Anime & Manga > TSUBASA RESERVoir CHRoNiCLE / xxxHOLiC
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Autore: steffirah    14/08/2021    0 recensioni
Una volta iscrittosi all'università, Syaoran si trasferisce in un nuovo appartamento con due coinquilini e mezzo, e si ritrova a vivere esperienze del tutto impreviste. La sua vita però cambierà del tutto quando verrà assunto per lavorare presso una persona con cui non sapeva neppure di aver instaurato un legame... Un legame che lo riporterà alle sue origini, spingendolo a trovare quella famiglia che gli manca.
Genere: Generale, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fay D. Flourite, Kurogane, Sakura, Syaoran
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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XXXI



 
 
 
In occasione del nostro compleanno i coniugi Kinomoto ci hanno fatto un regalo del tutto inaspettato. Proprio due giorni prima, il trenta marzo, dopo che ho riportato Sakura a casa ci hanno consegnato due buste da lettere chiuse. Le abbiamo aperte incuriositi, e nella mia ho trovato solo un foglietto con su scritto un indirizzo. È quando ho letto il nome della città che ho sgranato gli occhi, guardandoli senza parole. 
Entrambi mi hanno rivolto uno sguardo addolcito, mentre Sakura è saltata loro al collo, ringraziandoli di cuore, voltandosi poi verso di me per mostrarmi un biglietto, gasata.
L’ho preso dalle sue dita, col cuore in gola e la mano tremante, vedendoci sopra il numero di due stanze d’albergo di Hong Kong, prenotate per l’indomani. 
«Abbiamo pensato che potesse essere un buon regalo per entrambi, farvi ritornare alle origini. Anche se non sappiamo in che stato potresti ritrovare casa tua…» s’è rammaricato il primo ministro.
«Kimihiro ha detto che hanno fatto sì che venisse pulita periodicamente, da anni, anche se ufficialmente non ci vive più nessuno. Secondo la gente è una casa abbandonata, ma Yuuko-san ha voluto preservarla per me, nel caso in cui un giorno avessi voluto ereditarla…» ho spiegato con un filo di voce.
«Ti spetta di diritto», mi ha ricordato Nadeshiko-sama, posandomi una mano su una spalla, quasi cercasse di infondermi coraggio. 
Ho annuito a questo. Stavo già pianificando di tornarci un giorno, per capire meglio la situazione e assicurarmi che, effettivamente, non ci fosse più alcuna minaccia, visto che ancora non ne abbiamo una sicurezza; ma proprio per questo, non avevo intenzione di andarci con Sakura. Non ancora almeno.
«Sappiamo cosa stai pensando.»
Kinomoto-sama si è intromesso nei miei pensieri, affrontandomi a testa alta.
«Le hai promesso di proteggerla, no?»
Mi sono raddrizzato, annuendo determinato.
«La proteggerò sempre, a qualunque costo.»
«E tu non permetteresti mai che le succedesse qualcosa di brutto, giusto?»
«Assolutamente.»
«In tal caso, non c’è alcun pericolo.» Si è aperto in un gran sorriso, aggiungendo: «Verranno anche i tuoi coinquilini con voi, così magari puoi sentirti più tranquillo».
In effetti, sapere che ci sarebbero stati anche Fay-san e Kurogane-san mi ha parzialmente rincuorato; eventualmente, mentre io avrei indagato sarebbero rimasti loro con lei. 
A quel punto ho acconsentito, e così ora, dopo un breve volo nel loro jet privato, eccoci a Hong Kong. 
I coniugi ci hanno prenotato le due camere come misura preventiva, presa finché io non mi sarei fatto coraggio per affrontare la verità, recandomi nel luogo del mio passato. In realtà è stato superfluo, per cui ho detto chiaramente loro di farsi rendere i soldi, quando ci siamo salutati prima di partire.
Non c’è alcuna esitazione in me. Voglio andare a casa. Non voglio soltanto visitarla. Voglio viverci. Voglio riprovare le stesse sensazioni che ho provato in passato. Voglio ritrovare la mia identità perduta. Anche a costo di annegare nei miei stessi ricordi, non c’è altro che io desideri. 
