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Autore: Chocolate_senpai    02/08/2021    1 recensioni
A dieci anni di distanza dall'ultimo, famoso campionato, la ruota della storia gira di nuovo, di nuovo il perno di tutto è qualcosa che il Monaco stava tramando.
Volenti o meno, Kai, Takao, Rei, Max, e tutta l'allegra combriccola verrà buttata nel mezzo dell'azione, tra i commenti acidi di Yuriy, gli sguardi poco rassicuranti di Boris, i cavi dei computer di Ivan e la traballante diplomazia di Sergej.
Da un viaggio in Thailandia parte una catena di eventi; per inseguire un ricordo Boris darà innesco a un meccanismo che porterà i protagonisti a combattere un nemico conosciuto.
Sarà guerra e pianto, amicizia e altro ancora, tra una tazza di te, dei codici nascosti, una chiazza di sangue sulla camicia e il mistero di un nome: Bambina.
Starete al loro fianco fino alla fine?
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Boris, Kei Hiwatari, Takao Kinomiya, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 23

 

Che meraviglia gli Champs Elysee a primavera! Che visione celestiale, rilassante, con i suoi profumi e i suoi colori, mentre Parigi si anima sotto il sole dei primi giorni caldi di primavera. Così bello che Olivier per poco non ignorò completamente il fastidioso ronzio del cellulare.

Rispose, strappato con riluttanza al suo idillio, affiancato da Andrew e dal suo immancabile tè delle cinque.

- Oui?-

- Ciao Vier!-

- Gianni, mon amie! Come procedono gli studi?-

- Lasciamo stare, ti chiamavo per un’altra questione! Andrew è lì con te?-

- Certamente! – Non ci pensò nemmeno a passarglielo, la curiosità fu troppo forte: mise il vivavoce, e l’inglese fu ben felice di non doversi attaccare a un telefono per sentire gli ululati dell’italiano – Parla pure, ti sente anche lui!-

­- Magnifico! Senti Andrew, tu che la conoscevi ... non è che Rosemary studiava chimica? O biologia?-

A sentire quel nome, Andrew rimase con la tazzina a mezz’aria.

- Rosemary? Che c’entra di nuovo lei?-

­- Perché – Al di là dell’apparecchio si sentì scartabellare – Ho scoperto che lavorava in una biblioteca universitaria fino a pochi mesi fa, qua a Bologna! E mi hanno dato i suoi effetti personali che erano rimasti in un armadietto, e ... beh ... c’è della roba strana –

- A Bologna? Che roba c’era a Bologna?-

­- Beh, ci son un sacco di libri ... poi un’agenda un po’ ... inquietante-

Olivier e Andrew si scambiarono un’occhiata confusa.

- Dentro ci sono degli appunti strami, con disegni di organi, formule chimiche ... sembra il diario di uno scienziato pazzo –

- Gianni, ma sei sicuro che sia roba sua?-

- Ma sì, me l’hanno detto in biblioteca –

- Mah, magari era davvero interessata alla biologia –

All’ipotesi del francese, Andrew rispose con una mezza risata.

- Chi? Rosemary? Impossibile! Anche solo parlare di sangue le faceva ribrezzo –

- Ecco, invece qui di roba sanguinolenta ce n’è parecchia ... mio dio – Gianni represse un palese conato di vomito – che schifo –

- Cosa? Che hai visto?-

- Ci sono delle foto qui dentro ... sentite, ho bisogno di farlo vedere a qualcuno, questa roba mi sta facendo venire i brividi. Vi raggiungo lì appena posso –

- Ma non! E l’università?-

- I miei se ne faranno una ragione. Soprattutto se non lo verranno mai a sapere –

 

..............

 

- Il telefono! –

- Arrivoooo! –

Il rientro in patria non era stato così traumatico. Almeno non per lui. Takao era riuscito a evitare le ramanzine del nonno per quanto riguardava l’onore e il buon nome della famiglia finché Max era stato al dojo. Ma, appena nonno J. aveva finito di salutare il taxi che si allontanava con l’americano dal sorriso da coniglietto, il suo shinai aveva assaggiato più volte la testa del nipote.

