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Autore: moira78    30/07/2021    4 recensioni
Candy e Albert si conoscono da sempre e, da sempre, un filo invisibile li lega. Ma la strada che li porterà a venire a patti con i propri sentimenti e a conquistare la felicità sembra essere infinita e colma di ostacoli...
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annie Brighton, Archibald Cornwell, Candice White Andrew (Candy), Terrence Granchester, William Albert Andrew
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Albert fissò il piatto con un'espressione di disgusto.

Cercò di ricordare quando vagabondava e gli capitava di saltare anche più di un pasto, prima di poter lavorare per procurarselo oppure usare parte dei soldi che aveva per comprare solo un sandwich. E ricordò quel sandwich, che un giorno aveva diviso con Candy chiedendole di condividere tutto, anche i suoi problemi.

Candy. Possibile che nel tuo inconscio tu mi incolpi davvero di quello che ti è accaduto e... che è accaduto ad Anthony, anche se non ricordi tutta la dinamica?

Giocò con la forchetta rompendo il rosso delle due uova che gli avevano riservato quella mattina, chiedendosi se quella intorno fosse davvero pancetta o qualche altro tipo di carne mal conservata: il colore e l'odore non erano certo invitanti, ma Albert sapeva che c'era qualcosa che non andava in lui.

E non si trattava solo della ferita che era ormai quasi del tutto rimarginata sulla sua gamba e di quelle nella sua anima.

Era da quando Candy si trovava in coma in ospedale che le sue abitudini alimentari erano diventate disordinate e inadeguate allo stile di vita che conduceva. Con il dottor Carter avevano parlato soprattutto di Candy e degli eventi importanti che avevano caratterizzato la sua vita, incluso l'incontro con Terence.

Ma, proprio poco prima che la guardia arrivasse a ricordare loro a gran voce che i dieci minuti erano scaduti, Adrian lo aveva guardato e gli aveva nominato un collega del secolo precedente, un certo William Withney Gull, che per ironia della sorte si chiamava proprio come lui e che, assieme a un altro medico francese, aveva scoperto l'esistenza di una malattia nervosa chiamata anoressia.

Albert aveva alzato un sopracciglio, perplesso. Certo, era esaurito e provato da mesi di eventi catastrofici che avevano sconvolto la sua vita, ma lui non era tipo da malattie psichiatriche. Neanche Candy, se non fosse che aveva perso la memoria.

"Si tratta di una patologia scoperta piuttosto di recente che colpisce principalmente le donne che temono di ingrassare o hanno avuti traumi importanti. Ma, nel suo caso, potrei quasi azzardare una diagnosi che riguarda invece la perdita di controllo su determinati eventi. Purtroppo non ho modo di approfondire questi aspetti con lei, nell'immediato, ma la prego di sforzarsi a mangiare un po' di più anche se in apparenza il cibo non la attrae come una volta. È di vitale importanza, Albert".

Appena ebbe ricordato quelle parole, si portò la forchetta alla bocca, cercando di trarre conforto da un sapore noto e sapido. Masticò con deliberata lentezza e poi, quasi per autodifesa, inghiottì aiutandosi con un sorso d'acqua.

Rimase per qualche istante fermo, respirando a fondo e combattendo contro i conati che volevano salirgli alla gola.

Sono sicuro che è colpa di questo cibo disgustoso che servono qui.

Fissò il piatto pieno, scoraggiato: era solo al primo boccone e già sentiva lo stomaco gonfio come se avesse mangiato un tacchino intero. Provò a pensare a quella portata che tante volte gli era capitato di gustare, specie da quando aveva ripreso il controllo della famiglia, ma non gli venne l'acquolina in bocca come si aspettava.

Quando uscirò di qui e potrò mangiare qualcosa di più decente mi passerà.

Albert si mise una mano tra i capelli, frustrato, e rimase abbastanza stupito quando si rese conto che qualcuno gli era rimasto impigliato tra le dita. Ricordò che gli era successo anche i primi tempi in cui era senza memoria, quando era dimagrito, a detta di Candy, e la debolezza aveva minato il suo corpo.

Devo essere forte e in salute per Candy. E per la mia famiglia.

