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Autore: ciarlot    13/08/2021    0 recensioni
Non arrivare, domani. Perché so già che ti perderò.
Non arrivare, domani. Perché so già che ti perderò.
Ti perderò.
****
Snoke è morto.
Kylo Ren è solo e respinto.
Rey è andata via.
Questa storia è il mio personale "what if". Cosa succede dopo l'episodio VIII?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ben Solo/Kylo Ren, Finn, Kylo Ren, Principessa Leia Organa, Rey, Rose Tico
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Take me in
Free your ghosts
No, they can't
Haunt us both

- Sød Ven "Comatose" -

 

Erano appena atterrati su un nuovo pianeta, un luogo completamente diverso da ciò che aveva visto fino a quel momento, che a onor del vero era davvero poco. La vegetazione era lussureggiante, la luce del giorno a stento passava attraverso la radura, l'aria era umida e opprimeva le tempie.

Non erano certo le condizioni perfette per riposarsi, si disse Rey scendendo dalla nave, sfinita.

Gli altri reduci della Resistenza sembravano tutti in condizioni migliori delle sue. Erano feriti, certo, ma per quelle c'erano le scorte mediche del Generale Organa. Dal punto di vista mentale i ribelli avevano imparato a sopravvivere, ognuno ai propri lutti per quanto essi fossero devastanti, grazie alla spietata matematica. Si contavano i caduti. Poi si contavano i vivi. Si intonava in memoriam e a testa alta si progettava il domani. Un passo alla volta. E' così che facevano. E alla ragazza piaceva quella filosofia di vita, perché era un po' quello che aveva sempre fatto per sopravvivere. Un passo alla volta.

Non appena misero piede sul soffice terreno di Ajan Kloss, tutti si erano messi al lavoro spinti da un tacito comando, come sempre: chi ripristinava le trasmissioni, chi organizzava le provviste, chi posizionava i sensori di perimetro, chi allestiva l'ospedale da campo. Ogni formichina andava per la sua strada, sicura di sé. Al momento lei non sapeva bene che ruolo avesse in quell'organizzazione operaia e comunque non aveva forze per fare nulla di utile. Luke era morto, nel suo ultimo sacrificio, lei e Leia l'avevano percepito.

Si sarebbe volentieri accasciata lì dov'era per dormire. Le brevi mezzore rubate durante i voli, con la testa ciondoloni, appoggiata alle ingiallite pareti del Falcon, o sdraiata sulle sue scomode brande a scomparsa, non erano bastate. Quello non era riposo.

Mentre, ancora spaesata, si guardava attorno in quel verde che sembrava respirare, si trovò un braccio pesante che le stringeva le spalle, senza permesso.

Era la giacca arancione di Poe. "Hei ragazzina, cosa cerchi?"

Pensò che avrebbe dovuto, quanto prima, far capire agli altri cosa le piaceva e cosa invece detestava, così tanto per mettere le cose in chiaro. Forse l'insolenza del pilota sarebbe potuta scemare.

"Un posto in cui riposare un po'.." rispose lei fredda.

"Vuoi scherzare? Dopo cena si festeggia tutti insieme!! Cioè, insomma, chi ce la fa. Ovvio"

No. Cazzo. Ma com'era possibile che avessero voglia di fare baldoria? Dopo quello che avevano passato? "Ahm" fu tutto quello che le uscì di bocca.

"Uoo che entusiasmo, eh, Rey? Beh. Magari dopo il riposino potresti aver voglia di mangiare un boccone con noi. Ci troviamo davanti alla nave" disse lui sarcastico.

"Scusa Poe, davvero, ma sono distrutta. Cerco solo un posto per sdraiarmi, sai che mi basta poco. Dopo sicuramente vi raggiungo" si arrese zuccherosa, sorridendo appena. Poi si sciolse dal braccio di Poe, facendolo sembrare un amichevole contraccambio al suo gesto di affetto non richiesto, che a lui bastò, insieme alla promessa di partecipare ai festeggiamenti, come pace fatta.

