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Autore: Dalybook04    28/07/2021    0 recensioni
Il vasto impero dei Vargas un tempo si estendeva su metà del globo. L'intero Westeros, da Grande Inverno al mare, era proprietà di un unico uomo.
Romolo Augusto Vargas. Un re che, con le sue forze e la sua intelligenza, era riuscito ad assogettare tutto il mondo conosciuto, ad eccezione giusto della sconfinata Essos.
Un uomo che poi era stato brutalmente ucciso dal suo stesso amante, insieme a tutta la sua famiglia.
Tutta la sua famiglia, tranne due bambini, che furono portati via, lontano, dove neanche il loro nonno grande e forte era riuscito ad avventurarsi.
Ora il maggiore dei due fratelli si ritrovava sulle sue spalle di giovane uomo appena sedicenne il compito di riprendersi ciò che era suo. E per farlo doveva fare dei sacrifici.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Inghilterra/Arthur Kirkland, Nord Italia/Feliciano Vargas, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Feliciano non riusciva a dormire. Ogni volta che chiudeva gli occhi, quell'ululato devastante gli tornava nelle orecchie, come la più macabra delle ninne nanne, e si ricordava di chi aveva perso.
Non voleva piangere, non voleva soffrire. Il dolore che lo attendeva di lì a un istante era così devastante, così puro ed enorme, che non se lo poteva permettere.
Aveva bisogno di distrarsi, di non pensare, di togliersi quell'ululato dalle orecchie, e tutto quel suo evitare il dolore lo stava rendendo apatico da far schifo, e voleva ritornare a sentire qualcosa così disperatamente che era disposto a tutto, tranne che ad avvicinarsi a quel precipizio oltre il quale c'era solo dolore.
Così si alzò dal suo letto, si vestì rapidamente, fece attenzione a non svegliare Venezia, l'unica lupa rimasta con lui, e uscì dalla tenda per andare da Ludwig.

Ludwig che dormiva era così carino che era un peccato svegliarlo, ma a Feli non importava più di niente. Si infilò nel letto con lui e gli scosse la spalla -Ludwig? Ludwig, svegliati.
Il biondo mugugnò qualcosa e riaprì gli occhi. Quando lo mise a fuoco nel buio, la sua espressione si intenerì.
-Feli, è successo qualcosa?- si mise ad accarezzargli la guancia, dolcemente -non riesci a dormire?
Feliciano scosse la testa e si strinse a lui, nascondendo il viso contro il suo petto. Lì, al caldo e al sicuro, il ragazzino era a tanto così dal piangere.
No, si disse. Devo distrarmi.
Così sollevò il viso e lo baciò, spingendolo per farlo sdraiare sulla schiena e salendogli sopra senza troppi complimenti.
-che fai?- Ludwig gli posò una mano sulla bocca per farlo stare fermo. Gli scostò una ciocca di capelli dal viso -hai avuto una giornata pesante, dovresti dormire.
-no- scosse la testa, con gli occhi lucidi. Gli tremava la voce -ogni volta che chiudo gli occhi li risento. Non voglio dormire, non voglio pensare- tornò a baciarlo con forza, disperato -ti prego, aiutami a non pensare. Se penso...- gli morì la voce -se penso crollo.
Ludwig sospirò, accarezzandogli lentamente la schiena -va bene- gli infilò le mani nei pantaloni e glieli sfilò del tutto, sporgendosi a baciarlo sul collo. Feliciano mugolò, contrariato. Ancora riusciva a pensare, e lui non voleva pensare, non voleva sentire nient'altro che Ludwig, perché tutto il resto era dolore e solo dolore.
-di più- mormorò, andando a togliergli i pantaloni. Sospirò contro le sue labbra -voglio di più.
-Feli...- cercò di farlo ragionare, di calmarlo, ma il moro non voleva ragionare, non voleva calmarsi, voleva il piacere, voleva un dolore abbastanza forte da far tacere il resto per un po'.
-no- gli si sedette in grembo, togliendosi la maglia e lanciandola chissà dove. Torno a baciarlo -lo voglio. Per favore.
Ludwig sospirò, Feliciano ormai conosceva quel tono abbastanza da sapere che stava per cedere -sei sicuro?
-sì.
-sei sconvolto, non mi sembra il caso di...
-per favore- stava per piangere -ho bisogno di... di una cosa bella. Sta andando tutto male e... e ho bisogno di qualcosa di buono- una lacrima gli scivolò sulla guancia -ho bisogno di te. Sei... sei tutto quello che mi è rimasto.
E a quel punto Ludwig non riuscì più a dir di no, anche perché dai, in fondo era umano anche lui. Sfido chiunque a resistere con il ragazzo dei tuoi sogni implorante e completamente nudo addosso a te.
Feliciano per poco non pianse dal sollievo, baciando il biondo con tutta la disperazione del mondo. Sì, era quello che voleva. Tanto, troppo per pensare, per ragionare, solo un miscuglio di piacere e dolore così intenso da rendere impossibile distinguerli l'uno dall'altro. Ne voleva di più, di più, sempre di più, voleva annullarsi completamente, smettere di esistere se non in funzione di Ludwig, perché se non esisteva non doveva soffrire, se nella sua vita c'era solo Ludwig doveva preoccuparsi soltanto di lui, che non lo avrebbe mai fatto cadere nel vuoto. Forte, saldo, sicuro com'era, non avrebbe neanche fatto fatica a tenerlo su, l'avrebbe sostenuto e tenuto lontano da lì.
-ti amo- gli sussurrò, gemendo leggermente. Lo baciò -ti amo.
Ludwig lo strinse forte, facendolo sorridere. Era al sicuro, ora. Ludwig non lo avrebbe mai lasciato cadere.

