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Autore: MaxB    16/08/2021    3 recensioni
Questa è una storia che ho iniziato a scrivere dopo aver finito di leggere il secondo volume, quando ancora doveva uscire il terzo.
La considero una prosecuzione della storia originale come se il terzo libro non esistesse, e narra quindi delle vicende familiari che si sono succedute dopo la fine de Gli scomparsi di Chiardiluna, con leggere modifiche alla trama.
Sostanzialmente, Thorn e Ofelia saranno alle prese con la vita quotidiana da coppia sposata, cercando di capirsi, vivere insieme e prendere confidenza l'uno con l'altra.
E con un inaspettato desiderio di Ofelia...
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Rieccoci qui! So che il capitolo non è lunghissimo, ma ho dovuto per forza tagliarlo qui perché già dal prossimo daremo il benvenuto a Tyr! E chiedo scusa in anticipo perché confonderò sempre lui e Balder. Casini che verranno fuori -.-
Spero che vi strappi un sorriso questa piccola parentesi di "normale quotidianità" xD
A presto e grazie a tutti, come sempre♥


Capitolo 37

 
La neonata era una cosina minuscola con una leggera peluria ramata sulla testa, un miscuglio perfetto del biondo di Gaela, che tra l'altro le addolciva i tratti del viso, e il fulvo di Renard. Strepitava come la mamma, che quando le chiese educatamente di piangere più piano ottenne urla ancora più forti.
- Mi piace - decise attaccandosela al seno. - Sa già quello che vuole. Brava.
Renard guardava la scena piangendo di gioia, mentre Gaela, riposata come se si fosse appena svegliata da un sonnellino, lo sgridava e lo accusava di essere una femminetta che neanche la loro figlia...
Ofelia sorrise di quella scena, si congratulò con la madre e il padre, che le rivolsero un'occhiata riconoscente e poi tornarono a concentrarsi sulla bimba, e uscì dalla stanza tirando un sospiro di sollievo. Sì, Gaela sembrava piena di energie, ma era sudata, esausta e prossima al tracollo. Si sarebbe addormentata nel giro di poco tempo, e Ofelia sapeva che Renard avrebbe voluto occuparsi di tutto da quel punto in poi. Come per Thorn, la levatrice gli aveva proibito l'accesso alla camera, ma dal momento in cui si era concluso il parto lo aveva lasciato entrare senza proferire parola. Aveva portato via stracci e asciugamani sporchi, bacinelle e garze con la testa bassa, ma Ofelia si era accorta delle occhiate malinconiche eppure soddisfatte che lanciava alla coppia di neo genitori.
Le dispiacque immensamente per la sua sorte, soprattutto perché per lei doveva essere difficile assistere a tre parti conclusisi pacificamente, se non idillicamente: Thorn e Renard erano sempre rimasti al fianco delle mogli, lavorando alacremente quando ce n'era bisogno. Ofelia poteva intuire le domande accusatorie che le rimbalzavano nella mente: perché per me non è stato così? Perché lui se n'è andato? Ho sbagliato qualcosa?
Ofelia non aveva conforto da offrire, non era tagliata per quelle cose; avrebbe solo balbettato qualche frase incoerente se ci avesse provato, e l'indole indipendente della levatrice forse non avrebbe apprezzato quell'intromissione. Ma una cosa poteva farla. La rincorse nel corridoio, rischiando ovviamente d'inciampare.
- State attenta, signora, non ho voglia di ricucire anche voi oltre alla meccanica.
Ofelia nascose il braccio tagliato dietro alla schiena.
- Grazie - le disse semplicemente, con un trasporto che fece sgranare gli occhi all'anziana.
- Grazie? E di cosa?
- Di... per... per quello che fate. Con i bambini e con noi puerpere. Siete un aiuto inestimabile.
La levatrice arrossì, e si voltò di scatto per nascondere l'imbarazzo.
- È il mio lavoro, nulla più.