Se lo era ripetuto più volte mentre lei era in coma in ospedale e forse si sarebbe anche costretto a farlo se non fosse accaduto di tutto. Gli tornarono in mente persino le parole della zia Elroy, che non faceva che ripetergli che mangiava troppo poco come se fosse tornato bambino.

Entro qualche giorno ci sarebbe stato il processo e lui doveva essere in forze, non aveva tempo per i disturbi alimentari.

Da quanto tempo mi trascino questo problema?

Albert sospirò, riprendendo la sua lotta anche se lo stomaco era chiuso e si contorceva come se volesse rimandare su persino la cena della sera prima.

Per l'ennesima volta da quando tutta quella storia era iniziata, si chiese dove fosse finito il vecchio Albert che conosceva. Era come se, proprio come Candy, avesse perso di nuovo la memoria di se stesso.
 
- § -
 
"Ciao Karen, sono io, Terence", disse quando alfine, dopo giorni di esitazione, trovò il coraggio di chiamarla. Non sapeva bene neanche lui cosa cercasse, voleva solo sentire la sua voce e fare chiarezza dentro di sé.

"Te... Terence! Cosa è successo?". Il suo evidente stupore lo fece quasi vergognare. "Come hai avuto il mio numero?".

Grato per quella domanda che gli offriva una diversione, rispose: "Ho chiesto a Robert. So che metterete in scena Troilo e Cressida e tu hai avuto la parte. Congratulazioni".
La voce di Karen esitò ancora: "Gra... grazie, Terence".

Per qualche istante calò un silenzio imbarazzante. Una domanda gli bruciava sulle labbra e il bisogno di sentire ancora la sua voce lo consumò.

"Chi... chi hanno scelto per la parte di Troilo?", domandò, avvertendo gli artigli della gelosia affondare nel suo cuore. Nella tragedia originale i due protagonisti del titolo consumavano un'ardente storia d'amore.

Poté quasi vederla, mentre aggrottava le sopracciglia perfette: "Perché me lo chiedi?".

"Io... io... sono solo curioso. Questo film che sto girando non mi dà le soddisfazioni del teatro". Era una risposta quasi del tutto vera, dopotutto.

La risatina roca di Karen rilassò l'atmosfera e gli fece venire un brivido lungo la schiena. Avrebbe dato non sapeva cosa per abbracciarla e baciarla, spegnendo quel suono con le sue labbra: "Comunque per Troilo Robert ha scelto Liam. Ti ricordi di lui, vero?".

"Sì...", rispose con un disappunto così chiaro che Karen dovette per forza notarlo. Liam era entrato nella compagnia di recente ed era subito stato chiaro a tutti quanto sospirasse per Karen. Sapere che avrebbe dovuto fare coppia con lui gli attorcigliò lo stomaco in una morsa.

Pensò che, nella tragedia shakespeariana, Cressida avrebbe tradito Troilo con Diomede: e lui chi era in tutta quella storia? L'amante o il tradito? Quasi si mise a ridere per il paragone assurdo che la sua mente aveva appena sfornato. Karen era stata la sua donna solo una volta e non era la sua fidanzata.

"Terry?", sentire il suo diminutivo pronunciato dalla voce di Karen lo riscosse.

"Karen, io...", cominciò, ma lei lo interruppe.

"Ho letto sui giornali quello che è successo agli Ardlay. So che Candy è sotto la loro tutela". Terence scavò nei recessi della memoria ed effettivamente ricordò di averle parlato del suo cognome e del fantomatico prozio William. Ma non le aveva mai rivelato che Candy lo aveva lasciato per lui.

"Candy ha perso la memoria. Viveva con loro", disse all'improvviso, senza motivo.

"Che cosa?!". Quell'esclamazione vigorosa, così tanto da Karen, lo fece quasi ridere di cuore se non fosse stato che la situazione era tragica. Le spiegò per sommi capi tutta la storia e la sentì soffocare più volte esclamazioni di stupore. "Sembra quasi la trama di una tragedia anche questa. Mi dispiace molto per entrambi". Era sincera, capì.

E lo fu anche lui: "Quando l'ho saputo sono andato a cercarla. In realtà ero andato a trovare William... cioè, Albert, per chiedergli come stesse Candy e lui mi ha detto che è caduta da cavallo". Evitò la parte in cui lo aveva preso a pugni, irrazionalmente, per una reminiscenza di gelosia.

