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Autore: PerseoeAndromeda    20/07/2021    1 recensioni
"Aveva appena perso il suo maestro, il suo cuore era a pezzi: perdere Shun avrebbe significato farlo morire del tutto quel cuore, avrebbe significato perdere tutto ciò che ancora lo rendeva vivo."
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Andromeda Shun, Cygnus Hyoga, Pegasus Seiya, Phoenix Ikki, Saori Kido
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incest
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UN VORTICE DI FIAMME
 
 
Le fiamme si innalzavano al di sopra dei pini maestosi, senza dare scampo a quegli alberi secolari e una cappa di fumo rendeva il cielo plumbeo, formando tutto intorno una cortina densa che rendeva impossibile respirare bene.
Se ne accorsero i due ragazzi che, da lontano, stavano osservando lo spettacolo di devastazione, consapevoli che qualcosa di terribile stava accadendo, proprio laddove si trovava la loro meta.
Hyoga tossì, il fumo si fece strada nei polmoni, ma non si fermò, continuò a correre al fianco di Seiya, un senso di urgenza muoveva i loro passi, un solo pensiero nella testa: Shun e Saori-san potevano essere in pericolo, l’elmo di Sagittarius rischiava di venire sottratto.
Soprattutto una frase, ostinata, dolorosa, rimbalzava di continuo dalla testa ai loro cuori: Shun è da solo… sta combattendo da solo!
“Avremmo dovuto saperlo” pensava soprattutto Hyoga, “non potevano nascondersi a lungo, avremmo dovuto sapere che sarebbero stati in pericolo, che il Santuario li avrebbe trovati. Noi abbiamo messo Shun in pericolo… noi abbiamo lasciato tutto sulle sue spalle… Shun… Shun…”.
Arrivare in tempo… trovarlo vivo…
Hyoga era pura disperazione in quegli istanti, ogni passo corrispondeva a un battito del suo cuore e come il cuore faceva male.
Seiya arrestò di colpo la propria corsa e Hyoga lo imitò.
«Shun…» mormorarono le sue labbra.
«Shun…» gli fece eco Seiya.
Il cosmo di Andromeda si affievoliva, le sue pulsazioni erano sempre più lente, attimo dopo attimo sempre più deboli.
«In fretta!» fu l’angosciato incitamento di Seiya. «Facciamo più in fretta!».
Non c’era bisogno di alcuno stimolo, i passi di Hyoga si riversarono con ancor più foga nel folto della vegetazione.
Aveva appena perso il suo maestro, il suo cuore era a pezzi: perdere Shun avrebbe significato farlo morire del tutto quel cuore, avrebbe significato perdere tutto ciò che ancora lo rendeva vivo.
Correvano da pochi minuti quando un altro cosmo, possente, colmo di rabbia e di esplosiva energia, li bloccò di nuovo sul posto.
Si scambiarono uno sguardo, gli occhi sgranati, le labbra aperte in una muta esclamazione, incapace di sfogarsi in voce: entrambi avevano riconosciuto quel cosmo e quel reciproco sguardo parlava, valeva più di ogni parola:
“Non è possibile, lui è morto! Ma se fosse tornato? Sta giungendo da Shun prima di noi e con quali intenzioni?”.
La corsa sfrenata riprese, ancor più precipitosa se possibile e in loro si alternavano, senza risoluzione, paura e speranza.
Trovare vivi Shun e Saori-san: questa la priorità.
L’elmo…
L’elmo se lo sarebbero ripreso dopo.
“Non fare sciocchezze, Shun” pregava Hyoga dentro di sé, “lascia perdere l’elmo… salvati, pensa alla tua vita… salvati!”.
Formulare quella supplica e sapere che Shun avrebbe fatto tutto il contrario, fu una cosa sola.
Shun non avrebbe mai messo se stesso in cima alla lista o non sarebbe stato Shun.
Proteggere Saori-san e le altre forme di vita presenti nei dintorni, impedire la sottrazione dell’elmo e compiere il proprio dovere di sacro guerriero…
E in fondo, solo molto in fondo, proteggere se stesso… forse…
E quell’altro cosmo così maestoso, pieno di forza distruttiva, cosa significava?
Qual era il senso della sua presenza in quello scontro spaventoso di energie che si stava svolgendo a pochi passi da loro?
Pochi passi…
Ormai pochi passi…
Le fiamme sempre più vicine, il calore che bruciava la pelle, la cortina di fumo sempre più densa che ostruiva la vista e il respiro…
Dovettero serrare le palpebre per parecchi istanti, per riparare gli occhi dalla cenere, abituarsi alla pesantezza di respiro cui la cappa di nebbia li obbligava e infine provarono, lentamente, a raccapezzarsi nel mezzo del caos infernale.
La prima immagine che li colpì fu la casa in fiamme, quasi ridotta in cenere ormai e la prima reazione fu la preghiera mentale che condivisero entrambi:
“Fa che non ci sia più nessuno lì dentro… Shun… Saori-san…”.
Poi, le orecchie ferite dal crepitio assordante provocato dal legno dell’edificio che andava in pezzi e dagli alberi consumati dal fuoco, i loro sguardi vennero attratti da un movimento concitato poco distante. L’esplosione di cosmi faceva pensare a una battaglia in corso, ma le fiammate che sovrastavano ogni cosa, il fumo che oscurava il cielo, impedivano di distinguere i dettagli di ciò che stava accadendo e loro erano ancora troppo distanti.
Avevano ripreso il cammino quando un vortice di fiamme si innalzò come una torre di fuoco verso un cielo che aveva perso tutto il suo azzurro.
Una sagoma scura si stagliò sullo sfondo scarlatto di quel muro di fuoco e, lentamente, assunse connotati sempre più riconoscibili.
Per Seiya e Hyoga fu una conferma e i loro cuori già provati presero a battere come impazziti, il fiato che si mozzò ancor di più nei loro petti.
La figura che avanzava teneva qualcosa tra le braccia… un fardello…
O forse era qualcuno…
Il fardello venne posato con delicatezza alla corteccia di un albero miracolosamente integro e colui che Seiya e Hyoga avevano ormai inequivocabilmente riconosciuto si scagliò contro quelli che, presumibilmente, erano gli assalitori.
 
