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Autore: Eurus91    21/07/2021    1 recensioni
«Guardare prima “La minaccia fantasma non ha senso!”»
Sbottó Jack ad un certo punto della loro conversazione, mentre tamburellava le dita anellate sul volante della sua preziosa GTO, a tempo di una musica che poteva sentire solo lui e si godeva il panorama familiare che scorreva lento.
Scritta in occasione della Whump of July
Day 11 - Accident
Day 20 - Internal bleeding
Genere: Angst, Drammatico, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Guardare prima “La minaccia fantasma non ha senso!”» 

Sbottó Jack ad un certo punto della loro conversazione, mentre tamburellava le dita anellate sul volante della sua preziosa GTO, a tempo di una musica che poteva sentire solo lui e si godeva il panorama familiare che scorreva lento. 

Los Angeles era incredibilmente silenziosa per essere notte fonda.

Mac, sistemato al sedile del passeggero, soffocò a mala pena uno sbadiglio dopo essersi stropicciato un occhio, per poi voltarsi di lato e guardare Jack con un sorriso tirato.

«Ipoteticamente Jack, hai costretto chiunque a guardare Star Wars».

«Dico solo che è un idiozia iniziare dal peggiore di tutti!» 

ripetè Jack, girandosi di lato per dare un’occhiata a Mac che sembrava profondamente esausto, quasi pronto a schiacciare un pisolino sul sedile di pelle chiara.

Profonde occhiaie cerchiavano i suoi occhi e Jack giurò, anche se era buio, che il volto del ragazzo avesse assunto una colorazione più pallida del solito, se mai fosse possibile sul viso già bianco di Mac.

«Possiamo rimandare questa a conversazione a quando il mio cervello la smetterà di sabotarmi? Sono esausto!» Sbottò e questa volta non fece nulla per reprimere lo sbadiglio che gli squarciò la bocca.

La missione era stata una corsa al latte, ma era stata impegnativa e aveva costretto entrambi a stare svegli per quasi due giorni. 

Jack stava quasi per proporre a Mac di provare a dormire anche se mancava poco meno di mezz’ora per raggiungere la Phoenix, quando ci fu un’improvviso schianto. 

Jack fu il primo a tornare alla coscienza. Aveva male un po’ ovunque, ma era vivo, più o meno. C’era qualcosa di confortante nel dolore, se provi dolore non puoi essere morto. Un pensiero macabro quanto consolatorio. Con un gemito, mentre le orecchie ronzavano per il sangue che affluiva con forza, si portò una mano alla fronte dove sentiva un dolore misto a bruciore che chiedeva la sua attenzione, il liquido caldo gli macchiò le dita e lui non potè reprimere la smorfia di disgusto che apparve sulle sua labbra. 

«Mac?» chiamò improvvisamente, spaventato dal silenzio che sentiva.

Mac non era mai silenzioso o tranquillo. Era sempre in movimento; mani che si agitavano frenetiche, anche quando dormiva il ragazzo soffriva di un energia nervosa che gli impediva di riposare sereno.

Il ragazzo giaceva su sedile, la testa che ciondolava sul petto. Sembrava che la cintura di sicurezza avesse fatto il suo lavoro, ma a giudicare dal sangue che scorreva dal sopracciglio la situazione poteva essere peggiore di quanto effettivamente sembrasse.

Cercando di non cedere al panico Jack toccò piano la spalla di Mac attento a non muoverlo o a scuoterlo troppo. 

«Andiamo Mac, potresti aprire quei baby blues per me?» 

Quando Mac non rispose, Jack pensò che effettivamente era arrivato il momento di cedere al panico, stava quasi per supplicare Mac di svegliarsi, quando un bozzolo dentro la tasca attiró la sua attenzione rimettendo le priorità nel giusto ordine.

Chiamare aiuto. 

Doveva per prima cosa chiamare aiuto. 

Lamentandosi un po’ per il dolore che le costole gli inviavano come gentile promemoria del fatto che avesse appena avuto un incidente d’auto estrasse il telefono. La cintura di sicurezza rendeva difficile muoversi così la sganciò . 