"Quindi l'hai vista?". Cosa vibrava nella voce ora più pacata di Karen? La stessa gelosia che aveva provato lui poco prima? Semplice curiosità? Entrambe le cose?

"No, non hanno lasciato che entrassi. Mi hanno detto che la sua situazione è molto delicata, così sono tornato a Pittsburg per continuare le riprese". Omise di rivelarle anche dell'incidente di Albert e del suo impulso a prendere di nuovo un treno per Chicago, nella speranza di approfittarne anche per tentare di nuovo di incontrare lei.

Sentì la domanda aleggiare tra loro ancor prima che Karen la pronunciasse e, quando finalmente la udì, ne fu quasi sollevato: "La ami ancora, vero?".

Quella era la sua occasione. Il primo passo per chiarire finalmente il suo cuore e capire cosa avrebbe provato a dire ad alta voce quella verità che aveva tenuto custodita gelosamente dentro di sé fino ad allora: "Io l'ho amata molto, Karen". Rubò quasi le stesse parole che Candy gli aveva scritto e sperò che, nonostante fosse stato poco esplicito, Karen cogliesse il senso di quello che voleva dire.

"Capisco", rispose invece, quasi atona.

"Karen, io...".

"Scusami Terry, ma fra un'ora ho le prove e devo prepararmi. Salutami tua madre".

"Karen, io vorrei rivederti", riuscì finalmente a dire, di getto.

Quando lei non rispose, Terence pensò che avesse riagganciato, invece chiese con un mormorio quasi impercettibile, come se temesse la risposta: "Perché?".

Perché ho bisogno di te. Perché mi sei diventata più necessaria dell'aria che respiro, non so da quando. Perché... mi sto innamorando di te come non mi sono mai innamorato neanche di Candy. Perché l'intensità del sentimento che sta crescendo nel mio cuore mi spaventa e mi attrae irrimediabilmente.

Tutte quelle parole gli rimasero strozzate in gola e si diede dell'imbecille. L'unica cosa che gli venne in mente furono dei versi: come uomo era un disastro, così ripiegò sulle sue doti di attore: "Madamigella, per quella sacra luna che inargenta le cime di quegli alberi, giuro…".

"Oh, non giurare sulla luna, l’incostante luna che si trasforma ogni mese nella sua sfera, per paura che anche il tuo amore si dimostri, come la stessa luna, mutevole", ribatté lei, puntuale. "Terry, ti sei confuso: questa è Romeo e Giulietta ed è una tragedia che abbiamo recitato insieme tanto tempo fa. Inoltre ti ho già detto anche come Karen di non fare promesse".

"Mi vuoi dunque lasciare così mal soddisfatto?", citò di nuovo, incapace di esprimersi con parole sue.

"Terence, la vita non è una recita. Io sono una donna, prima ancora di essere un'attrice. Se davvero... se davvero vuoi dirmi qualcosa, fallo quando potrai usare delle parole che ti appartengano e non quelle di una tragedia di Shakespeare. A presto".

Terence sentì la comunicazione interrompersi e, con essa, anche tutte le sue speranze di spiegarsi. Che diavolo gli era preso? Perché con Candy era riuscito ad esprimersi, anche se con colpevole ritardo, e con Karen no?

"Dannazione!", imprecò riattaccando a sua volta il telefono e scoccando un'occhiata all'orologio. Era ora che anche lui andasse sul set. Non vedeva l'ora che quell'impegno finisse, una volta per tutte.

Non ne poteva più di quel film.          
                                                   
- § -
 
I sogni erano arrivati ed erano rivelatori. A volte le davano la nausea fino a farla sentire male, altre volte il mal di testa esplodeva fino a trascinarsi tutto il giorno.

Mentre apriva la finestra e, per la prima volta, prendeva una boccata d'aria con piacere, si ripeté che ricordare era doloroso. Eppure si sentiva come una falena attratta dalla luce, quella luce che era la sua memoria.

Ormai sapeva della Casa di Pony, della sua infanzia con Annie della quale sognava e ricordava momenti nitidi, inoltre aveva fatto ordine nella catena di eventi successivi grazie ai suoi racconti. Ciononostante, le immagini e le voci erano come lampi nella nebbia senza apparente filo logico.

