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Autore: MisunderstoodWriter_01    15/08/2021    0 recensioni
Marise ama suo marito follemente, è una donna unica nel suo genere e amante delle poesie di Shakespeare. Ogni giorno ha a che fare con persone con qualche problema psicologico…è una psichiatra di “prima scelta”.
Genere: Mistero, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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“E’ sempre bene aspettarsi qualcosa di buono da chi è abituato ad aspettare?”

 

 

Marise se ne stava nel suo studio, aspettando il paziente delle ore nove, come tutte le mattine da vent'anni a quella parte. Ascoltava attentamente il ticchettio dell'orologio che aveva sulla sua scrivania, tutta perfettamente in ordine, matite nel porta oggetti, taglia carte vicino alla lampada color verde menta che dava un'atmosfera confortevole alla stanza. Delineò nuovamente con gli occhi il triclinio su cui solitamente si sdraiavano i suoi pazienti. Una, due, tre volte, fino a quando il citofono suonò con gran fervore. Pigiando il pulsante chiese con voce amichevole :- Arthur sei tu?entra pure. - Aspettò qualche minuto, osservando il suo diploma di laurea posto sulla parete vicino alla scrivania, ed in quei pochi minuti si ricordò perfettamente l'incontro con suo marito  all'Università, avevano si e no diciotto anni la prima volta che si presentarono, e da lì i loro occhi non si sarebbero più distaccati gli uni dagli altri. In quel momento ebbe come un'immagine degli occhi cerulei del marito, il suo sguardo così penetrante ed amorevole, nessuno l'aveva mai guardata in quel modo in tutta la sua vita, persino sua madre, e solo Dio sa quanto una madre può amare la propria progenie. I suoi pensieri furono offuscati da un leggero “toc toc” della porta, si schiarì la voce e fece accomodare il paziente, un bel ragazzo alto con grandi occhi verdi ed un nobile portamento,si presentava sempre vestito di tutto punto. Marise lo fece accomodare dolcemente sul triclinio color “verde serpe”( è così che il marito lo chiamava, scherzando con lei). La psicoterapeuta si mise gli occhiali e guardò in modo premuroso Arthur chiedendogli come aveva passato le vacanze di Natale, il ragazzo rispose con supponenza :- A casa mia naturalmente, con i miei genitori, la mia cagnolina Kitty e quella stronza di mia zia che, come ogni anno, si presenta senza essere invitata e ci costringe a mangiare il suo dolce ai canditi che ha un'aria più che vomitevole. Poi le solite chiacchiere “bla bla bla” di mio padre e di quanto sia importante la mia istruzione, mia madre che ha recitato la preghierina di natale che ormai tutti noi sappiamo a memoria e, glielo dico sinceramente, ne abbiamo le scatole piene! Mia nonna ha iniziato a citare quanto sia importante la famiglia, ma forse non sa che i miei sono separati anche se vivono sempre insieme, bando alla ciance, lei signora Bruner come ha passato le vacanze di Natale? Sicuramente saranno state migliori delle mie.-  Marise, con fare professionale ribatté :- Non siamo qui per parlare di me Arthur, lo sai da molto tempo, siamo qui per parlare dei tuoi disturbi, delle voci che ogni tanto senti nella tua mente. Si sono ripresentate nuovamente? Come va con Ronnie, la voce principale che vagava nella tua testa?-  Il ragazzo sbuffò, si guardò un po' attorno, si strinse i capelli con le mani, quasi come volendoseli strappare dal capo ed iniziò a piangere a vita tagliata :- Signora Bruner, Ronnie non c’è più, non ho più nessuno con cui parlare, ultimamente l'unica persona con cui posso confidarmi è lei, ma non posso dirle tutto se lei non mi parla della sua vita, mi sentirei come uno scemo qualunque che va da una strizzacervelli per problemi psicologici, non è d'accordo con me signora Bruner? Non crederà mica che io sia matto solo perchè ho amici che altri non possono vedere? Non crederà mica che Ronnie abbia fatto le valigie grazie alle pasticche che lei mi ha prescritto? Perchè glielo dico sinceramente, io non prendo e non prenderò mai quei maledetti farmaci!  Mi fanno assumere un aspetto ed un comportamento che nemmeno un vegetale ha! Prima il football era la mia passione, prima dell'arrivo di Ronnie tutte le ragazze cadevano ai miei piedi, poi “la voce” mi diceva che cosa fare ed io agivo come una marionetta... il resto della mia storia la sa perfettamente, il fatto del tentato suicidio e tutto il contorno. Per l'amor di Dio signora Brunerparli con me! Mi dica cosa ne pensa dello schifo di vita che mi sono creato a causa di Ronnie!-  Marise si schiarì la voce e replicò :- Arthur caro, rispondi sinceramente a quel che ti chiederò, sei felice di esserti liberato di Ronnie? Ti stava facendo del male, ti ha portato a fare delle cose orribili , non credi che sia una cosa buona che se ne sia andato? Adesso puoi avere il controllo su te stesso e te lo dico chiaramente, più padronanza del tuo io interiore avrai e meno pasticche ti prescriverò, te lo prometto.-  Arthur ormai privo di argomentazioni iniziò a disperarsi, la lacrime contornavano le sue guance così perfette e rosee, il suo sguardo era pieno di terrore e, allo stesso tempo, di un soave sollievo; si asciugò le lacrime, ma i singhiozzii continuarono imperterriti a risuonare nello studio. :- Signora Bruner, la ringrazio infinitamente del suo aiuto, ha ragione, devo assolutamente riprendere il controllo della mia vita. Adesso Ronnie se n'è andato e tutto questo grazie a lei e alle sue dolci parole. Posso almeno sapere una cosa sul suo conto adesso che è la nostra ultima seduta? Lei è sposata per caso? Ha una famiglia? Marise scosse la testa e rielaborò la miriade di domande che il ragazzo le aveva posto, inizialmente esitò, ma poi rispose con una semplice frase :- Si, sono sposata da ben trent'anni con lo stesso uomo, ci siamo conosciuti all'Università e da lì non ci siamo più separati.- Arthur finì di singhiozzare, si asciugò nuovamente le lacrime e sorrise, proprio come quando un cacciatore avvista la propria preda. :- La ringrazio nuovamente signora Bruner, finalmente ho scoperto qualcosa che la riguarda. Suo marito è un uomo fortunato.