La cintura di sicurezza si raccolse nel riavvolgitore con uno schiocco secco; il ragazzo al suo fianco mugugnò infastidito dal rumore, gli occhi si mossero sotto le palpebre chiuse. 

Le dita di Jack rimasero sospese sul display illuminato; tremanti, non ricordando per un attimo il numero di Matty. Era come se fosse lì a portata di mano ma non riuscisse ad afferrarlo. Deglutì a vuoto, cercando di tenere a bada la nausea che ora sembrava travolgerlo.

Fece qualche respiro profondo; dentro e fuori. Quando si fu calmato abbastanza compose il numero del suo capo. 

«Dalton?»

Quando la voce della donna tuonò assonnata dall’altro capo del telefono Jack lasciò andare un sospiro di sollievo che non si era neanche accorto di star trattenendo. 

«Matty. Abbiamo bisogno di aiuto qui.»

La voce di Jack era seria, intervallata da respiri brevi e corti.

Era sull’orlo di un attacco di panico.

Nel silenzio, l’uomo poteva distinguere il rumore di tasti premuti. Probabilmente Matty stava digitando qualcosa sul suo tablet.

«Vuoi dirmi cosa è successo?» 

La voce della donna era calma, ferma, e Jack riconobbe il tentativo per quello che era: un modo per continuare a farlo parlare. Mantenerlo calmo e concentrato.

«Non lo so esattamente…»

Rispose Jack, sospirando sconfitto quando si passò una mano sulla fronte e l’unico risultato che ottenne fu quello di pasticciarsi la fronte ulteriormente con il sangue. 

La sua ferita continuava a sanguinare.

Una vocina nella sua testa, che somigliava spaventosamente a Mac, gli fece notare che doveva occuparsi della ferita. Ma avrebbe dovuto aspettare.

«Ci siamo scontrati con una macchina, credo. Mac è incosciente, Matty…»

«Ho capito Jack, l’aiuto sta arrivando. Tieni d’occhio Mac per me, ok?»

Jack sbuffò mentre nell’auto tornò a regnare il silenzio quando la chiamata si interruppe bruscamente. Chiedergli di occuparsi di Mac era superfluo se non inutile. Per Jack guardare le spalle di Mac era una seconda natura. 

Un po’ come respirare.

Per la seconda volta allungò la mano verso il ragazzo, alla ricerca del suo polso. Era lì, debole ma costante.

Sollevare le palpebre fu impresa titanica per Mac. 

Si sentiva come se qualcuno lo avesse appena picchiato con una mazza da baseball. O come se qualcuno lo avesse infilato in una lavatrice industriale.

«Jack?»

Chiamò, quando finalmente riuscì ad aprire gli occhi, sbattendoli un paio di volte per cercare di adattarli alla semi oscurità. 

«Cosa è successo?» 

Chiese e il suo sguardo vagó un po’ ovunque non riuscendo a concentrarsi su nulla; l’ultima cosa che ricordava erano due luci intense che si avvicinavano pericolosamente e poi il nulla. Istintivamente si portò una mano sulla tempia, cercando di ricordare più dettagli di quello che fosse successo e di alleviare anche il mal di testa che stava aumentando. 

«Un’auto si è scontrata con noi.»

Fu la risposta di Jack, mentre lo osservava con gli occhi ridotti a due fessure e quando Mac fece per aprire la bocca, lui lo anticipò, «Io sto bene hoss, tu piuttosto…»

«bene…»

Si affrettò a dire prima che un qualunque movimento potesse tradirlo, e Jack lo notò. Anche se in realtà si sentiva tutto fuorché “bene”.

Il suo cuore prese ad accelerare senza motivo, mandandogli dei brividi lungo la spina dorsale.

«Ehi hoss, parla con me che succede…»

«Pensando…»

Jack inarcò un sopracciglio, preoccupato, quando le risposte di Mac arrivavano lapidarie.

Certo Mac non era mai stato un tipo molto loquace, tranne quando si trattava di scienza; in quel caso Mac poteva parlare per ore senza stancarsi mai. Tra i due il chiacchierone del duo è sempre stato Jack. 

«Vuoi rendermi partecipe, o dobbiamo giocare a sciarada proprio qui?»