Ultimamente ricordava anche degli sprazzi di ciò che Carter le riportava alla mente con l'ipnosi. Prima non le rimaneva nulla, se non l'emicrania costante. Ma, nel mezzo di quel turbine confuso, una sola persona spiccava e rimaneva costante.

Lui.

Lui, che aveva incontrato sulla Collina di Pony dandogli il nomignolo di Principe. Lui, che nei suoi sogni associava al suo primo amore ma che invece era suo zio, ben più grande di Anthony. Perché, una volta appurato che semplicemente si somigliavano nell'aspetto, non riusciva a scinderli nel suo cuore?

Era come se i sentimenti di dolcezza e disperazione per Anthony che riecheggiavano in lei entrassero in risonanza con William. Possibile che, piccola com'era, su quella collina si fosse invaghita di quel tipo che suonava uno strano strumento?

Fissando lo sguardo sugli uccelli che volavano tra i rami dell'albero che troneggiava davanti alla finestra, Candy fece una smorfia e tentò di fare chiarezza. Ok, poteva anche essere, per quanto assurdo le suonasse: una bambina che ha appena perso la sua sorellina acquisita rimane incuriosita da un tizio vestito da scozzese e fa sogni romantici finché non viene adottata.

Poi arriva l'incontro con un ragazzo della sua età che muore in un incidente a cavallo, facendola soffrire così tanto che forse il trauma le rimane. E viene rinnovato da un incidente molto simile che la vede vittima.

Più tardi, quella bambina che tutti si ostinano a chiamare Candy e non Candice, scopre che il tutore che l'ha salvata dalle grinfie della sua perfida famiglia adottiva è nientemeno che lo zio del ragazzo che amava e che, guarda caso, aveva incontrato prima di lui.

Fine della storia.

Scosse la testa, portandosi una mano alla fronte. C'erano troppe lacune ed era normale che fosse così: aveva perso la memoria.

Per l'ennesima volta, analizzò i suoi sentimenti verso il patriarca della famiglia e ammise con se stessa che non era ribrezzo o rifiuto quello che provava per lui: era timore. Ma non per lui come persona, calmo e pacato com'era, se non per ciò che dentro di lei pareva aprirsi ogni volta che lo vedeva o lo pensava.

Possibile che quello che il suo cuore immaturo aveva provato per lui quando aveva solo sei anni si fosse riproposto tempo dopo? E che lei avesse sofferto per quello che doveva essere un amore impossibile, visto che si trattava del suo tutore legale?

Immaginò tanti scenari: lei che si sentiva in colpa per aver tradito il ricordo di Anthony; lei che trovava William tra le braccia di un'altra e cercava di dimenticare il suo dolore; William che la illudeva e poi la lasciava perché non era degna di diventare la moglie di una famiglia così importante, visto che era orfana.

Il mal di testa peggiorò e Candy smise di fare supposizioni che parevano non portarla da nessuna parte. Nel silenzio della stanza, rotto solo dal cinguettare tra le fronde, udì delle voci nell'altra camera e chiuse piano la finestra.

Sapeva che spesso parlavano di lei alle sue spalle, temendo di riversarle addosso più informazioni di quelle che ritenevano utili, volendole dare il suo tempo. Ma, già da un po', Candy era così incuriosita che si ritrovava ad origliare, anche se le sarebbe costato avere un altro attacco di vomito.

Lo fece anche stavolta e riconobbe le voci di Annie e di quel suo strambo amico, o fidanzato.

"...come è possibile? Lo amava così tanto!". Quella era Annie.

Chi amava chi?! Si riferisce mica a...

"...era da poco... inoltre...". Accidenti, mentre la voce femminile di Annie, anche se bisbigliava, riusciva a sentirla più chiaramente, quella baritonale di Archie era così bassa che si ritrovò ad attaccare l'orecchio alla parete.

Per un po' parlarono di Carter e Frannie che li avrebbero raggiunti a breve, così avrebbero potuto discuterne.

Candy stava per staccare l'orecchio dal muro, ma poi Annie disse: "Candy potrebbe svegliarsi all'improvviso e sentirci, meglio se suggeriamo di andare in un'altra stanza. Voglio spiegare bene al dottor Carter quello che penso".