Ci rechiamo lì in un’auto presa a noleggio guidata da Fay-san, con Kurogane-san che ogni tre per due lo rimprovera di guardare la strada invece di ammirare il panorama, già parzialmente nervoso per il fatto che debba tenersi lui la gabbietta con Mokona sulle gambe. Ammetto che, nonostante tutto, mi sento irrequieto. Fortunatamente, un po’ Sakura con la sua mano posata nella mia e un po’ i due con i loro siparietti comici riescono a distrarmi, fino al momento in cui Fay-san parcheggia in prossimità di un vialetto, in una zona sopraelevata, distante dal caos cittadino. Sembra quasi trovarsi in un’altra dimensione, in un altro mondo. 
Prendo un respiro profondo e mi decido a scendere dall’auto, con Sakura che immediatamente mi affianca, stringendo la mia mano nella sua, guardandomi con fermezza. Le faccio un cenno, esprimendole così la mia gratitudine per essere al mio fianco, e ricambio la stretta, mentre con gli altri lo faccio a parole.
«È un momento molto importante per me, quindi grazie davvero. Grazie per essere qui.»
«Non ringraziarci, siamo qui perché noi stessi volevamo esserti di supporto, in qualche modo. Non credere sia soltanto perché c’è stato chiesto dal primo ministro.»
Scuoto la testa, sorridendo a Fay-san che è appena venuto ad abbracciarmi. 
«Non l’ho mai pensato.»
«Bene così», conclude secco Kurogane-san, scompigliandomi i capelli, per poi prendere le nostre valigie, ordinando all’altro di aiutarlo. 
Fay-san sorride tra sé, commentando sottovoce: «Non riesce mai ad essere più onesto, eh?», prima di fischiettare come se nulla fosse, aiutandolo senza lamentarsi.
Io e Sakura ci scambiamo un’occhiata divertita, finché l’ansia non torna a colpirmi. 
Alzo lo sguardo verso quell’altura, vedendo il sentiero sollevarsi lungo il pendio, finché non giungiamo dinanzi ad un grosso cancello in stile tradizionale, affiancato da delle mura.
Deglutisco a fatica, serrando le dita attorno alle chiavi che mi sono state consegnate da Kimihiro ieri sera. Nonostante l’agitazione, mi accorgo che Sakura si guarda attorno piena di meraviglia. 
«C’è qualche speranza che i pruni siano ancora in fiore?» si interroga ad alta voce, mentre sorride ai piccoli germogli che spuntano dal terreno ai nostri lati. 
«Non saprei dirlo con certezza… Gli altri fiori sicuramente saranno ancora chiusi.»
«Che peccato», si rammarica per un minuscolo istante, prima di illuminarsi di nuovo: «Ma anche se il tuo giardino non sarà pieno di colori, come nei miei ricordi, non fa niente! Ne vedrò una nuova versione!»
Provo a ricordare com’era in questo periodo, ma per ora i ricordi più intensi che ho sono solo quelli che ho condiviso con Sakura. Proprio perché lei stessa mi ha aiutato a ricordare. A quanto pare, ha fatto più tesoro di me delle sue memorie. 
Rivolgo poi uno sguardo ai miei coinquilini, cercando consenso, e ad un loro cenno apro il cancello.
Sento Sakura trattenere il fiato al mio fianco, e più o meno ne capisco la ragione. Al di là di una selva fatta di cespugli e alberi, non ancora completamente ricoperti di foglie, si può già scorgere una casa grandissima.
Mi avvio con Sakura, guardandomi intorno, in cerca di segni di familiarità. Intravedo i pruni di cui parlava lei, con ancora pochi fiori che, stranamente, hanno resistito alla forza del vento, senza cadere, e lei ne gioisce. 
Mi trascina fin lì, contando i pochi rimasti che ancora vestono quei rami altrimenti completamente spogli, felicitandosi. 
«È meraviglioso! Come se ti stessero dando il bentornato, Syaoran!»
E a questo il mio cuore salta un battito, avendo detto la parola in cantonese. Le sorrido grato, voltandomi verso la casa. Mi ci accosto in fretta, anche per non far attendere troppo gli altri coi bagagli, e usando un’altra chiave apro la porta, entrando.