Se ne andò con la bacinella sotto braccio, ma Ofelia sorrise.
Anche lei, come Thorn, aveva un linguaggio paraverbale e non-verbale esplicito, e non servivano le parole per capire certi concetti.
"Grazie a voi. Grazie", era quello che aveva in realtà risposto.
Ofelia tornò da Thorn, che si era assicurato che i bambini dormissero. Non era tipo da bacio della buonanotte, ma non andava mai a dormire senza prima aver salutato i figli. Il suo gelido commiato era come un abbraccio per chi sapeva cogliervi l'affetto implicito.
Quando si misero a letto e spensero le luci, Thorn la strinse a sé, circondandole la pancia.
- Sono cont... mi fa piacere che...
Emise un verso di frustrazione per la sua mancanza di eloquenza quando in ballo c'erano dei sentimenti.
Ofelia attese.
- Grazie per non aver esagerato come Gaela. Non lo avrei... 
Ofelia si girò verso di lui e lo abbracciò. Sarebbe stato di pessimo gusto, e insensibile da parte sua, scherzare come Gaela. Non che ci fosse qualcosa di male, anzi, visto come aveva affrontato bene il parto, però farlo con Thorn... sarebbe stata una batosta per lui. Si sarebbe colpevolizzato, avrebbe rimuginato sull'episodio per mesi, e lo avrebbe atterrito. Probabilmente avrebbe impedito ad Ofelia di avere il secondo, dato che si sarebbe ritenuto responsabile di tutto il dolore che aveva provato.
Gli accarezzò il viso al buio e non rispose. Non ce n'era bisogno. E per una volta Thorn si addormentò prima di lei.
 
Ofelia aveva una pancia spropositata all'ottavo mese, quando decisero di insegnare a Balder ad usare il vasino per togliergli il pannolone. La levatrice aveva asserito che il bambino sarebbe stato un vero toro, se si faceva il confronto tra la pancia che Ofelia aveva avuto con Balder e Serena e quella che aveva ad un mese dalla dirittura d'arrivo. A lei non facevano proprio tanto piacere quei confronti, tenendo conto del fatto che poi avrebbe dovuto farlo uscire lei, il neonato. Thorn invece, incuriosito dalla cosa, o forse preoccupato, era impossibile dirlo, aveva speso un'intera sera a misurare con gli occhi la pancia nuda di Ofelia, guardandola da ogni angolazione e facendo il paragone mentale con la pancia che aveva con Balder e Serena.
- Mezzo chilo in più sicuramente, la mia stima è di altri due o tre etti entro la fine del mese.
Ofelia aveva starnutito, stanca di starsene mezza nuda in mezzo alla stanza, pancia all'aria. Si era tirata giù la vestaglia con uno sbuffo, che aveva distolto l'attenzione di Thorn dal suo ventre per riportarlo su di lei.
Di fronte al suo sguardo insistente aveva commentato: - Non è che mi conforti sapere che il bambino è enorme. Preferisco ignorare le misure e spingere come ho fatto con gli altri.
Da allora Thorn non aveva più commentato nulla, e distoglieva sempre gli occhi dalla sua pancia quando Ofelia si voltava a guardarlo.
Per questo Ofelia si sentiva abbastanza inutile nel dare una mano a Thorn ad insegnare a Balder a usare il vasino: la pancia le impediva di piegarsi o prendere in braccio il bambino. Quando aveva proposto a Thorn di togliere il pannolone a Balder, visto che era abbastanza grande ormai, aveva anche sostenuto che se la sarebbe potuta cavare lei insieme alla zia Roseline. Ma Thorn non aveva voluto sentire ragioni: erano cose da maschi, e lui era il padre.