E così per Takao erano cominciati mesi di intensi allenamenti, e soprattutto di riflessione interiore sul futuro. Perché il nonno quella palestra non l’avrebbe lasciata a nessuno che non avesse il suo stesso sangue nelle vene, e su questo c’era poco da fare.

Takao strascicò la scopa lungo il vialetto; spazzare i pollini alle sei della mattina era davvero un compito ingrato. Il nonno per poco non gli lanciò la cornetta in faccia.

- Ti dai una mossa?! Quando avevo la tua età scalavo le montagne nella metà del tempo che ci metti tu a fare un metro!-

Takao sventagliò la mano, non ci provava neanche più a rispondere in maniera sensata, e si beccò una gomitata sul braccio.

- Pronto?- Fece, massaggiandosi la zona ferita. Non conosceva il record di scalata del nonno, ma il vecchietto avrebbe potuto affrontare senza problemi un incontro di pugilato.

- Bonjour!-

Takao ci mise cinque secondi a registrare e macinare quello che aveva sentito.

- ... Vier?- Tentò.

- Ma oui! –

- Aaaah! Mi pareva!-

- Comme ca va? –

- Ti voglio un sacco bene Vier, però parla normalmente, ti supplico, è già una giornata abbastanza terrificante –

- Ah! Ti chiedo scusa! Guarda, non pensavo nemmeno che rispondesse qualcuno, credo che in Giappone sia mattina presto –

- Sono le sei – Sussurrò un Takao molto sconsolato – Ma il nonno ha deciso che dormire non serve, quindi ... eccomi qua –

- Pensa che invece io e Andrew siamo già in pigiama, qua è notte –

- Aaaah beati voi! –

Il giapponese si sedette sullo scalino del dojo, lasciando da parte la scopa e le faccende domestiche per quel momento.

- Allora? È successo qualcosa? Nuovi tornei in vista?-

- Beh, sì e no –

- Cioè?-

- Non c’è nessun torneo, ma ... è successa una cosa a Gianni. Voleva chiamarti lui, ma temo sia in aereo al momento –

­- E dove va?-

- Ma qui naturalmente! Ora ti spiego –

Dalla cornetta Takao sentì distintamente un assonnato saluto all’inglese, coronato da uno sbadiglio e da Olivier che commentava con Drew smettila di andare a dormire agli orari degli anziani.

- Ecco, dunque ... il punto è che Gianni sta venendo a farci vedere degli effetti personali che ha recuperato a Bologna, in una biblioteca dove lavorava Rosemary –

A sentire quel nome Takao drizzò le orecchie.

- Come scusa? –

- Eh sì. In particolare, Gianni ha trovato un suo quaderno che ha ... qualcosa di strano. Cose inquietanti, disegni di organi, formule chimiche, foto ... beh, strane. Diciamo così –

- Cavolo ... – Takao ci pensò su – Io pensavo che quella di Rosemary fosse una storia chiusa. Ma ... che vuol dire? Pensate che quel quaderno abbia a che fare con la storia dei missili, e di Vorkov ... insomma, di tutta la roba di Norimberga?-

- Je ne sais pas ... ma Gianni è rimasto molto impressionato da quello che ha visto, e a questo proposito ... ora guarderemo quel quaderno con calma, appena sarà qui. Ma so che Kai verrà a Parigi in settimana per, suppongo, affari che riguardano la ditta, il nonno, o giù di lì. Quindi ci chiedevamo ... visto che tu lo conosci meglio di tutti, e abiti nella stessa città, non è che potresti gentilmente parlargliene? E magari dirgli di passare un momentino a casa mia, per dare un’occhiata a quel quaderno?-

Takao scattò in piedi.