Come ha detto Kimihiro, tutto è lindo e pulito. Le superfici risplendono, tanto che sembrano essere state appena lucidate, così come nei vasi sui mobili e sui bassi tavolini ci sono fiori ancora freschi. Tutti gli oggetti sono privi di polvere, compresi i tappeti, i quadri sulle pareti, l’arredo… È tutto perfetto, come se qualcuno ci vivesse davvero. 
Fay-san e Kurogane-san si avvicinano incuriositi alle statuette dei due leoni guardiani posti accanto all’ingresso, soprattutto il primo che non ha idea di cosa siano. Glielo spiego, prendendo del tempo a guardare tutto ciò che mi circonda. Ora mi sento come se non avessi mai lasciato questo posto. Eppure, allo stesso tempo, sento che è diverso.
«Questi sono i tuoi genitori?» domanda Fay-san, spostandosi verso una delle cornici affisse nel corridoio.
In mezzo a rotoli e dipinti, ci siamo anche noi tre. Anche se in questa foto ero nato da poco. 
Faccio un cenno di assenso, spostando lo sguardo su mio padre e mia madre, sentendoli improvvisamente vicini.
«Sei identico a tuo padre», osserva Kurogane-san.
«Me lo dicevano spesso. Anche mia madre diceva che ero uguale a lui da bambino, sin dalla mia nascita.»
Mi rendo conto che la mia voce si sta incupendo, per cui mi sposto di lì, aprendo le porte di tutte le stanze che trovo. Cucina, soggiorno, lo studio di mio padre, le camere da letto nostre e quelle per gli ospiti, i bagni… In due piani, tutto è rimasto immutato, ma tutto è tremendamente diverso. Mancano le loro voci. Mancano le loro risate. Mancano i loro profumi, che riempivano l’aria.
Mi sforzo di non pensarci, mostrando la camera degli ospiti a Kurogane-san e Fay-san, bloccandomi sulla soglia di quella che occupavo io. È qui che per l’ultima volta li ho visti. Qui mia madre mi ha lasciato un bacio sulla fronte e un’ultima carezza, cercando di rassicurarmi che tutto sarebbe andato bene, allontanandosi da me. Qui mio padre mi ha detto addio, voltandomi le spalle per salvarmi. 
Non mi offre proprio dei bei ricordi, per cui svio lo sguardo, notando che anche le labbra di Sakura tremano. Certamente, per lei è doloroso quanto lo è per me. 
La conduco via da lì, proponendo: «Potresti dormire in camera dei miei. Credo che ne sarebbero contenti».
La guido fino alla loro stanza, osservando tacito quel grande letto pieno di cuscini e tendaggi. Le coperte sono fresche di lavaggio, con il copriletto in broccato. Sfioro appena la liscezza di questa seta color giada, seguendo le rifiniture dorate delle figure, prima di guardare Sakura con un sorriso. 
«Che ne pensi?»
«È bellissima», mormora, affiancandomi per passare anche lei la mano sul tessuto, sfiorando poi i veli del baldacchino. «È tutta seta?»
Annuisco in conferma, prendendo la sua valigia e portandola verso l’armadio. Quando lo apro, mi stupisco di ritrovarci ancora dei vestiti. Pensavo che questo genere di cose fossero state buttate. 
Sakura se ne accorge e viene a vederli, affascinata.
«Ho sempre pensato che i vostri abiti tradizionali fossero affascinanti. Sono così eleganti e raffinati…» Si volta verso di me, incerta. «Credi che sarebbe sacrilego provarne qualcuno?»
«Assolutamente no, anzi, i miei genitori vorrebbero di sicuro che qualcuno continuasse ad utilizzarli. D’altronde sono come nuovi.» Li sposto per vederne le gradazioni di colori, notando con diletto che quelli di mia madre sono prettamente sui toni del rosa, quelli di mio padre sui toni del verde e del turchese. «Quale vorresti provare?»
La guardo e lei avvampa, scuotendo vigorosamente la testa. «Non intendevo per me! Volevo solo dire che sarebbe bello se ne provassi uno tu.» Torna a guardare gli abiti, sorridendo malinconica. «È trascorso così tanto tempo dall’ultima volta in cui ti ho visto indossarne uno…»
Ci penso su, giungendo ad un compromesso: «Se ne metti anche tu uno, va bene».