Antonio non aveva dormito, questo era chiaro a tutti lì dentro. Aveva due occhiaie enormi, gli occhi iniettati di sangue, l'espressione stravolta.
Se Ludwig non fosse stato preoccupato per Feliciano, si sarebbe impensierito per la condizione del capotribù, ma era semplicemente troppo entusiasta ed esausto a causa della notte precedente per pensare coerentemente.
-le navi dal nord stanno arrivando- disse solo, gli era arrivata la risposta quel giorno.
Antonio annuì -il bastardo dov'è?
Fu Francis, anche lui con due occhiaie enormi, a rispondere -delle spie l'hanno visto dirigersi al porto più vicino insieme al fratello. È lì che hanno la loro flotta e parte dell'esercito. Di Lovino...- non concluse la frase, ma era chiaro il concetto. "Di Lovino nessuna traccia". Antonio aveva la faccia di uno che aveva appena ricevuto un pugno nello stomaco, ma annuì. Feliciano appoggiò la testa alla spalla del suo ragazzo e chiuse gli occhi, sforzandosi di non tremare. Ludwig lo strinse, cercando di confortarlo il più possibile.
-raggiungiamoli. Le nostre navi attraccheranno vicino al porto e noi saliremo lì. Li distruggeremo- ringhiò Antonio -e poi prenderemo noi il potere. È quello che avrebbe voluto Lovino.
Lo so cosa state pensando.
"No, razza di deficiente, non è quello che Lovino vuole!"
Peccato che Antonio non fosse propriamente in grado di ragionare lucidamente in quel momento, penso lo abbiate notato.
Soffriva. Semplicemente soffriva e aveva paura di cosa ci sarebbe stato di lì in avanti. Era spaventato all'idea di andare avanti, non sapeva cosa fare, non capiva cosa, come tutto fosse andato a puttane in così poco tempo. Aveva visto Lovino lì, in quella sala, smettere di ballare e guardarlo con occhi luminosi, speranzoso, credendo in lui, credendo che lo avrebbe salvato, che tutto sarebbe andato bene di lì in poi. E invece lo aveva deluso: lo avevano preso senza che lui potesse fare qualcosa e lo avevano portato via, lontano da lui. Chissà che gli avevano fatto, chissà se aveva sofferto. E, come ogni persona che soffre, Antonio era alla ricerca disperata di un colpevole. Ricerca già conclusa, in realtà: la colpa era di Arthur, non ci voleva un genio a capirlo. Che poi la realtà fosse diversa era irrilevante: aveva bisogno di convincersene, e quindi per lui era così.
Non sapeva quanto tutto quello gli si sarebbe ritorto contro.

