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Autore: Stella Dark Star    30/07/2021    0 recensioni
Appena sedicenne, Dazai viene trascinato al circo da Oda, il quale sostiene che per una sera può abbandonare le vesti di agente della Port Mafia e divertirsi come un normale ragazzo. Tra lamentele e battutacce (e un tentativo di rimorchio finito male!), Oda viene attratto dalla tenda di una cartomante e decide di farsi leggere il futuro. Quando poi è la volta di Dazai, gli viene predetto che avrà accanto una bella "ragazza" focosa con cui vivrà gioie e dolori e metterà su famiglia, però Dazai ovviamente si mostra scettico...
Nota: come sempre ho fatto un salto avanti non avendo ancora scritto le one-shot 15 e 16, però spero che nel frattempo vi godrete questa breve storia! ;) Se volete rileggere tutte le one-shot della saga, in ordine di lettura, le trovate nel link all'interno della storia oppure nella sezione "Serie di Stella Dark Star"!
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Chuuya Nakahara, Osamu Dazai, Sakunosuke Oda
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'SHIN+SOUKOKU SAGA'
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Dazai x Chuuya:
Ciò che dicono le carte…
 
Una piacevole serata di primavera, una fresca brezza proveniente dal mare, le strade disseminate di petali di ciliegio. A Yokohama, quel fine settimana, era ospite un piccolo circo con poche attrazioni e tendoni evidentemente di vecchia data che un tempo dovevano essere stati di un bel paonazzo acceso e che adesso era degenerato in una specie di vinaccia macchiata di nero. La città affacciata sul mare era l’ultima tappa prima di chiudere, prima che i suoi artisti si disperdessero, chi in cerca di nuova fortuna e chi per vivere tranquillamente. Nemmeno un miracolo avrebbe potuto aiutarli, ma per onorare il nome di quel circo che aveva avuto vita per due generazioni, gli artisti avevano continuato a dare il massimo, per quanto questo non si fosse poi rivelato sufficiente. Nonostante tutto erano lì, fieri di loro stessi, fieri dei loro tendoni rovinati e fieri dei loro numeri e delle loro attrazioni. Essendo venerdì sera non c’era molta affluenza di gente, magari la sera successiva sarebbe andata meglio, comunque non era un via vai malvagio, c’erano molte famiglie probabilmente lì per far vivere ai figlioletti una nuova esperienza. Andava bene così, vedere i volti incuriositi dei piccoli, coi nasini all’insù e poi osservare i loro sorrisi accendersi era un’emozione da conservare nel cuore, soprattutto per gli artisti di una certa età. Uno striscione ingiallito e con i kanji dipinti a mano sovrastava l’ingresso di quel modesto circo, dove due belle ragazze coi fiori fra i capelli e dei vestitini in pizzo simili a dei tutu, accoglievano i visitatori dando loro un volantino col programma della serata, con sorrisi smaglianti che erano evidentemente abituate a sfoggiare.
“Prego, signore! Il primo spettacolo si svolgerà nella tenda dell’incantatrice di serpenti, tra soli dieci minuti! Si affretti!”
La sua espressione mutò quando questo, dopo aver preso il volantino che lei gli porgeva, le accarezzò la mano e si sporse su di lei con fare seducente. “E se invece ti portassi via in gran segreto e ti offrissi qualcosa da bere?”
La giovane spalancò gli occhi su di lui, le labbra formarono una deliziosa ‘o’. Ora che lo guardava bene, si trattava di un ragazzo davvero bello, nonostante i suoi capelli tendessero ad apparire arruffati e indossasse una vistosa benda che gli copriva la fronte. Che si fosse fatto male? Con una bendatura del genere aveva del coraggio ad andarsene a spasso. Però il suo sorriso sicuro e i suoi occhi scuri avevano un che di attraente…
“Ugh!” All’improvviso venne afferrato per il colletto della camicia, in tale malomodo che lasciò la mano della giovane e fu costretto a fare un passo indietro.
“Dazai, non ti ho portato qui per questo.” La voce spenta dal tono quasi spazientito era perfetta per quell’uomo alto dal viso stropicciato e dall’aspetto poco curato. I suoi occhi invece erano chiari e buoni. “Lo perdoni, signorina.” Fece un piccolo inchino e si allontanò portando con sé un Dazai alquanto contrariato che tentava inutilmente di liberarsi dalla sua presa. Quando poi si decise a lasciarlo, lui subito si ricompose la camicia, lamentandosi. “Mi hai portato qui contro la mia volontà e ora mi fai questo? Eh Odasaku?”