"Bene, ragazzina. Allora, ci sono dei ricoveri nella radura, vieni ti faccio vedere".

L'uomo si fece strada nella foresta e la condusse, non lontano dall'accampamento, dove tra il fitto della vegetazione si potevano scorgere delle capanne. "Occhio. Copri la finestra con la cortina, qui gli insetti sono insopportabili".

Le avevano spiegato che un tempo Ajan Kloss era stata una base di addestramento di Luke per i suoi padawan. Erano rimaste ancora molte di quelle scarne costruzioni in legno, sulle quali la potente natura del luogo aveva preso il sopravvento, avviluppandole con intricatissimi rampicanti, piante dagli enormi cappelli, lunghi e frondosi rami. La sensazione era di abbandono, come quei posti dove l'uomo fugge da un giorno all'altro e la natura si riprende ciò che è suo ristabilendo un ordine primordiale, ma quando entrò nella capanna, si sorprese dell'ordine e della pulizia.

Vi erano un tavolino con una candela, un tronco come seduta e un grande baule metallico che aveva protetto il materasso dalle incurie. Lo estrasse meravigliandosi della morbidezza. C'era anche una grezza coperta, ma leggera sulla pelle. Abbassò la fitta rete sulla finestra, come le aveva consigliato Poe e tornò sul letto.

 

 

Era stremata. Aveva combattuto su più fronti. Aveva dovuto lottare fisicamente come mai nella sua vita.

Ma c'era dell'altro.

Era stata violentata da quell'essere immondo di Snoke che era entrato per guardarle dentro, e ne aveva goduto, oh sì, lei lo percepiva. Aveva sentito la sua eccitazione fisica nell'averli entrambi soggiogati al suo enorme potere. Lui le aveva detto cose, nell'intimo della sua mente, che non avrebbe mai potuto dimenticare.

Con il terrore negli occhi aveva sperimentato la folle passione che quel mostro ributtante aveva nei suoi confronti, ma anche la propria morte. Si perché lei era certa di non farcela quella volta. Snoke si cibava di quel terrore e di quel desiderio e lei ne era esterrefatta. Come era riuscito Ben a sopportarlo tutta la vita dentro di lui? Lei ne era uscita devastata dopo pochi minuti.

Poi Snoke era morto, trafitto dal suo figlio migliore.

E la danza della morte con le guardie pretoriane... Una perversa e magnifica completezza era nata in quella macabra carneficina, erano pervasi di una elettricità che li aveva resi un unico, spietato e bellissimo guerriero. Si era scoperta inebriata da quella sensazione di potere e se ne era vergognata tremendamente.

E

E.. Lui

Ricordarlo era straziante.

Averlo davanti agli occhi in tutta la sua sublime potenza la rendeva vuota.

Come durante l'iper-salto, quando il tuo dentro sparisce per un attimo, schiacciato al sedile. Si sentiva nuda e trasparente.

Poi la battaglia su Crait. Era stato galvanizzante pilotare il Millennium Falcon in un'incredibile sequenza di acrobatiche manovre, liberare i compagni con l'uso della Forza che era cresciuta in lei come una possente onda di energia. Tutto questo era come ossigeno, dopo l'angoscia e il dolore provati con la morte di Snoke. Per un po' era stata altrove, felice.

Ma una sottile ombra aveva velato il suo cuore. Sapeva di aver fatto la scelta giusta, sì, per la Resistenza, per Leia, per i suoi nuovi amici. Certo. Ma non poteva fare a meno di pensare di essersi macchiata di un peccato imperdonabile che ora sporcava la sua integrità rendendola impura.