Così avevano parlato con Balder, cercando di spiegargli che doveva far loro capire quando gli scappava la pipì. Doveva avvisarli, perché non aveva più il pannolone e bisognava fare le cose come i grandi, sedendosi. Non che i grandi espletassero i loro bisogni su un vasino al centro del salotto, ma erano dettagli su cui si poteva sorvolare. In ogni caso, dopo che Thorn aveva notato quanto fosse affollato il soggiorno, con sua zia che quasi si era trasferita lì, Archibald che girava come gli pareva e Gaela che si sarebbe messa ad allattare di fronte a tutti se Renard non l'avesse pregata di nascondere le sue grazie, avevano spostato il vasino nella biblioteca che Thorn usava come ufficio.
Più di un domestico si era bloccato sulla soglia quando, entrando nello studio per spolverare, aveva adocchiato il vasino posizionato sul tappeto di fronte alla scrivania. In effetti era leggermente comico vedere l'intendente nel pieno del suo lavoro che fronteggiava un vasino vuoto.
E venne finalmente il momento in cui Balder urlò: - Mamma pipì, pipì mamma, pipì!
Serena, che ormai a cinque anni si considerava già grande e superiore a quelle cose, sollevò il naso dal libro che stava leggendo e fece una smorfia. - Odio il vasino.
- Ma non lo usi più, tesoro - le fece notare Ofelia.
La bambina scosse la testa come per scacciare un brutto ricordo. In effetti erano più le volte in cui aveva rovesciato il vasino pieno che quelle in cui era riuscita da sola ad usarlo.
Balder prese la mano che la mamma gli tendeva e si mise a saltellare, strattonandole il braccio.
- Fai la brava Serena, io sono da papà se mi cerchi.
- Sì mamma - rispose lei, affabile, sorridendole.
Accanto a lei sul divano, Vittoria non alzò nemmeno la testa dal quaderno sul quale stava disegnando. Ofelia però vide con la coda dell'occhio che allungava la mano, e Serena in silenzio le porse una matita colorata.
Rimase sorpresa da quello scambio muto: le due cugine non parlavano molto, Vittoria era taciturna di natura, persa nel suo mondo, mentre Serena, per quanto solare e allegra, era pacata come Thorn, a parte qualche momento di euforia sfrenata. Eppure andavano d'accordo, si capivano al volo, e non era raro trovarle accoccolate vicine, intente a leggere e disegnare. Serena aveva anche tentato di insegnarle a giocare a scacchi una volta, ma Vittoria giocava con dei criteri tutti suoi che facevano innervosire Serena: su quello era identica a Thorn, la precisione ereditata non mentiva.
Vittoria non sarebbe mai stata per Serena una confidente, un'amica con cui condividere pensieri o sentimenti, però almeno sua figlia avrebbe avuto un'alleata e una compagna. Erano davvero tenere, sempre vicine eppure distanti, ognuna presa dalla propria realtà.
Balder attraversò il corridoio saltellando, tutto contento all'idea di fare pipì nel vasino.
- Thorn - chiamò Ofelia, bussando prima di entrare.
Il marito era chino sulla grande scrivania, un orso ingobbito che la fissava senza però smettere di scrivere. Riportò l'attenzione sul foglio che aveva di fronte a sé e solo dopo qualche secondo, dopo aver apposto l'ultimo punto, si raddrizzò. Intrecciò le mani sulla superficie di legno liscio e li fissò con gli occhi d'argento che brillavano al buio.
Ofelia sapeva che si aspettava che parlasse lei.
- Balder deve fare pipì.
Thorn aggrottò la fronte. Osservò il vasino con ostilità, poi si alzò e si diresse verso moglie e figlio. Balder si quietò e ammutolì con l'approcciarsi del padre. Non aveva paura, ma lo temeva in quanto autorità. Nutriva un amore immenso per lui, ne parlava sempre e lo includeva in qualunque progetto gli passasse per la mente, come disegnare o fare una passeggiata o imparare a vestirsi da solo (cosa in cui non aveva molto successo). Però quando erano insieme era sempre un pochino in soggezione, preoccupato di deluderlo.
