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Autore: lady lina 77    14/08/2021    3 recensioni
L'omicidio di una donna e il salvataggio dei suoi due figli porteranno i Poldark dentro a un grande segreto da tenere celato a qualsiasi costo. Una storia che nasce nel freddo dei ghiacci di Oslo per poi approdare in Cornovaglia dove Ross, assieme a due misteriosi gemellini (già conosciuti in una mia vecchia fanfiction ma quì in ruoli diversi), lotterà per poter tenere fede a una promessa.
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Nuovo personaggio, Ross Poldark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ci avevano messo quasi una settimana a giungere a Londra.
Erano partiti da Nampara in una giornata nuvolosa, all'alba, a bordo di due carrozze, una con i bagagli, su cui viaggiavano Prudie e i due bambini più grandi e l'altra con Ross, Demelza e i tre bambini più piccoli.
Come preventivato da Ross, il tempo si era fatto brutto e la pioggia aveva accompagnato la loro marcia dall'inizio alla fine.
Se nella carrozza di Prudie c'era stata pace e tutto era filato liscio con Jeremy che leggeva e osservava il panorama e Clowance affascinata da tutto ciò che vedeva al finestrino, in quella di Ross e Demelza la situazione era stata più movimentata con tre bambini dai quattro anni in giù. E così fra capricci, liti, chiasso, grida, risate, riposini e spuntini improvvisati, erano giunti a Londra con l'unico desiderio di dormire per due lunghi giorni, lasciando le tre piccole pesti a Prudie che aveva viaggiato comoda e tranquilla.
Ross aveva scritto a Wickman e a Jones durante l'estate in Cornovaglia, chiedendo loro di trovare una casa comoda e spaziosa per la sua numerosa famiglia. Il suo piccolo appartamento dove anni prima aveva vissuto prima da solo, poi una seconda luna di miele con Demelza e dove aveva ospitato i Despard era inadatto ormai, troppo minuscolo per ospitare una coppia con tre bimbi piccoli, un ragazzo ormai adolescente e una dodicenne vivace e impertinente. Ross aveva chiesto una casa elegante ma non sfarzosa, in centro, in modo che fosse sicura dalla delinquenza delle periferie e soprattutto aveva chiesto che avesse un grande giardino. Lo aveva chiesto espressamente per far contenta Demelza che amava fiori, piante e tutto ciò che serviva per prendersene cura. Sua moglie non era entusiasta di fare quel viaggio e sperava che quella piccola sorpresa l'avrebbe fatta sentire più a suo agio e soprattutto l'avrebbe resa felice. Vederla contenta rendeva contento anche lui che di riflesso si nutriva della felicità e dell'esuberanza di sua moglie. A Londra, Demelza aveva sofferto molto e spesso anche a causa sua. E ora avrebbe fatto di tutto perché fosse contenta e perché tutto andasse nel verso giusto. Per lei fiori, piante e aiuole erano come figli, compagni, amici. E fra amici ci sente più a proprio agio e sperava che per lei fosse così anche in quella società perbenista che ben poco aveva da spartire con le loro indoli corniche.
Jones gli aveva trovato una villa nei pressi dei giardini di Kensinton, una zona comoda dove i piccoli potevano giocare all'aperto, elegante e vicina quanto bastava a Westminster e ai grandi e facoltosi palazzi che avrebbero dovuto frequentare nei mesi seguenti. Era una villa su due piani, di colore giallo, circondata da un grande giardino delimitato da imponenti cancellate ornate di siepi, da cui si accedeva oltrepassando un massiccio cancello in ferro battuto. Al piano terra vi era un ampio ingresso, una grosso salone per i ricevimenti, una grande sala da pranzo, una cucina e una libreria che fungeva anche da studio mentre al primo piano c'erano una grande camera padronale, altre cinque stanze da letto più piccole di cui una adibita a nursery, un grazioso salottino e due sale da bagno dotate di acqua corrente.
Quando vi giunsero, Demelza e i bimbi rimasero a bocca aperta.
"Giuda, Ross..." - mormorò Demelza appena messo piede in giardino. "E' davvero casa nostra?".