La risposta di Mac fu un’occhiataccia che fece sorridere Jack. Ricadere nel solito scherzo, rendeva le cose più facili. Se entrambi scherzavano le cose non erano poi così gravi.

«Dovresti controllare il conducente dell’altro veicolo.» 

«Non ti lascio solo Mac; l’aiuto sta arrivando e penso che se la sia data a gambe.»

Mac annuì e Jack non potè fare a meno di preoccuparsi. Sentiva una sensazione spiacevole crescere nel suo stomaco rendendolo nervoso e irrequieto; in base alle sue esperienze passate, ed erano tante, Jack aveva imparato a non ignorare quella sensazione.

«La tua GTO è distrutta…»

Disse dopo un po’ Mac. Nell’auto era caduto una specie di silenzio confortevole intervallato soltanto dalle domande di Jack, preoccupato che Mac potesse riaddormentarsi o peggio. Mac dal canto suo aveva provato a slacciarsi la cintura di sicurezza e spostarsi dal sedile, ma non solo era bloccato sul posto, ma muoversi gli procurava un dolore acuto all’addome che voleva assolutamente evitare. 

Il brivido che lo scosse dall’interno, e il freddo che iniziava ad avvertire non preannunciavano niente di buono. Ad un certo punto Mac voleva armeggiare con l’aria condizionata, giusto per essere sicuro non fosse guasta, ma qualcosa nelle sue mani che tremavano lo fece desistere.

Non voleva mandare Jack fuori di testa più di quanto non lo fosse già.

«Questo posso vederlo da solo, Capitan Ovvio…» borbottò l’uomo accarezzando il parabrezza dell’auto, mormorando paroline dolci. Jack sembrava trattare la sua auto come se fosse la sua amante. Una risatina sfuggì dalle labbra di Mac, ma se ne pentì amaramente quando il dolore tornò a tormentarlo. Da intermittente era diventato costante e aumentava di intensità ogni volta che respirava. 

«Mi dispiace per la tua auto…»

La voce di Mac si era affievolita, ed era un ulteriore campanello di allarme che era scattato nella mente di Jack. 

«Non è stata mica colpa tua…» 

Rispose facendo spallucce, continuando a tenere gli occhi piantati sul ragazzo che sembrava improvvisamente sul punto di svenire. 

«Sei sicuro di stare bene? Stai tremando…» 

Mac non si era neanche accorto della mano di Jack che aveva raggiunto il suo collo. 

Improvvisamente sentiva il desiderio di chiudere gli occhi e riposarsi un attimo. 

Era cosi stanco.

Avrebbe tenuto gli occhi chiusi per cinque minuti. Solo cinque minuti.

«Ehi, Ehi Mac…che succede? Rimani sveglio!» 

Questa volta niente impedì a Jack di cedere al panico, quando vide le palpebre del ragazzo abbassarsi pericolosamente. 

«Andiamo ragazzino, non puoi farmi questo…svegliati.»

La voce di Jack, come le sirene che preannunciavano l’avvicinarsi dei soccorsi, divennero un sottofondo mentre Mac scivolava nel buio. 

La prossima volta che Mac aprì, anche se ancora pigri, gli occhi riconobbe le pareti azzurre dell’ ala medica della Fenice. 

Era brutto da dire ma a causa della sua linea di lavoro quel posto gli era familiare quanto casa sua.

Riconosce gli armadi ordinati pieni di medicinali, il bip del cardiofrenquenzimetro e il peso familiare della mano di Jack sulla sua. 

«…Cosi le ho detto se non ti piacciono le costolette di maiale non possiamo essere amici.»

«Jack?» 

La voce di Jack era un balsamo contro la sua confusione e panico che avvertiva ogni volta che si svegliava in ospedale. Si stropicciò un occhio con la mano libera dalla flebo, si sentiva ancora stanco, un po’ fluttuante, ma non ricordava di essere ferito al punto da usare gli antidolorifici.

Ancora una volta intervenne Jack leggendogli nel pensiero, «L’impatto ha causato un trauma che ti ha fatto sanguinare dall’interno…»

«Oh»

«Già, oh. Hai subito un intervento per questo hai la roba buona in circolo…»

Mac annuì, mentre lottava per tenere gli occhi aperti. C’erano un sacco di cose che doveva chiedere a Jack ma al momento non gliene veniva in mente nessuna.