- Da qui me ne occupo io - sancì Thorn, lapidario, come se dovesse emettere una condanna e non assistere suo figlio mentre espletava un bisogno fisiologico.
Ofelia ci rimase un po' male. - Non posso rimanere qui?
Thorn la guardò dall'alto e a lei sembrò di essere tornata indietro nel tempo, a quando non riuscivano a capirsi, a quando lei in realtà non ci provava nemmeno, e Thorn era più un suo nemico che un alleato. L'uomo che l'aveva strappata alla sua famiglia e alla sua vita. Ma erano dalla stessa parte da tanto, tantissimo tempo ormai. Perché non voleva che si intromettesse?
Thorn si schiarì la voce, a disagio. - Sono cose... da uomini.
Ofelia avrebbe voluto fargli notare che la pipì la facevano tutti, ma capì l'antifona, l'ammissione che forse Thorn non voleva fare nemmeno con se stesso: che voleva un momento padre-figlio, quello che lui non aveva mai avuto. Voleva che Balder vedesse anche lui come punto di riferimento. Perché era vero che Balder lo includeva in tutto quello che voleva fare, ma la maggior parte del tempo stava con Ofelia e i permessi, come le domande, li chiedeva a lei.
Thorn non voleva essere il genitore secondario.
Così alla fine cedette e annuì. - Vi aspetto fuori dalla porta.
Thorn non la ringraziò e non mostrò nessuna espressione di cameratismo genitoriale in volto, ma ad Ofelia parve di percepire un certo rilassamento in lui. Le fece un cenno e lei uscì.
- Mi aiuta papà? - sentì Balder chiedere, prima di chiudere la porta.
Porta che si riaprì qualche minuto dopo.
Ofelia sgranò gli occhi. - Già fatto?
- Fatto pipì! - esclamò Balder, contento e soddisfatto.
Serena ci aveva messo giorni per capire il meccanismo.
Thorn non sembrava molto felice invece. Non che di solito lo sembrasse...
Balder si avviò lungo il corridoio per tornare in salotto, gridando la sua euforia in ogni stanza, che ci fosse qualcuno o meno.
Thorn e Ofelia lo guardarono allontanarsi in silenzio.
Fu Thorn a riprendere la parola: - La prossima volta assicurati che non abbia già fatto... quello che doveva fare nel pannolone.
Ofelia riportò lo sguardo su di lui. - Come?
- Ha capito il concetto di avvertire quando gli scappa. Non ha capito che deve aspettare a farla.
- Ah, quindi ha avvisato che l'aveva fatta, non che doveva farla.
Thorn si strinse nelle spalle.
Dopo gli avvertimenti e i consigli che tutti dispensarono a cena, da Renard a Berenilde e persino Archibald, Ofelia dubitava che Balder sarebbe mai riuscito a fare pipì nel vasino. Invece il giorno dopo si aggrappò di nuovo al suo braccio, agitato.
- Mamma pipì! No faccio pipì, papà ha detto. Vasino!
Ofelia si affrettò ad alzarsi. - Ti scappa tanto, sicuro?
Balder annuì così solennemente che ad Ofelia sembrò di avere Thorn di fronte, capelli e occhi scuri a parte.
Si affrettarono nel corridoio, ma poco prima di arrivare inciamparono e Balder ruzzolò per terra. Per una volta non fu colpa di Ofelia: Balder, che stava crescendo così in fretta da far fatica a coordinare i movimenti, aveva quasi trascinato giù lei dopo aver messo male un piede. Solo che, con la pancia che si ritrovava, per Ofelia sarebbe stato grave un colpo al ventre prominente.
Lui scoppiò a ridere, ripetendo: - Cade, mamma, cade! Io e te cade!
Thorn aprì la porta dello studio per sincerarsi della provenienza di quel trambusto, e lanciò un'occhiata in tralice ad entrambi. Fece cenno a Balder di avvicinarglisi e, prima di chiudere fuori Ofelia, mormorò: - L'equilibrio non l'ha preso da me, sfortunatamente. Ti sei fatta male?