Lui rise, poggiandole la mano sulla spalla per attirarla a se. "Non proprio, è solo in affitto per questi mesi. Ma mi sembrava perfetta per noi e non ho potuto non prenderla".
"Costerà una fortuna!".
La baciò sulla fronte. "Che possiamo permetterci!".
Demelza si guardò attorno mentre i bambini correvano entusiasti da tutte le parti nel giardino, seguiti da Prudie. "E questo giardino...".
Ross la prese per mano. "E' tutto tuo".
"Mio?".
"Tuo, mia cara! Hai una grossa sfida da portare a termine".
"Quale?".
"Ridargli vita e renderglo magico e rigoglioso come il nostro, a Nampara".
Rossa dall'emozione, Demelza lo travolse con un abbraccio. "Giuda, grazie! E' il più bel dono che tu potessi farmi e sarà bellissimo prendermene cura. Sarà la mia medicina contro la tremarella che mi verrà ogni volta che dovrò venire a una di quelle feste importanti".
Ross ricambiò l'abbraccio, orgoglioso di se stesso. "Non ti ho mai regalato nessun fiore, consideralo un rimborso con gli interessi per le mie mille mancanze".
Demelza osservò il giardino. Era incolto, l'erba era da tagliare, cerano erbacce da estirpare, le piante da potare, le aiuole da riempire di fiori e piantine... C'era così tanto da fare e lei si sentiva eccitata come una bambina piccola. "Direi che le tue mancanze, se così le vuoi chiamare, sono state ampiamente risarcite da...". Saltellò, come stava facendo Bella poco più in la, poi lo travolse nuovamente con un abbraccio, cingendogli il collo. "Ohhh Ross, questo è il regalo più bello che potessi farmi".
Si baciarono sulle labbra, incuranti che i bambini li vedessero. Ma Bella e Daisy interruppero il loro momento magico, correndo loro incontro.
"Mamma, papà!" - li chiamò la gemellina, tirando la gonna della madre.
Colti sul fatto, i due si staccarono di colpo. "Dimmi, tesoro".
La piccola allargò le braccia. "Siamo in un castello!".
Ross rise, prendendola in braccio. "Non proprio".
"E' proprio un castello invece!" - ribadì Bella. "E io sono una principessa".
Daisy ci pensò su, dopo quell'affermazione. "E allora papà, tu sei re?".
Ross scoppiò a ridere. "No, niente affatto, per fortuna mia!".
Bella alzò il ditino verso Demelza. "Tu sei una regina?".
Demelza si inginocchiò per essere alla sua altezza. "No di certo. Ma tu e tua sorella siete le mie principesse".
Clowance, già sulle scale d'ingresso, urlò e richiamò la loro attenzione. "Papà, mamma, andiamo a vedere la casa?".
Ross annuì, poi prese per mano la moglie e preceduti dalle tre piccole pesti che si misero a correre, entrarono in casa.
"Giuda signore, stavolta non vi siete risparmiato con le spese e l'eleganza!" - sbottò Prudie a bocca aperta, guadagnandosi un'occhiataccia dal suo padrone, osservando la sobria eleganza dell'ingresso appena furono entrati.
La casa era arredata con stile classico, elegante ma non pomposo. Le pareti erano appena state affrescate, i mobili erano ben disposti e di nuova fattura e tutto sembrava stato sistemato col gusto di un bravo arredatore.
"Giuda davvero, Ross! Sembra la casa di un lord" - aggiunse Demelza.
Ross scoppiò a ridere. "Forse devo abituarmi alla comodità della ricchezza e mandare al diavolo tutte le mie convinzioni sulla nobiltà".
Anche Jeremy rise. "Forse dovresti, questa vita mi piace".
"Non farci l'abitudine, figluolo!" - gli rispose Ross, divertito.
"E i tuoi amati animali lasciati a Nampara?" - lo rimbeccò Demelza, conoscendo bene l'amore sconfinato del figlio maggiore per loro.
Jeremy arrossì. "Li cureranno i Martin, no? Per un pò possono fare a meno di noi".
I tre piccoli corsero di sopra a vedere le camere, seguiti dai fratelli maggiori e dai genitori.
