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Autore: Helen_Book    08/08/2021    0 recensioni
Eileen ha perso la voce e la capacità di trasformarsi. Sente di non aver nulla da offrire al proprio branco. L'incontro inaspettato con un lupo randagio cambierà totalmente la sua esistenza e la porterà ad addentrarsi nei più oscuri ricordi del suo passato.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
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Dopo aver pianto per l’intero pomeriggio, Mala era stesa nel letto, supina e fissava il soffitto. Nonostante gli occhi gonfi e lo stress accumulato, non riusciva ad addormentarsi.

Il cervello continuava a macinare, senza darle tregua. I possibili scenari futuri si prospettavano disastrosi. Non si sentiva all’altezza di sedere tra i vertici del Consiglio e allo stesso tempo, non lo desiderava.

Però, per poter riabbracciare Shura, avrebbe affrontato qualsiasi cosa. Sarebbe tornata, costi quel che costi.

Desiderava solo che qualcuno le assicurasse che ce l’avrebbe fatta a ritrovarlo.

Prima che si lasci morire. 

Il battito cardiaco accelerato e l’adrenalina che le scorreva nelle vene erano la prova che era pronta per partire.

Stare lì, stesa nel letto, le sembrava una perdita di tempo.

Eppure, aveva promesso ad Eileen di partire l’indomani, con la mente sgombra e le idee più chiare.

Doveva prepararsi psicologicamente e fisicamente al suo ritorno: il branco non gliel’avrebbe fatta passare liscia.

Si era beccata due settimane di “prigionia” con Shura alle calcagna per essersi difesa contro i novelli, chissà cosa le avrebbero fatto dopo essere sparita per così tanto tempo.

Non importa la punizione che mi aspetta, voglio soltanto ritrovare Shura il prima possibile.

Doveva cercare di non lasciarsi divorare dai sensi di colpa, doveva rimanere lucida.

Per fortuna, almeno non era costretta ad affrontare il viaggio da sola: Noah si era offerto di rimanere al suo fianco finché ne avesse avuto bisogno.

“Fiocco di neve, sei più forte e più capace di quanto credi” le aveva sussurrato all’orecchio, prima di congedarsi, con la promessa di vedersi l’indomani, all’alba.

Lei non aveva risposto, era rimasta in silenzio, cercando disperatamente di aggrapparsi a quelle parole, ma oramai non credeva più a nulla.

Aveva iniziare a dubitare di tutto.

Di una cosa, però, era sicura: se Shura fosse morto, non se lo sarebbe mai perdonato.

Si girò di lato e guardò fuori dalla finestra.

La luna splendeva nel cielo sgombro di nuvole. Fuori non c’era un filo di vento, era una notte tranquilla.

Al contrario di lei.

Per quanto l’adrenalina le scorresse nelle vene, si sentiva priva di forze e di speranza come mai le era successo prima.

La forza e il vigore del suo lupo si erano affievoliti, rendendole faticoso perfino respirare.

Devo credere che andrà tutto bene.

Si ripeté più volte fino allo sfinimento.

L’alternativa non era contemplabile.

Intanto fuori dalla stanza, a qualche metro di distanza dalla porta, Eileen e Roman si godevano la reciproca compagnia.

Più passavano il tempo insieme, e più era difficile separarsi.

Il giorno successivo Eileen sarebbe stata presentata ufficialmente al padre come la compagna di Roman.

Ed era terrorizzata.

Se da una parte aveva paura di non piacergli, dall’altra era spaventata all’idea di non essere accettata.

In quel caso, come reagirebbe Roman? Cercherebbe di farlo ragionare?

Non era una giornata fredda, eppure, un brivido le attraversò la colonna vertebrale.

“Allora ho fatto bene a recuperare una coperta” disse Roman a cui non sfuggiva nulla. Si era allontanato per qualche minuto e lei non l’aveva neanche notato.

Alzò la testa, incontrando i suoi occhi caldi. Il sorriso spontaneo e la piccola fossetta le migliorarono subito l’umore, facendola sentire a casa.

Casa.

Era incredibile quanto non fosse il luogo, ma le persone accanto a lei a scatenarle quel tipo di emozione.