:- E' stato un piacere per me seguirti Arthur, ma soprattutto è sempre una vittoria quando un mio paziente raggiunge il proprio obiettivo. Salutami caramente i tuoi ed in bocca al lupo per tutto. Stammi bene caro, sai che in qualunque momento io ci sarò sempre per te.- Arthur annuì e tutto contento se ne andò. Marise notò quel sorriso, quel gelido sorriso che il ragazzo le aveva rivolto prima di andarsene e si rese conto di aver parlato troppo, non avrebbe dovuto riferire al ragazzo dettagli della sua vita privata, anche se quest’ultimo aveva fatto un eccezionale cambiamento interiore . La porta si chiuse e nel giro di pochi secondi qualcuno bussò con delicatezza.

:- Avanti. - Rispose Marise mentre sistemava una matita sulla scrivania. In quel preciso istante apparvero quegli occhi, gli occhi cerulei che aveva ricordato qualche mezz'ora prima, il signor Bruner aveva fatto irruzione nella stanza con la sua valigetta da dottore, Marise scattò improvvisamente dalla sedia e si lanciò tra le braccia del suo Peter, tornato da una convention durata qualche settimana. :- Mi farai far tardi amore mio per l'appuntamento delle dieci, sai che sta per arrivare Jennifer e non ha un gran caratterino.-  Il signor Bruner la strinse ancora più forte e le sussurrò:- E cos'altro può essere l'amore se non una segreta pazzia, un'opprimente amarezza...

:- … Ed una benefica dolcezza.- Continuò Marise. Si guardarono nuovamente e si baciarono con passione. Si erano mancati così tanto che quel bacio divenne quasi morboso, nel senso buono dell'aggettivo. Si udirono altri battiti alla porta, una ragazza dai capelli molto lunghi e tinti di rosa apparve sulla soglia della porta semichiusa ed esclamò :- Che schifo! Signora Bruner non la credevo così patetica e sdolcinata! Giuro sulla mia collezione di magliette dei Rolling Stone che sarà la mia ultima seduta qui da lei, se non si leva di dosso quella sottospecie di uomo d'affari, cos'è lei un avvocato o cos'altro?- Marise si stacco dall'abbraccio, si sistemò la camicia che le si era leggermente alzata, mostrando il fianco sinistro. Era già al secondo atto poco professionale della giornata, ma rivedere suo marito l’aveva fatta talmente emozionare che si era dimenticata completamente di tutto ciò che aveva attorno, compresa la lampada verde che aveva smesso di funzionare dando alla stanza un che di ancora più equivoco, avrebbe dovuto assumere una segretaria al più presto.