Ofelia meditò se irritarsi, ma alla fine negò seccamente e attese. Un gesto cavalleresco da parte di Thorn sarebbe stato come il deserto nel giardino di Berenilde: inconcepibile.
Passato un quarto d'ora decise di infilare la testa nello spiraglio della porta, senza farsi sentire. Thorn era seduto a gambe incrociate sul pavimento di fronte a Balder, come un gigantesco ragno raggomitolato. Il bimbo invece era seduto sul vasino con i pantaloni calati e il visetto corrucciato. La scena era talmente improbabile che Ofelia dovette soffocare una risata nel guanto. Stranamente, Thorn non si accorse di lei.
Balder scosse la testa sospirando. - Non cappa...
Thorn si accigliò. - Hai detto alla mamma che ti scappava tanto.
Balder mise il broncio, evidentemente in disaccordo. - Non cappa più!
Thorn trattenne a stento un sospiro. - Sicuro? - chiese, con un tono che sembrava più una minaccia che una domanda di verifica.
Balder annuì e cercò di alzarsi, impacciato dai pantaloni. Thorn si alzò, e Ofelia si chiese se avrebbe sentito le sue ossa scricchiolare se fosse stata più vicina. Aiutò Balder, dicendogli: - Avvisa me o la mamma ancora quando ti scappa. Bisogna togliere il pannolone.
Balder incrociò le braccia sul petto mentre Thorn gli tirava su i pantaloni e li chiudeva. - Il pannolone è per i bambini piccoli.
- Io piccolo!
- Non così piccolo. L'età adatta a toglierlo è dai due anni in su, tu hai ormai due anni, tre mesi e venti giorni. Le statistiche parlano chiaro.
Balder aveva l'aria alquanto confusa. - Io gande?
Thorn gli lisciò i pantaloni e si allontanò appena, per guardarlo bene in volto, piegato come un trampolino. - Non sei grande, ma non sei nemmeno piccolo. Avvisa me o la mamma la prossima volta, quando ti scappa veramente. Fai il bravo.
Questo, Balder lo capì. - Io bavo!
Ofelia si allontanò in tutta fretta dalla porta, cercando di mascherare il sorriso: sarebbe stato difficile mentire circa il motivo per cui se ne stava da sola in corridoio sorridendo al vuoto. Si morse le cuciture dei guanti.
Thorn e Balder uscirono dallo studio poco dopo.
- Fatto? - chiese Ofelia.
- No cappa più! - esclamò Balder aprendo le mani in un gesto sconsolato, come se fosse stata tutta colpa della pipì.
Ofelia non riuscì a trattenere una risatina. - Vedrai che la prossima volta ce la farai.
Balder alzò la testa in cerca dell'approvazione del papà, rischiando di perdere nuovamente l'equilibrio nel fissarlo da laggiù.
- Certo che ce la farai - grugnì Thorn, facendo sorridere Balder, compiaciuto.
Due giorni dopo ottennero un qualche risultato. Anche se Ofelia quasi si mise a litigare con Thorn che si ostinava a volerla tenere fuori.
- Non è una questione di estromissione - brontolò lui, di nuovo. - Si tratta solo di rispetto nei suoi confronti. Ti sentiresti a tuo agio, tu, con una folla?
Ofelia sapeva che si riferiva soprattutto a Serena, che quando aveva dovuto imparare ad usare il vasino diceva sempre: - Mi veggogno -, mandando fuori entrambi e rimanendo sola con la sua incombenza. Più di una volta però l'avevano trovata che girava per la biblioteca guardando le copertine dei libri con le chiappette all'aria, oppure in salotto, che si guardava intorno senza concludere nulla.
- Serena era timida, Balder non mi pare si faccia problemi - ribatté Ofelia.
Infatti, Balder stava facendo le bolle con la saliva, per nulla preoccupato dal battibecco. Anzi, seduto su quel vasino, mezzo svestito, sembrava un re sul trono.