Aveva sempre percepito la foresta come casa sua. Il posto in cui poteva essere se stessa liberamente.

Ora, invece, tutto era cambiato.

Accanto al suo compagno, ai suoi amici, finalmente sentiva di far parte di una famiglia.

Una vera famiglia.

Seduta per terra, con le ginocchia al petto, Roman non ci mise molto a raggiungerla: trovò spazio alle sue spalle, facendo aderire i loro corpi. Schiena contro petto, coscia contro coscia, il mento appoggiato sulla sua testa.

Avvolse entrambi con la coperta, coprendo le mani di Eileen con le sue: come due magneti, le mani di lei si mossero, intrecciando le dita piccole e delicate a quelle calde e callose di lui.

Rilassata, appoggiò totalmente la schiena e alzò gli occhi al cielo. L’odore speziato del suo compagno le inebriò i sensi.

Desiderava che il tempo di fermasse in quel preciso istante. L’unico difetto di quel momento è che si sarebbe concluso prima o poi.

“Questo posto mi è familiare” affermò lui, interrompendo il silenzio della notte.

Confusa, Eileen alzò le spalle: non aveva idea a cosa si riferisse.

“La prima notte in cui hai dormito in questa stanza, mi trovavo proprio qui fuori. Ricordo di essere stato in fibrillazione: non sapevo se essere felice perché tu eri qui, o triste perché in prigione ti avevano trattato in quel modo…” strinse la presa sulle sue mani e respirò sonoramente, lasciando entrambi in balìa dei propri ricordi.

Eileen ricordò di aver provato la stessa identica cosa: era stata felice di costatare che il suo compagno era vivo e vegeto, ma allo stesso tempo, aveva temuto per la sua incolumità.

E quella di Mala.

Quella notte non era riuscita a chiudere occhio. Nel giro di poche ore, era stata sia in paradiso che all’inferno.

Trovandosi di spalle, e priva della capacità di parlare, solitamente era Roman a riempire i vuoti, ma stranamente non aprì più bocca. Dava l’idea di essere più pensieroso del solito.

Che anche lui fosse preoccupato per l’incontro di domani?

Seduto dietro di lei, le era impossibile guardarlo in faccia e interpretare la sua espressione.

Riusciva a percepire il suo battito cardiaco accelerato, e la rigidità del suo corpo, mentre le loro dita erano intrecciate in una presa d’acciaio.

Si era quasi convinta a girarsi per chiedergli cosa non andasse, quando iniziò a parlare: “Oggi voglio raccontarti una parte della mia storia” affermò, mantenendo un tono neutro.

Stava imparando a conoscerlo: percepiva un pizzico di ansia nella sua voce. Era chiaro che stesse compiendo un certo sforzo.

Avendo le mani occupate, si limitò ad annuire. Poteva prendersi tutto il tempo che voleva, avrebbe aspettato ore, giorni, settimane, mesi, pur di conoscere la sua storia.

“Come avrai capito, provengo da un altro branco. Ho vissuto con la mia famiglia fino all’età di 8 anni. Genny ne aveva 5 quando…”

Chiunque avrebbe potuto dedurre la conclusione della frase.

Immaginò i due bambini, la sofferenza nel perdere i loro punti di riferimento. 

Ironia della sorte, anche lei a 8 anni aveva subìto un trauma che le aveva cambiato la vita.

Eileen tentò di girarsi per guardarlo negli occhi e comunicargli almeno con lo sguardo la sua comprensione – dato che non poteva a parole – ma Roman aumentò la presa sulle sue mani: “No, preferisco rimanere così…è più facile parlarne…” spiegò, deglutendo più volte.

Non del tutto convinta, decise di assecondare il suo desiderio e ritornò nella posizione iniziale. Non le dispiaceva dopotutto: la solidità e il calore del suo corpo la facevano sentire protetta, amata.

Sotto le coperte, mosse il pollice accarezzandogli le vene in rilievo sul dorso della mano. Seguendo un ritmo cadenzato, sperò di infondergli il coraggio necessario per continuare il suo racconto.