- Ma certo! E che problema c’è? Guarda, avrei accettato anche se mi avessi chiesto di portartelo di persona davanti a casa, ho davvero bisogno di uscire da questo cavolo di dojo –

Si guardò intorno per controllare che il nonno non fosse nei paraggi, poi sussurrò con tono cospiratorio – Sono ormai tre mesi che sono chiuso qui. Tre mesi! Da quando Max se n’è andato! Non puoi capire Vier, la situazione ha completamente sclerato –

- Mon peur ami, mi fa piacere darti una mano a evadere dalla routine! Bon, allora aspetto una conferma dell’arrivo di Hiwatari!-

- Sarà fatto! Saluta Andrew!-

Takao non perse tempo. Riagganciò il cordless, lo mollò sul primo scaffale libero e, attento a non incrociare il nonno in corridoio, corse a prendere scarpe e cappello. Urlò un esco a fare una commissione urgente solo quando fu fuori casa, irraggiungibile da ciabatte, shinai e armi improprie, e si corse letteralmente tutta la strada fino a villa Hiwatari. Non si sprecò nemmeno a chiamare Kai per sapere se fosse in casa. Prima agire, poi pensare! Un motto che aveva le sue controindicazioni.

 

 

- ... un quaderno?-

- Aha-

- Con degli organi e delle foto inquietanti ...?-

- Sì –

- E sarebbe di Rosemary –

- è proprio così –

Kai poteva scommetterci che a Takao fosse saltato un neurone quella mattina. A lui, al francese e a quel disgraziato di Andrew, perché in parte era sempre colpa sua. Sempre.

L’amico si era presentato al campanello della villa alle 7, facendo venire un infarto al maggiordomo, che non aveva sentito la sua sveglia, e a Kai, che pensava fosse il nonno di ritorno dai suoi viaggi. Poi si era ricordato che aveva ancora due giorni prima della partenza per Parigi, e l’unica opzione possibile era rimasta che a suonare a quell’ora fosse un imbecille. E infatti si era presentato Takao, con una storia molto fantasiosa.

- Beh? Che ne pensi?-

- Penso che tuo nonno abbia bisogno di tranquillanti. E anche tu –

- Ti giuro che non me lo sono inventato –

- Mh, non sono sicuro di volerti credere-

Takao arraffò un’altra squisita tartina alle fragole dal tavolo, ingoiando come un aspirapolvere la colazione gentilmente offerta dall’eccellente cuoca della villa.

- Gwarda che wer ewa moltwo ... –

- Takao, ti prego, comportati da persona civile – Kai gli passò un fazzoletto, giusto per ripulire la valle di briciole di pasta frolla che era diventata la faccia dell’amico. Takao ingoiò il boccone.

- Dicevo, Vier era molto preoccupato –

- E quindi? Come fanno a sapere che quel quaderno era di Rose?-

- Beh, era tra le sue cose ... –

- Forse doveva restituirlo a un amico che studiava, che ne sò ... biologia? Oppure si divertiva a disegnare organi, a lei piaceva disegnare, magari stava provando diversi soggetti –

- Boh, tu un po’ la conoscevi, dici che era tipo da cose del genere?-

Kai vagò con lo sguardo sul soffitto.

- Da foto inquietanti e formule chimiche? ... no, direi proprio di no- Concluse a malincuore, escludendo la soluzione più semplice al problema – Allora il quaderno è proprio di qualcun altro –

A quel punto squillò il cellulare, e quando Kai lesse il nome sul display pensò che quella mattina il mondo ce l’avesse con lui.

- Aspetta un attimo Takao ... Hei –

- è aperto lo sportello psicologico?-

- Per te sono sempre disponibile Yuriy –

Takao fece un cenno con la mano in segno di saluto, giusto perché aveva di nuovo la bocca piena.

- Ti saluta il campione del mondo. Che c’è? Hai anche tu quaderni inquietanti nascosti nell’armadio?-

- Ma che vi fumate alla villa? –

- Lascia stare ... A chi serve lo psicologo di voi tre?-

- Ti va bene che oggi a casa ci sono solo io –

- Si sta bene in appartamento da Ivan?-

- No, è un buco e ci sono cavi ovunque. Ascoltami bene adesso, perché è successa una ... cosa –

- Una cosa? Che cosa?-

- Potrei spiegartelo, ma non renderebbe l’idea. Ti mando una foto –

Un istante dopo, accompagnata dalla vibrazione del telefono, un’immagine si palesò sul display davanti agli occhi di Kai e di Takao, che gli si era accostato spargendo briciole a larga mano sui cuscini.