:- Sei in anticipo Jennifer, scusami tanto per la mia mancata professionalità, ma mio marito è tornato oggi dopo due settimane di seminario e martedì ripartirà.- La ragazza li guardò con occhi critici e con nonchalance si butto a peso morto sul lettino dicendo :- Quando siete in comodo possiamo iniziare, ho fretta, devo andare da Brad a farmi... non importa. Insomma signora Bruner si vuole muovere?- Peter Bruner salutò la moglie con un bacio sulla fronte e se ne andò furtivo chiudendo la porta dietro di sé. Marise si sedette composta, prese il taccuino dal primo cassetto della scrivania, si infilò gli occhiali e domandò a Jennifer :- Allora Jennifer, passate bene queste vacanze?- La ragazza si guardò attorno, si alzò in piedi e posò i pugni sulla scrivania dicendo :- Le sembra che stia bene? Le sembra che abbia passato delle buone vacanze? Mi ha praticamente riempito di pillole contro l'ansia, ho dormito persino per capodanno, no se ne rende conto? Alle undici e mezza mentre il mio ragazzo ed io eravamo in camera da soli io mi sono addormentata senza concludere un bel niente, doveva essere la nostra serata ed invece... mi sono fatta uno spinello, ho preso le pillole e mi sono addormentata come un sasso, tutto questo per colpa sua. Che considerazione ha dei suoi pazienti signora “ Io so tutto di Giulietta e Romeo”, lei magari le avrà passate sorseggiando una buona bottiglia di Chardonnay con il suo William Shakespeare, mentre io? Svenuta in un letto all'ottavo piano di una catapecchia, e mi creda, chiamarla catapecchia è un complimento.- Marise replicò :- Jennifer, sono stupita! Hai riconosciuto una delle citazioni più belle di Shakespeare, mettiti comoda e cerchiamo di parlarne con più tranquillità. Il Brad di cui mi hai parlato non è per caso Brad Lewinsky? Anche lui viene da me in terapia giusto? Come vi siete conosciuti? Ah, un'altra cosa, mai mescolare quel tipo di medicinale con sostanze stupefacenti,  il risultato è senza alcun dubbio una grandissima sonnolenza, ciò va a giustificare il fatto che ti sei tirata la zappa sui piedi da sola.- Jennifer dette retta a Marise e si sedette, continuando il suo racconto :- Beh, mio padre leggeva qualche cosa prima di addormentarmi quando ero piccola, comunque non ci incastra assolutamente niente adesso… Cara Mar, il Brad che frequento è proprio lui, ci siamo conosciuti nella sala d'aspetto qualche mese fa ed abbiamo iniziato subito a frequentarci, tipo strano, come tutte le persone che ho incontrato in questo palazzo , lo ammetto, ma almeno è molto più interessante delle mezze donnicciole depilate che si trovano adesso a giro nei pub o alle feste, abbiamo gli stessi gusti musicali, la stessa passione per la lotta libera e...- :- Lotta libera?- continuò Marise – sarebbe a dire?- La ragazza tirò un sospiro di esasperazione :- Signora Bruner, ma lei in che epoca vive? La lotta libera è un metodo molto espressivo nel quale due ragazzi del sesso opposto fanno a botte, una specie di Fight Club, mai visto il film? Scarica tutte le tensioni e lo stress,  aiuta a staccare almeno per qualche minuto  superare i momenti no della giornata, in un certo senso io e Brad ci aiutiamo reciprocamente a suon di sberle, ma ci amiamo, le giuro che ci amiamo! Le sue pasticche, non le tollero più… quelle fanno solo dormire non ricordo assolutamente niente di quello che è successo a capodanno, ho solo un vago ricordo riguardante una mia cara amica, è stata spogliata e buttata in piscina con altri cinque o sei ragazzi, io ho lasciato stare perché non sono assolutamente affari miei, ma questa cosa continua a turbarmi da qualche settimana, non la sento proprio da quel giorno, non so cosa sia capitato e nemmeno voglio saperlo, so solo che adesso i suoi l'hanno trasferita in un centro psichiatrico. Lei cosa ne pensa?- :- Beh cara Jennifer, mi hai appena raccontato una serie di eventi e di informazioni di cui io non ero a conoscenza,  sarò pur all'antica, ma in tanti anni di carriera penso di aver capito la differenza tra ciò che nuoce alla coscienza e ciò che invece fa star bene una persona, in più se a questa tua amica vuoi veramente bene allora non avresti permesso ciò che le hanno fatto i tuoi amici, capisco il tuo stato confusionale e chissà quante altre “pasticche” avrai preso durante quella serata, ma il compito di una solida amicizia e di aiutarsi l'uno con l'altro, sei stata testimone di una cosa orrenda e non so come tu non abbia fatto a non denunciare questo atto a dir poco osceno. In più adesso è spiegata la ferita che hai al polso, Brad ti ha picchiata e tu hai acconsentito questo atto?- Jennifer con voce altezzosa rispose :- Certo che ho acconsentito, è il mio ragazzo, è come se avesse una specie di padronanza su di me, quasi ogni giorno mi tira uno schiaffo, ma ormai ci sono abituata e lo prendo come se avesse la stessa efficacia di un bacio, è questa la lotta libera, ferire amando. A parer mio ogni coppia dovrebbe provarla almeno una volta nella vita.- La signora Bruner si tolse gli occhiali in segno di resa e con gran fermezza rispose :- E' davvero necessario picchiare qualcuno affinché si dimostri il proprio amore? Pensaci bene Jennifer, dovresti avere più rispetto nei confronti dei tuoi amici e del tuo fidanzato, gli amici si aiutano, si difendono, è davvero una cosa orribile quello che hai fatto, soprattutto nei confronti della tua amica. Impara a controllarti e soprattutto... non farti fare più del male e non fare del male agli altri, ormai sei una donna e dovresti avere consapevolezza delle tue azioni e delle tue libertà, non ti devi sentire sottomessa da Brad, lui ha altrettanti problemi e molto probabilmente si sta sfogando sulla persona più fragile che ha trovato.- Grosse lacrime scesero sul volto di Jennifer che si sdraiò spalancando i suoi occhi adirati, il suo volto era il mix perfetto di paura e rabbia, finalmente stava iniziando ad aprirsi con Marise che la guardava con occhi compassionevoli, stava per aprire bocca per darle altre parole di conforto, quando la ragazza si alzò di scatto ed esclamò :- Ha ragione Mar, gli amici si devono aiutare, devo assolutamente agire!- scappò dallo studio lasciando la porta aperta, Marise provò ad inseguirla, ma ormai era troppo tardi, Jennifer se ne era andata lasciando nella psicoterapeuta un vuoto molto ambiguo.

 

Alle ore undici apparve Brad Lewinsky, tutto sudato e pieno di sé, indossava dei pantaloncini color cachi ed una canottiera nera. “Sarà appena tornato dal suo allenamento mattutino” pensò Marise.

:- Prego Brad accomodati, non temere, non mordo e tu lo sai bene. Non avevamo appuntamento domani o sbaglio? Comunque vieni, forza, entra caro, ho un’ora di buco. 

:- Signora Bruner, ho fatto una cosa molto brutta ultimamente e sono corso subito a raccontargliela; non so come dirglielo, ma credo che se non ne parlerò con qualcuno il mio cuore scoppierà e la testa bacata che mi ritrovo non riuscirà mai più a pensare ad altro- Brad era un paziente insolito, era in terapia da Marise proprio perché non ne aveva bisogno, ma credeva di avere le carte in regola per essere un ragazzo con dei problemi, un caso molto insolito che riporta però ad uno stato mentale disturbato, dopotutto auto- convincersi di essere matto fa della persona un soggetto non completamente sano. Brad iniziò a saltellare su se stesso sciogliendo i muscoli in tensione, faceva dei respiri molto affannati perciò Marise decise di intervenire subito per evitare che il ragazzo si agitasse ulteriormente.

