!!". Non se lo aspettava e la sorpresa non era decisamente gradita. In realtà non amava Londra, ogni volta che ci erano andati erano finiti nei guai e Ross conosceva appieno la sua avversione per quella città. Prima Monk e il duello, poi la storia dei Despard e ora...? Ora voleva solo stare a casa, curare il suo orto e il suo giardino, occuparsi della miniera quando Ross non c'era e fare la mamma. Non voleva Londra, con le sue ombre e i suoi sotterfugi, con il suo potere, i suoi intrighi e la sua opulenza uniti a tanta miseria e disperazione, voleva solo essere la moglie di Ross e curare la sua casa e i suoi figli.
Ross bloccò ogni sua obiezione a cui si era preparato per giorni, conoscendo appieno le obiezioni e le rimostranze che lei gli avrebbe esternato. "Demelza, starò via troppo a lungo e non voglio star separato da voi così tanto!".
"I bambini sono troppo piccoli per viaggiare!".
Ross la guardò storto. "I gemelli hanno viaggiato da Oslo a quì, da neonati".
"Lo so, ma ora sono in una età in cui fanno capricci e ci farebbero impazzire".
"Si divertiranno".
"Io no! E il nostro appartamento di Londra è troppo piccolo per tutti".
Ross le accarezzò la guancia, pronto a ogni contromossa possibile. "Troveremo una bella casa grande, ci porteremo dietro Prudie ed assumeremo un'altra domestica che le dia una mano. Jeremy e Clowance conosceranno la società della capitale, Bella e i gemelli saranno la parte divertente di tante feste noiose e tu sarai la lady più bella di ogni evento".
"Ross..." - si lamentò Demelza, messa con le spalle al muro. "Quella città mi rievoca cattivi ricordi".
La strinse a se più forte. "Farò in modo che questa volta tu porti a casa solo ricordi belli".
"E la scuola? Faremo saltare ai bambini le lezioni con Rosina tutto inverno? Soprattutto Clowance...".
Aveva pensato anche a quello. "Prenderemo una istitutrice. In fondo, così, potremmo avvicinare già alla scrittura anche Bella e se lo vorranno, anche i gemelli. A casa avranno un'insegnante solo per loro".
Demelza si buttò fra i cuscini, osservando sconsolata il soffitto. "Devo per forza?".
La abbracciò. "No, ma mi farebbe piacere se tu venissi. Ho bisogno di te, di averti vicina un pò di più".
Demelza si voltò e gli sorrise perché anche se Ross non sapeva essere romantico troppo spesso, le poche volte che ci riusciva erano per lei un dono prezioso da custodire nel cuore. E quando faceva così e riusciva ad esternare i suoi sentimenti, era in grado di abbattere ogni sua resistenza. In fondo era sua moglie e se lui aveva bisogno del suo sostegno, lo avrebbe avuto, sempre. "Quando dovremmo partire?".
La baciò, felice. Aveva ceduto e sarebbero stati insieme a lungo senza doversi separare e dentro di se giurò che questa volta avrebbe fatto di tutto per non farla pentire di quel soggiorno londinese. Le accarezzò i capelli e li scostò dalla sua fronte con delicatezza. "Non ora e per tutta l'estate voglio godermi solo la mia casa, le mie terre, la mia famiglia e la mia miniera. Partiremo in autunno e ci fermeremo fino alla prossima primavera".
Demelza si rannicchiò contro di lui. "E sia... I bambini saranno eccitati da questa novità".
"Già". In effetti era eccitato anche lui, sia per il viaggio, sia per il corpo nudo di sua moglie avvinghiato al suo. Non parlarono più e lui iniziò a baciarla con foga e urgenza di amarla di nuovo e lei glielo lasciò fare. Scivolò sul suo corpo, la cinse con le braccia e nuovamente, la fece sua.
Una lunga, bellissima estate li attendeva, al resto avrebbero pensato dopo.

  
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