Salirono le scale e Demelza restò ancor più a bocca aperta. Tappeti nei corridoi, porte in legno massiccio, un meraviglioso salottino con tanto di pianoforte, grandi finestre dai doppi vetri che davano sul giardino. "Sembra un sogno, mi piace così tanto Ross. Forse hai ragione, è stata una bella idea venire quì, dopotutto sarà comodo passarci i mesi freddi dell'inverno".
Ross sospirò. "Non ne sono così convinto perché mi fa venire l'orticaria l'ambiente pomposo di Londra, ma sono contento che tu sia contenta".
"Io voglio la camera più in fondo al corridoio!" - urlò Jeremy che, ormai quindicenne, desiderava avere un pò di privacy e uno spazio tutto per se lontano dai genitori.
"E sia!" - rispose Demelza. Poi guardarono le altre stanze e decisero che quella davanti a Jeremy sarebbe spettata a Clowance, quella in mezzo al corridoio, di fianco alla nursery e alla camera dei tre bimbi sarebbe spettata a Prudie, una stanza fu designata a camera degli ospiti e infine quella dal lato opposto, la stanza padronale, a Demelza e Ross.
Quando furono entrati, rimasero per un attimo da soli mentre i bambini prendevano possesso delle loro camere.
Il pavimento era coperto da una moquette color ocra, delle grandi finestre davano sul giardino, il letto e gli armadi erano grandi, comodi e imponenti, c'era una toeletta al lato della stanza e ancora, una piccola spinetta.
"E' davvero nostra?" - mormorò Demelza, poggiandosi al marito.
Lui le cinse la vita, baciandola sul collo. "Nostra, senza che nessuno ci disturbi".
"E i bimbi? Hai dimenticato la propensione di Demian di sgattaiolare nel nostro letto a sorpresa, ogni tanto?".
Ross ridacchiò, ripensando alle innumerevoli volte in cui il nano li aveva quasi colti di sorpresa nei momenti clou dell'amore e a come lui e sua moglie avessero sviluppato una veloce propensione a rivestirsi e ricomporsi in una manciata di secondi. "Oh, ma io ho preso le contromisure" - le disse, mostrandogli delle chiavi nella toppa della porta.
Lei lo fronteggiò. "Giuda Ross, lo sai che odio avere chiavi in casa, i bambini potrebbero chiudersi dentro ad una stanza e non riuscire ad uscire".
"Ho chiesto la chiave SOLO per questa stanza!" - la rassicurò.
Come avvertendo i loro discorsi e l'essere chiamato in causa, Demian si materializzò, volando fra le braccia di sua madre.
"Ti piace la tua stanza, tesoro?".
"Mi piace più tanto questa" - disse lui, affondando il viso nel suo collo e rendendo palesi le sue intenzioni su dove passare la notte.
Ross sbuffò. Demian era una canaglietta bionda dal viso d'angelo e aveva stregato Demelza che non riusciva mai a dire di no. Ma lui era meno propenso a farsi imbambolare da quel biondino e non avrebbe arretrato. "Oh, ognuno dorme in camera sua. Puoi osservare questa camera che ti piace tanto, DA LONTANO! Come gli altri tuoi fratelli".
"NNNNOOOOO".
"Ross..." - lo implorò Demelza, mettendo a terra il bimbo.
Ross si inginocchiò. "Le vedi, queste?" - disse, mostrando le chiavi al piccolo - "Servono a stare ognuno in camera propria, tranquilli".
"Non mi piacciono" - ribatté Demian, pestando il piedino.
"A me tanto" - rispose a sua volta Ross, mentre Demelza rideva per quella disputa.
Demian si mise le mani sui fianchi, assunse un atteggiamento di sfida e poi allungò la manina come a volerlo ammonire. "Le buttiamo via".
"Mi vuoi sfidare a duello?" - chiese Ross, divertito.
Demian rise, fece per scappare ma il padre lo prese di forza, lo sollevò e scherzosamente lo lanciò sul lettone. "Sei destinato a perdere" - disse, inseguendo il piccolo che, divertito, correva ovunque sopra e sotto il lettone.
Demelza lo raggiunse, riuscendo infine ad afferrarlo. "Giuda, basta! Vi farete male".