Feliciano si sdraiò a letto, tirandosi addosso Ludwig e baciandolo a bocca aperta. Ti voglio di nuovo.

E dimmi le tue verità

Lo baciò con più foga, spogliandolo in fretta e furia. Basta, basta, non voglio sentirti più.

Coraline, Coraline 
E dimmi le tue verità   
Coraline, Coraline    

Quella vecchia ballata gliela cantava sempre Lovino quando erano bambini e il più piccolo non riusciva a dormire. Trovava qualcosa di rassicurante nella storia di quella fanciulla, ma più probabilmente trovava conforto nel tono di Lovino mentre cantava.

Coraline bella come il sole       
Guerriera dal cuore zelante         
Capelli come rose rosse           
Preziosi quei fili di rame amore portali da me             

Baciò con ancora più foga Ludwig, disperato. Basta basta basta non voglio sentire non voglio pensare non voglio piangere di nuovo

Se senti campane cantare               
Vedrai Coraline che piange                 
Che prende il dolore degli altri                   
E poi lo porta dentro lei                     

Ludwig si allontanò da lui e lo guardò, preoccupato. Gli scostò una ciocca di capelli dal viso, dolcemente, e Feli per poco non urlò per la frustrazione. Non voleva la dolcezza, voleva essere sbattuto come se non ci fosse un domani, non voleva più sentire, piangere, urlare. Voleva solo il brivido del sesso, il dolore e il piacere dell'amplesso, così forti e soffocanti da coprire ogni cosa.

Però lei sa la verità                     
Non è per tutti andare avanti                   
Con il cuore che è diviso in due metà                 

-sei sicuro di stare bene?
No, pensò. Non so bene. Non sto bene, mi è appena morto il fratello, e se tu ora non mi scopi abbastanza bene da farmi stare per un po' tranquillo senza pensarci e poi dormire senza incubi, penso che impazzirò del tutto.
Ma spiegarglielo avrebbe chiesto dirlo. Dirlo avrebbe significato ammettere che Lovino era morto. Ammettere che Lovino era morto avrebbe significato pensarci. Pensarci avrebbe significato piangere per quello. E piangere per quello era qualcosa che Feliciano non poteva più sopportare.
Quindi lo baciò e basta, allargando le gambe intorno a lui per prepararsi meglio ad accorglielo dentro di sé.
-sì- mormorò -sto benissimo- andò a togliergli i pantaloni. Aveva un bisogno così disperato di lui che si faceva quasi schifo, ma quella era l'alternativa migliore che aveva per trovare un po' di pace. Le altre erano alcool e oppio.

È freddo già               

Sospirò contro la spalla di Ludwig, cercando di respirare.

È una bambina però sente            
Come un peso e prima o poi si spezzerà           
La gente dirà: "Non vale niente"         

Non voglio sentire. Non voglio sentire. Non voglio sentire.

Non riesce neanche a uscire da una misera porta       
Ma un giorno, una volta lei ci riuscirà     

Si concentrò su Ludwig, sulla sensazione di essere una cosa sola con lui, sul battito del suo cuore contro il suo. Di più.

E ho detto a Coraline che può crescere   

Si ritrovò a implorarlo, dapprima a bassa voce, poi sempre più forte. Falli tacere.

Prendere le sue cose e poi partire 

Quando sentì l'orgasmo avvicinarsi per poco non tirò un sospiro di sollievo. Finalmente un po' di pace.

Ma Coraline non vuole mangiare

Sì Coraline vorrebbe sparire

Silenzio.
Finalmente.
Non ci mise molto ad addormentarsi.

...
Coraline, bella come il sole
Ha perso il frutto del suo ventre
Non ha conosciuto l'amore
Ha un padre che di padre è niente
Le han detto in città c'è un castello
Con mura talmente potenti
Che se ci vai a vivere dentro
Non potrà colpirti più niente
Non potrà colpirti più niente
...