I due ammutolirono.

Kai mise il vivavoce, esprimendo il suo stupore all’amico ai limiti del continente europeo.

- Ma che cazzo è?-

Takao si dimenticò di masticare, deglutendo la crostatina al limone come fosse un boa.

- In quale tunnel degli orrori siete stati?-

L’immagine era parecchio buia, ma si vedeva bene la vasca verticale stagliarsi al centro di una stanza, e l’essere non identificato che ci galleggiava dentro.

- L’ha scattata Sergej. Era in uno stabile a Croydon. Avete presente il foglio con i codici che avevamo trovato a casa di Torres? Sono tutti iban, codici di conti bancari. Il proprietario di quello stabile aveva un conto che era sull’elenco –

La spiegazione fu molto rapida, così tanto che persino Kai ci mise un momento per collegare i punti.

- Quindi cosa ... aspetta, aspetta ... e gli altri iban a chi appartengono? E come fai a sapere queste cose?-

- Da quello che ha detto Ser, direi che Ming Ming e Julia sono due pettegole, e Emily una brava hacker –

­- Non credo di aver capito, ma non importa –

- Cristo Kai, per ora fatti bastare che in quella lista c’era tutta gente invischiata con Torres e Vorkov. Sì, anche con lui –

- Come lo sai?-

- Alcuni di quei conti sono suoi –

- ... cazzo –

- Puoi dirlo forte. Hai visto la foto? Hai riconosciuto quella ... –

- La vasca? Sì, mi ricordo dei gingilli che Vorkov usava per modificare i bit power. Un attimo Yuriy –

Kai si alzò di scatto, come se un’idea tanto geniale quanto terrificante gli avesse fatto scattare le ginocchia. Takao lo guardò preoccupato, arraffando un’altra tartina con l’impressione che quello sarebbe potuto essere il suo ultimo pasto.

- Se in quell’edificio c’era una cosa del genere ... non è che Vorkov ha ricominciato i suoi esperimenti da schizzato?-

- è stata esattamente la mia conclusione –

- Ma certo ... al posto di esporsi in prima persona, faceva comprare degli immobili a terzi, e poi ci schiaffava dentro le sue cose ... sta creando altri bit power modificati?-

- Forse la situazione è peggiore di così –

- C’è davvero qualcosa di peggio?-

- Ho parlato con Sergej dopo che ha visto quella cosa. Lo conosco da una vita, e l’ho trovato completamente traumatizzato, mai vista una cosa del genere. Ma mi fido di lui, e gli ho creduto quando mi ha detto che quello non è un semplice bit power –

Kai deglutì. Azzardò la domanda, sperando che la risposta non fosse quello che pensava.

- E allora cosa ... –

- Non l’ho ancora detto a Boris e Ivan, ma ...quell’affare è umano. O almeno, questo è quello che pensa Sergej. Vorkov potrebbe aver... fuso un bit power con un essere umano –

 

...............

 

Andrew appoggiò la tazza di tè sul tavolino di vetro, elegantemente lavorato, allontanandosi da lì per non rischiare di macchiarlo di vomito. Represse l’istinto a fatica.

- Che ... schifo –

Gianni annuì, riconoscendosi nella stessa sensazione.

- Immaginati che gioia, guardare queste cose per strada senza neanche un posticino per vomitare –

- Sacré ... – Olivier sfogliò rapidamente le foto, per poi chiudere gli occhi e allontanarsi lentamente dalla loro vista.

- è orribile –

Gianni era arrivato a notte inoltrata, per la gioia del maggiordomo che era dovuto passare a prenderlo all’aeroporto. L’italiano era incredibilmente vigile; anche volendo, non sarebbe riuscito a prendere sonno.

I suoi amici capirono presto perché.

