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Autore: Josy_98    05/08/2021    0 recensioni
Prima di incontrarsi con la compagnia dei nani alla casa dello hobbit, Gandalf fece visita a una vecchia amica chiedendole di mantenere una promessa fatta tanti anni prima. Quella giovane, che così giovane non è, si troverà così costretta a partecipare a un viaggio corrispondente a un doloroso e continuo tuffo nel passato, in mezzo a ricordi che l'intera Terra di Mezzo ha dimenticato. Per non parlare della verità celata dietro alla sua natura: la sua parte di elfo, razza disprezzata da Thorin e i nani, non è la peggiore. Una realtà molto più oscura, infatti, la segue come un'ombra che non si è ancora rivelata.
Estratto dal primo capitolo:
"Perchè lo fai?"
Lei si voltò verso di lui. "Non è ovvio?" chiese. Al silenzio del nano sospirò. "Conoscevo tuo padre, e conoscevo tuo nonno. Erano entrambi miei amici. Ho fatto loro una promessa e intendo mantenerla." disse.
"C'è qualcos'altro." ribattè lui. "Qualcosa che non mi hai detto."
"Sono tante le cose che non ti ho detto." rispose.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Compagnia di Thorin Scudodiquercia, Gandalf, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia, Thranduil
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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9. Un'accoglienza calorosa
 
Stava calando la sera, mentre la chiatta si faceva largo attraverso le placide acque del lago; a bordo il silenzio governava ogni angolo. L’umano guidava con maestria in mezzo ai piccoli blocchi di ghiaccio che galleggiavano sulla superficie dell’acqua, mentre i nani e lo hobbit osservavano il paesaggio ricoperto di nebbia, a causa della quale non riuscivano a scorgere niente più che un paio di metri d’acqua. Lumbar sostava a prua, lo sguardo fisso davanti a sè ma la mente persa in ricordi lontani. Da quando erano partiti non aveva ancora dato spiegazioni, piombambo in quel mutismo perso che spesso la coglieva, e nessuno aveva avuto il coraggio di porgerle alcuna domanda.
«Attenzione!» esclamò a un certo punto Bofur, aggrappandosi a una cima, quando delle enormi rocce apparvero attraverso la nebbia che li circondava. Erano rovine.
«Che stai cercando di fare? Affogarci?» domandò Thorin all’uomo.
«Sono nato e cresciuto in queste acque, mastro nano.» rispose lui continuando a governare la barca attraverso le rovine. «Se volessi affogarvi, non lo farei qui.» concluse con una sincerità disarmante.
«E basta con questo sfrontato uomo di lago.» si lagnò nuovamente Dwalin. «Gettiamolo dalla barca e facciamola finita.»
«Bard. Il suo nome è Bard.» lo corresse Bilbo, scocciato.
«Come lo sai» chiese Bofur, curioso.
«Ah… gliel’ho chiesto.» rispose semplicemente lo hobbit.
«Non mi interessa come si chiama. Quello non mi piace.» continuò imperterrito Dwalin.
«Non ci deve piacere per forza.» gli fece notare il fratello mentre contava le monete che avrebbero dato all’uomo come compenso. «Dobbiamo soltanto pagarlo. Su, forza ragazzi. Svuotate le tasche.»
«Come sappiamo che non ci tradirà?» domandò Dwalin a Thorin mentre gli altri tiravano fuori il denaro.
«Non lo sappiamo.» rispose Thorin.
«C’è solo un piccolo problema.» li bloccò Balin. «Ci mancano dieci monete.»
Thorin incrociò le braccia. «Gloin.» disse posando lo sguardo su di lui. «Avanti. Dacci quello che hai.»
«Non guardate me.» protestò il rosso, di rimando. «Io sono stato dissanguato da quest’avventura. Che ho ottenuto dal mio investimento?» continuò mentre gli altri nani si alzavano e osservavano incantati a prua, oltre Lumbar. «Nient’altro che miseria e dolore e…» si bloccò e seguì lo sguardo dei compagni. «Per la mia barba!» tirò fuori un sacchettino con delle monete e lo passò a Balin. «Prendi. Prendi tutto quanto.» disse commosso dalla vista della Montagna che era spuntata attraverso la nebbia, così vicina.
«Mancano ancora tre monete.» disse Balin dopo averle contate.
Lumbar mise una mano in uno dei sacchetti appesi alla cintura e tirò fuori le tre monete mancanti, che porse al nano senza distogliere lo sguardo da davanti a sè. Gli altri la osservarono senza parole: non si aspettavano che pagasse anche lei, ma accettarono le monete in silenzio.
In quel momento Bilbo si schiarì la voce, facendo notare ai nani che Bard si stava avvicinando a loro.
«Il denaro, presto, datemelo.» disse risoluto.
«Ti pagheremo quando avremo le nostre provviste, non prima.» rispose Thorin.
«Se apprezzate la libertà farete come vi dico.» ribattè l’uomo.
«Ci sono guardie più avanti.» Lumbar attirò la loro attenzione davanti a sè dove, attraverso la nebbia, si poteva intravedere Pontelagolungo. Questo li convinse a fare come gli era stato detto, mentre Lumbar si rimetteva il cappuccio.
Bard fece rientrare i nani dentro i barili e lasciò Lumbar fuori, dopotutto l’avevano già vista in città anni prima quindi non si sarebbero preoccupati di lei, e attraccò al molo dei pescatori poco fuori Pontelagolungo.
«Aspetta qui.» le disse.
Lumbar sapeva cosa volesse fare l’arciere, così annuì e rimase in attesa, osservandolo scendere dalla chiatta e andare a parlare con un pescatore.
“Sh. Che sta facendo?» domandò a un certo punto Dwalin, infastidito, zittendo i bisbigli dei compagni.
«Parla con qualcuno.» rispose Bilbo prima di lei, probabilmente spiando attraverso un buco del suo barile.
«E che succede?» chiese un altro nano.
«Sta… puntando il dito verso di noi.» concluse lo hobbit, agitandosi.
Effettivamente era ciò che Bard stava facendo in quel momento, ma non per quello che stavano sicuramente pensando i nani. Lei salutò il pescatore con un cenno della mano e i due si scambiarono qualche altra parola.
«Ora si stringono la mano.» riprese a dire Bilbo, osservando i due uomini.
«Cosa?» bisbigliò Thorin.
«Che canaglia.» commentò Dwalin. «Ci ha belli che traditi.»
«Zitti e fermi.» li riprese Lumbar perfettamente calma. «E smettetela con queste paranoie. Lui non è il tipo che tradisce. E se fa un patto lo rispetta, non si rimangia mai la parola.»
«Tu come lo sai?» le chiese Thorin con uno strano tono.
«Lo conosco.» rispose semplicemente lei. «Ora zitti.» ripetè bloccando sul nascere altre domande da parte del nano.
Osservò con un malcelato sorriso i barili venire riempiti di pesce, sommergendo e nascondendo i nani e lo hobbit allo stesso tempo. Bard tornò a bordo e ripresero il viaggio, con i nani che facevano versi disgustati e Lumbar che alzava, di riflesso, gli occhi al cielo.
A un certo punto Bard diede un calcio a un barile.
«Silenzio.» bisbigliò zittendoli. Erano arrivati ai cancelli della città. «Siamo alla barriera per il pedaggio.»
Lumbar nascose l’arco e la faretra in modo che non li vedessero, facendo lo stesso con la spada che portava al fianco. I pugnali erano già nascosti negli stivali, quindi non se ne preoccupò.