Lei mi fissa di nuovo spiazzata, ma fingo di non notarlo, consigliandole di scegliere quello che vuole. 
Per me ne prendo uno verde persiano, annunciando che vado a cambiarmi per primo. Ci impiego poco ad indossarlo, e quando torno vedo Sakura ancora alle prese con la scelta, sembrando in difficoltà. 
«Non mi so decidere, sono tutti stupendi», si lamenta, sentendomi tornare. Si volta verso di me, sgranando immediatamente gli occhi. 
«Mi rende strano?» mi accerto, non essendomi ancora guardato allo specchio. 
Mi avvicino a quello dell’armadio, osservando il mio riflesso. Incredibile che mi calzi tanto a pennello. 
«Sei bellissimo…» 
La guardo attraverso lo specchio, trovandola ad ammirarmi dalla testa ai piedi e viceversa, con le gote rosse e gli occhi luminosi, le mani posate sulle labbra. Mi allungo a posarle un bacio sulla fronte, leggermente imbarazzato, invitandola a scegliere con calma e prendersela comoda quanto vuole, mentre io faccio un altro giro. 
Scendo di nuovo al pianoterra, notando l’armonico contrasto tra stile antico e moderno. Entro nello studio di mio padre, passando le dita sulle coste di tutti i suoi libri, nostalgico. Quando non era troppo impegnato e potevo stare con lui mi faceva sedere sulle sue gambe, in modo tale che potessi leggerli insieme a lui. 
Mi avvicino alla scrivania, afferrando l’antico taccuino in pelle, e lo apro, ritrovandovi tutti i suoi appunti e disegni. Mi siedo e accendo la lampada per leggerlo, incuriosito, perdendomi per un po’ tra le righe e i bozzetti. È pieno zeppo di ritrovamenti, annotazioni riguardanti i progressi negli scavi e sue osservazioni o ipotesi. 
Non mi rendo neppure conto che passa del tempo finché, sentendomi osservato, non mi volto, trovando Kurogane-san e Fay-san sulla soglia. Mi scuso per essermi assentato, poso il taccuino al suo posto e li raggiungo in fretta. Loro non ne sembrano per niente infastiditi, piuttosto Fay-san mostra apprezzamento per il nuovo abbigliamento.
Lo ringrazio e noto che tiene Mokona tra le braccia, per cui ne approfitto un po’ per coccolarla. È mentre lo faccio che Kurogane-san esordisce con: «Che progetti hai?»
Lo guardo con consapevolezza. Conoscendolo, sapevo già che sarebbe andato dritto al sodo.
«Dato che è già tardi, per oggi riposeremo. Sarei voluto andare in città domani stesso, ma non voglio lasciare Sakura sola proprio nel giorno del suo compleanno. So che starebbe con uno di voi, ma sicuramente ci rimarrebbe male per non essere stata coinvolta. Non posso rischiare, portandola con me», spiego, sentendomi alquanto rattristato a tale idea, certo però che anche loro capiscano. «Quindi pensavo di cominciare le ricerche da casa.»
«Per noi va benissimo», approva Fay-san, ammiccando. «Ci sarà tanto da scoprire anche qui.»
Non riesco ad evitarmi una mezza risata.
«E Sakura-chan?» si interessa poi.
«Oh, lei -»
«Scusatemi se vi ho fatto aspettare!» ci giunge la sua voce ansante.
Ci voltiamo alla mia sinistra e notiamo che corre trafelata, in mezzo a tante stoffe che la avvolgono.
Si arresta affianco a noi, riprendendo fiato, prima di guardarmi paonazza.
«L’ho messo bene? Ho cercato di imitare il modo in cui li indossava tua madre, ma non sono molto sicura di come vada messo questo nastro.»
Si indica la fascia in vita e io mi accorgo che è un po’ imbrigliata al resto. Gliela annodo meglio, complimentandomi intanto per come le sta. Le dona tantissimo.
Una volta aggiustata la guardo in viso, notando che il rossore non è sparito, al contrario, sembra averlo ormai posseduto del tutto; tuttavia ha un sorriso enorme ad illuminarla.