Il quadernino di Rosemary era aperto davanti a loro, rivelando tutto lo scempio che conteneva: tra formule chimiche e annotazioni di biologia in una scrittura ordinata ed elegante, volavano foto piuttosto macabre di parti del corpo spezzate, animali che sembravano morti, e persone su un lettino che avevano palesemente visto momenti migliori. In mezzo a quel parco degli orrori, c’era una specie di to do list a punti, con roba che neanche uno scienziato pazzo sarebbe stato capace di partorire.

Gianni lesse, tenendosi a distanza dalle foto.

- Un soggetto in salute ... assicurarsi che sia vivo ... verificare compatibilità, ma che è ‘sta roba? È terrificante!-

- Non possiamo, che ne sò, chiudere tutto, bruciarlo e fingere che non sia successo niente? Vi prego, ditemi di sì –

- Anche volendo Drew ... come fai a fare finta di niente? Insomma ... guarda qua!- Gianni gli sventolò il quaderno sotto al naso – Questa ... è follia! Ci avevi detto che Rosemary era una ragazza adorabile, non una specie di maniaco!-

Andrew afferrò il quaderno e lo lasciò cadere sul tavolo – Ma lo era! Questa non è roba sua, ci scommetto il titolo nobiliare! Ecco perché penso sia meglio bruciare tutto quanto finché siamo in tempo –

 - Ma qui ci sono delle foto di cadaveri!-

- Lo so!-

- Dobbiamo chiamare la polizia!-

- Lo soooo!-

- Silence!-

Il grido battagliero di Olivier frenò i bollenti spiriti. Il francese si ricompose, schiarendosi la voce con autorevolezza.

- Perché non ci pensiamo domani? È tardi, e tutto sarà più chiaro davanti a un buon croissant –

Gianni si andò a sedere accanto all’amico, ciondolando il capo addosso alla sua spalla.

- Fai anche due, Vier. Sono a pezzi –

 

..........

 

La sera era calata sul circo con il suo velo misterioso. Il sipario si era alzato, lo spettacolo si era consumato fra fuochi e nastri, accompagnato dallo scrosciare degli applausi.

Era una situazione impagabile, quella di essere acclamati dal pubblico, di sentir gridare il proprio nome sull’orlo del precipizio, appesi per un filo di stoffa colorata suo vuoto. E l’adrenalina che scorreva in corpo era tutto ciò di cui Julia aveva bisogno per sentirsi viva.

Accarezzò un’ultima volta la sua attrezzatura. Ci voleva una notte di riposo dopo tutti quegli applausi.

- Julieta –

Raul la apostrofò con la solita dolcezza. Lei rispose con una pacca sui capelli rossi.

- !Mi amor! Allora? –

- Cosa?-

- Hai visto quella ragazza che ti piace tanto tra il pubblico?-

Raul arrossì all’istante, seguendola verso la roulotte.

- Ma che dici ... –

- Non sono cieca, fratellino –

Lui deviò subito il discorso.

- Senti, mentre eri appesa al nastro ... –

- Mmmh ... non mi ricordare che sono dovuta scendere – La spagnola improvvisò una piroetta, chiudendo gli occhi per immaginarsi ancora sospesa – è così bello riuscire a volare –

Raul rise.

- Lo so, scema, lo so, lo faccio anche io –

- Ma io sono più brava – Gli fece la linguaccia – ?Entonces? Che dicevi?-

- Ecco ... – Raul tirò fuori dall’unica microscopica tasca dello sfavillante costume di scena un foglio ripiegato più volte – Me lo ha passato Anita. È arrivato per email poco fa –

- Dici la ragazzina che gioca a farci da segretaria?-

- Buona, Julieta, non la bullizzare –

- Hm – Julia srotolò il foglio, leggendone qualche parola – Chi l’ha inviato?-

- L’avvocato. Ah, io però non l’ho letto, quindi se non ci capisci qualcosa tu ... –

Raul si fermò di colpo. L’espressione di Julia si fece man mano più concentrata, finchè le sopracciglia tinte di trucco non si curvarono in un moto di improvvisa preoccupazione.