“Te l’ho già detto, voglio solo che tu ti diverta come i mocciosi della tua età. Solo per questa sera.”
Dazai fece una rapida panoramica del luogo, la sua espressione la diceva lunga su cosa pensava. “Ora capisco perché Ango ci ha dato buca.”
“Anche questi capricci sono normali per la tua età. Puoi continuare.” Oda parlò con tale convinzione che Dazai non riuscì a trattenere una risata. “Sei l’unico al mondo a cui concedo di trattarmi così! Anche se a sedici anni sono già un tuo superiore…” Sbuffò per scacciare il malcontento e buttò lì una proposta. “E va bene. Facciamo un giro e vediamo cosa c’è di buono da mangiare?”
“Però non aspettarti che ci siano piatti di granchio. In un posto così modesto troverai al massimo dello sgombro. Però direi che possiamo farci una birra.”
Dazai fece un cenno di assenso e si affiancò a lui. Forse Oda non aveva tutti i torti a trattarlo in quel modo, era consapevole di possedere ancora qualche tratto infantile nonostante la Port Mafia lo avesse privato dell’infanzia. Era comunque raro che lasciasse trasparire questo difetto. O forse era meglio dire che Oda era praticamente l’unico a cui lo lasciava vedere.
Sentendosi osservato, Oda lo rimproverò. “Non dovresti invidiare la mia altezza. Sei nel pieno della crescita, un giorno credo che mi supererai.”
“Non stavo pensando a questo!” Rispose lui a tono, un po’ scherzando e un po’ facendo sul serio. “Parli tanto ma alla fine stai facendo solo discorsi da vecchio! Hai voglia di giocare a padre e figlio forse?”
Non ricevendo risposta da lui, Dazai lo punzecchiò col gomito. “Potresti trovare una bella ragazza da sposare e mettere su famiglia! Sei un bell’uomo! Devi solo vestirti a modo e farti meglio la barba!” E per avvalorare quest’ultima affermazione, col dito gli sfiorò i punti della mascella dove la barba non era stata tagliata bene.
Perfino uno dall’infinita pazienza come Oda a volte aveva seri problemi a gestire uno col carattere di Dazai. Lo pensava da quando avevano cominciato ad andare a bere insieme, era un ragazzino con una mente geniale e contorta e allo stesso tempo un buffone. Se si parlava di letteratura, di filosofia, di strategia militare o di donne, Dazai era il miglior interlocutore che si potesse desiderare, ma quando lo si prendeva in un altro contesto… Sospirò, forse portarlo al circo non era stata una grande idea. Stava giusto per dire qualcosa quando il suo sguardo fu attirato da una lanterna occidentale che illuminava debolmente l’ingresso di una piccola tenda a cui sembrava non far caso nessuno. Vi si recò.
“Eh? Odasaku, dove vai?”
Dazai lo seguì.
“Una cartomante… Mi piacerebbe entrare.” Disse Oda.
Dazai diede uno sguardo alla locandina e poi si rivolse all’amico con una smorfia. “Sul serio? Non crederai a queste cose! Il futuro è determinato dalle azioni e dalle decisioni delle persone, non è scritto sulle carte dei tarocchi!”
Oda finalmente si voltò a guardarlo, accennò un sorriso alzando le spalle. “La mia è solo curiosità! Io vado per primo.” E senza aggiungere altro sollevò la tendina e si inoltrò all’interno.
A Dazai non restò che rassegnarsi. Incrociò le braccia al petto e sbuffò. “Quell’uomo è vecchio dentro…”
Quando Oda uscì una manciata di minuti dopo, il suo volto era livido, ma per fortuna tenendo il capo chino Dazai non se ne accorse. Gli diede una piccola pacca sulla spalla. “Ora vai tu…”
“Però dopo la birra la paghi tu, sappilo!” Di malavoglia entrò a sua volta nella tenda.
Ora che era solo, Oda si strinse una mano al petto. Le gambe gli tremavano. Cosa gli stava succedendo? Si era lasciato impressionare più di quanto avesse voluto. Eppure negli occhi di quella donna non c’era traccia di menzogna e mentre gli leggeva il futuro attraverso le carte, era sinceramente dispiaciuta. Oda prese un lungo respiro, si chinò leggermente sulle ginocchia per non rischiare di svenire. Nessuno si accorgeva di lui, le persone gli passavano davanti allegre. Una coppia di genitori con quattro figli piccoli, di cui due gemellini, attirò la sua attenzione.