«Torna a dormire Mac. Io sarò qui, come sempre…»

«Guardare prima “La minaccia fantasma non ha senso!”» 

Sbottó Jack ad un certo punto della loro conversazione, mentre tamburellava le dita anellate sul volante della sua preziosa GTO, a tempo di una musica che poteva sentire solo lui e si godeva il panorama familiare che scorreva lento. 

Los Angeles era incredibilmente silenziosa per essere notte fonda.

Mac, sistemato al sedile del passeggero, soffocò a mala pena uno sbadiglio dopo essersi stropicciato un occhio, per poi voltarsi di lato e guardare Jack con un sorriso tirato.

«Ipoteticamente Jack, hai costretto chiunque a guardare Star Wars».

«Dico solo che è un idiozia iniziare dal peggiore di tutti!» 

ripetè Jack, girandosi di lato per dare un’occhiata a Mac che sembrava profondamente esausto, quasi pronto a schiacciare un pisolino sul sedile di pelle chiara.

Profonde occhiaie cerchiavano i suoi occhi e Jack giurò, anche se era buio, che il volto del ragazzo avesse assunto una colorazione più pallida del solito, se mai fosse possibile sul viso già bianco di Mac.

«Possiamo rimandare questa a conversazione a quando il mio cervello la smetterà di sabotarmi? Sono esausto!» Sbottò e questa volta non fece nulla per reprimere lo sbadiglio che gli squarciò la bocca.

La missione era stata una corsa al latte, ma era stata impegnativa e aveva costretto entrambi a stare svegli per quasi due giorni. 

Jack stava quasi per proporre a Mac di provare a dormire anche se mancava poco meno di mezz’ora per raggiungere la Phoenix, quando ci fu un’improvviso schianto. 

Jack fu il primo a tornare alla coscienza. Aveva male un po’ ovunque, ma era vivo, più o meno. C’era qualcosa di confortante nel dolore, se provi dolore non puoi essere morto. Un pensiero macabro quanto consolatorio. Con un gemito, mentre le orecchie ronzavano per il sangue che affluiva con forza, si portò una mano alla fronte dove sentiva un dolore misto a bruciore che chiedeva la sua attenzione, il liquido caldo gli macchiò le dita e lui non potè reprimere la smorfia di disgusto che apparve sulle sua labbra. 

«Mac?» chiamò improvvisamente, spaventato dal silenzio che sentiva.

Mac non era mai silenzioso o tranquillo. Era sempre in movimento; mani che si agitavano frenetiche, anche quando dormiva il ragazzo soffriva di un energia nervosa che gli impediva di riposare sereno.

Il ragazzo giaceva su sedile, la testa che ciondolava sul petto. Sembrava che la cintura di sicurezza avesse fatto il suo lavoro, ma a giudicare dal sangue che scorreva dal sopracciglio la situazione poteva essere peggiore di quanto effettivamente sembrasse.

Cercando di non cedere al panico Jack toccò piano la spalla di Mac attento a non muoverlo o a scuoterlo troppo. 

«Andiamo Mac, potresti aprire quei baby blues per me?» 

Quando Mac non rispose, Jack pensò che effettivamente era arrivato il momento di cedere al panico, stava quasi per supplicare Mac di svegliarsi, quando un bozzolo dentro la tasca attiró la sua attenzione rimettendo le priorità nel giusto ordine.

Chiamare aiuto. 

Doveva per prima cosa chiamare aiuto. 

Lamentandosi un po’ per il dolore che le costole gli inviavano come gentile promemoria del fatto che avesse appena avuto un incidente d’auto estrasse il telefono. La cintura di sicurezza rendeva difficile muoversi così la sganciò . 

La cintura di sicurezza si raccolse nel riavvolgitore con uno schiocco secco; il ragazzo al suo fianco mugugnò infastidito dal rumore, gli occhi si mossero sotto le palpebre chiuse. 