- Julia ... ?Que pasa?-

- Devo – Lei ripiegò il foglio, facendo un rapido dietro front verso il tendone – Devo chiamare una persona! Il mio telefono è nel camerino?-

- Sì, ma Julia ... –

- Torno subito!-

 

Il bip del telefono le squillò più volte all’orecchio.

Rispondi

Salutò con gli occhi qualche spettatore che si era attardato a complimentarsi con gli acrobati, elargendo sorrisi ai bambini che la indicavano adoranti.

Dai ...

- Iòb tvòiu mat –

Julia alzò gli occhi al cielo.

- Quanto ci metti a rispondere?!-

- Ma ... Julia?-

- E chi? La tua fata madrina?-

Si sentì Yuriy soffocare un secondo impropero, visto che il primo non era bastato.

- Ma che c’è? Sono le due di notte cazzo, voi non dormite mai?-

- Qua è ancora l’una, voi correte troppo –

- Senti Fernandez ... –

- Prima che attacchi con gli insulti, devo dirti una cosa –

- Spero per te che sia importante, perché qui abbiamo avuto una giornata di merda –

- è importante, ma non ti risolleverà il morale –

Prese il foglio, mettendoselo davanti agli occhi come se Yuriy potesse scannerizzarlo attraverso le sue retine fin dall’altra parte del mondo.

- Ho una lettera dell’avvocato –

- Se vi hanno denunciato e vuoi che tagliamo le gambe a qualcuno hai sbagliato numero –

­­­- Fammi finire! È l’avvocato di famiglia, è a proposito di Vince –

- ... chi?-

- Torres! Yuriy, por favor

- Ma che ne so di chi cavolo ... –

- Fammi parlare! È una lista di telefonate anonime che l’avvocato ha ricevuto sul cellulare di Vince negli ultimi due giorni, e ... – Fece una pausa, prendendo fiato senza sapere come spiegare quello che stava leggendo.

- ... e? Fernandez?-

- Non sono cose belle Yuriy, qui si parla di ... di pagamenti, ma ... –

- Parla chiaro, non abbiamo tutta la notte –

- L’avvocato ha scritto che parlavano tutti di conti da saldare per il trasporto di ... merce – Prese fiato, e prima che Yuriy potesse di nuovo infilarsi nella frase terminò con un soffio – Merce umana-

 

 

La  mattina seguente il risveglio, per chi di notte aveva dormito, fu traumatica.

Boris allungò la mano verso l’agognato pacco di biscotti, protagonista indiscusso delle sue colazioni in qualunque parte del mondo si trovasse. Tanto più quando era a casa, nel suo adorato clima impietosamente gelido, dove poteva comprare la sua marca di biscotti al cacao preferita invece di dover sperare di azzeccarne una commestibile tra i colori sfavillanti dei supermercati inglesi.

Ivan si trascinò in cucina bofonchiando un ‘giorno, tenendo già sottobraccio un computer. Yuriy e Boris avevano scommesso che ci dormisse con quello, ma ancora le leggende non avevano trovato risposta.

- ‘Giorno –

- Caffè?-

Boris annuì.

- Potevi anche prenderti la sbatta di farlo – Sussurrò Ivan.

- Vedo che la parte acida del tuo cervello si sveglia presto –

Il più piccolo gli scoccò un’occhiata tra il sonno e l’odio.

- Sono le ... – guardò di sfuggita l’orologio sul microonde – Dieci della domenica mattina –

- Mbè? È un buon orario per cominciare a litigare. Anzi – Boris agitò un biscotto verso l’amico – Siamo anche in ritardo sulla tabella di marcia –

Poi suonò il citofono. Ivan sobbalzò, preso alla sprovvista dall’orribile e altissimo trillo che ricordava vagamente i primi accordi di Per Elisa.

- Chi cazzo è a quest’ora ... –

Spiaccicò gli occhi sulla videocamera che dava all’esterno. Non voleva ammetterlo, ma stare al computer 7 giorni su 7 gli stava facendo calare drasticamente la vista. Questo non gli impedì di riconoscere al volo la montagna che si stagliava fuori dal portone del condominio.