Pontelagolungo si mostrava, ora, per ciò che era, senza la nebbia a mascherarla: un agglomerato di case di legno costruite su enormi palafitte, all’interno del lago, con ponticelli e pontili a collegare le varie piattaforme di legno. C’erano addirittura delle piazze, anche se poche e decisamente più piccole di quanto sembrasse.
Percorsero qualche altro metro sull’acqua, avvicinandosi al cancello, quando una voce li fece fermare. «Alt. Ispezione merci.» un uomo prese una lanterna e si fece avanti dal pontile. «Documenti per favore.» l’arciere fermò la chiatta accanto a lui. «Ah, sei tu Bard.» commentò quando lo riconobbe.
«Giorno Percy.» rispose lui.
«Niente da dichiarare?» domandò il guardiolo.
«Niente.» confermò Bard avvicinandosi all’uomo. «Se non che sono intirizzito e stanco. E ho voglia di casa.» aggiunse porgendogli i documenti.
«Io uguale a te.» commentò Percy rientrando nel suo gabbiotto per controllare e timbrare i documenti. «Ecco fatto.» disse porgendogli il foglio. «Tutto in ordine.»
«Non così in fretta.» si intromise un uomo vestito di nero e dall’aspetto viscido, prendendo il permesso. «Consegna di barili vuoti dal Reame Boscoso.» Bard lanciò un’occhiata a Lumbar. «Solo che...» continuò l’uomo avanzando. «…non sono vuoti.» disse facendo cadere il foglio alle sue spalle. «Non è vero, Bard?» domandò retorico. «Se mi rammento bene tu hai la licenza di chiattaiolo, non di pescatore.» concluse fermandosi a una spanna da lui.
«Non sono affari tuoi.» rispose Bard.
«Sbagliato.» disse il viscido. «Sono affari del Governatore, pertanto sono affari miei.» concluse.
«Oh, avanti Alfrid, abbi cuore. La gente deve mangiare.» protestò Bard.
«Questo pesce è illegale.» concluse Alfrid tornando sul molo. «Svuotate i barili fuori dalla barca.» ordinò ai soldati che si era portato dietro.
«Avete sentito? Nel canale.» disse il capo delle guardie di Pontelagolungo. «Forza. Sbrigatevi.» continuò mentre quattro soldati salivano sulla chiatta e si avvicinavano ai barili.
«La gente di questa città fa fatica. I tempi sono duri.» riprese Bard lanciando a Lumbar un’occhiata più preoccupata della precedente. «Il cibo scarseggia.»
«Non è un problema mio.» commentò piatto e insensibile Alfrid.
A quel punto Lumbar si fece avanti, attirando l’attenzione degli uomini. «Ma quando la gente sentirà che il Governatore ributta i pesci nel lago…» disse. «…quando inizierà la rivolta…» continuò facendo paura ad Alfrid. «…sarà un problema tuo allora.»
Alfrid spalancò gli occhi. «Fermi!» disse dopo qualche secondo di riflessione, fulminandola con lo sguardo e bloccando i soldati che avevano cominciato a svuotare alcuni barili.
I soldati rimisero i barili a posto e  scesero dalla chiatta.
«Sempre il campione del popolo eh, Bard?» riprese mellifluo Alfrid. «Il protettore della gente comune. Avrai anche il loro favore come chiattaiolo ma non durerà.» poi si rivolse a Lumbar. «E tu chi saresti per metterti in mezzo agli affari del Governatore?» domandò sgarbato, come suo solito.
Lei sorrise da sotto il cappuccio. «Lumbar.» Alfrid impallidì. «E dubito che Bard perderà il favore del popolo. Mi ricordo di te, sai? Anche se allora non eri nella posizione in cui sei adesso e mendicavi per un po’ di cibo.» gli rammentò facendolo diventare ancora più bianco. “Ricorderai, spero, che è mia abitudine portare cibo quando vengo a fare una visita.» lui osservò il pesce, poi annuì. «Allora non ci sono problemi.» concluse facendogli cenno di andarsene.
Lumbar, infatti, ogni volta che passava da Pontelagolungo, sapendo le condizioni in cui viveva la gente, si premurava di procurare loro del cibo in più; era un modo per aiutarli a sopravvivere, e le dispiaceva non poter contribuire in maggior misura.
Bard, al suo fianco, sospirò mentre Alfrid passava accanto a Percy.
«Alza la chiusa!» ordinò il guardiolo con un sorriso in volto. «È un piacere rivederla, milady.» la salutò.
Lei gli sorrise apertamente, tanto che si notò nonostante il cappuccio. «Sempre troppo gentile, Percy.» commentò mentre Bard faceva avanzare lentamente la chiatta.
«Il Governatore ti tiene sott’occhio.» disse Alfrid minacciando Bard, dopo essere tornato indietro di qualche passo. «Farai bene a ricordartelo. Noi sappiamo dove vivi.»
Lumbar e Bard si scambiarono uno sguardo. «È una piccola città, Alfrid. Tutti sanno dove vivono tutti.» chiuse la conversazione l’arciere mentre passavano sotto il cancello.
 

 
****

 
Mentre il sole sorgeva sulla città, e il popolo si svegliava, serpeggiarono attraverso i canali e attraccarono la chiatta a una banchina isolata e quasi completamente deserta. Si assicurarono di non essere osservati e Bard ribaltò un barile sulla chiatta, spargendo il pesce sul ponte e facendo uscire un Oin tossente.
Lumbar si limitò a dare qualche colpetto sul barile di Thorin e, nello stesso istante in cui Bard stava per rovesciare il secondo, la testa di Dwalin spuntò in mezzo al pesce.
«Non t’azzardare a toccarmi.» disse contrariato da quella situazione mentre si liberava, seguito dagli altri nani e dallo hobbit.
Un uomo li stava osservando, confuso e Bard gli diede una moneta mentre la ragazza si assicurava che i nani e Bilbo stessero tutti bene. «Tu non li hai visti, non sono mai stati qui.»
«Il pesce puoi averlo gratis.» aggiunse Lumbar mentre i nani scendevano dalla chiatta.
L’uomo annuì e i due si diressero verso gli altri, che li aspettavano dietro a una casa. Bard li superò a passo spedito, lanciandole un’occhiata: sapevano entrambi, infatti, che Alfrid non avrebbe lasciato perdere facilmente e avrebbe cercato di infastidirlo, quindi dovevano stare ancora più attenti.
«Statemi vicino.» si raccomandò, superandoli e immettendosi nel via vai di persone mattutino tipico di quella città. «Seguitemi.»
«Cos’è questo posto?» domandò Bilbo da dietro l’angolo della casa mentre Lumbar, Thorin e Dwalin gli passavano accanto.
«Questo, mastro Baggins, è il mondo degli uomini.» rispose Thorin seguendo Bard.
«E neanche il più sfarzoso.» aggiunse Lumbar andandogli dietro, il resto della compagnia subito dopo di loro, pensando a Rohan, a Gondor, o anche solo all’antica città di Dale prima che venisse distrutta da Smaug. Pontelagolungo non era niente in confronto alla bellezza della vecchia città degli uomini.
«Testa bassa e muovetevi.» aggiunse Bard, riprendendo le sue raccomandazioni. «Fate presto.»
Li stava facendo passare davanti a lui, assicurandosi che nessuno rimanesse indietro, quando una guardia li vide da poco lontano.
«Alt!» urlò facendoli bloccare sul posto. «Ehi!»
«Forza, muoviamoci.» li spronò Thorin a bassa voce.
«In nome del Governatore, vi ho detto “Alt!”.» continuò a urlare il soldato, cominciando ad avvicinarsi e attirando altre guardie.
I nani e lo hobbit si infilarono in mezzo al mercato, mentre Bard cercava di capire cosa stesse succedendo. Lumbar osservava, in attesa del momento giusto per intervenire, se fosse stato necessario.