:- Avanti caro siediti, non agitarti, per favore calmati, sai che se non lo farai sono costretta a chiamare la sicurezza- Il ragazzo alzò gli occhi al cielo, come se la cosa detta da Marise fosse futile :- Avanti signora Bruner, sa benissimo che ogni volta che vengo nel suo studio per scaricare la tensione ho bisogno di tirare un pugno a qualcuno e che qual qualcuno è sempre lo sfigato di Jasper che si trova davanti alla sua porta, le posso suggerire di cambiare addetto alla sicurezza? Ogni volta che lo colpisco lascio a terra cinquanta verdoni, così il poveretto capisce che sono stato io e non dice mai una parola a nessuno, a quanto pare non lo dice nemmeno a lei.- La signora Bruner si alzò dalla sedia con gran fermezza, anche se il suo cuore aveva iniziato a battere all'impazzata all'interno del suo petto, quello era il suo lavoro ed il suo compito era quello di parlare con i pazienti e farli ragionare, farli capire che le questioni, anche le più difficili, potevano essere risolte attraverso l'arte dell'eloquenza. :- Brad, mi devi promettere che non farai mai più una cosa simile, anche se per te è diventata un'abitudine colpire Jasper promettimi solennemente che non lo farai mai più... questo sta a significare che la terapia che ti avevo consigliato non ha avuto effetti sulla tua personalità, la Boxe non ti aiuta a scaricare la tensione che si manifesta in te?- Il giovane uomo si rilassò, fece grandi respiri e con gran fatica si recò nel centro nella stanza sedendosi accuratamente, si sistemò la canottiera che gli si era leggermente alzata sopra l'ombelico ed iniziò a parlare, molto più velocemente di quello che la signora Bruner si sarebbe aspettata :- Signora Bruner, lei ha mai amato tanto qualcuno da poter desiderare la sua morte affinché viva in un mondo migliore di questo? Ha mai provato quella tremenda sensazione di voler proteggere qualcuno a qualsiasi costo? Beh a me è capitato. Ogni volta che mi vedo con Jennifer cerco di farla star meglio, le voglio troppo bene e questo mio amore è talmente grande che s'intensifica ogni volta che le do una sberla o che la alzo per il collo, inizialmente lei era praticamente sottomessa e non sapeva mai come liberarsi dalla mia presa, ma prendeva la situazione generale come se fosse un gioco sintantoché iniziò ad informarsi su argomenti come il masochismo, ma alla fine è riuscita a trovare pure un soprannome per questo tipo di rapporto “amoroso” ed ha iniziato a reagire colpendomi, tirandomi dei calci. Io però non voglio questo, io voglio veramente che lei stia meglio, che la smetta di farsi trascinare nel vortice dei suoi amici e delle droghe che prende. Crede che io sia malato a pensare ciò? Crede che io possa cavarmela pensando queste cose riguardanti la mia ragazza? Beh Signora Bruner, che lei ci creda o no ho fatto molto peggio. La sera di capodanno Jennifer era praticamente svenuta nel letto accanto al mio ed ho fatto la cosa più squallida che potessi mai pensare, credevo che fosse minimamente cosciente e mi sono approfittato di lei, ho violato la sua purezza e non me lo perdonerò mai. Ma guardi il lato positivo, se solo se ne fosse accorta, se solo mi avesse visto mentre... ci pensi, vedere il proprio ragazzo fare quelle maledette cose preso da un momento di euforia e “rabbia amorosa”. Dopo il nostro “Fight Club”, a parer mio, sarebbe stata la sua prima volta perfetta. – 

La signora Bruner provò una morsa allo stomaco, ma non lo dette a vedere. Se ne stette un paio di secondi a pensare, finchè il ragazzo non si alzò e cercò di smuoverla dicendo :- Eccoci, lo sapevo che non avrebbe capito, sono totalmente matto proprio come immaginavo, ma è stata lei a farmi venire questa splendida idea, lei mi ha sempre incitato ad aiutare gli amici in difficoltà e di cercare una soluzione ai loro problemi, ma evidentemente erano solo chiacchiere da psicoterapeuta, e sa un'altra cosa? Questa lunga poltrona è scomoda.- Il ragazzo si alzò velocemente dal triclinio e si avviò verso l'uscita, ma a quel punto Marise lo fermò :- Brad... sai che dovrò provvedere ed avvertire le autorità per ciò che mi hai raccontato.- Il ragazzo rispose freddamente :- Lo so, ma non le conviene.- Dopodichè si scaraventò giù per le scale. 

Marise per la prima volta in tutta la sua vita aveva fallito, non era stata in grado di gestire la situazione ed aveva lasciato andare via un paziente senza spiccicare una parola e senza nemmeno avergli dato un suggerimento formativo e concreto, era stato più forte di lei, non le era mai capitato un caso del genere. L'amore l'aveva sempre fatta sbarellare dall'età di diciotto anni, ma non avrebbe dovuto farsi catturare dallo stesso sentimento proprio in quel momento. Per paura, digitò il numero dei servizi sociali e, dopo qualche minuto, anche quello della polizia per denunciare l'accaduto, poi iniziò a piangere, proprio in quelle ore aveva fallito come psicologa ma, soprattutto, come persona.