“I bambini… Devo proteggere i miei bambini…” Udendosi, si trovò ridicolo. Ridacchiò. “Quella donna non sa che io non ho figli! E di certo non ho intenzione di averne con la vita pericolosa che faccio!”
All’interno, Dazai si era appena seduto su una comune sedia di legno coperta da un telo blu impolverato. Nei pochi passi dall’ingresso a quella sedia aveva passato ai raggi x ogni cosa, nonostante l’ambiente fosse scarsamente illuminato da delle lampadine gialle messe banalmente dentro lanterne di carta per creare un effetto ‘misterioso’; qua e là erano state messe a casaccio delle composizioni di fiori essiccati, fatte abbastanza bene; un piccolo mobile a vetrinetta che aveva visto tempi migliori era stato riempito di volumi rilegati senza titolo e dalla stoffa delle copertine irrimediabilmente macchiata. E poi c’era il tavolino adornato da una tovaglietta color sabbia su cui erano stampate stelle dorate. L’unica cosa pulita lì dentro! L’odore di chiuso e di polvere era piuttosto fastidioso.
“Lo vedo che sei scettico, ragazzo, ma per educazione togliti quella smorfia dalla faccia!”
La donna che era al di là del tavolino era decisamente più anziana della foto che era all’ingresso. Lo dimostrava la sua voce incrinata e affaticata e anche le rughe che s’intravedevano dalla cattiva stesura del pesante trucco che le rendeva il viso rosso terra e gli occhi neri come quelli di un panda! Ma quel sorriso strafottente dai denti rovinati e ingialliti dal tempo e dal fumo, gli suscitò una certa simpatia.
“Pff, chiedo scusa Madame!”
“Allora dimmi, giovanotto, c’è qualcosa del tuo futuro che vorresti sapere in particolare?”
“Il mio sogno è quello di morire suicida, ma vista la mia sfortuna dubito che ci riuscirò!”
La donna ridacchiò, causandosi un fastidio alla gola che la fece tossire. Deglutì pesantemente, gli occhi lucidi per lo sforzo. “Sono abituata alle persone come te, ma non mi faccio intimidire!” Prese il mazzo di carte fra le mani e cominciò a mescolarle con una certa abilità. Dazai si chiese se per caso in gioventù avesse giocato d’azzardo, con delle mani così capaci.
La donna posò il mazzo al centro del tavolino. “Taglia.”
Dazai ammiccò e obbedì all’ordine, quindi lei riunì i due mazzi in un uno e se lo posò sulla mano. Prese la prima carta e la posò sul lato destro centrale del tavolino. “Sei un ragazzo difficile.”
Prese un’altra carta e la posò accanto all’altra, procedendo verso destra. “Ma questo è il tuo modo di sopravvivere ad una realtà troppo dura.”
Un’altra carta. “Il tuo passato è buio, colmo di sangue e di sofferenza.”
Un’altra carta. “Oh…!” Un sorriso beffardo le disegnò le labbra.
“Cosa c’è?” Chiese Dazai.
“Vedo una persona accanto a te… Una bella ragazza!”
Dazai si protese in avanti, improvvisamente interessato. “Chi è?”
La donna prese un’altra carta. “Ha un caratterino niente male! E’ come una fiamma alimentata dal vento, brucia di vita e di passione!”
Un’altra carta. “Però non andate molto d’accordo. Siete convinti di odiarvi a vicenda.”
Dazai tornò scettico. “E perché dovrei stare con una ragazza così?”
Un’altra carta. “Siete fatti l’uno per l’altra e insieme avete una forza che va al di là di ogni immaginazione. Se lo voleste potreste tenere il mondo nel palmo della mano.”
“Ma? Sono sicuro che c’è un ma!” La sfidò Dazai.
La donna gli lanciò un’occhiataccia e proseguì con un’altra carta. “Ma…a causa di una tua decisione sarete separati per lungo tempo, le vostre vite saranno vuote e spezzate fino al vostro ricongiungimento.”
Dazai sollevò gli occhi al cielo. “Lo sapevo che c’era la fregatura!”