«Alt!» continuava a urlare il soldato. «Fermatevi!»
I nani, ovviamente, non lo ascoltarono, e proseguirono la loro fuga attraverso le bancarelle, finendo in una stradina; dall’altra parte, però, apparve un altro soldato.
«Voi!» gridò loro contro.
Nello stesso istante Thorin frenò la sua corsa, facendo frenare addosso a lui anche gli altri.
«Indietro!» ordinò ai suoi compagni.
«Venite qua!» urlò loro il soldato.
Sopraggiunse la prima guardia, alle loro spalle, che venne messa fuori gioco da Ori: il ragazzo gli diede uno spazzolone per pulire i pavimenti in faccia, facendolo cadere su Gloin che, accovacciato per terra, gli fece perdere l’equilibrio. Il secondo soldato, invece, venne fatto sbattere, grazie a uno sgambetto, su un palo con la testa, mentre Bard sopraggiungeva, e venne colpito da Balin ai gioielli di famiglia con un bastone e da Thorin in testa, facendolo svenire. Una terza guardia fu stesa da Fili e Kili che, mentre correva, la fecero inciampare in una corda che tenevano tesa a pochi centimetri da terra, facendola poi svenire con una padellata in testa.
La gente li osservava sorpresa, ma silenziosa, e tornò alle proprie faccende appena nella piazza apparve il capo delle guardie seguito da un manipolo di soldati.
«Che succede qui?» domandò burbero. «Rimanete dove siete. Nessuno se ne va.» ordinò.
Lumbar fece un gesto ai nani per farli stare in silenzio e nascosti, poi si mise accanto a Bard, al riparo da una colonna di legno di una casa.
Il capo delle guardie cominciò a camminare in giro per il mercato, guardandosi intorno nel silenzio generale, quando Bard e Lumbar gli si avvicinarono.
«Braga!» lo salutò Bard. «Sauri.» aggiunse riferito al secondo.
«Tu…» disse Braga studiandolo attentamente. «Che combini, Bard?»
L’arciere lo guardò con un’espressione innocente. «Io? Niente. Non faccio niente.» disse mentre una ragazza faceva cadere volontariamente, e discretamente, un vaso di fiori dalla sua bancarella, colpendo in testa una guardia che si stava svegliando. Purtroppo il suono aveva messo in allarme Braga.
«Già…» disse, infatti, superandolo con una spallata.
Quando, però, arrivò nella zona della bancarella non trovò niente: la ragazza e la sua vicina avevano coperto le guardie svenute, in modo che i soldati non le vedessero.
«Ehi Braga.» lo chiamò Bard mostrandogli una specie di veste da notte bianca e indecente. «A tua moglie starebbe benissimo.» disse disinvolto.
Braga fece qualche passo in avanti. «Che ne sai tu di mia moglie?»
Bard lasciò cadere una parte della veste, tenendola con una sola mano, e lo osservò con quella finta faccia da innocente e Lumbar, accanto a lui e poggiata a una trave, dovette trattenere le risa.
«La conosco bene, come gli altri uomini di qui.» continuò la recita Bard fingendo naturalezza e ingenuità.
Braga gli strappò la veste e la sbattè sulla bancarella, lo sguardo infuriato dopo aver capito a cosa si riferisse, e passò loro accanto senza dire una parola, andandosene seguito dai suoi uomini. Bard sospirò di sollievo e Lumbar non riuscì più a trattenere le risate. L’uomo si voltò a guardarla confuso, mentre la sua risata cristallina riempiva l’aria intorno a loro.
«Era da tanto che non ti vedevo usare quel faccino.» spiegò lei cercando di riprendersi. «Anni proprio. Hai ancora la stessa lingua lunga di quando eri solo un ragazzino.» concluse sorridendo.
Lui ricambiò il sorriso, poi entrambi tornarono seri e fecero cenno ai nani di seguirli in fretta. Si incamminarono attraverso case e stradine poco trafficate, fino a quando un ragazzino non venne loro incontro.
«Pà!» esclamò fermandosi davanti a loro. Era preoccupato. «La nostra casa è sorvegliata.»
Thorin si fermò accanto a Lumbar, preso in contropiede da quella notizia. La ragazza e Bard si osservarono, cercando una soluzione al problema, quando a lei venne un’illuminazione.
«Io avrei un’idea…» mormorò. «E non vi piacerà per niente.» ammise, rivolta ai nani e guardando solo Thorin che la incoraggiava a parlare. «Ma credo sia l’unica possibilità che abbiamo.» concluse.
«Perchè dici che non ci piacerà?» chiese Dwalin, guardingo.
Lei sospirò. «Perchè è decisamente peggio del pesce.»
«Ma certo!» esclamò Bard facendoli voltare. «Sei un genio. Nessuno li vedrebbe entrare da lì.»
«Perchè nessuno penserebbe mai a una cosa del genere.» gli fece notare lei. «Mi fa schifo anche solo averla pensata.»
«Se pensi che sia l’unico modo, io ti credo.» le disse Thorin prendendole la mano, come a infonderle la forza di rivelare loro il suo piano.
«Thorin…» lei non sapeva come dirlo. «È veramente disgustoso, come piano. Non so se sia una buona idea…»
«Avanti.» intervenne Dwalin. «Sputa il rospo.»
E lei lo fece.
Tra borbottii schifati, lamenti infastiditi e le sue continue scuse, misero in atto ciò che la ragazza aveva pensato: farli passare dalle acque di scarico ed entrare in casa dal gabinetto. Come aveva detto lei, era un piano disgustoso. E come aveva detto Bard, era geniale.
L’uomo, il ragazzo e Lumbar non ebbero bisogno di quello stratagemma: i primi due vivevano lì e della terza tutti sapevano la presenza, quindi non sarebbe stato strano vederla entrare in casa loro.
Dopo aver lasciato i nani nel punto nascosto da cui sarebbero giunti all’abitazione di Bard i tre si diressero, tranquilli e in silenzio, a casa dei due uomini. Si fermarono per prendere qualcosa da mangiare da una bancarella, giusto per fare scena, e ripresero a camminare. Salite le scale Bain, il ragazzo, aprì la porta ed entrò, mentre Lumbar faceva un cenno a Bard indicandogli due uomini che pescavano su una barca sotto di loro. Bard prese una mela dalla borsa che aveva in mano e lei fischiò, attirando l’attenzione di uno dei due uomini.
«Dì al Governatore che per oggi ho finito.» gli disse Bard lanciandogli la mela, poi entrambi entrarono in casa.
«Pà!» una bella bambina di una decina d’anni gli corse incontro per abbracciarlo. «Dove sei stato?»
«Padre! Eccoti qua. Ero preoccupata.» una ragazza di circa quindici anni fece lo stesso.
Lui ricambiò l’abbraccio di entrambe, poi passò alla grande la borsa e guardò fuori dalla finestra.
«Bain, falli entrare.» disse al figlio, che si mosse per eseguire.
Dopo qualche secondo i nani salirono le scale che dal gabinetto portavano alla cucina e al resto della casa.
«Perchè i nani escono dal nostro gabinetto?» chiese la ragazza.
«Ci porteranno fortuna?» domandò la piccola, con innocenza.
«Temo che sia colpa mia, Sigrid.» rispose Lumbar, facendole voltare di scatto. «Ho chiesto aiuto a tuo padre.»
Quando la riconobbe, la maggiore sgranò gli occhi. «Lumbar? Sei davvero tu?» mormorò incredula.
«Sei diventata una ragazza bellissima.» rispose lei, facendo venire gli occhi lucidi alla giovane.