“Io e Genny eravamo in casa, stavamo dormendo, i nostri genitori erano impegnati con il branco e capitava spesso che ci lasciassero soli. Ad un certo punto, ricordo solo che mi sono svegliato tossendo, in piedi sull’uscio della mia stanza, Genny piangeva e strillava. La casa era completamente in fiamme…”

Seguiva il racconto con il fiato sospeso. Sapeva che i due bambini sarebbero sopravvissuti, e questo la rincuorava.

Tuttavia, la storia aveva un retrogusto amaro.

La sofferenza che trapelava dalle parole di Roman era in grado di percepirla, come se fosse tangibile, parte di lei.

“In quel momento, non sapevo veramente cosa fare. Ricordo ancora la confusione, il sonno e tutto il fumo che ho inalato. Genny non smetteva di piangere, mentre la mia disperazione aumentava. Ho gridato più volte il nome di mia madre, invano.”

La sua voce aveva smesso di essere monocorde. Il tono divenne concitato: i ricordi iniziarono a riaffiorare, insieme al dolore.

Stava rivivendo tutto un’ennesima volta.

Eileen strinse i denti. Odiava vederlo soffrire, ma non voleva interromperlo e rischiare di perdersi il resto della storia.

Inoltre, parlarne poteva essere catartico per lui.

“Alla fine, ho preso Genny in braccio e mi sono avvicinato alla finestra. Il mio primo istinto è stato quello di saltare, non vedevo l’ora di uscire da quell’inferno” sospirò sonoramente e continuò: “ho stretto Genny al petto e mi sono lanciato. Non era alto, ce l’avrei fatta se non avessi avuto 8 anni…” lo sentì scuotere la testa e poi appoggiare la guancia sui suoi capelli rossi.

“Ho perso i sensi e mi sono risvegliato in un letto. Non era il mio, ero in una casa che non conoscevo, non c’era niente di familiare. Il mio primo pensiero fu Genny. Ero convinto di essere responsabile della sua morte e iniziai subito a piangere…”

Lo sentì sorridere tra i suoi capelli, probabilmente un sorriso dolceamaro.

“Sarà stato il mio pianto disperato ad attirare l’attenzione dei miei nuovi genitori. Subito si catapultarono in camera, provando a confortarmi. Ero inconsolabile…”

Questa volta rise con sincerità, ricordando la disperazione negli occhi dei suoi genitori adottivi. Avevano cercato in tutti i modi di sollevargli il morale.

“E poi d’un tratto smisi di piangere: vidi mia sorella seduta nell’altra stanza, mentre sfogliava un libro. Ricordo che ero così felice che iniziai a chiamarla a squarciagola, mentre la mia nuova mamma mi incitava ad abbassare la voce.”

Le dita di Roman si sciolsero dalle sue, circondandole la vita con le braccia.  

“Solo dopo ho scoperto che non poteva sentirmi…L’ho vista nascere, mettere i primi passi, pronunciare le prime parole. Non mi muovevo da nessuna parte senza di lei. I miei genitori l’avevano affidata alle mie cure e io…”

Un singhiozzo violento gli sconquassò il petto, interrompendo il racconto.

Non ce la faceva più: Eileen scostò la coperta e provò nuovamente a girarsi.

Era impossibile: le braccia di Roman la tenevano inchiodata a terra, vicino a sé, la fronte appoggiata tra le sue scapole, mentre piangeva silenziosamente.

Gli occhi di Eileen si riempirono a sua volta di lacrime, tutto divenne sfocato. Aveva bisogno di abbracciarlo, di rassicurarlo e dirgli che non era colpa sua.

Nulla di tutto ciò era dipeso da lui, da un bambino di appena otto anni.

Con una forza che non sapeva di avere, lo costrinse a lasciarla andare, riuscendo finalmente a guardarlo in faccia.

Non l’aveva mai visto così.

Le guance completamente bagnate e le lacrime incastrate nelle ciglia nere, come diamanti.

Qualcosa dentro di lei, si spezzò.

Fece leva sulle ginocchia, avvicinando il volto di Roman al suo petto. Come aveva fatto tempo prima nella foresta, lo strinse forte a sé, cullandolo dolcemente.

“I-io non volevo…M-mi dispiace, io…” la voce spezzata.

Il bambino di 8 anni a cui era stata strappata via l’innocenza, viveva dentro di lui e continuava a soffrire, incolpandosi per ciò che era successo.   