Quindi non li avrebbe sentiti parlare? Frustrata, Candy si appoggiò di nuovo alla parete, ormai rassegnata a non poterne sapere di più, quando la voce di Archie riprese: "...capisco cosa vuoi dire, ma.... inconsciamente... mai parlato". Dannazione, perché non alzava la voce?

Lo fece Annie: "Anche se non ne hanno mai parlato io sono certa che Candy non lo colpevolizzerebbe mai per una cosa simile!".

E, mandandole una stilettata dritta al cuore, aumentò il tono anche Archie: "All'epoca tutti sapevamo che era stato il prozio William a ordinare la caccia alla volpe! Ce lo disse la zia Elroy!".

Zitto, Candy potrebbe sentirti. Smettila, magari Candy neanche se lo ricorda, il suo subconscio avrà cancellato quell'informazione. Ma si ricorda di te, di quando eravate piccole, e di Miss Pony.

Ormai le voci erano indistinte e lei stava perdendo la lotta con la nebbia dei sensi che venivano a mancarle.

Ecco qual era il tassello mancante. Ecco cosa legava William ad Anthony, in fondo al suo cuore.

Non uno stupido paragone tra un'infatuazione infantile e un primo amore. Quella paura, quel timore di lui...

In realtà, anche se inconsapevolmente, il suo tutore aveva ucciso l'uomo che amava.

- § -
 
George aveva chiesto espressamente di vedere Albert nella stanza riservata agli incontri ma, quando entrò, pensò che avessero sbagliato e mandato un detenuto diverso.
Lo riconobbe solo perché lo conosceva da una vita: i capelli erano così chiari che sembravano bianchi invece che biondi, ed era tanto magro che la divisa del carcere pareva non contenere altro che ossa.

E i suoi occhi, quegli occhi così determinati e sereni, erano scavati e solcati da occhiaie viola. Possibile che in due settimane si fosse ridotto così e dopo giorni avesse ancora l'aspetto di un uomo in coma?

"William!", espirò senza potersi impedire di trattenere il proprio stupore.

"Non dirmi anche tu che sono dimagrito o mi metto a urlare come una ragazzina. Ti assicuro che mi sforzo di mangiare ogni orribile schifezza mi propongono in questo ristorante rinomato e che il medico del carcere è venuto a controllarmi anche stamattina: il mio cuore batte e la mia pressione è solo un po' più bassa della media, quindi saltiamo questa parte e vieni al sodo. Dimmi dell'udienza".

Dopo quel monologo, George non poté esimersi e cercò di non chiedersi nemmeno perché non gli avesse domandato di Candy. Forse la conversazione avuta qualche giorno prima con Carter lo aveva soddisfatto?

"Bene", si schiarì la voce, riordinando i pensieri e tentando di non concentrarsi sul suo aspetto malato mentre gli sedeva di fronte. "In effetti ci sono delle novità. Il mio contatto in Florida ha finalmente trovato un legame tra la malavita e i Lagan".

La mascella dell'uomo si contrasse e una scintilla di rabbia gli attraversò lo sguardo: "Dannazione, Archie aveva ragione fin dall'inizio. E io che credevo non fossero capaci di arrivare a tanto!".

George si spostò sulla sedia, a disagio, non trovando una posizione comoda: "C'è dell'altro, signorino William, e non le piacerà. A quanto pare Neil ed Eliza non hanno preso contatti con dei semplici trafficanti di alcool, coinvolgendo la distilleria... forse, senza saperlo, si sono rivolti alla mafia".

La mascella di William cadde e gli occhi si spalancarono, rivelando ancora di più le guance scavate: "Che COSA?!", esclamò stringendo i lembi dei pantaloni all'altezza delle ginocchia.

George annuì, cercando di rimanere calmo: "La mia reazione e quella del signorino Archie sono state le medesime e ancora non sappiamo come dirlo alla signora Elroy. Anche lei non sospettava un coinvolgimento così... pericoloso".

William si appoggiò allo schienale, come se l'espressione d'incredulità di poco prima gli avesse tolto ogni energia e si passò una mano tra i capelli, nel gesto frustrato che lo caratterizzava: "I Lagan sono legati alla nostra famiglia, se la cosa non viene gestita nel modo giusto ci finiremo tutti, in carcere".