- Cosa te lo fa credere? Magari è proprio questo che inconsciamente lo blocca...
In quel momento entrò Renard, con la piccola Ilda in braccio e Salame che gli si strusciava sulle gambe. La neonata aveva ormai tre mesi, e la peluria ramata che aveva in testa alla nascita era caduta per lasciare definitivamente il posto a dei capelli morbidi e sottili come piume e decisamente rossi. Renard ne andava alquanto fiero. Sorrideva come un bimbo di fronte al regalo più bello del mondo, e cullava Ilda senza mai lasciarla. Ofelia gli aveva gentilmente fatto notare che non era necessario tenerla in braccio tutto il tempo, ma lui aveva ribattuto che una volta diventata adolescente non avrebbe più voluto stare in braccio e doveva godersi ogni singolo momento con lei. Ofelia non aveva replicato, ma non sapeva se preoccuparsi o meno di quel precorrere i tempi da parte dell'amico. Adolescente? Aveva tre mesi!
- Buongiorno a voi, cari padroni, lieta giornata e che sia fruttuosa e piena d'amore. Anche Ilda vi porge i suoi omaggi.
Thorn lanciò un'occhiata a Balder, come temendo che il figlio scappasse via urlando terrorizzato. Non si rendeva proprio conto che i bambini non avevano il senso del pudore di un adulto.
- Non avete una lezione di storia oggi? - gli chiese laconicamente, la fronte aggrottata fino ad unire le sopracciglia.
- Ma certo, ma certo, la signorina mi sta già diligentemente aspettando. Volevo solo chiedervi il permesso di far assistere anche il signorino Balder oggi. Ha dimostrato un certo interesse per i giochi geometrici.
Il gioco a cui si riferiva era una scatoletta di legno per bambini con una figura geometrica in ogni lato, dal cerchio al quadrato al triangolo ecc; lo scopo era inserire dei blocchi di legno di forme diverse nel buco corrispondente. Un gioco semplice che avevano anche su Anima, ma a Balder in effetti piaceva e a Renard piaceva stare con i bambini. Anche se Ofelia sospettava che non fosse del tutto disinteressata la sua richiesta: sembrava intenzionato a studiare con attenzione i progressi e la crescita dei figli di Ofelia e Thorn per capire che tappe avrebbe poi dovuto affrontare Ilda.
Ofelia cercò di rispondere prima che potesse farlo Thorn, perché temeva che sarebbe stato un po' brusco e avrebbe reso la questione vasino un affare di stato.
Invece Balder la precedette. Si alzò, euforico, e corse verso Renard con le braccia aperte. Ofelia faticò a capire cosa stesse succedendo, e ancora di più a rendersi conto che il bambino rischiava di cadere in ogni momento, con i pantaloni e il pannolone abbassati sulle caviglie.
- Io fatto pipì vasino, Enad! Pipì vasino, IO BAVO! Io gioca Idda!
Renard coprì gli occhi a sua figlia, sconvolto. - Giovanotto, non mi pare il caso che tu metta in mostra le tue grazie in questa maniera impudica! Di fronte ad una signorina di tutto rispetto poi? Fermo, Balder, suvvia, è ancora presto, so che è la creatura più bella di tutte le arche, ma sei troppo precoce.
Ofelia scoppiò a ridere per la scena: Renard fuggiva da Balder con Ilda in braccio, coprendole gli occhi e muovendosi con un'andatura ondeggiante; Balder, mezzo nudo, correva dietro a Renard, ridendo per il gioco che stavano facendo; Salame si univa a lui sgusciando tra le gambe di Renard e di Balder, rischiando di far cadere entrambi; Thorn invece era accucciato con il naso affilato quasi dentro il vasino.
- Balder, non si dicono le bugie! Non hai fatto la pipì!
Di fronte al tono perentorio del padre, Balder si bloccò... e inciampò, nudità all'aria.