Sebbene fossero passati anni, il senso di colpa continuava a divorarlo. Goccia dopo goccia, si era creata una voragine di sofferenza e senso di colpa.

I giorni passavano ed Eileen iniziava a conoscerlo veramente. Non era il tipo a cui piaceva compatirsi o lamentarsi del suo passato, piuttosto tendeva a tenersi tutto dentro, come se quella fosse la sua punizione, il fardello da portare.

Alla fine, Roman rispose all’abbraccio, aggrappandosi a lei come ne valesse della sua vita, come se lei fosse la sua àncora di salvezza.

Nel silenzio assoluto della notte, la luna splendente era l’unica testimone di quel momento.  

Quando i singhiozzi volsero al termine, Eileen incorniciò il viso del suo compagno con le mani e con estrema lentezza, seguì la scia delle lacrime con le labbra.

Piccolo Roman, orfano e con un peso così grosso sulle spalle.

Pensò, mentre assaporava il sale cosparso sulle sue guance.

Ancora sconvolto dal pianto, Roman rimase immobile, alla mercé della sua compagna, smaltendo gli ultimi singhiozzi.

Con gli occhi chiusi, lasciava che fosse lei a “leccargli le ferite”, a guarirlo con la sua compassione e la sua dolcezza.

Le labbra soffici raggiunsero gli occhi e coprirono delicatamente le palpebre, assaggiando le ultime tracce di lacrime.

“Non volevo rattristarti scaricandoti addosso le mie colpe…” le sussurrò Roman, i loro visi a pochi centimetri di distanza.

Roman, le hai salvato la vita. Ed è questa la cosa più importante.

Segnò lei, interrompendo a malincuore il contatto.

“Se fossi stato più veloce e avessi agito prontamente, non avrebbe perso l’udito” gli occhi pieni di disperazione nel rimpiangere quello che avrebbe potuto essere.

Chiederesti mai ad uno dei tuoi allievi di 8 anni di affrontare quello che hai affrontato tu? Lo sgrideresti se non fosse in grado di “reagire prontamente?”

Chiese, mentre gli sistemava le ciocche corvine dietro l’orecchio.

Toccarlo era come una droga, soprattutto quando voleva consolarlo, fargli sentire che non era solo.

Roman rimase in silenzio e poco dopo, scosse la testa, senza aggiungere altro.

Devi darti tregua, devi farlo per il piccolo Roman di 8 anni che ha perso entrambi i genitori in una notte.

Gli accarezzò la guancia, sperando di riuscire a convincerlo, di riuscire a comunicare con il bambino dentro di lui.

“Genny ha pagato il prezzo più alto. Lata e Mabo l’hanno lasciata orfana e ha perso anche l’udito, senza contare che da quando è successo, ha smesso di parlare” abbassò lo sguardo sofferente.

Lata? Ma allora si riferiva a sua madre!

Ricordò quando aveva sentito quel nome per la prima volta, nella foresta.

Durante un incubo non aveva fatto altro che chiamare il nome di sua madre nella sua lingua natìa.

Tirò un sospiro di sollievo internamente e rise di se stessa per essere stata gelosa, credendo si trattasse di un’altra donna.

Anche tu sei rimasto orfano, non sottovalutare il tuo dolore.

Eileen sapeva che qualsiasi parola gli avesse detto, non sarebbe riuscita a cambiare la situazione. Roman era l’unico ad avere il potere di perdonare se stesso.

Eppure, desiderava ascoltarlo, confortarlo e fargli sapere che era lì per sostenerlo. Era la sua compagna, dopotutto.

È questo ciò che fanno le coppie, giusto?

Ancora perso nei ricordi del passato, Eileen gli aggiustò la coperta sulle spalle, e guardandolo con dolcezza, segnò:

Basta pensare al passato, proiettiamoci verso il futuro.

Come una spugna, Roman assorbì quelle parole, rispondendo con un sorriso: “Mi piace come idea. Dopotutto ho un futuro brillante davanti a me” le fece l’occhiolino e subito dopo aprì le braccia, accogliendola di nuovo nel bozzolo creato dalla coperta.

I visi a pochi centimetri di distanza.

