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Autore: I_love_villains    26/07/2021    0 recensioni
Raccolta di racconti horror. Spero di riuscire a provocarvi qualche brivido.
Genere: Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia non l'ho scritta io, ma Becky313 (grazie ancora <3). Si doveva cercare un Ghostwriter che scrivesse per noi un racconto di max 1500 parole con questo incipit, tratto dal romanzo Cuore di tenebra di Joseph Conrad: non c'è niente di misterioso per un marinaio se non il mare stesso, che è padrone della sua esistenza e imperscrutabile come il destino.


"Non c'è niente di misterioso per un marinaio se non il mare stesso, che è padrone della sua esistenza e imperscrutabile come il destino."
Il cielo era di un blu scuro che sfociava quasi nel nero, mentre la luna era come una fiamma bianca nel mezzo di una stanza buia e oscura, che donava luce e speranza ai marinai che erano abbastanza coraggiosi da navigare nell'oscurità della notte, tra le onde quasi infuocate di energia che colpivano la nave, come schiaffeggiandola in una vana prova di far riconoscere la propria stupidità ai marinai che avevano osato entrare in un territorio così sconosciuto di loro volontà. Il capitano prese un respiro profondo, non permettendo nemmeno per un istante alla sua mano destra di lasciare la presa stretta che aveva sulla pistola: lo sentiva, come sentiva le onde farsi sempre più violente, il rimorso e la paura farsi sempre più forti dentro di sé. Era stata una sua decisione dopotutto, una decisione da capitano, quella di dirigersi verso acque sconosciute in cerca del famoso tesoro: Il cuore di Egyn, denominato così per via delle leggende passate da marinaio a marinaio, di porto in porto, fino a raggiungerli, che svelavano la storia di un grande tesoro composto da oro e gemme preziose. Tale tesoro però era protetto da un forte demone e chiunque avesse osato annche solo addentrarsi in quelle acque, sarebbe stato colpito da una potente e malvagia maledizione. Naturalmente lui, da uomo adulto qual era, non aveva creduto a nessuna di quelle dicerie; "Infantili", le aveva giudicate, ignorando tutti gli avvertimenti datogli da un vecchietto residente sull'isola più vicina alle acque maledette. Gli era parso ragionevole non ascoltare le grida chiaramente senza senso del vecchio, urlate al primo che passava, riguardanti demoni, sirene mangia-uomini e possessioni. Come se fosse così inesperto da credere a balle simili! Erano pirati, per amor del cielo!
Solo adesso capiva quanto era stato stupido, spalla a spalla con il più giovane dei suoi mozzi: un ragazzino dai capelli scuri come il legno della sua amata nave, ormai pericolosamente danneggiata, ad un passo dall'affondare, e gli occhi dello stesso colore; l'unico sopravvissuto a parte egli stesso. Riusciva a percepire le spalle del ragazzo tremare e il suo respiro farsi sempre più pesante per il panico. Era consapevole del terrore del ragazzo, dato che lo stesso terrore lo stava provando anche lui, come un peso alle budella che gli impediva di muoversi, inchiodato al posto in cui si trovava, ma allo stesso tempo lo faceva tremare come una foglia al vento mentre gocce di sudore freddo gli scivolavano giù per il mento e sul collo. Riflettendoci, in quel momento, non sapeva esattamente di cosa avesse paura, dato che lui stesso non aveva realmente capito cosa fosse successo. Ricordava di essere stato svegliato, nel bel mezzo della notte, dall'urlo terrorizzato del suo navigatore, che era di guardia, e che anche se i suoi riflessi erano migliorati col passare degli anni, non erano serviti a farlo arrivare sul ponte in tempo, ma erano stati sufficienti per permettergli di vedere il suo più caro e vecchio degli amici precipitare dal punto più alto di vedetta e schiantarsi contro il ponte, proprio di fronte a lui, con un suono raccapricciante, molto simile al rumore che aveva sentito solo poche ore prima, quando il ragazzo aveva per sbaglio spezzato in due delle assi di legno che stavano trasportando per aggiustare una delle porte, che aveva ceduto.