***

Quando giunsero sul luogo della battaglia tutto era finito, un nemico ucciso, l’altro fuggito e gli sguardi di tutti posati sul guerriero che indossava la cloth della fenice.
«È proprio lui» mormorò Seiya, «è tornato…».
«E… appena in tempo…» aggiunse Hyoga, perché per lui, ciò che più contava era una cosa sola.
Qualcuno era giunto a salvare Shun e c’era quel pizzico fastidioso al cuore che gli sussurrava: non sono stato io, io non sono arrivato in tempo.
Ma Shun era salvo e niente c’era al mondo che più avesse importanza, in quel momento, per Hyoga.
Poi videro Saori-san, sorridente e commossa, l’elmo stretto tra le braccia.
Tutto era a posto dunque… tutto era salvo…
Ikki era tornato e aveva risolto la situazione… laddove tutti loro avevano fallito.
E ora gli si fecero intorno, mentre si inginocchiava accanto al fratello, il cui viso era ancora basso.
La cloth di Andromeda aveva protetto il suo corpo da ustioni troppo gravi, ma a Hyoga fece comunque un male insopportabile vederlo così, sconfitto, debole, la sua pelle solcata da ferite e scottature che risaltavano ancor più sulla sua carnagione d’avorio.
Poi il volto sofferente di Shun si sollevò, i suoi occhi riuscirono ad aprirsi e, subito dopo, increduli e lucidi, più grandi che mai, focalizzarono colui che aveva davanti.
Anche Hyoga, così come Shun, cercò con lo sguardo il viso di Ikki e il suo cuore balzò in gola, perché non credeva di averlo mai visto così bello, così dolce… e così innamorato di quel fratellino che, con il suo dolore, lo aveva richiamato persino dalla morte.
Era felice Hyoga, felice per Shun, per questo piangeva egli stesso, per questo seguì, incantato, il movimento del dito di Ikki, che raccolse una lacrima sulla gota di Shun e poi la disperse nel vento.
Era felice… perché la felicità di Shun era la sua.
Continuò ad esserlo quando Ikki si avvicinò a loro, prese le loro mani tra le proprie, si specchiò nei loro occhi e nelle loro lacrime e in quel momento, in quel sorriso che rivolse a lui, in quelle lacrime che piangeva con lui, Hyoga lesse il suo silenzioso messaggio: grazie per averlo protetto… continuiamo a farlo insieme.
 
 
 
 
   
 
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