Mi ringrazia e sposta immediatamente l’attenzione su Mokona, che senza accorgermene ho affidato a Kurogane-san. Se la prende Sakura per un po’, e Fay-san mi chiede se può mettersi ai fornelli. Approvo, visto che non abbiamo ancora mangiato, conducendolo fino alla cucina.
Una volta lì mi metto a cucinare con lui, ceniamo, e poi subito ce ne andiamo a letto. Ancora non ho deciso dove dormirò, ma penso che approfitterò del divano nel soggiorno. 
Auguro la buonanotte ai miei coinquilini, ma quando sto per fare lo stesso con Sakura lei mi trattiene per una manica, guardandomi indugiante.
«Ehm… Syaoran…»
La fisso in attesa che prosegui, ma lei si morde il labbro, sembrando nervosa. Le prendo il viso tra le mani, sfiorandole le guance coi pollici, sperando di rilassarla. 
«Cosa c’è che non va?»
Lei chiude le palpebre, sembrando immediatamente distendersi. Ad occhi chiusi mi chiede, con un filo di voce: «Perché non dormi anche tu qui?»
Dato che non so come risponderle mi guarda, sembrando parlarmi a cuore aperto.
«A me non dispiace, lo sai. Anzi, averti…» Arrossisce maggiormente e abbassa lo sguardo, torturandosi le maniche. «Averti al mio fianco, il giorno del mio compleanno, sin da quando mi sveglio, sarebbe il regalo più bello che possa mai ricevere.»
«Va bene», acconsento immediatamente, con suo grande stupore. Mi faccio sfuggire un sorriso sghembo. «Cos’è questa reazione?»
«N-no è che…» Si porta una mano al viso, voltandosi di lato, quasi cercasse di nascondersi. «Non pensavo accettassi. Se lo stai facendo solo per me -»
«È quello che desidero anch’io. Anche per me, svegliarmi al tuo fianco il giorno del mio compleanno, sarebbe il regalo più bello che possa mai ricevere.»
Mi guarda stupefatta, con gli occhi lucidi, e capisco che le serve del tempo per sbollire – in realtà, ne ho bisogno anche io: per quanto mi mostri audace, non posso nascondere di sentirmi sempre un po’ sconquassato, quando le sono accanto. 
Pertanto le concedo un’oretta per lavarsi con calma, mentre io mi reco in biblioteca. Lì, da solo, vago tra gli scaffali in cerca di qualcosa, e mi concentro per un po’ su quello che realmente provo.
A dirla tutta, è bizzarro. Stare con Sakura mi emoziona, e al contempo mi calma. Mi trasmette una grande sicurezza. Mi lascia un senso di familiarità. Quasi come se… come se fossimo fatti per vivere insieme. Come se fossimo fatti per esistere insieme. Per stare uno di fianco all’altra.
Mi porto una mano al petto, percependo le mie pulsazioni accelerare. Non posso neppure negare che starle accanto mi agita. Non riesco proprio a capirlo.
Sakura mi rende felice, sereno, sembra spazzare via qualsiasi timore, qualsiasi dubbio, qualsiasi pensiero anche solo con uno sguardo o un sorriso. Eppure, se da un lato mi tranquillizza, dall’altro è come se con ogni azione, con ogni suo gesto, mi stringesse ogni singolo organo tra le dita, fino ad annodarmeli gli uni con gli altri. Non so neppure io come riesco a non darlo a vedere; forse mi guida a farlo il pensiero che, se lo palesassi, sicuramente ne sarebbe preoccupata. Per questo mantengo una facciata tranquilla, appigliandomi alla sensazione predominante di benessere che mi trasmette. Tuttavia, a volte c’è questa pulsione più grande, una… un’attrazione più forte che mi spingerebbe a prenderla costantemente tra le mie braccia, a stringerla a me, e non lasciarla più andare. 
Chiudo gli occhi per un istante, prendendo un profondo respiro, ricordando a me stesso che non sono venuto qui solo per rimuginare sulle mie sensazioni, ma con un obiettivo ben preciso. 