- C’è Sergej – Annunciò laconico, preso alla sprovvista.

Boris riemerse dalla cucina, inforcando due presine di plastica a forma di testa di coccodrillo.

- Sergej?-

Ivan pigiò il tasto per aprire il portone.

- Eh. Sì –

- E cosa ... –

- Ah, non chiederlo a me –

Poi gli passò di fianco, andando a mettere sul fuoco un’altra moka bofonchiando tanto casa mia è diventata un albergo.

Boris andò ad aprire la porta, sempre con le mani infilate nelle presine, trovandosi davanti Sergej così all’improvviso che si chiese se all’università non insegnassero anche il teletrasporto.

- Ser – Fece, squadrandolo dalla punta dei capelli fino alle scarpe – Che hai fatto amico? Mi sembri ... – Si soffermò sulla maglietta a mezze maniche frettolosamente infilata nei jeans, che per la prima volta da anni stava rimpiazzando una camicia nell’outfit di Sergej - ... Strano – Concluse, non trovando una parola più adatta.

L’ospite non fece caso né a lui, né alle presine a forma di coccodrillo.

- Yuriy ve lo ha detto?- Soffiò, con il fiatone di chi ha corso cinque rampe di scale in un minuto.

- ... Che saresti venuto? Beh, no, ma ... eccoti qua! – Boris gli fece strada, indicando la cucina – Ivan sta mettendo su dell’altro caffè, ma forse una siringa di anestetico andrebbe meglio –

- Quel bitpower – Sergej afferrò Boris per la spalle, penetrandolo con gli occhi – Ve ne ha parlato?-

Boris rimase fermo a guardarlo come se fosse suonato, con le presine alzate in segno di resa.

- Il ... che?-

- No –

In corridoio si materializzò anche l’ultimo componente del gruppo in tuta, occhiaie e capelli scompigliati, e se ci si avvicinava abbastanza si poteva anche vedere l’impronta del cuscino sulla guancia. Yuriy nascose uno sbadiglio nel dorso della mano.

- Non gliel’ho detto –

- Come? Cosa? –

- Due giorni fa ... –

- Fermi tutti!- Boris prese le distanze dai due soggetti che lo stavano facendo ammattire.

- Raccontate con ordine –

Yuriy avrebbe voluto tentare un approccio diplomatico, reduce anche dalla chiamata notturna con la Fernandez che gli aveva lasciato altre cattive notizie da annunciare. Ma evidentemente in quei giorni Sergej aveva perso tutta la diplomazia di cui naturalmente disponeva.

- Vorkov ha ricominciato gli esperimenti sui bit power –

Già questo bastava a incrinare la tranquilla domenica che tutti si erano augurati quella mattina. Boris sbatté le palpebre un paio di volte, passando gli occhi tra Sergej e Yuriy.

- Di nuovo? Ma non si arrende mai!-

Ma le brutte notizie non erano finite. Sergej scosse il capo, facendosi un po’ più pallido.

- Non hai capito –

Boris lo guardò stupefatto.

- In che senso?-

- Ha fuso un bit power con un ... un essere umano –

Il suo sguardo , estremamente serio, era lo stesso riflesso negli occhi di Yuriy.

- ... Starai scherzando –

Passò qualche secondo, ma non entrò nessuno urlando candid camera, e nessuno si mise a ridere rompendo l’atmosfera pesante e opprimente. Ivan si affacciò dalla cucina, ripetendosi in testa le ultime parole che aveva sentito.

- L’ho visto con i miei occhi –

- Ma come ... chi ... –

- C’è un’altra cosa –

Yuriy si fece attento – C’è dell’altro? –

Sergej chiuse gli occhi, riorganizzando una frase che avesse senso logico.

- Nella vasca dove era contenuto quel ... quell’essere, c’era un nome. Bambina

Un brivido li percorse tutti.

-  è Rose. È lei l’esperimento. Lo ha fatto su di lei –

  
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