Dovette trattenere i conati di vomito, portandosi una mano alla bocca, quando realizzò che quel rumore era dovuto all'incontro tra il legno del ponte e le ossa del marinaio, mentre una pozza di liquido rosso scuro proveniente dalle viscere del navigatore si spargeva attorno al corpo ormai privo di vita, torto in una posizione innaturale.
Dopo quel funesto evento, i ricordi del capitano erano un po' confusi, probabilmente per lo shock di vedere il suo stesso fratello, suo vice, saltare giù sul ponte con un salto sovrumano dal punto di vedetta, per poi atterrare con grazia proprio di fronte a lui, con sul viso un ghigno così grande da essere tutto tranne che umano. Pensare che tutto ciò era successo non meno di dieci minuti prima lo faceva sentire ancora peggio. Suo fratello non avrebbe mai potuto ferire qualcuno, figurarsi uccidere qualcuno a sangue freddo, come aveva fatto, e come aveva continuato a fare, finendo il resto della ciurma con facilità, come il più esperto dei serial killer.
E fu così che rimasero solo lui e il mozzo, per qualche grande miracolo di Dio stesso.
All'improvviso, la risata del fratello, che oramai non era più in sé, servì a destare l'uomo dai propri pensieri: una risata di pura malvagità si espandeva per il ponte imbrattato dal sangue dei corpi che non molto tempo prima erano stati i suoi fedeli compagni di ciurma. Il colpevole di quel massacro... il suo adorato fratellino, che aveva giurato di proteggere con la sua stessa vita. Si mise subito sull'attenti, parandosi davanti al ragazzo per difenderlo. Ormai l'aveva capito: quella cosa non era il suo fratellino. Aveva la stessa faccia e lo stesso corpo, ma non era lui. La risata della cosa si faceva sempre più potente, come anche i tremiti del capitano, dovuti non alla paura, bensì alla rabbia, che stava per prendere il sopravvento. Tuttavia, prima che avesse il tempo di assecondare tale sentimento, la cosa urlò a squarciagola, trattenendo a stento le risate: "Ah! L'ho fatto! L'ho fatto! Li ho uccisi, mio signore! L'ho fatto!" Abbassò la voce fin quasi a un sussurro. "Li ho uccisi, mio signore... quindi la prego... mi lasci riposare... la prego ...".
Il capitano spalancò gli occhi nel constatare che la cosa con le sembianze del fratello stesse piangendo, ma non ebbe il tempo di reagire, dato che venne interrotto da una voce soave che non aveva mai udito prima: "Di già? Guarda che ne è rimasto un altro, ed io ho ancora così tanta fame...". Di scatto, il capitano si girò verso il giovane mozzo con cui era stato spalla contro spalla fino a qualche secondo prima, per poi ritrovarsi a fissare dritto in due occhi rosso cremisi, parzialmente coperti da capeli di un'innaturale sfumatura del colore del mare durante una bella giornata di sole. Il terrore lo attanagliò di nuovo e lo spinse a fare un passo indietro: tutto il suo corpo che gli urlava di allontanarsi dall'imminente pericolo.
"Eh? Adesso mi guardi così?" gli rivolse la parola il demone, con voce e viso completamente indifferenti, come se tutto quello fosse perfettamente normale per lui, una semplice attività quotidiana. "Guarda che è stata tutta colpa tua. Non hai ascoltato gli avvertimenti, eh? Nessuno lo fa mai, quindi... diventate il mio pasto" concluse con calma l'essere, voltandosi poi verso il suo burattino.
"Cos-", "Padron Egyn-", parlarono contemporaneamente i due fratelli, ma furono interrotti dal ragazzo chiaramente non umano. "Uccidilo" ordinò semplicemente, e queste furono le ultime parole che il capitano sentì, prima di venire brutalmente attaccato dal corpo del fratellino, che lo uccise afferrandogli la testa fino a staccargliela con forza sovrumana. Tutto divenne scuro, e l'unica cosa ad accompagnarlo verso il vuoto fu il rumore di un tonfo e delle onde che fin da sempre erano state lì, ad indicargli cosa fare e come vivere la propria vita e come la loro misteriosità lo aveva raggiunto perfino in quel momento, accompagnandolo nell'oblio.
   
 
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