Il battito cardiaco di Eileen iniziò ad aumentare. Non appena il suo sguardo cadde sulle labbra del compagno, ricordò ciò che era successo nella foresta.

Tra di loro.

Il momento esatto in cui gli era saltata addosso e lui aveva reagito prontamente.

Le gote porpora e le labbra socchiuse furono un invito che Roman non poté rifiutare.

Catturò la bocca e la divorò, come un uomo che non mangiava da giorni. Affamato, fu contento di poter rigustare il suo sapore.

Le sue mani si mossero in piena autonomia, raggiungendo la nuca di Eileen e trovando riparo tra la sua chioma rossa.

I pollici le accarezzarono la mandibola, mentre la invitava ad inclinare la testa, approfondendo il bacio.

Eileen rispose senza riserve, intrecciando le braccia intorno al suo collo. Il corpo caldo e formoso aderì al suo: come due pezzi di puzzle si incastravano alla perfezione.

La fame e la voglia di lei crescevano di giorno in giorno, il suo corpo l’aveva riconosciuta come sua compagna da tempo e ora voleva solo rivendicarla come sua.

Marchiarla.

Prima però deve incontrare il capobranco, tuo padre, non affrettare i tempi.

Lo rimproverò la coscienza.

Con una forza che non pensava di avere, si allontanò dalle sue labbra e la costrinse dolcemente a sciogliere le braccia che gli circondavano il collo.

Ancora persa nella nebbia della passione, Eileen capì dopo qualche secondo che Roman non era intenzionato a proseguire.

Insicura di sé e del proprio charme, si allontanò da lui, considerandolo un rifiuto.

Roman non glielo permise: “Ehi, mailyn, non scappare…Mi sono fermato perché voglio prima presentarti a mio padre e…Te l’ho detto, voglio fare tutto per bene” gli occhi pieni di sincerità la fecero desistere subito.

Sotto le coperte, Roman le catturò le mani, annullando le distanze: “E’ qui il tuo posto” un sorriso sincero, accompagnato da un casto bacio sulla guancia rappresentarono il suo rametto di ulivo.

Eileen non riusciva a rimanere arrabbiata con lui, soprattutto poi se continuava a guardarla così, se le sue mani entravano in contatto con le sue e le sussurrava parole così dolci.

Cosa significa mailyn? Ho sentito che l’hai pronunciato prima.

“Significa ‘mio futuro’. Da quando ti ho conosciuta, riesco a vedere chiaramente cosa voglio dalla vita: una casa, una famiglia, dei bambini e te, al mio fianco.”

La naturalezza con cui Roman riusciva a dichiararle ogni volta, in maniera diversa, che l’amava, la sconvolse.

Le sue parole erano come un balsamo per le sue ferite, per la sua anima.

Tuttavia, nel momento in cui era pronta a ricambiare, confessandogli i suoi sentimenti, il pensiero di non essere stata completamente onesta con lui, la costringeva a tacere.

Devo trovare il momento giusto. Dopo aver incontrato suo padre, gli racconterò la mia storia.

Eileen decise di affidarsi ai gesti e delicatamente appoggiò le labbra sulle sue, assaporando la loro morbidezza e il loro calore.

Ogni parte di Roman era calda, forte, piena di vitalità. Dentro di lui, ardeva un fuoco che non si era mai spento, neanche nei momenti più dolorosi.

“Domani Mala partirà, sei pronta a lasciarla andare?” chiese a bruciapelo lui, cambiando argomento.

Eileen sospirò e abbassò lo sguardo sulle loro dita intrecciate.

Mala l’aveva accompagnata per quel viaggio lungo e tortuoso. Era stata la sua spalla, la sua roccia, in momenti in cui pensava che non ce l’avrebbero fatta.

Si era conosciute da così poco tempo, eppure non aveva esitato a seguirla. Ad aiutarla.

Una parte di me vorrebbe che restasse, perché ciò che l’aspetta è tutt’altro che semplice.

Segnò e subito le sue mani raggiunsero quelle del compagno, stringendole con maggiore forza.

Eileen era terrorizzata solo all’idea di immaginare Roman in fase di negazione. Sarebbe impazzita, letteralmente.

Il loro legame cresceva d’intensità e pensare di separarsi in quel modo era come perdere una parte di se stessa.