"Non se i signorini Lagan testimonieranno prendendosi tutta la responsabilità", suggerì raddrizzando la schiena.

Lui allargò le braccia: "Ma non lo faranno mai!", protestò.

George si permise di sorridere, anche se non voleva dargli false speranze: "Stiamo facendo in modo che lo facciano, invece, anche con il supporto della polizia. Spero solo che non ci siano ritardi e che possano essere qui per il giorno dell'udienza assieme alla signora Elroy".

Mentre gli raccontava il piano di Ruiz, vide espressioni di incredulità, preoccupazione, speranza e timore dipingersi in successione sul viso di William. Tacque per qualche istante, i gomiti poggiati sulle ginocchia e le mani intrecciate davanti alla bocca, come se riflettesse e riordinasse tutte le informazioni. Infine chiese: "Perché hai detto che temi ritardi? Immagino che l'operazione sia molto delicata e non scevra da rischi...".

"Certo, ma non è per questo che l'ho detto. Il signorino Neil ha tentato di suicidarsi e si sta riprendendo in ospedale. Confidiamo che per domani o al massimo dopodomani sia in grado di viaggiare", disse alfine, scrutando le reazioni di William.

Con sua sorpresa, sul suo volto si delineò qualcosa che somigliava al dolore e si alzò quasi di scatto. Poggiò una mano sulla sedia, dandogli le spalle, e quando parlò la sua voce era ferma ma triste: "Quindi Neil si è reso conto del danno che ha provocato a sé e a tutti noi, inclusa la sua stessa famiglia".

"Immagino di sì, signorino William", confermò chiudendo gli occhi.

"Perché le persone passano la loro vita tentando di fare del male agli altri?", chiese senza voltarsi, mandandolo per un attimo in confusione. "Non ho mai ritenuto Raymond capace di atti tanto bassi e non oso pensare al dolore che avrà accusato a una notizia del genere. Mi chiedo se la stessa Sarah sia coinvolta. Eppure hanno avuto sempre la protezione della zia Elroy, una posizione, soldi e quei maledetti alberghi".

Quando si voltò, il suo viso era duro e contratto: "Li ho odiati sinceramente dopo quello che hanno fatto a Candy, a me, a tutti. Eppure vuoi sapere una cosa strana?".
George gli fece cenno di continuare, accogliendo quello sfogo pacato.

"Dopo quello che mi hai detto provo pietà, almeno per Neil. Un uomo dovrebbe prendersi le responsabilità delle sue azioni, per terribili che siano state, ma lui non ne ha avuto la forza. Però adesso dovrà farlo e questa sarà una punizione peggiore del carcere".

Sospirò, alzandosi e facendo un passo verso di lui: "Sa, signorino William? Lei mi conosce bene, sa quanto io sia stato sempre molto discreto. Non mi sono mai azzardato a darle consigli se non veramente oculati e tesi a migliorare la sua posizione. Ma non mi sento di condividere la pietà che sente per lui. Ho visto la sua sofferenza e quella della signorina Candy e non posso perdonare chi ferisce la mia famiglia".

William gli sorrise con dolcezza e George, suo malgrado, sentì le lacrime bruciargli gli occhi. Lottò disperatamente per inghiottirle e pensò che il ragazzo di fronte a sé dovette averlo capito, perché gli mise una mano sulla spalla e disse in tono ironico: "Beh, sei capitato in una famiglia un tantino sfortunata, ma apprezzo la tua sincerità. In caso dovessimo affondare ti do comunque il permesso di fuggire ovunque desideri", concluse strizzandogli l'occhio.

"Oh, non fuggirei mai da casa Ardlay, neanche se il tetto dovesse crollare!". Il suo tentativo di portare il discorso su un tema più leggero fallì, ma fece ridere di cuore William e lui lo imitò subito dopo.

Perlomeno, adesso, una speranza concreta di tirarlo fuori di lì e farlo tornare quello di sempre ce l'aveva.
 
- § -

 
Comunicazione di servizio: come già accennato, nel mese di agosto l'aggiornamento tornerà ad essere una volta sola a settimana, ogni venerdì. Buone vacanze!
   
 
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