Scorro con lo sguardo sui titoli presenti tra gli scaffali, trovando il libro esattamente dove lo ricordavo. Lo prendo con cura e soffio via la polvere, ripulendolo con delicatezza. Lo apro piano, facendo attenzione che le pagine non si stacchino e me ne assicuro sfogliandole lentamente, riconoscendolo. È l’edizione di “Peter Pan” che Sakura cercava tanto disperatamente in biblioteca. Quando veniva qui, mia madre glielo leggeva sempre.
Passo la mano sull’antica copertina, sorridendo nostalgico, ricordando quante volte Sakura volesse imitare le scene insieme a me, implorandomi di essere il suo “Peter”, mentre lei era la mia “Wendy”. E ogni volta sembrava che lei volesse davvero che io la portassi via. 
Mi riscuoto da quel pensiero, portandolo con me mentre torno in camera. Entro annunciandomi, prima di scostare le tende, notando che Sakura ancora non c’è. Ne approfitto per nascondere il libro in un cassetto dello scrittoio, decidendo che l’indomani mattina gliel’avrei fatto trovare accanto al letto, e faccio giusto in tempo prima che esca dal bagno, canticchiando. 
Appena mi nota avvampa, coprendosi il viso con l’asciugamano. Vedo che è già vestita, per cui le concedo il suo tempo per asciugarsi i capelli, mentre vado anche io a lavarmi e cambiarmi. Indosso un pigiama semplice, anche se mi sono accorto che quello di Sakura è in stile cinese. 
Quando torno in camera la trovo seduta composta sul letto, con il telefono tra le mani.
«Stavo rispondendo a mia madre», spiega. 
«Mi saluti tutti?»
«Certo!»
Sorride a trentadue denti, digitando rapidamente qualcosa, annunciando mentre sposto le coperte anche al lato opposto: «Tomoyo-chan e Yuzuriha-chan ti mandano a loro volta i saluti».
«Ricambia.»
Mi stendo, cominciando a coprirmi, mentre lei smanetta per pochi altri minuti sul cellulare, prima di posarlo su un lato e voltarsi per fronteggiarmi.
«Che te ne pare di questo pigiama?»
«Non è male.»
«Eheh, ne possiedo tantissimi! Sono di pura seta, papà me li regala ad ogni mio compleanno perché sa che li adoro, facendoseli recapitare direttamente da Hangzhou.»
Le sorrido, voltandomi su un fianco, mettendomi più comodo tra i tanti cuscini.
«Sono contento.»
«Di cosa?»
«Del fatto che ti piacciano tanto la nostra cultura, le nostre tradizioni.»
Lei mi rivolge un sorriso smagliante, prima di accoccolarsi meglio sotto le coperte, abbracciandosi un cuscino. 
«È perché le ho sempre trovate tanto intrise di fascino e mistero. È… più forte di me.» Mi guarda da sotto le ciglia, ammettendo: «Quando ti ho “conosciuto” l’anno scorso ho pensato le stesse cose di te».
Sento le mie guance scaldarsi, ma faccio finta di niente. 
Svio lo sguardo verso l’esterno, notando la luna alta nel cielo. 
«Vogliamo dormire? Si sta facendo piuttosto tardi.»
«M-mh.»
Nasconde uno sbadiglio dietro una mano, chiudendo gli occhi.
Le rimbocco le coperte e spengo la luce, augurandole la buonanotte.










 
Angolino autrice:
Buongiorno e buon (quasi) ferragosto! Perdonate l'assenza prolungata, negli ultimi tempi mi sto dedicando ad una pagina su ig che da poco ho aperto, come autrice ^_^ Se qualcuno dovesse essere interessato, può contattarmi tranquillamente :3
Su questo capitolo non penso ci sia molto da spiegare, forse serve solo sapere che i leoni guardiani servono a proteggere l'edificio in cui sono posti da influenze spirituali dannose e persone malintenzionate.
Ora, ho buone o cattive notizie (dipende dai punti di vista), ma udite udite, mancano pochissimi capitoli alla fine di questa storia! Non so come la prenderete, io già so che piangerò, come al solito ç_ç Però vi ringrazio per essere rimasti, sperando che stia continuando a piacervi twt
Steffirah

 
  
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