Un braccio, una gamba, il suo cuore.

La fronte di Roman si posò sulla sua, distogliendola da quei pensieri tristi.

“Non volevo rattristarti, mi dispiace” le sussurrò lui, con un tono dolce come il miele.

Se i ruoli fossero invertiti sono sicura che mi lascerebbe andare. Ho visto la disperazione nei suoi occhi: dubito che stia dormendo in questo momento. Maledizione…

Immedesimarsi nel suo dolore era così facile che dovette riprendere fiato per mettere insieme dei pensieri sensati.

Egoisticamente la vorrei al mio fianco, ma le voglio bene e merita di essere felice. E poi sono sicura che Noah sarà un’ottima spalla, le starà vicino nei momenti di difficoltà.

Quel ragazzo aveva una marcia in più, poter contare su di lui era una grande fortuna. Farsi tutta quella strada, da solo, dimostrava il forte attaccamento che nutriva nei confronti di Mala.

Roman storse il naso, chiaramente in disaccordo.

Cos’hai contro quel povero ragazzo? 

Chiese, divertita.

Lui fece finta di niente, giocando con alcune ciocche rosse.

“Te l’ho detto che adoro i tuoi capelli?” chiese lui, sviando palesemente la domanda. 

Non ci pensare neanche, rispondimi!

Lo accusò lei, allontanando le dita dai suoi capelli. Per quanto le piacesse, servivano per distrarla.

“Quale domanda? Mi sarò perso qualcosa” affermò, con aria da finto tonto. A malapena, riusciva a mascherare un sorriso.

Eileen partì subito all’attacco con il solletico: aveva trovato il suo punto debole.

Come sotto tortura, Roman si rovesciò sulla schiena, chiedendo subito pietà.

Non del tutto convinta di averlo in pugno, Eileen lo bloccò per terra, mettendosi a cavalcioni, le mani all’altezza dei fianchi.

Promettimi che mi risponderai o ricomincerò di nuovo.

Con le lacrime agli occhi, Roman annuì con forza e alzò le braccia in segno di resa.

“Va bene, va bene, hai vinto” provò a rimettersi seduto, ma Eileen lo costrinse a rimanere steso.

Prima voglio una risposta.

Un sorriso malizioso comparve sul viso del suo compagno.

“Non conoscevo questo tuo lato. È sexy da morire” ammise, congiungendo le mani dietro la nuca.

Sto ancora aspettando.

Incrociò le braccia, decisa a non cedere alle sue avances.

“Va bene, va bene, non c’è bisogno di agitarsi” il sorriso scomparve e imbarazzato, distolse lo sguardo “Vi ho visti nella foresta, prima di conoscerci. Il modo in cui ti stringeva a sé era tutt’altro che amichevole.”

Eileen rimase a bocca aperta.

Mi stavi seguendo?

“Può essere” rispose lui, un luccichio negli occhi color miele.  

Vederlo così le rendeva impossibile arrabbiarsi. Era troppo adorabile.

Qualcuno mi sembra un po’ geloso.

Segnò, cavalcando l’onda. Finalmente non era l’unica gelosa nella coppia.

“Geloso? Mmmh, non lo so, che ne dici se ti avvicini un po’ per accertartene?”

Il sorriso sghembo che adorava bastò a convincerla.

Era ormai innamorata persa.



 

Buon pomeriggio!

Oggi per motivi personali, ho deciso di postare qualche ora prima il capitolo, spero non vi dispiaccia! ;) 

Purtroppo, il Voice Day andrà in vacanza per un po' di tempo. Non ho ancora stabilito per quanto, ma l'intenzione di continuare a scrivere c'è. Quindi aspettatevi di trovare un aggiornamento anche durante la settimana. Dipenderà tutto dal tempo libero che ho a disposizione. 

Piccolo spoiler: sto scrivendo questo capitolo dal punto di vista di Ziki e Noah, per darvi un'idea di cosa hanno combinato quei due birbantelli durante la notte (non fatevi strane idee, lo so già cosa state pensando!).

Passate delle buone vacanze, al prossimo  ̶c̶a̶s̶u̶a̶l̶e̶ Voice Day!

Helen

  
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