Aveva abbandonato Ben. Come tutti quanti nella sua vita. L'aveva lasciato nel momento.. forse nel momento più difficile della sua vita. Quando le tue sicurezze di sempre scricchiolano, quando compi gesti che MAI avresti detto di poter fare, quando sacrifichi tutto per una persona.. con grande coraggio. Azioni fatte sperando forse di impressionarla, di contare su di lei per il futuro, di proseguire con lei...

E non lo sopportava. Era una colpa quella, che l'avrebbe perseguitata per sempre. Sapeva, l'aveva visto, che dentro di lui era rimasto un piccolo fuoco di luce. Ancora troppo piccolo perché da solo potesse scaldare il suo lato oscuro. Ma era scappata via come una codarda. Incapace di sostenere il compito più difficile. Quel fuoco si sarebbe estinto. Forse era già morto. Come avrebbe potuto sostenere di nuovo un contatto con lui, sapendo che sicuramente il ragazzo aveva spazzato via tutto quello che c'era stato?

E quello sguardo, oh, quegli occhi scuri che la fissavano come per dirle si forse avevi ragione tu cercatrice di rottami. Erano liquidi, scuri e tremendi. Nessuno avrebbe visto la benché minima differenza, nessuno vi avrebbe fatto caso. Ma non in quel momento. Non per lei. Che leggeva solo una inspiegabile dolcezza. L'ennesimo sguardo che non meritava.

Era stata cattiva e ora, anche dopo la vittoria di Crait, si sentiva colpevole e sconfitta. Quella piccola ombra si stava impadronendo di lei.

Troppo male.

Troppe cose esageratamente grandi per le fragili ossa, per il povero cuore, le tenere guance e le giovani mani ferite della cercatrice di rottami di Jakku.

Erano troppi i pensieri per riuscire a riposarsi. Sembrava che fossero tutti lì, in fila per entrare nel capanno, a turno, e vomitarle addosso problemi che lei non sarebbe stata in grado di risolvere. Così facendo, arrendersi al groviglio di umore che la scombussolava, non faceva che allungare la fila di pensieri fuori dalla porta.

Ma nessuno le aveva mai detto come fare, come crescere, come affrontare i dubbi della vita, le sfaccettature delle persone, o le mille possibili sfumature di sé stessa. Non sapeva niente. Niente dei sentimenti. Qui e ora le strategie con cui era sopravvissuta su Jakku erano inutili. Là si trattava di sopravvivere o morire, di freddo o caldo, di sabbia o metallo, tutto il giorno, tutti i giorni. Là non c'era posto per altro, non esisteva altro. Per lei tutto era nuovo e come tale sconosciuto, inaffrontabile senza maturità.

Si impose di respirare con calma, come le aveva insegnato Luke.

Uno due tre quattro.

Dentro.

Uno due tre quattro.

Fuori.

E ancora, e ancora.

Finalmente il suo mondo rallentò fino a fermarsi quasi, la fila di noiosi clienti si disperse nella radura, e Rey iniziò a percepire il respiro del verde. Era fresco e umido, era pieno di minuscole vite indaffarate. Percepiva lo sbattere veloce delle ali di piccoli volatili che succhiavano il nettare da gonfi fiori tropicali, gocce di rugiada che imperlavano le foglie-ombrello, gli occhi mobili dei camaleonti variopinti che se ne stavano appollaiati sui fusti delle piante in attesa di catturare un insetto, voraci vermi rosa che ingoiavano terriccio, la scia argentea di una lumaca su uno stelo d'erba, il pulviscolo nell'aria calda irradiato da una lama di luce.

Era bellissimo e primordiale, semplice come la vita stessa, incessabile voce nella galassia. Avrebbe voluto perlustrare quel mondo con la sua innata curiosità e mostrare a tutti lo splendore delle piccole cose.

Una tiepida soddisfazione la colse e infine si addormentò su quel comodo materasso, con una bianca coperta, tiepida come la mano di una mamma.
 

https://youtu.be/krEZUijANkk

   
 
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