Sigrid corse ad abbracciarla, non la vedeva da anni. Lumbar ricambiò osservando Bain da sopra la spalla dell’altra e che, nel frattempo, le aveva raggiunte insieme ai nani e allo hobbit.
«Ciao Bain, scusa se non ti ho salutato prima.» gli disse. «È davvero bello rivederti.»
«Non preoccuparti.» rispose lui. «Stai bene? Non ti vediamo da tanto.»
Lei annuì.
«Scusa, ma tu chi sei?» domandò la piccola Tilda, innocentemente, osservandola.
Lumbar ricambiò lo sguardo, tranquilla, dopo aver sciolto l’abbraccio con Sigrid. «Una vecchia amica di tuo padre e dei tuoi fratelli. Quando ci siamo conosciute eri molto piccola, quindi è normale che non ti ricordi di me.»
«Sei quella che ha provato ad aiutare la mamma, vero?» domandò la piccola prendendola in contropiede e facendo calare il gelo nella stanza.
Tilda era davvero sveglia, per la sua età. Anche perchè nessuno le aveva mai detto chi fosse la donna che li aveva aiutati quando la madre era morta.
«Tilda!» la richiamò il padre.
Lo sguardo di Lumbar si adombrò, ma fece comunque un gesto con la mano per tranquillizzarlo. Stavano ancora entrambi male, per ciò che le era successo, ma non potevano prendersela con la bambina.
I nani non le toglievano gli occhi di dosso, ancora più curiosi di scoprire cosa la legasse a quegli umani e le dinamiche del loro rapporto.
«Sì, piccola.» rispose alla fine Lumbar, abbassandosi al livello di Tilda. «Era mia amica, certo che ho provato ad aiutarla. Mi dispiace di non aver potuto fare niente per fartela conoscere.»
Tilda scosse il capo. «Non importa.» disse. «Io ho il mio papà. E Sigrid. E Bain. Parlano spesso della mamma, ed è come se anche lei fosse qui.»
Lumbar le accarezzò una guancia con la punta delle dita. «Tu le assomigli molto, aveva la tua stessa dolcezza. Devi esserne fiera.»
La piccola annuì, poi lei volse lo sguardo verso i suoi compagni e scoppiò a ridere: erano bagnati dalla testa ai piedi, ricoperti di acqua sporca e liquami puzzolenti.
«Non una parola.» ringhiò Dwalin in risposta alla sua reazione.
Lei sollevò le mani in segno di resa poi si rivolse a Bard, alzandosi in piedi. «Hai qualcosa di asciutto da far loro indossare?»
L’arciere annuì e si defilò dalla stanza insieme alle sue figlie. Tornarono con dei vestiti asciutti e delle coperte che distribuirono ai nani che, nel frattempo, cercavano di scaldarsi con il calore del fuoco nel camino o come potevano.
Thorin guardava fuori da una finestra, solo, e Lumbar gli si avvicinò senza dire una parola. Sembrava perso in dei ricordi. Lei si fermò alle sue spalle, nemmeno sicura che lui si fosse accorto della sua presenza, e cominciò a pettinargli delicatamente i capelli bagnati con le dita, rispettando il suo silenzio.
Fu lui a romperlo, dopo qualche minuto.
«Ricordo quando ero io a farlo a te.» le disse, sorprendendola. «Ricordo quanto mi piaceva.»
Lei sospirò, continuando a far passare le mani tra le ciocche scure dei suoi capelli. «Cos’altro ricordi?» mormorò, quasi impaurita dalla sua risposta.
Sapere che lui ricordava le faceva sentire una speranza persa da tempo. Le faceva vedere una luce in mezzo a quell’oscurità in cui viveva da quando lo aveva lasciato andare. E allo stesso tempo le faceva aumentare la paura che fosse solo un’illusione e che il suo incantesimo non si sarebbe mai spezzato.
Lui non si voltò, ma si fece più vicino alla ragazza ritrovando quel calore familiare che, nonostante l’incantesimo, non aveva mai davvero dimenticato.
«Ricordo la prima volta in cui vidi il tuo sorriso. Ero solo un bambino, all’epoca, e avevo fatto uno scherzo a mio fratello facendo arrabbiare mio padre. Sosteneva che non mi stessi comportando come un bravo principe, ma tu sorridesti e scuotesti la testa; dicesti che mi stavo comportando come ogni bambino dovrebbe fare e che facevo bene, perchè per essere un bravo principe avevo tempo. Già allora quel sorriso era la cosa più bella che avessi mai visto.» si zittì per qualche secondo, poi riprese. «Ricordo le tue lezioni, e la tua intransigenza quando insegnavi, così come la solarità che ti caratterizzava anche in quei momenti. Ricordo la tua amicizia con mio padre e con mio nonno. Ricordo come il popolo ti amasse nonostante tu non fossi una nana. Ricordo quando mi sono reso conto di amarti e sono andato da Dwalin per sapere come comportarmi, perchè tu sembravi disinteressata e io non riuscivo a ignorare quello che sentivo. E ricordo quando ho cominciato a corteggiarti, nonostante tu non lo vedessi.» sospirò. «Ricordo la nostra prima litigata, quando ci siamo urlati contro di amarci e poi ci siamo abbracciati dopo esserci ignorati per settimane. E ricordo il nostro primo bacio durante la caccia nel bosco, dopo che eri rimasta ferita. Ricordo la nostra radura.» la mano di lei tremò, in mezzo ai suoi capelli. “Ricordo i nostri bagni al chiaro di luna, di nascosto da tutti. E ricordo le nostre chiacchierate, in ogni momento della giornata, su qualunque argomento volessimo. Ricordo molte cose, ma non ricordo l’attacco di Smaug... nè la tua morte.» concluse con un sospiro sconfortato.
Per quanto avesse ricordato, infatti, il non sapere come fossero andate veramente le cose quei giorni gli dava fastidio. E il fatto che Balin ci riuscisse, invece, lo irritava più di quanto volesse ammettere. Gli lasciava una strana sensazione nel petto che non riusciva a scacciare. Era come se sapesse che fosse successo qualcosa di importante che doveva assolutamente ricordare. A ogni costo.
Lumbar smise di accarezzargli i capelli e lui voltò la testa per osservarla. Aveva gli occhi lucidi. Contro tutto quello che pensava, lui aveva cominciato a ricordare davvero, non era un’illusione, e lei non poteva che esserne grata e felice. E non le importava che non ricordasse cosa fosse successo il giorno in cui arrivò Smaug. Non le importava dover mantenere ancora quel segreto, rimasto in sospeso tanto a lungo. E non era sicura di volere che lui ricordasse il momento in cui era morta e gli aveva fatto dimenticare di loro. Non voleva che provasse ancora quelle emozioni devastanti. Così si limitò ad avvolgergli le braccia attorno alle spalle, finendo con le mani sul suo petto che lui strinse tra le sue.
Lei gli diede un bacio sulla tempia. «Ricordi già tanto, Thorin.» mormorò con le labbra sulla sua pelle, mentre una lacrima le scivolava sulla guancia. «Ricordi molto più di quanto io abbia mai sperato. E non potrei che esserne felice.»
Lui rimarcò la stretta sulle sue mani e voltò nuovamente la testa verso la finestra, mentre lei appoggiò la sua su quella del nano. Si godettero quel momento di serenità e nostalgia in silenzio, pregando che durasse il più a lungo possibile.
Purtroppo, qualcosa all’esterno attirò lo sguardo del nano, che si sporse verso il vetro leggermente aperto per vedere meglio.
«Una lancia del vento nanica.» sussurrò incredulo rompendo la loro piccola e fragile bolla.