Sognò una ninna nanna, ma non era suo fratello a cantarla questa volta.
Mamma...
"Piccolo mio, perché piangi?"
Non sto piangendo. Sono grande, non posso più farlo.
Poi mamma sorride e non riesce più a pensare come un adulto. Essere bambino è stupendo, è tutto così semplice.
"Che ne dici se ti racconto una storia? Magari così riuscirai a dormire"
Vorrebbe annuire, ma è solo un infante tra le braccia della mamma.
"C'era una volta una mamma lupa con due adorabili cucciolini"
"La mamma lupa amava tanto i suoi lupetti e avrebbe dato la vita per proteggerli, come qualsiasi mamma farebbe per i suoi piccoli"
"Un giorno, però, dei cacciatori tanto cattivi rapirono i due cuccioli, lasciando la mamma da sola"
"La lupa si disperò, cercò i suoi piccoli ovunque e pianse, pianse tantissimo"
Mamma aumenta il suo sorriso, accarezzandogli la testolina e la guancia paffuta.
"Ma alla fine riuscì a ritrovare i suoi bambini, e rimase con loro per sempre"
Gli bacia la guancia paffuta.
"Allo stesso modo io resterò sempre vicino a te e a tuo fratello, piccolo mio. E vi ritroverò, se dei cacciatori ci separeranno. Te lo prometto"

"Lovi, Lovi. Cosa ti ha fatto fare il nonno?"
"Cose da grandi" suo fratello gli tiene la mano, sono due bambini. Lovino è alto, molto più alto di lui, stanno andando verso la sala del trono, che è ancora più alta di Lovino e persino più alta del nonno.
"E anch'io farò quelle cose da grandi?"
Lovino sembra orgoglioso di sé "no. Sono io l'erede"
"E allora io cosa farò?"
"Quello che vuoi"
Quello che voglio. Era questo il prezzo da pagare per essere l'erede? Poter fare di tutto, avere il potere di fare quello che si voleva della vita degli altri, ma non della propria?
"Se potessi scegliere cosa fare, che cosa faresti?"
"L'imperatore. Questo è quello che sono e quello che sarò"
"Ma se..."
"Basta, Feli" c'è del dolore nella sua voce, troppo per un bambino di cinque anni. La consapevolezza che i suoi sogni non si sarebbero avverati completamente, se non quelli riguardanti una politica e un potere che ancora non capiva, che era troppo piccolo per capire.
"Ti voglio bene, fratellone" Grazie, vorrebbe dirgli. Grazie di prenderti questo peso al posto mio. Però sapeva bene, conosceva il temperamento di suo fratello e di suo nonno, che se lo avesse detto ad alta voce Lovino avrebbe negato e avrebbe chiuso la conversazione in malo modo. Detto così, in modo più indiretto, andava bene.
Lovino gli stringe la mano. Sta sorridendo "su, sbrighiamoci, al nonno non piacciono i ritardatari e mamma sarà preoccupata"

Ha la febbre, una febbre terribile. Il piccolo Feli è bloccato a letto da giorni, con un panno bagnato in fronte e la sua mamma accanto che gli racconta tutte le favole che conosce e prega tutti gli dei affinché il suo piccolo si riprenda il prima possibile.
Suo fratello gli tiene la mano, lo osserva in silenzio, non dice niente, sembra quasi che non osi fiatare.
Feliciano cercò di svegliarsi, sia quello piccolo che quello grande, ma senza risultato.
Sente delle voci, dei rumori, non capisce cosa siano. Voci, che dicono?
Ho caldo, ho freddo, cos'ho sulla fronte? Sono stanco, voglio dormire, ho bisogno di un bagno, sono tutto sudato.
Ulula. Chi è che ulula, perché ulula?
Apro gli occhi.
Foresta, fiumi, la luce nel sole dritta negli occhi. Sono sdraiato, sono in piedi.
Due lupi lottano, due lupi identici. Feliciano sente che sono in parità.
Si voltano verso di lui e il ragazzo ha un brivido.
Hanno entrambi gli occhi di Lovino.


 

   
 
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