Le dita di Jack rimasero sospese sul display illuminato; tremanti, non ricordando per un attimo il numero di Matty. Era come se fosse lì a portata di mano ma non riuscisse ad afferrarlo. Deglutì a vuoto, cercando di tenere a bada la nausea che ora sembrava travolgerlo.

Fece qualche respiro profondo; dentro e fuori. Quando si fu calmato abbastanza compose il numero del suo capo. 

«Dalton?»

Quando la voce della donna tuonò assonnata dall’altro capo del telefono Jack lasciò andare un sospiro di sollievo che non si era neanche accorto di star trattenendo. 

«Matty. Abbiamo bisogno di aiuto qui.»

La voce di Jack era seria, intervallata da respiri brevi e corti.

Era sull’orlo di un attacco di panico.

Nel silenzio, l’uomo poteva distinguere il rumore di tasti premuti. Probabilmente Matty stava digitando qualcosa sul suo tablet.

«Vuoi dirmi cosa è successo?» 

La voce della donna era calma, ferma, e Jack riconobbe il tentativo per quello che era: un modo per continuare a farlo parlare. Mantenerlo calmo e concentrato.

«Non lo so esattamente…»

Rispose Jack, sospirando sconfitto quando si passò una mano sulla fronte e l’unico risultato che ottenne fu quello di pasticciarsi la fronte ulteriormente con il sangue. 

La sua ferita continuava a sanguinare.

Una vocina nella sua testa, che somigliava spaventosamente a Mac, gli fece notare che doveva occuparsi della ferita. Ma avrebbe dovuto aspettare.

«Ci siamo scontrati con una macchina, credo. Mac è incosciente, Matty…»

«Ho capito Jack, l’aiuto sta arrivando. Tieni d’occhio Mac per me, ok?»

Jack sbuffò mentre nell’auto tornò a regnare il silenzio quando la chiamata si interruppe bruscamente. Chiedergli di occuparsi di Mac era superfluo se non inutile. Per Jack guardare le spalle di Mac era una seconda natura. 

Un po’ come respirare.

Per la seconda volta allungò la mano verso il ragazzo, alla ricerca del suo polso. Era lì, debole ma costante.

Sollevare le palpebre fu impresa titanica per Mac. 

Si sentiva come se qualcuno lo avesse appena picchiato con una mazza da baseball. O come se qualcuno lo avesse infilato in una lavatrice industriale.

«Jack?»

Chiamò, quando finalmente riuscì ad aprire gli occhi, sbattendoli un paio di volte per cercare di adattarli alla semi oscurità. 

«Cosa è successo?» 

Chiese e il suo sguardo vagó un po’ ovunque non riuscendo a concentrarsi su nulla; l’ultima cosa che ricordava erano due luci intense che si avvicinavano pericolosamente e poi il nulla. Istintivamente si portò una mano sulla tempia, cercando di ricordare più dettagli di quello che fosse successo e di alleviare anche il mal di testa che stava aumentando. 

«Un’auto si è scontrata con noi.»

Fu la risposta di Jack, mentre lo osservava con gli occhi ridotti a due fessure e quando Mac fece per aprire la bocca, lui lo anticipò, «Io sto bene hoss, tu piuttosto…»

«bene…»

Si affrettò a dire prima che un qualunque movimento potesse tradirlo, e Jack lo notò. Anche se in realtà si sentiva tutto fuorché “bene”.

Il suo cuore prese ad accelerare senza motivo, mandandogli dei brividi lungo la spina dorsale.

«Ehi hoss, parla con me che succede…»

«Pensando…»

Jack inarcò un sopracciglio, preoccupato, quando le risposte di Mac arrivavano lapidarie.

Certo Mac non era mai stato un tipo molto loquace, tranne quando si trattava di scienza; in quel caso Mac poteva parlare per ore senza stancarsi mai. Tra i due il chiacchierone del duo è sempre stato Jack. 

«Vuoi rendermi partecipe, o dobbiamo giocare a sciarada proprio qui?»

La risposta di Mac fu un’occhiataccia che fece sorridere Jack. Ricadere nel solito scherzo, rendeva le cose più facili. Se entrambi scherzavano le cose non erano poi così gravi.

«Dovresti controllare il conducente dell’altro veicolo.» 