Lumbar seguì il suo sguardo e annuì.
«Sembri uno che ha visto un fantasma.» disse Bilbo attirando la loro attenzione.
Lo hobbit, infatti, si era avvicinato a loro senza che se ne accorgessero, e ora li osservava tenendo in mano una tazza fumante.
«È così.» confermò Balin, affiancandolo. «L’ultima volta che abbiamo visto una tale arma una città andava a fuoco. Fu il giorno in cui arrivò il drago.» Lumbar strinse, senza accorgersene, la presa su Thorin. «Il giorno in cui Smaug distrusse Dale, Girion, il Signore della città, radunò i suoi arcieri per colpire la bestia. Ma la pelle del drago è dura, più dell’armatura più resistente.» continuò il vecchio nano sotto lo sguardo attento di Bilbo. «Solo una freccia nera partita da una lancia del vento poteva trafiggerne la pelle. E poche di quelle frecce furono realizzate. La scorta si andava riducendo quando Girion tentò l’ultima resistenza.»
«Se la mira degli uomini fosse andata a segno.» mormorò Thorin. «Molte cose sarebbero cambiate.»
«Parli come se ci fossi stato.» osservò Bard dietro di loro facendoli voltare.
«Tutti i nani conoscono il racconto.» ribattè lui, nascondendogli chi fosse.
«Allora saprai che Girion colpì il drago.» intervenne Bain. «Gli allentò una squama sotto l’ala destra. Ancora un colpo e avrebbe ucciso la bestia.»
Dwalin rise sommessamente, le braccia incrociate. «Quella è una favola, giovanotto. Niente di più.»
«La lancia del vento è stata recuperata dalle macerie di Dale dopo che fu distrutta da Smaug. È l’unica sopravvissuta.» intervenne Lumbar attirando i loro sguardi.
«Tu come lo sai?» domandò Bard.
«Io c’ero.»
«Che cosa?» chiese Bain incredulo.
«Ho molti più anni di quelli che dimostro.» minimizzò lei. «Ero qui quando è successo. Ho visto la devastazione. E ho aiutato come ho potuto.» concluse distogliendo lo sguardo e puntandolo fuori dalla finestra, liberando allo stesso tempo Thorin dalla sua stretta. Sembrava che all’improvviso non avesse più energie e tutti la osservavano in attesa che continuasse. «Tu non c’eri Bain, e non puoi capire. Quello che dici su Girion può essere vero come può non esserlo, ma non ha importanza. Smaug è sopravvissuto e ha portato la morte con sè, incurante delle vite che toglieva. Quel giorno, mentre succedeva, nessuno si preoccupava di verificare se Girion avesse davvero allentato una squama del drago. Erano tutti troppo impegnati a cercare di sopravvivere, o di salvare qualcuno. Fermarsi e pensare non era un’opzione.» sospirò. «E quando, alla fine, il drago si è ritirato all’interno della Montagna, e la polvere e la cenere si sono posate, sono cominciati i pianti disperati di chi aveva perso tutto e solo dopo abbiamo cominciato a fare la conta dei morti, a cercare di capire chi fosse sopravvissuto, a curare i feriti. Ci vollero mesi perchè alcuni avessero il coraggio di avvicinarsi alla città distrutta, troppo vicina all’entrata della Montagna e loro ancora troppo sconvolti dall’accaduto. Ancora oggi serpeggia il terrore, tra la vostra gente, se si parla di Smaug.»
Raramente la ragazza parlava di esperienze passate, ma quando lo faceva riusciva a catturare completamente l’attenzione degli ascoltatori, tenendoli con il fiato sospeso per tutta la durata del racconto.
«Tu chi hai perso?» chiese Bain dopo che il silenzio aveva invaso la casa.
Lei sorrise tristemente, con quel sorriso che faceva venire alle persone voglia di piangere, ma non si voltò. «Meglio che tu non lo sappia.»
Thorin si scostò lentamente da lei, ignorando il freddo che lo aveva pervaso quando lei aveva sciolto l’abbraccio, e andò verso Bard fermandoglisi di fronte. Non voleva vederla in quello stato, così prese la situazione in mano.
«Hai preso il nostro denaro.» disse all’uomo. «Dove sono le armi?»
Bard lo osservò per qualche secondo in silenzio, passando lo sguardo da lui a Lumbar. «Aspetta qui.» disse prima di uscire.
Appena se ne andò, Kili e Fili si avvicinarono a Lumbar, Thorin e Balin per parlare dell’impresa.
«Domani comincia l’ultimo giorno d’autunno.» cominciò Scudodiquercia.
«E il Dì di Durin comincia dopodomani.» continuò Balin. «Dobbiamo raggiungere la Montagna prima di allora.»
«E se non ci riusciamo?» domandò Kili. «Se falliamo a trovare la porta prima di quel momento, allora…»
«L’impresa sarà stata inutile.» concluse Fili.
Lumbar sospirò pensierosa e Thorin lo notò.
«A cosa pensi?» le chiese.
Lei si passò una mano sulla fronte.
«Ricordo una porta secondaria.» rivelò ai nani. «La trovai per caso girovagando per i corridoi della Montagna ma non l’ho mai usata, quindi non saprei dirvi il suo aspetto all’esterno. Sicuramente si mimetizzerà con la Montagna, comunque.»
«Ricordi dove fosse?» domandò Kili concitato e con un barlume di speranza nello sguardo.
«Non… non ne sono sicura…» la ragazza sospirò ancora, cercando di ricordare.
Thorin le pose una mano sul braccio, facendola voltare nella sua direzione. A dispetto di quanto la ragazza si aspettava, nello sguardo del nano c’era solo una calma sicura, tranquilla. Nessun dubbio o incertezza, nè aspettativa o urgenza. Lui sapeva che lei era in grado di ricordare, e cercava di trasmetterle la stessa sicurezza che sentiva dentro di sè. Lei lo ringraziò in silenzio e lui dovette capirlo perchè strinse leggermente la presa sul suo braccio.
Lumbar chiuse gli occhi e si immerse nei meandri della sua mente, scartando i ricordi in quel momento inutili e concentrandosi su quelli importanti, cercando quell’informazione così vitale per loro. Ripercorse la passeggiata che aveva fatto quel giorno di tanti anni prima e, quando arrivò alla porta, spalancò gli occhi.
Thorin comprese subito che ci era riuscita e le sorrise, orgoglioso di lei. Lumbar ricambiò, poi raccontò loro per filo e per segno quello che aveva ricordato, la posizione della porta all’interno della Montagna, e ipotizzarono insieme dove potesse trovarsi all’esterno.
In quel momento tornò Bard con un lungo involto bagnato tra le mani che appoggiò sul tavolo. Lo aprì, con i nani tutt’intorno al tavolo, e mostrò loro delle armi rudimentali, fatte con strumenti di fortuna. I nani le presero e le studiarono, visibilmente insoddisfatti.
«Cos’è questo?» domandò Thorin con in mano una specie di arpione infilato su un bastone.
«Una gaffa.» rispose Bard. «Fatta da un vecchio arpione.»
«E questo?» chiese Kili studiando da più angolazioni un vecchio martello, probabilmente da fabbro.
«Mazzapicchio, lo chiamiamo. Forgiato dal martello di un fabbro.» Bard inspirò, osservando i loro volti scontenti. «Pesanti da maneggiare, lo ammetto. Ma per difendere la vostra vita vi saranno più utili di niente.»
«Ti abbiamo pagato per delle armi.» protestò Gloin. «Spade e asce forgiate in ferro.
«È uno scherzo!» Bofur lanciò la sua “arma” sul tavolo.
«Già.»