Ross, col fiatone, andò da loro. Accarezzò i capelli di Demian e poi lo baciò sulla fronte. "Potrai venire quì e addormentarti con la mamma. Ma poi ti porteremo nel tuo letto e ci starai fino al mattino".
"Sempre sempre?".
"Sempre sempre, sì. Come fanno Daisy e Bella".
Clowance comparve sulla porta, divertita. "Demian, lasciali stare! Vogliono stare soli perché papà vuole sbaciucchiarsi mamma senza che li vediamo!".
Davanti a quelle parole, sia Ross che Demelza divennero rossi come pomodori maturi. In effetti non c'era molto da stupirsi, spesso si baciavano davanti ai bambini e non avevano mai mostrato imbarazzo a scambiarsi gesti d'amore in loro presenza. Lo giudicavano un bel modo di insegnare loro la bellezza dei sentimenti, che non ci doveva essere imbarazzo a mostrarli e che amarsi era qualcosa di bello e pulito di cui non vergognarsi. Certo, a parte nei momenti un pò imbarazzanti come quello... Si guardarono in viso e benché non fossero in grado di ribattere alla loro impertintente figlia, Ross formulò il pensiero che in realtà, a parte sbaciucchiarsi, aveva in mente ben altre cose. Ma si guardò bene dal dirlo anche se Demelza, col solo sguardo, colse appieno i pensieri del marito su come avrebbero passato la notte.
Clowance rise, divertita dall'imbarazzo dei genitori. Poi balzò dentro e a forza prese Demian in braccio. "Lasciamoli soli!".
Il bimbo protestò ma la ragazzina fu irremovibile e corse fuori, facendo ancor più baccano.
Ross prese un profondo respiro, lasciò la moglie per alcuni istanti, andò alla porta e dopo aver urlato ai figli di aiutare Prudie a disfare i bagagli, la chiuse a doppia mandata.
Demelza lo osservò con aria interrogativa. "Che hai in mente? Giuda, è solo pomeriggio!".
Con sguardo sensuale e improvvisamente seducente, Ross la riafferò fra le braccia, la spinse contro il muro e la baciò con passione tenendola per la vita. "Santo cielo, abbiamo trascorso cinque giorni con almeno due o tre marmocchi nel letto, in ostelli di pessima qualità. Ho oppure no il diritto di godere di qualche attenzione da mia moglie?".
Demelza rise, cercando di allontanarlo, anche se in fondo l'idea non le dispiaceva molto. Ma si guardò dal dirlo o lei e Ross avrebbero inaugurato prima dell'ora del tè il loro nuovo letto, coi figli e la domestica fuori dalla stanza che correvano avanti e indietro. "Ross..." - mormorò.
"Cosa?".
"Se facciamo così, a breve di bambini nel letto potrebbero essercene di più".
Ross alzò lo sguardo di scatto. Ecco, se c'era qualcosa in grado di spegnere il suo ardore, era la prospettiva di una nuova gravidanza e questo Demelza lo sapeva bene. Con un sospiro si tirò in piedi, dando un buffetto sulla guancia di sua moglie. "Mossa sleale".
"Ma funziona sempre!" - rise lei. "E ci sono i nostri bambini fuori dalla stanza".
"Fuori, chiusi a chiave. Ti ho mai detto che amo le chiavi?".
"Ross...".
"Si, cara?".
"C'è una lettera per te sul comodino, credo" - disse, indicandolo e spingendolo nuovamente indietro.
Ross si voltò, notando un piccolo foglio ripiegato e chiuso con della cera che campeggiava su uno dei comodini a fianco del letto. Non lo aveva notato ma evidentemente Demelza, decisa a sfuggire - per il momento - alle sue attenzioni, sì. "E questo, che diavolo...?".
Immaginando già chi fosse il mittente raggiunse il comodino, prese il foglio, ruppe il sigillo e lesse in silenzio. Infine fece un lungo sospiro annoiato. "Potremo mai stare in pace due giorni di seguito?".
Preoccupata, Demelza gli si avvicinò. "Cos'è? E' successo qualcosa di grave?".
Ross si sedette sul letto, porgendo alla moglie la missiva. "E' di Wickman, mi richiama già all'ordine e nemmeno ho disfato i bagagli".