«Non ti lascio solo Mac; l’aiuto sta arrivando e penso che se la sia data a gambe.»

Mac annuì e Jack non potè fare a meno di preoccuparsi. Sentiva una sensazione spiacevole crescere nel suo stomaco rendendolo nervoso e irrequieto; in base alle sue esperienze passate, ed erano tante, Jack aveva imparato a non ignorare quella sensazione.

«La tua GTO è distrutta…»

Disse dopo un po’ Mac. Nell’auto era caduto una specie di silenzio confortevole intervallato soltanto dalle domande di Jack, preoccupato che Mac potesse riaddormentarsi o peggio. Mac dal canto suo aveva provato a slacciarsi la cintura di sicurezza e spostarsi dal sedile, ma non solo era bloccato sul posto, ma muoversi gli procurava un dolore acuto all’addome che voleva assolutamente evitare. 

Il brivido che lo scosse dall’interno, e il freddo che iniziava ad avvertire non preannunciavano niente di buono. Ad un certo punto Mac voleva armeggiare con l’aria condizionata, giusto per essere sicuro non fosse guasta, ma qualcosa nelle sue mani che tremavano lo fece desistere.

Non voleva mandare Jack fuori di testa più di quanto non lo fosse già.

«Questo posso vederlo da solo, Capitan Ovvio…» borbottò l’uomo accarezzando il parabrezza dell’auto, mormorando paroline dolci. Jack sembrava trattare la sua auto come se fosse la sua amante. Una risatina sfuggì dalle labbra di Mac, ma se ne pentì amaramente quando il dolore tornò a tormentarlo. Da intermittente era diventato costante e aumentava di intensità ogni volta che respirava. 

«Mi dispiace per la tua auto…»

La voce di Mac si era affievolita, ed era un ulteriore campanello di allarme che era scattato nella mente di Jack. 

«Non è stata mica colpa tua…» 

Rispose facendo spallucce, continuando a tenere gli occhi piantati sul ragazzo che sembrava improvvisamente sul punto di svenire. 

«Sei sicuro di stare bene? Stai tremando…» 

Mac non si era neanche accorto della mano di Jack che aveva raggiunto il suo collo. 

Improvvisamente sentiva il desiderio di chiudere gli occhi e riposarsi un attimo. 

Era cosi stanco.

Avrebbe tenuto gli occhi chiusi per cinque minuti. Solo cinque minuti.

«Ehi, Ehi Mac…che succede? Rimani sveglio!» 

Questa volta niente impedì a Jack di cedere al panico, quando vide le palpebre del ragazzo abbassarsi pericolosamente. 

«Andiamo ragazzino, non puoi farmi questo…svegliati.»

La voce di Jack, come le sirene che preannunciavano l’avvicinarsi dei soccorsi, divennero un sottofondo mentre Mac scivolava nel buio. 

La prossima volta che Mac aprì, anche se ancora pigri, gli occhi riconobbe le pareti azzurre dell’ ala medica della Fenice. 

Era brutto da dire ma a causa della sua linea di lavoro quel posto gli era familiare quanto casa sua.

Riconosce gli armadi ordinati pieni di medicinali, il bip del cardiofrenquenzimetro e il peso familiare della mano di Jack sulla sua. 

«…Cosi le ho detto se non ti piacciono le costolette di maiale non possiamo essere amici.»

«Jack?» 

La voce di Jack era un balsamo contro la sua confusione e panico che avvertiva ogni volta che si svegliava in ospedale. Si stropicciò un occhio con la mano libera dalla flebo, si sentiva ancora stanco, un po’ fluttuante, ma non ricordava di essere ferito al punto da usare gli antidolorifici.

Ancora una volta intervenne Jack leggendogli nel pensiero, «L’impatto ha causato un trauma che ti ha fatto sanguinare dall’interno…»

«Oh»

«Già, oh. Hai subito un intervento per questo hai la roba buona in circolo…»

Mac annuì, mentre lottava per tenere gli occhi aperti. C’erano un sacco di cose che doveva chiedere a Jack ma al momento non gliene veniva in mente nessuna.

«Torna a dormire Mac. Io sarò qui, come sempre…»

   
 
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