«Di migliori ne troverete solo nell’armeria della città.» ribattè Bard, schietto, mentre tutti i nani seguivano l’esempio di Bofur. «Tutte le armi forgiate in ferro sono lì sotto chiave.»
Thorin e Dwalin si scambiarono uno sguardo complice e Lumbar, che non aveva tolto l’attenzione da Scudodiquercia nemmeno per un secondo, comprese con estrema facilità cos’avevano in mente di fare quei due.
«Thorin.» intervenne Balin prima che potesse proporre loro il piano. «Prendiamo quello che ci viene offerto e andiamo. Mi sono arrangiato con meno. E anche tu.»
Sentendo il nome del capo della compagnia, Bard aveva lanciato a Lumbar un’occhiata penetrante, ma era rimasto in silenzio. La ragazza vide chiaramente i suoi pensieri mescolarsi, in cerca di una spiegazione sul perchè quel nome gli fosse così familiare.
«Io dico di andarcene ora.» continuò il vecchio nano.
«Non andrete da nessuna parte.» ribattè Bard facendo voltare Thorin verso di lui.
«Che cosa hai detto?» domandò Dwalin facendo un passo verso di lui.
«Spie sorvegliano questa casa.» spiegò loro l’uomo. «E forse ogni molo e banchina della città. Attenderete il calare della notte.» concluse facendo sedere Bofur.
«Ha ragione.» disse Lumbar dal suo posto vicino alla finestra che non aveva ancora lasciato. «Li sento parlottare anche ora, qui sotto. Non se ne andranno tanto presto, perciò la mossa migliore da fare è aspettare.» terminò lanciando uno sguardo significativo a Thorin.
Lui la ignorò, comunicando silenziosamente con Dwalin al suo fianco, e lei scosse la testa contrariata osservando Kili mettersi seduto con difficoltà. Quel ragazzo aveva sempre più veleno in circolo, e lei non avrebbe aiutato quei nani testardi a peggiorare le sue condizioni. Voleva curarlo, non ucciderlo.
Quando, poco dopo, sentì Bard dire a Bain di non farli andare via decise di seguirlo. L’uomo scese le scale di corsa e si diresse velocemente a una bottega. Lei si tenne a distanza senza mai perderlo di vista.
«Salve Bard, che cosa ti serve?» gli chiese il proprietario quando lo vide.
«C’era un arazzo!» disse lui concitato, mentre cercava tra un mucchio di stoffe. «Uno vecchio! Dov’è finito?»
«Di quale arazzo stai parlando?» domandò l’altro non capendo.
«Di questo.» rispose Bard sollevando un involto e aprendolo su un tavolo vicino. Era un antico arazzo blu, con le nappe dorate.
«Erano nani ti dico.» sentirono entrambi a pochi passi da loro. Una donna stava parlando con un pescatore. «Spuntati fuori dal nulla. Barbe folte, occhi feroci. Mai visto niente di uguale.»
«Che ci fanno i nani da queste parti?» domandò il pescatore al suo compagno.
«È la profezia.» spiegò un anziano seduto poco distante.
«La profezia?»
«La profezia della gente di Durin.» continuò il vecchio.
Lumbar ascoltava la conversazione ma teneva d’occhio anche Bard che, in quel momento, stava percorrendo le immagini dell’arazzo sul quale, si accorse lei con sorpresa, era ricamato l’albero genealogico della stirpe di Durin. Quando lo vide fermarsi comprese che era arrivata al punto in cui era scritto il nome di Thorin.
«La profezia.» bisbigliò, infatti, cominciando a capire perchè si trovassero realmente lì.
Bard fece un paio di passi indietro, sconvolto, e si passò una mano sul mento cercando di riordinare i pensieri.
«La profezia.» ripetè tentando di ricordarla.
«La leggenda si avvererà.» disse un uomo sulla strada alla sua vicina. Il popolo, infatti, con il passaparola, stava continuando a parlarne.
«Immensi saloni di tesori.» sentirono entrambi dire da un’altra donna poco distante.
«Può mai essere vero?» il passaparola continuava e la speranza del popolo cresceva mentre Bard, sedutosi su uno sgabello, rifletteva ascoltando le parole della gente. Lumbar teneva d’occhio la situazione poco distante, aspettando la successiva mossa dell’uomo. «Il Signore Delle Argentee Fonti è tornato?»
E fu lì che Bard ebbe l’illuminazione, Lumbar lo vide chiaramente nel lampo che passò nei suoi occhi. «Il Signore Delle Argentee Fonti.» ripetè piano, collegando i pezzi. «Il Re Delle Rocce Scavate.» continuò riportando lo sguardo sull’arazzo. «Il re che sta sotto il monte riavrà le cose a lui strappate.» corse fuori dalla bottega e lei lo seguì.
Entrambi ripensavano al resto della profezia: E la campana suonerà di allegrezza quando il Re della Montagna tornerà; ma tutto si disferà con tristezza, e il lago brillerà e brucerà.
Bard fece di corsa le scale di casa sua, aprendo la porta di scatto.
«Pà.» lo chiamò Bain, agitato, appena lo vide. «Ho cercato di fermarli, ho cercato…»
«Da quanto se ne sono andati?» domandò Bard interrompendolo.
Lumbar lo raggiunse in quel momento, mascherando la sua agitazione.
Appena la videro, Bard la attaccò. «Tu lo sapevi? Sapevi chi fosse?» poi ripensò al suo racconto di poco prima e comprese. «Certo che lo sapevi. Perchè non me l’hai detto?»
Lei alzò le spalle.
«È una situazione complicata.» rispose. «Molto più di quanto pensi o immagini.» prima che lui potesse ribattere, continuò. «Sono successe tante cose il giorno in cui arrivò Smaug, alcune delle quali sono state dimenticate dall’intera Terra di Mezzo.»
«Che cosa?» domandò Bard. «Ma di che stai parlando?»
«Sarebbe successo, prima o poi.» continuò lei ignorandolo. «Lui era l’unico che poteva farlo. E con i tempi che corrono, e ciò che si scatenerà tra troppi pochi anni, era inevitabile. Non puoi impedirlo, nessuno può. Nonostante ciò che questo comporta. E, credimi, io lo so.»
«Chi sei, in realtà?» le domandò temendo la risposta. Giravano voci, da qualche mese, ma non pensava che fossero vere.
Lei sospirò. «Sono la stessa ragazza che hai conosciuto da bambino. La persona a cui, probabilmente, stai pensando è morta tanto tempo fa. Nessuno pronuncia più il suo nome da allora nonostante tutti, chissà come e perchè, stiano cominciando a parlare di lei.»
Non riuscendo a capire del tutto le sue parole, Bard cambiò argomento. «Sai dove sono andati?»
«Lo sai anche tu.» disse lei. Ci volle poco perchè l’uomo capisse e sgranasse gli occhi dalla sorpresa. Lei annuì. «Gli avevo detto di non farlo, ma i nani sono testardi e non ascoltano nessuno.»
«Li scopriranno.» il commento dell’arciere sembrava quasi una domanda.
«È probabile.» concordò lei senza, tuttavia, dire che Kili era ferito. «Ci penserò quando accadrà.»
«Cosa?»
«Ricorda il penultimo verso della profezia.» disse soltanto.
Lui riflettè qualche secondo, poi comprese. «Stai dicendo che avrà l’appoggio della città.» lei annuì. «Non se potrò impedirlo.» rispose all’assenso di lei. «Non permetterò che distruggano la città.» concluse ripensando all’ultimo verso.