Un’altra carta. “Vi sposerete, ma anche allora dovrete affrontare molti ostacoli per tenere salda la vostra unione.”
Un’altra carta. “Vi prenderete cura di alcuni…ragazzi, mi sembra, ma prima di avere un figlio vostro passeranno molti anni.”
“Mhhh che gioia…”
“E ora l’ultima carta.” La prese dal mazzo e se la sventagliò di fronte al viso come per creare un po’ di suspense, a cui Dazai non era minimamente interessato. La posò davanti a lui. “Facendo un bilancio, ragazzo mio, sarai felice. E non morirai suicida!” Ovviamente lo stava canzonando per la fanfaronata che lui aveva detto appena entrato, ma a parte quello la carta malandata quanto la sua padrona parlava chiaro.
Dazai si alzò in piedi, prese il portafogli dalla tasca interna della giacca e fece scivolare sopra la carta una banconota da diecimila yen. “Giusto per contribuire alla sua nuova dentiera!”
Invece di arrabbiarsi, la donna chinò il capo con gratitudine e sorrise stando al gioco. “Mi dispiace non poter vivere abbastanza per incontrarti fra trent’anni e farti ingoiare la tua sfacciataggine! Ma puoi star certo che allora ti ricorderai di me e ammetterai che la mia predizione è giusta!”
Dazai fece un inchino cortese. “Come desidera, Madame!” Ed uscì dalla tenda.
Fuori incontrò Oda che lo attendeva con due birre fresche e gocciolanti nelle mani.
Gli porse una delle bottiglie. “Allora? Sei rimasto dentro parecchio!”
“Mi ha raccontato una buffa storia, non c’è che dire!” Bevve un lungo sorso, poi si leccò le labbra. “Ho fame, portami a mangiare dello sgombro.”
E di nuovo s’incamminarono fianco a fianco, mescolandosi alla gente e ai rumori dei divertimenti.
L’immagine del passato andò via via dissolvendosi fino a scomparire del tutto, lasciando solo un malinconico sorriso sulle labbra di Dazai.
“Dazai, tutto bene? Cosa stai guardando?”
Volse lo sguardo. Chuuya era lì accanto, bello come la luna che quella sera splendeva piena sulla città. Gli occhi azzurri sgranati su di lui. “Cos’è quell’espressione da ebete?” E la lingua tagliente!
Papa?”
Abbassando ancora un po’ di più lo sguardo, incontrò il visetto tondo del piccolo Akira che, in mezzo a loro due, teneva le loro mani saldamente come se avesse timore di perderli entrambi. Per l’occasione sia il piccolo che Chuuya avevano raccolto i capelli rossi e ricci sulla sommità del capo e li avevano fermati con un vistoso fiore azzurro di stoffa che ben s’intonata ai loro yukata del medesimo colore. Eccoli lì i suoi tesori più preziosi, le sue uniche ragioni di vita. Sua moglie e suo figlio.
“Nulla, mi è tornata in mente una cosa… Quand’ero adolescente, sono stato a questo circo, solo che allora era decadente e stava per chiudere i battenti. Chi avrebbe mai detto che un giorno qualcuno lo avrebbe riportato all’antico splendore?”
Chuuya fece una smorfia dubbiosa. “Tu al circo? Ricordo com’eri da adolescente e onestamente non ti ci vedo proprio! …o c’eri venuto solo per rimorchiare qualche povera acrobata?”
Dazai strinse la lingua fra i denti per non rispondere. La ragazza dell’ingresso era un lontano ricordo,  e poi Oda l’aveva portato via subito quindi non aveva niente di cui vergognarsi! “Ehm… Quella volta Odasaku mi aveva obbligato a farmi leggere il futuro nelle carte!” Allungò lo sguardo alla ricerca della tenda e quando la trovò la indicò col dito. “Quella laggiù. La tenda ovviamente è nuova, però riconosco la lanterna all’ingresso!”
“Quindi ti sei fatto la cartomante?” Insistette Chuuya, stavolta trapassandolo con sguardo affilato.
“Ah ah, assolutamente no! Era anziana! Però sapeva il fatto suo!”
Ancora sospettoso, Chuuya chiese. “E cosa ti avrebbe detto, sentiamo?”
Dazai posò lo sguardo sul figlioletto che lo guardava con occhioni castani pieni di curiosità, allora tornò a guardare Chuuya e rispose sorridendo. “Che sarei stato felice!”
  
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