 

Erano le due di notte quando Marise sentì squillare il suo cellulare, si accorse di essersi addormentata nel suo studio, tutto il giorno, non aveva sentito nemmeno il campanello suonare né tantomeno Jasper andarsene, cosa molto strana visto che tutte le sere l'uomo le si presentava puntualmente alle otto per congedarsi e per salutarla. Aprì gli occhi con fatica, se li stropicciò non curandosi del trucco che le si era sparso per metà della faccia, si rimise gli occhiali, dopodichè le mancò il respiro. Il triclinio era stato rovesciato, i libri buttati a terra , le due poltrone dello studio le stavano appollaiate vicino a lei come due avvoltoi, come se due persone le si fossero messe a sedere vicino e avessero sussurrato qualcosa di tremendo. Aveva lo studio completamente sottosopra, inizialmente si alzò di scatto, un movimento suscitato dal panico, poi il respiro iniziò a tornare regolare finchè non si accorse che c'erano dei vetri sulla scrivania. Cercò di accendere goffamente la lampada, ma senza risultato poiché si era fulminata proprio durante quel giorno,iniziò a rufolare nei cassetti, dove trovò il vecchio accendi sigari di suo padre, davanti a lei tutto le fu più chiaro,  la cornice del suo diploma in psichiatria era stata rotta in mille pezzi, quasi come se fosse stata scaraventata a terra per più di una volta, in più vi era stato scritto un messaggio sopra con un pennarello rosso, lo stesso che lei usava per sottolineare le problematiche più gravi dei pazienti: “Grazie per i suoi preziosi consigli.”

Le mani le tremavano, il cuore quasi le usciva dal petto, tentò di acquisire nuovamente l'autocontrollo , ma non ci riuscì, il corpo dell'addetto alla sicurezza era in un angolo della stanza, esanime e ricoperto di sangue. La lampada che avrebbe dovuto emanare luce verde iniziò ad accendersi e spegnersi ad intermittenza mentre il suo telefono continuava a squillare imperterrito; si asciugò la fronte pregna di sudore e rispose :- Pronto?- Era il marito che la stava cercando con gran fervore :- Marise, per l'amor del cielo, dove sei? E' tutto il pomeriggio che provo a chiamarti, credevo che tu fossi finita chissà dove, sono le due passate te ne rendi conto? Lascia stare il tuo lavoro e per una volta torna a casa da tuo marito, non sarà mica una delle tue solite ripicche dovute dalla mia mancanza frequente da casa!- Marise singhiozzò  :- Peter, devo assolutamente chiamare la polizia.- In quell'istante i suoi occhi si accorsero che il cassetto dove erano poste le pillole che lei prescriveva ai pazienti era stato forzato e che una scatola non era più al suo posto, il parallelepipedo che lei aveva composto con tanta cura usando le piccole scatole rettangolari di cartone mancava di un tassello. 

 

Marise si trovava all'interno di un'ambulanza, con una coperta ed una tazza di tè in mano, il commissario le aveva fatto numerose domande qualche minuto prima, e lei aveva dovuto rivelare i suoi sospetti riguardanti i pazienti che le avevano fatto visita nel pomeriggio. Peter arrivò proprio in quel momento e la strinse a sé :- Mia cara, mi hanno fatto passare solo adesso nonostante abbia detto numerose volte di essere tuo marito, però sono riuscito a parlare con il medico che ha visitato Jasper Wild, fortunatamente non è morto, dovrà fare numerosi mesi di riabilitazione a causa delle numerose fratture, ma ce la farà.- la donna non rispose, aveva solo un nome che le riecheggiava nella mente, Brad Lewinsky. :- Brad Lewinsky, ho avvertito oggi le autorità della mente disturbata di quel paziente, come mai non hanno agito subito? Come mai non hanno avvertito i genitori del ragazzo?- Il marito la guardò perplesso e la condusse dal commissario, lei le spiegò tutto e con fare sorpreso il commissario chiamò il suo superiore che non disse altro che la seguente frase :- Signora Bruner, nessuno oggi ha denunciato ciò che lei sostiene di avere fatto, probabilmente ha ricordi offuscati a causa dei farmaci che le sono stati somministrate questo pomeriggio, il dottore sostiene che lei abbia assunto una quantità eccessiva di pillole ansiolitiche, ma le prometto che metteremo fine a questa brutalità, avvertiremo immediatamente la Signora Lewinsky.-

Marise in quel momento si credette quasi pazza, ma la sua mente razionale riuscì a farla calmare e a dare la colpa allo stress eccessivo della giornata.

Ringraziato il commissario si fece ricondurre alla macchina dal marito che le sussurrò :- Ti aspetto a casa, avevo preparato una buonissima cena, ma a questo punto sarà meglio che tu vada a letto a riposarti, hai avuto una giornata tosta, passerò dal ristorante italiano più vicino e mangeremo a letto, proprio come quando avevamo diciotto anni, ti va?- La donna, ancora turbata, acconsentì e montò in macchina, confortata dalle parole del marito che si stava dirigendo alla vettura che aveva parcheggiato qualche isolato più avanti. Intanto il tempo stava cambiando, un fiocco di neve cadde sul parabrezza della macchina.

 

Arrivata a casa Marise si buttò immediatamente sotto la doccia e pensieri dubbiosi le vennero a mente. Era sicura di aver chiamato le autorità? E com'era possibile che avessero forzato in quel modo il cassetto della scrivania? Era stata tutto il giorno seduta lì a fianco, senza accorgersi di niente. I suoi dubbi furono interrotti dallo schiavizzare del marito che stava rientrando in casa

:- Marise, sono tornato.-

La donna uscì dalla doccia, si avvolse nel suo morbido accappatoio e si preparò per la notte, lo stomaco le si era chiuso completamente, perciò decise di stendersi sul letto per rilassarsi; aperta la porta del bagno girò l'angolo e trovò il marito nel letto che stava già dormendo, probabilmente anche lui era esausto, era stata una giornata stancante per entrambi. Si infilò sotto le coperte e si avvicinò al corpo di Peter che emanava calore; Marise si addormentò dopo pochi secondi.