"Cosa vuole?".
"Siamo invitati, sabato sera, a un ricevimento a casa del console di Danimarca".
Demelza fece un timido sorriso, divertita dall'avversione del marito per i ricevimenti importanti. Eppure, come lui, in quel momento non era esattamente entusiasta della cosa e si chiedeva cosa avrebbe dovuto indossare, come comportarsi, cosa fare o dire a casa di una persona importante come un console. Santo cielo, ecco cosa temeva di Londra e ancora non si era abituata alla sua nuova casa che già si sentiva sotto esame e terrorizzata. "Siamo venuti quì per questo... Ma potresti magari dire che hai molto da fare, essendo appena arrivato...". Giuda, nemmeno poteva chiedere aiuto a Caroline circa la moda e l'abito da indossare, era decisamente il caso di declinare l'invito e magari stavolta avrebbe appoggiato una decisione di tal genere di Ross.
Il marito si stiracchiò, annoiato e scocciato più che preoccupato. "Dubito che Wickman accetterebbe questa scusa!".
"Ohhh Ross, non me la sento!".
Lui rise. "Oh mia cara, nemmeno io! Ma il biglietto dice espressamente che il console avrebbe piacere di aver come ospiti il signor Poldark e la sua famiglia. E' un ricevimento per dare il benvenuto all'autunno e all'inizio della stagione parlamentare e Londra pullula di diplomatici giunti da ogni parte d'Europa. Preparati, ci saranno molti inviti come questo, nei prossimi mesi".
"Saremo solo noi?" - chiese Demelza, mentre le gambe le tremavano.
Ross le prese la mano, attirandola a se e facendola sedere sulle sue ginocchia. "Ne dubito. Credo che saranno molti i politici inglesi e stranieri presenti. Saremo solo due fra i tanti".
Demelza si rannicchiò contro il suo petto. "Dovremo portare anche i bambini?".
Ross ci pensò su e decise che per il momento era meglio di no. "Portiamo solo Jeremy, stavolta. E' il mio primogenito ed erede ed è grande abbastanza per sapersi comportare bene senza annoiarsi. Studiamo poi come sarà la situazione e al ritorno prepariamo i mocciosetti per le prossime feste. Per una volta la scamperanno ma a breve questi dannati e noiosi ricevimenti cattureranno anche loro. D'altronde ci saranno i figli degli altri politici e se siamo fortunati, faranno amicizia e troveranno qualcuno con cui giocare senza fare danni".
Demelza annuì, era una buona idea i piccoli a casa per il momento e Jeremy si sarebbe sentito onorato di quel privilegio. "Sì, sono d'accordo e Jeremy sarà così contento".
Ross alzò le spalle. "Bene, almeno uno in famiglia lo sarà!".
Nonostante tutto, Demelza si mise a ridere. "E cosa mi metterò?".
"Dirò a Jones di recapitarci un abito per te all'ultima moda!".
Demelza lo fulminò con lo sguardo. "Jones? E da quando si intende di moda femminile?".
"Jones è esperto di tutto" - disse, sperò, pregò. In fondo in fatto di travestimenti, imboscate, documenti falsi, spionaggio e gioco d'azzardo era un maestro, che fatica poteva fare uno così a trovare in due giorni un bell'abito da donna?
"Sicuro?".
"Sicuro, mia cara".
Demelza sospirò. "Sai di cosa ho bisogno, amore mio, più del vestito?".
"Di cosa?".
"Di questo mio nuovo giardino... Andrò a rimetterlo a nuovo ora".
"Adesso?".
"Subito".
Ross la lasciò andare. Era stata una buona idea quella del giardino e Demelza avrebbe potuto stemperare la tensione curandolo e facendolo diventare rigoglioso. Era il suo modo per trovare pace e per rilassarsi.
Lui invece aveva altro da fare. Commissionare a Jones un vestito, tanto per iniziare, minacciandolo di ritorsioni in caso di fallimento della missione. E andare a dire ai bambini di non fare troppo baccano o i vicini li avrebbero odiati da subito.
E così iniziava la loro nuova vita a Londra.
  
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