Poi si catapultò fuori da casa sua, proprio nell’esatto momento in cui brusio e confusione si facevano strada nel silenzio della notte. Lei lo seguì in fretta, capendo al volo la situazione: avevano scoperto i nani nell’armeria e ora, probabilmente, li stavano portando dal Governatore, passando in mezzo alla folla curiosa.
«...Io garantirei il ritorno di quei giorni.» stava dicendo Thorin davanti al popolo e al Governatore quando li raggiunsero facendosi strada tra la folla. «Riaccenderei le grandi fornaci dei nani, e farei fluire benessere e ricchezza, di nuovo, dalle sale di Erebor!» concluse facendo esultare il popolo di Pontelagolungo.
«Morte!» gridò Bard facendosi avanti e riportando il silenzio.
Thorin si voltò, infastidito, e Lumbar seguì Bard, sempre con il cappuccio a coprirla. Il nano si accigliò, quando la vide in compagnia dell’uomo, ma lei gli fece un gesto con la mano e lui non disse niente.
«Ecco che cosa ci porterai.» continuò Bard fermandoglisi di fronte. «Fuoco di drago e rovina. Se risveglierai quella bestia, distruggerà tutti noi.»
«Potete dare ascolto a questo oppositore, ma io vi prometto una cosa: se riusciremo, tutti condivideranno le ricchezze della Montagna.» disse Thorin al popolo. «Avrete abbastanza oro da ricostruire Esgaroth per dieci volte almeno!»
Il popolo esultò, felice, ma Alfrid pose un freno alla gioia. «Perchè dovremmo crederti sulla parola, eh? Noi non sappiamo niente di te. Chi può garantire per la tua onestà?»
Nel silenzio che era calato nella piazza si fece avanti la vocetta dello hobbit. «Io. Garantirò per lui.» Thorin si voltò a guardarlo, così come gli altri. «Ho viaggiato a lungo con… questi nani affrontando gravi pericoli, e se Thorin Scudodiquercia dà la sua parola, la manterrà.»
Thorin gli sorrideva, grato.
«Mi dispiace deluderti, ma tu non sei nessuno.» ribattè Alfrid. «Non ti conosciamo, esattamente come lui.»
Lumbar sospirò, poi si fece avanti, affiancando Bard.
«Ma conoscete me.» disse spiazzandolo. «Mi conoscete come Lumbar.» si portò le mani al cappuccio mentre i nani la guardavano increduli. Non credevano a quello che stavano vedendo. «Ma tempo fa ero nota con un altro nome. Un nome che, di recente, è spuntato fuori spesso.» la ragazza si abbassò il cappuccio, mostrando a tutti il suo volto e i suoi capelli, neri per la maggior parte ma con ancora delle ciocche bianche. «Morwen.» concluse.
Ci volle un po’ perchè la gente collegasse quello che aveva appena sentito con le storie che da qualche mese giravano sulla proprietaria di quel nome, ma quando capirono esclamazioni di sorpresa arrivarono da tutte le parti.
«Se non vado errato...» la voce di Alfrid sovrastò di nuovo le altre, riportando il silenzio. «...la ragazza in questione è morta diversi anni fa. Come fai a dire di essere tu?»
Lumbar lo osservò tranquilla. «Gli anni sono centoquarantadue, Alfrid.» lo corresse. «E sì, sono morta, ma la morte mi ha rimandata indietro. Azog non è stato molto felice quando l’ha scoperto, sai?» aggiunse. «Ha provato a uccidermi due volte, tre se contiamo quella più recente, e non ci è riuscito. Era davvero arrabbiato quando mi ha vista con Thorin.»
«E cosa mi dici del fatto che nessuno, fino a qualche mese fa, si ricordasse di te?» domandò lui, non volendo lasciar perdere.
«Colpa mia. Ho lanciato un incantesimo.» ammise lei fingendo noncuranza, mentre un lampo di dolore passava nei suoi occhi e in quelli di Thorin.
«Un incantesimo sbagliato?» chiede Bard, non capendo.
Lei si voltò verso di lui. «In realtà è perfettamente riuscito.» rivelò sorprendendolo. «Mi è venuto così bene che quando ho scoperto di essere ancora viva non sono riuscita a scioglierlo.»
«Per questo hai cambiato nome.» comprese l’arciere.
«A grandi linee.» confermò lei prima di rivolgersi nuovamente al popolo. «Io garantisco per Thorin.»
Quando la gente cominciò a esultare ancora, Bard li bloccò lanciando, al contempo, un’occhiataccia alla ragazza. «Tutti voi. Ascoltatemi! Avete dimenticato quello che è successo a Dale?» chiese riportando il silenzio. «Dimenticato quelli che sono morti nella tempesta di fuoco?» la gente cominciò a parlottare. «E per quale motivo? La cieca ambizione di un re della Montagna, così preso dall’avidità da non riuscire a vedere oltre il proprio desiderio!»
Lumbar gli mise una mano sul braccio, zittendolo, mentre intorno a loro il popolo commentava. Thorin aveva fatto qualche passo verso l’uomo ma lo sguardo di Lumbar lo fermò.
«Via.» intervenne il Governatore. «Non dobbiamo, nessuno di noi, essere troppo frettolosi a dare la colpa. Non dimentichiamo che è stato Girion, signore di Dale, tuo antenato...» continuò indicando Bard. «...che fallì nell’uccidere la bestia.» concluse deridendolo, mentre Thorin lo osservava sgomento.
«È vero, signore.» aggiunse Alfrid. «Tutti conosciamo la storia. Freccia dopo freccia ha scoccato, ognuna ha mancato il bersaglio.»
«Tu lo sapevi?» domandò Thorin a Lumbar.
Lei annuì. «Ho recuperato io la Lancia del Vento che hai visto, e l’ho data a Girion.»
«Perchè?» chiese.
«Sapevo che un giorno sarebbe servita.»
Thorin sgranò gli occhi, comprendendo il significato intrinseco di quella frase. Anche Bard dovette capirlo, perchè si irrigidì nella presa della ragazza prima di liberarsi e fronteggiare il nano.
«Non hai alcun diritto.» gli mormorò con voce abbastanza alta da farsi sentire da tutti. «Alcun diritto a entrare in quella Montagna.»
«Io sono l’unico ad averlo.» ribattè il nano, giustamente, prima di voltarsi verso il Governatore. «Mi rivolgo al Governatore degli uomini del Lago: vuoi vedere la Profezia realizzata?» domandò salendo alcuni gradini delle scale del palazzo. «Vuoi condividere la grande ricchezza del nostro popolo?» la folla attendeva in silenzio la sua decisione. «Cosa rispondi?»
«E io dico a te… Benvenuto!» esclamò facendo esultare gli uomini del Lago. «Benvenuto! Tre volte benvenuto, re sotto la Montagna.»
Dopo aver rimandato a casa il popolo, il Governatore condusse la compagnia di Thorin dentro il suo palazzo, offrendo loro viveri e tutto ciò che gli occorreva per partire verso la Montagna la mattina dopo.
Una volta aver preparato l’occorrente il governatore mise a loro disposizione delle camere per farli riposare qualche ora e i nani ne approfittarono, non sapendo cosa li aspettava il giorno seguente e quando avrebbero potuto dormire di nuovo.
Lumbar non riusciva a prendere sonno, così uscì dal palazzo e cominciò a camminare per la città, osservandosi intorno pensierosa.
«Non dovresti prepararti per la missione suicida?» domandò qualcuno alla sua destra facendola voltare.
«E tu non dovresti essere con i tuoi figli a dormire?» chiese di rimando all’arciere.
L’uomo sospirò, appoggiandosi al parapetto che costeggiava quel tratto di strada.
«Non ci riesco.» ammise. «Sono preoccupato.»