La neve continuava a cadere imperterrita sul vialetto di casa Bruner, come sul ciliegio che contornava quella deliziosa abitazione, erano le cinque e un quarto. Il telefono di Marise ,che se ne stava avvolta nelle sue morbide coperte, iniziò a vibrare, ma lei non si accorse di niente, il sonno era nella fase più profonda della nottata, soltanto lo squillo potente del telefono di casa la fece sobbalzare e, con uno sforzo non indifferente, riuscì a prendere la cornetta ed a rispondere 

:- Pronto Marise? Non volevo svegliarti scusami tanto, sono stato bloccato dalla neve, mi trovo sempre qua al ristorante italiano, fortunatamente è aperto ventiquattr'ore su ventiquattro e mi hanno ospitato, fino a che la bufera non finirà non potrò essere a casa, mi dispiace tesoro.-

Il sangue della donna si gelò tutto ad un colpo, i suoi occhi si spostarono sulla sagoma che si trovava nel suo letto, poi rispose con tutta la calma che era riuscita ad accumulare in quel momento al marito :- va bene, ci vediamo.- senza adescare sospetti la donna si rimise in posizione supina, ma questa volta ben distante dal tepore emanato dalla persona accanto a lei. Aspettò qualche istante, cercando di placare il tremito che le stava salendo dai piedi fino al capo, ancora umido, poi trovò il coraggio di alzarsi e con timore disse :- vado giù in cucina caro, mi è venuta sete, prendo un bicchiere d'acqua.-  Fece per scoprirsi completamente, quando si sentì accarezzare il braccio, un brivido le salì lungo la schiena, non sapeva come reagire. Avrebbe potuto urlare, avrebbe potuto spingere via quella mano, liscia e molto morbida la tatto, ma non fece niente di tutto ciò, dopotutto era abituata a gestire situazioni difficili in quanto psicoterapeuta ed il modo migliore di trattare con gente disturbata era sempre stato il dialogo, sarebbe stata al gioco fino a che il marito non fosse tornato a casa, ce la poteva fare anche se la giornata precedente era stata sinistra nei suoi confronti. La curiosità di sapere chi vi fosse sotto il suo piumone la stava facendo diventare matta. Con delicatezza accarezzò nuovamente la mano dello sconosciuto, sperando che quest'ultimo si girasse, ma niente, dopo il dolce gesto tornò fermo nella sua posizione a russare; la donna fece un lungo sospiro e si recò in cucina, al piano terra senza adescare sospetti. Aumentò il passo scendendo le scale e si precipitò fuori dalla porta di cucina, sotto la veranda. Prese un cuscino ed iniziò ad urlarci dentro, per scaricare lo stress accumulato, dopodiché si schiarì la voce, afferrò la cornetta del telefono di casa, digitò il 911, ma il telefono non emise nessun tipo di suono, non si fece prendere dal panico, si sistemò la vestaglia e continuò a giocare. 

 

:- Mio caro, vuoi qualcosa da bere?- Dal piano superiore non si udì nessun suono, fino a che non sentì qualcuno scendere le scale, stava recitando qualcosa, una poesia forse, la riconobbe, erano dei versi da lei conosciuti molto bene :-E cos'altro può essere l'amore se non una segreta pazzia, un'opprimente amarezza...Marise non trovava il coraggio di continuare il verso, se ne stava vicino al lavabo della cucina, con la porta aperta e la neve che stava entrando imperterrita sulla soglia di casa, bagnando il pavimento equiparabile alla sua fronte, che stava gocciolando di sudore. 

I passi dello sconosciuto si stavano avvicinando sempre di più, ma questa volta a recitare il verso Shakespeariano era la voce di una ragazza, aveva un tono molto più rabbioso e deciso :- E cos'altro può essere l'amore se non una segreta pazzia, un'opprimente amarezza...-

Marise si asciugò la fronte, vide in lontananza il coltello che solitamente usava per tagliare il pane, ma decise di non prenderlo. Doveva continuare a giocare. Si spostò con un'insolita eleganza e destrezza e andò incontro ai suoi avversari, la voce femminile doveva essere senza alcun dubbio di Jennifer, la paziente delle ore dieci. Girato l'angolo sentì risalire qualcuno le scale, in gran velocità, dopodichè il silenzio. Si spaventò sentendo cadere a terra un ramo del ciliegio, spezzato dall'enorme quantità di neve che gli si era adagiata sopra, la bufera continuava imperterrita al di fuori di casa Bruner, gelida e pericolosa come quella che stava per scatenarsi al suo interno. Marise corse a chiudere la porta sul retro e fece un enorme sforzo muovendosi rapidamente verso il soggiorno, sulla poltrona c'era qualcuno, stava fumando uno dei sigari cubani del marito e, con gran sorpresa, si trovò davanti il suo primo giocatore, Arthur, il paziente delle ore nove. Se ne stava lì, davanti a lei, atteggiandosi come un gran signore, indossava il pigiama del marito, le ciabatte nere di marca e la vestaglia che gli aveva regalato lei il natale precedente.

:- Marise...E cos'altro può essere l'amore se non una segreta pazzia, un'opprimente amarezza...-

Schiarendosi la voce la donna continuò il verso :- … Ed una benefica dolcezza.-

:- Brava tesoro, temevo che non ricordassi più la nostra promessa d'amore, perchè non ti siedi qui, sulle mie ginocchia, anzi, perchè non mi porti una bottiglia del mio Scotch preferito.-

Marise non esitò e senza spiccicare parola andò in cucina, prese lo scotch e lo portò nel soggiorno.

Arthur si era alzato dalla poltrona e si avvicinò a lei, le accarezzò il viso, i capelli ed infine la baciò sulla fronte. :- Mia cara, come mai sei così sudata? Sai che non ti potrà mai accadere niente di male finché ci sarò io, sono io, Peter, l'amore della tua vita.- La abbracciò ed in quel gesto Marise fece cadere la bottiglia a terra rovesciando il contenuto sui suoi piedi nudi e sulle ciabatte di Arthur. 