Lumbar lo affiancò. «Anch’io.»
Restarono in silenzio a osservare l’acqua per un po’.
«Perchè lo fai?» domandò Bard. «Perchè lo aiuti?» la ragazza sospirò. «Non è solo per quello che vi lega, vero?» comprese l’uomo. «C’è qualcos’altro.»
«Conosci le storie che girano su di me. Quello che si dice sui miei capelli.» l’uomo annuì. «Sono vere. I miei capelli mostrano davvero l’equilibrio tra il bene e il male nella Terra di Mezzo.» spiegò lei.
«Stai dicendo che l’equilibrio è stato spezzato? Che il male sta tornando?» domandò Bard, scettico.
Lei annuì. «Da un po’ lo sento diventare più forte. Vuole la Montagna, vuole Smaug. E io non posso permettere che li abbia.» chiarì. «Se li avesse, saremmo tutti morti prima del prossimo anno.»
«Come lo sai?» le domandò l’uomo.
«L’ho visto.» davanti al suo sguardo confuso aggiunse. «Ho delle visioni, a volte, sul futuro o sul passato. Ho visto cosa succederà se il Male avrà quella Montagna e il suo attuale abitante. Morte.»
«E se invece non riuscisse ad averla?» domandò Bard. «Cosa ne sarà di noi se i nani reclameranno la loro terra?»
Lumbar sospirò. «Non posso dirti quello che vuoi sentire.» ammise. «Ci saranno delle perdite. Tante.» Bard si irrigidì, stringendo la presa sulla balaustra. «Ma se non lo facessero morireste tutti.» Lumbar si voltò a guardarlo. «Dovrai essere forte e guidarli quando verrà il momento.»
«Cosa?» esclamò lui, voltandosi di scatto verso la ragazza. «Io non sono un capo.»
«Sì, invece. Sei come il tuo antenato, hai lo stesso spirito. Sei l’unico che potrà prendersi cura di loro quando il drago arriverà. Io cercherò di aiutarti, ma dovrai essere pronto. E dovrai fidarti di me.»
«Io mi fido di te.» disse lui.
«Spero che sarà così anche domani.» commentò la ragazza. Poi gli strinse leggermente la spalla e si voltò. «Vai a dormire. Dovrai essere riposato, domani.»
Quando Lumbar tornò al palazzo del Governatore trovò Thorin con le braccia incrociate appoggiato alla parete accanto alla porta della camera che le era stata assegnata. Non disse una parola, semplicemente aspettò che lei aprisse la porta e gli facesse cenno di entrare prima di seguirla e di chiudersi la porta alle spalle.
Si osservarono in silenzio, studiandosi.
«Sei preoccupata.»
«Sei teso.»
Dissero insieme, prima di sorridersi. Il nano si avvicinò alla ragazza e le appoggiò una mano sulla guancia. Lei mise la sua su quella di Thorin e approfondì il contatto, prima di spostarla lievemente per lasciare sul palmo un bacio fugace. Lui la strinse a sè, comprendendo l’angoscia che la attanagliava senza bisogno di parlare. Rimasero così per parecchi minuti, nel silenzio della notte, prima di dirigersi senza una parola verso il letto e stendersi sotto le coperte abbracciati. Non avevano bisogno di altro per sentirsi meglio. Per quella notte era sufficiente.
 

 
****

 
All’alba del giorno seguente, la compagnia era pronta a partire. Si diressero verso la banchina in cui li aspettava la barca che avrebbero usato per attraversare il Lago, mentre attorno a loro la folla li osservava. Era presente tutta la città.
«Lo sapete che siamo a corto di uno?» disse Bilbo a Thorin dietro lui e Lumbar, che non si erano separati dalla notte precedente. «Dov’è Bofur?»
«Se non è qui lo lasciamo indietro.» rispose Thorin mentre si facevano largo tra la gente.
«Sì, per trovare la porta prima del calare del sole non possiamo rischiare ulteriori ritardi.» osservò Balin.
I nani cominciarono a salire a bordo, ma Thorin bloccò Kili prima che raggiungesse i compagni.
«Tu no. Dobbiamo andare veloci, ci rallenteresti.» disse mentre caricava le armi.
Kili lo osservò confuso, il volto pallido e malato. «Ma di che parli, io vengo con voi.»
«Non ora.» disse Thorin.
Kili passò lo sguardo da lui a Lumbar, che osservava in silenzio.
«Gliel’hai detto?» chiese infastidito.
«No.» rispose lei, secca. «Ma tuo zio non è cieco. Dovresti saperlo.»
Kili abbassò lo sguardo, mortificato, poi lo rialzò puntandolo deciso sullo zio. «Io ci sarò quando quella porta sarà aperta. Quando scorgeremo le sale dei nostri padri, Thorin.»
L’altro gli mise una mano sulla spalla. «Kili… resta qui. Riposa. Ci raggiungi quando guarisci» gli sorrise nascondendo la sua preoccupazione.
«Io resto con il ragazzo.» disse Oin scendendo dalla barca. «Il mio dovere è stare con i feriti.»
«Zio.» esclamò Fili attirando l’attenzione di Thorin. «Siamo cresciuti con le storie della Montagna. Storie che tu ci hai raccontato. Non gli puoi togliere questo.»
«Fili…» protestò il fratello.
«Lo porterò in braccio, se devo.» continuò lui.
«Un giorno diventerai re e capirai.» mormorò Thorin. «Non possiamo rischiare la riuscita di questa impresa per un solo nano. Neanche se è un parente.»
Fili osservò il fratello scuotere la testa, poi prese la sua decisione e scese dalla barca.
Thorin lo bloccò per un braccio. «Fili non essere sciocco. Il tuo posto è nella compagnia.»
«Il mio posto è con mio fratello.» ribattè il ragazzo prima di liberarsi dalla sua presa e raggiungere Kili.
Lumbar appoggiò una mano sulla spalla del nano, facendolo voltare verso di lei. Thorin sospirò leggermente e la presa di lei divenne più salda. Un lampo di dispiacere passò nei suoi occhi e il nano comprese quello che gli stava per dire prima ancora che lo facesse.
«Nemmeno tu verrai, non è così?» la anticipò, sorprendendo i nani che si voltarono a guardarli.
«Ho fatto un sogno.» disse lei. «Servirò di più qui.»
Thorin sospirò di nuovo, poi annuì rilassando le spalle e comprendendo che non lo avrebbe mai lasciato se non fosse stato necessario. Portò la sua mano sulla nuca di Lumbar e la avvicinò in modo da appoggiare la sua fronte su quella di lei. La guardò negli occhi, trasmettendole tutto quello che sentiva mentre la mano di Lumbar si spostava dalla sua spalla alla guancia, facendogli una lieve carezza.
«Torna da me.» le disse serio. «Non azzardarti a sparire.»
Lei sorrise. «E tu non dimenticarti di me.»
Il nano le lasciò un bacio sulla fronte, poi si allontanò e salì sulla barca mentre lei affiancava Fili, Kili e Oin sulla banchina.
Intorno a loro la folla esultò e, dopo un breve discorso del Governatore, Thorin e la compagnia partirono salutati dal popolo festeggiante. Thorin teneva lo sguardo fisso su Lumbar, che ricambiava ferma con le mani poggiate sulle spalle dei due giovani nani.
«Ti raggiungeremo presto.» gli sillabò con le labbra facendolo sorridere.
In quel momento Bofur li affiancò fissando la barca sparire oltre una casa.
«No!» disse frustrato prima di accorgersi della loro presenza. «Anche voi avete perso la barca?»
Nessuno rispose, troppo impegnati a soccorrere Kili che si sentì male all’improvviso.
   
 
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