Il ragazzo indietreggiò e la prese per il collo gettandola sul divano, la donna inizialmente non replicò, poi iniziò a scoprire le sue carte :- Caro, cosa stai facendo, non l'ho fatto apposta, adesso prendo un panno e ripulisco il danno, che motivo c'era di buttarmi con forza sul divano-

:- Oh Marise, angelo mio, ti voglio da non sai quanto tempo e adesso che ti ho qui... Mi hai detto che ci saresti stata sempre per me! Mi hai sempre detto che avremo parlato dei miei problemi ogni volta che ne avessi avuto bisogno e tu cosa fai? Rompi la bottiglia del mio scotch preferito. Non è carino mia cara Marise, signora Bruner o come cavolo sia il tuo nome, io sono qui, sono tuo marito e merito il tuo rispetto.- Il ragazzo la prese per le guance e la baciò, poi scansò i vetri ed ordinò alla donna di pulire; Marise corse in cucina, mentre Arthur recitava i soliti versi, con voce acuta e rabbiosa :- E cos'altro può essere l'amore se non una segreta pazzia, un'opprimente amarezza? Marise rispondimi! L'amore è un'opprimente amarezza, mi hai sempre confortato, mi hai sempre detto che i problemi si risolvono parlandone, ma tu adesso in questo istante non sai altro che obbedirmi come un cagnolino, ho bisogno di te Marise, ho bisogno che tu mi parli come hai sempre fatto in tutti questi anni. Parla! Continua la nostra promessa d'amore...- Il ragazzo corse in cucina, prese il coltello per tagliare il pane e lo puntò alla gola di Marise, nel contempo, però, le solleticava il braccio con le sue morbide, ma morbose mani.

:- Forza mia cara, E cos'altro può essere l'amore se non una segreta pazzia, un'opprimente amarezza... Parlami per l'amor di Dio!- 

:- Ed... una benefica dolcezza. Amor mio tu sei dolce e paziente con me, lo riconosco, proprio come il nostro amore.- Arthur indietreggiò, tenendo sempre il coltello in mano iniziò quasi a strapparsi i capelli, aveva una delle sue crisi, iniziò ad urlare e a commiserarsi poi tornò in sé :- Tu mi stai mentendo, tu non mi ami veramente, mi hai fatto credere per tutto questo tempo che ci saresti sempre stata per me, ma non è così evidentemente. Tu non mi ami più luce dei miei occhi...-

In quel momento Marise decise di smetter di giocare e di riprendere i panni della psicoterapeuta :- Arthur, che mi dici di Ronnie? E' lui che sta parlando in questo momento? E' lui che ti sta manovrando. Forza Ronnie esci allo scoperto.- tutto ad un tratto il ragazzo buttò a terra il coltello, si specchiò nel vetro della credenza ed iniziò a parlare con una voce sottile e delicata, quasi femminile :- Finalmente ci conosciamo Marise, sono io, Ronnie o per la precisione Rosaline. Strano vero, una donna nel corpo di un uomo. Mi hai sempre incitata ad andarmene, ma più Arthur si confidava con te e più io potevo controllarlo, diventava sempre più debole emotivamente, lui ti ama davvero ed io dovevo assolutamente aiutarlo, così mi sono confidata con Jasper, prima di entrare nel tuo ufficio e mi sono fatta dare molte informazioni sul tuo conto, si è aperto come le gambe di una donna in calore quell'uomo. Mi ha raccontato della vostra relazione segreta, mi ha raccontato che sei una donna che mente, che manipola le persone, proprio come hai fatto con il povero Arthur...beh, anche io ho fatto la mia parte con l'episodio del tentato suicidio, ma cercavo solo di aiutarlo, questo mondo è pieno di spazzatura cara Marisee tu lo sai bene, hai mentito a tuo marito per una scappatella con il povero Jasper, lo hai abbandonato. Non volevo che capitasse una cosa del genere ad Arthur, tu sei tutto per lui, sei il famoso “gancio in mezzo al cielo”. Cos'è che ci hai sempre detto? “Gli amici vanno sempre aiutati”, la tua frase preferita visto che da quel che mi risulta l'hai sempre ripetuta anche a Jennifer e a Brad.- Marise non riusciva a capire cosa stesse succedendo. Poi mise insieme i pezzi in una manciata di secondi. Era stato Jasper a forzare il cassetto del suo studio, era stato Jasper a farle perdere i sensi ed era stato Arthur a mettere sottosopra il suo studio, ma non le tornava un tassello in tutto quel puzzle :- Ronnie, come mai allora hai tentato di uccidere Jasper? In fondo lui ti ha aiutato, ti ha dato informazioni personali sul mio conto, come mai hai cercato di farlo fuori?- Arthur si mise a ridere a squarciagola, poi sorrise gelidamente, il solito sorriso che le aveva mostrato il giorno prima, congedandosi dallo studio della signora Bruner :- Vedi Marise,ti facevo molto più furba, il povero Jasper non era altro che un ostacolo, lui ti ama ancora, non potevo permettere che si mettesse tra te ed Arthur, mi sono servita di lui e poi me ne sono sbarazzata, lui prometteva a me di voler vendetta, ma io sapevo che l'amor suo per te non si era ancora spento del tutto. In più mia cara, le confido una cosa, potrà sapere che cosa accade all'interno del suo studio, ma fuori c'è molto di più... in quella sala d'aspetto accadono cose che solo chi è in cura da lei può capire, così ho seguito il suo consiglio e ci siamo fatti dei nuovi amici...- Sentì dei rumori dal piano di sopra e dopo qualche istante sulla soglia della cucina apparvero Brad e Jennifer, avevano le mani pregne di sangue. :- Salve Marise, sono Brad, oggi ha cercato di farmi ricoverare in un istituto psichiatrico e di farmi arrestare, ma in realtà ,grazie al nostro malandato amico Jasper che ha attivato il trasferimento di chiamata ad un altro cellulare prima che lei arrivasse in ufficio mettendo persino gli ansiolitici nel suo caffè, mi ha denunciato niente popò di meno che alla qui presente signorina Jennifer, le ha raccontato le nostre storie per filo e per segno, e Jennifer è stata molto brava a fingersi assistente sociale e commissario della polizia. Lei mi ha sempre detto che tramite l'arte dell'eloquenza tutto si sarebbe aggiustato, lei non ha mai creduto nella mia pazzia e con le sue frasi fatte mi ha sempre incitato ad aiutare il prossimo non curandomi di me stesso, ma sa una cosa? Aveva ragione, mi sento molto meglio dopo aver aiutato il mio amico Arthur, soprattutto dopo che quest'ultimo mi ha suggerito di finire una volta per tutte il suo ex amante Jasper, che sensazione sublime. Tutto quel sangue, tutti quei lividi e quelle ossa spezzate, mi hanno fatto sentire vivo.-

:- Grazie dei suoi consigli, signora Bruner, aiutare il prossimo è servito molto al mio ego, sono stata io a scrivere sul suo diploma, i miei ringraziamenti sono sinceri anche perché, come mi ha spiegato perfettamente al telefono, ho scoperto che Brad ha fatto l'amore con me per capodanno e non con un'altra, questa cosa mi ha assai rincuorata e mi ha fatta sentire meglio, grazie davvero signora Bruner. Sia io che Brad le auguriamo di essere felice con Arthur.-

Marise non riusciva a parlare, era praticamente paralizzata, così decise di urlare, urlò il nome del marito sperando che stesse tornando a casa in quel preciso momento e che, sentendola, chiamasse immediatamente aiuto. Poi prese il coltello posato poco prima da Arthur e iniziò a minacciare le quattro personalità che si trovavano in quella stanza :- Ragazzi, vi giuro che se non ve ne andate in questo preciso istante chiamo immediatamente qualcuno, sono seria ed arrabbiata, come avete potuto farmi questo?- Jennifer ridacchiò :- Ma signora Bruner, lei ci ha sempre detto che gli amici vanno aiutati, e non picchiati, abbassi quel coltello...abbiamo seguito il suo consiglio, aiutando Arthur e lei cosa fa? Ci vuole denunciare e ci minaccia? In più qual è il nome che ha urlato prima? Sbaglio o ha pronunciato il nome di un certo Peter, non sarà mica...-

:- Peter è suo marito- replicò Ronnie- o meglio, era suo marito.-

Marise iniziò a piangere, i suoi occhi si posarono sulle mani dei due ragazzi d'innanzi a sé, rosse come dei garofani e gocciolanti, li sorpassò con destrezza e vide la porta d'ingresso aperta. La neve era tinta di rosso, corse fuori e vide il corpo del marito a terra, sgozzato, il sangue sgorgava a fiumi dal suo collo.

:- Peter, Pe-ter mio caro- L'uomo rivolse il capo verso la moglie e con un ultimo sospiro le disse :- E cos'altro può essere l'amore se non una segreta pazzia, un'opprimente amarezza...-

Una voce femminile dietro di lei esclamò :- Che fai Mar, non rispondi?-

La donna non fece caso alla provocazione, prese il coltello, se lo infilò nello stomaco e disse sottovoce :- ...Ed una benefica dolcezza.Marise si accasciò a terra, la scena ricordava molto l'esito finale di Giulietta deceduta, accanto al suo Romeo; poi il silenzio, troncato poco dopo dalle urla di Arthur che prese la donna tra le sue braccia e la baciò un ultima volta.

 

 

Marise se ne stava nel suo studio, aspettando il paziente delle ore nove, come tutte le mattine da vent'anni a quella parte. Ascoltava attentamente il ticchettio dell'orologio che aveva sulla sua scrivania, tutta perfettamente in ordine, matite nel porta oggetti, taglia carte vicino alla lampada color verde menta che dava un'atmosfera confortevole alla stanza. Si era da poco svegliata da un sonno profondo, non era ancora particolarmente lucida, ma era consapevole di ciò che aveva sognato e delle sensazioni che aveva provato. Il paziente delle ore nove stava per arrivare. Delineò per la centesima volta ,con gli occhi iniettati di sangue, il triclinio dove faceva solitamente sedere i pazienti. Era nervosa ed impaziente. Finalmente il campanello suonò e senza esitare premette il bottone del citofono dicendo semplicemente :- Entra pure- Dalla porta si affacciò Arthur, il suo paziente abituale, salutò con cortesia e si sedette. Il ragazzo chiese con gentilezza :

Signora Bruner, come ha passato le vacanze di Natale? Sta bene?- Marise guardò con attenzione gli oggetti che aveva davanti a sé, afferrò con destrezza il taglia carte, scivolò sulla scrivania e lo conficcò nel cuore del ragazzo urlando :- E cos'altro può essere l'amore se non una segreta pazzia, un'opprimente amarezza...- Ed il ragazzo, con una voce lugubre ed allo stesso tempo dolce, con un tono a dir poco femminile sussurrò :- … Ed una benefica dolcezza.-

Il corpo di Arthur cadde a terra esanime, il sangue pullulava dal suo petto e come un piccolo ruscello scorreva velocemente sotto la porta dello studio, fino ad arrivare nella sala d'aspetto. Il volto del ragazzo era sereno e disteso anche se le sue labbra formavano un sorriso gelido, proprio come il clima in quel lunedì di gennaio. Ronnie aveva vinto il gioco.

 

   
 
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