- Sacrilegio, tolgo il disturbo! Mi trovate in aula se volete! Vestiti, per cortesia, piccolino!
Renard se ne andò di corsa, seguito da Salame che saltava come un grillo, estatico per chissà quale motivo. L'aula in questione era una stanza che avevano riarredato a studio, con una piccola libreria piena di tomi scolastici di varie materie, una lavagna e diverse piccole scrivanie. Sette per la precisione. Quando Ofelia aveva fatto notare che avevano due figli, non sette, Thorn aveva detto che c'era il rischio di non trovare le scrivanie identiche, se le si compravano in momenti diversi, alla nascita di ogni figlio. Tanto valeva comprarle subito, in qualche modo le avrebbero riutilizzate. A costo di fare sette figli, perché l'uso di scrivanie scompagnate non era discutibile. Quando lo aveva detto lo aveva fatto passare per un crimine, ma Ofelia lo aveva messo in guardia circa il fatto che sette figli, lei, non li avrebbe fatti nemmeno se fosse stato il più grande desiderio di Thorn. Poi si erano ricordati che avrebbero potuto contare anche su Renard e Gaela per riempire i banchi.
In ogni caso, Renard si chiuse la porta alle spalle, Balder si dimenticò del gioco e si rialzò, avvicinandosi al padre con circospezione. I tratti di Thorn erano contratti, più duri del solito, e Balder parve rimpicciolire sotto quello sguardo.
- Non si dicono le bugie, Balder.
- Io no bugia, no bugia, no!
- Non hai fatto pipì.
- Io sì fatto pipì!
Thorn lo guardò con un'occhiata che valeva più di mille sgridate. Ofelia si avvicinò a sua volta per capire cosa stesse succedendo.
- Dov'è la pipì? - chiese Thorn, cercando di far capire al figlio che stava effettivamente dicendo una bugia.
Balder si accucciò sui talloni, scrutando dentro il vasino come Thorn.
Vedere padre e figlio tutti intenti a scrutare l'interno di un vasino aveva dell'assurdo. Ofelia dubitava che qualcuno ci avrebbe creduto, e si trattenne a stento dal ridere.
- Lì! - indicò Balder, ostinato, puntando il dito fin quasi dentro il vasino.
Thorn strizzò gli occhi. - Quella è una goccia.
- Pipì!
- Una goccia non può essere considerato fare la pipì, Balder.
- Io fatto goccia pipì!
- Non te ne scappa di più, Balder? Perché solo una goccia? - chiese Ofelia, conciliante.
Balder parve rifletterci. - Io faccio vedere Idda pipì!
Ofelia sorrise. Da quanto Ilda era nata, Balder era diventato la sua ombra. Voleva sempre tenerla in braccio e la guardava per ore mentre si comportava come una neonata di neanche quattro mesi. Ofelia si rendeva conto che sarebbe stato un ottimo fratello maggiore, ed era felice che potesse avere un fratellino a cui badare.
- Non si fa vedere la pipì in giro - lo ammonì Thorn, rialzandosi. - Non è ragionevole e non è una necessità. Capito?
- Io non fa vedee pipì?
- No - ribadì Thorn.
- No Balder, non bisogna - gli andò in aiuto Ofelia, più pacata di Thorn.
Balder parve rimanerci male. - Va bene, no pipì in gilo.
- Vuoi provare a farne un altro po'?
- Io fa pipì?
- Sì, se ti scappa devi farla qui.
Balder si risedette, serafico. - Va bene.
Venti secondi dopo ci riuscì.
Ofelia guardò Thorn con gli occhi sgranati. Tutto lì? Bastava così poco?
- Hai finito?
Balder ci pensò, poi annuì. - Fatto pipì!
- Bravo Balder! - lo lodò Ofelia, incapace di inginocchiarsi per via del pancione. - Facciamo sempre così da oggi, va bene? Quando ti scappa la pipì, la facciamo qui!
Balder si applaudì da solo. - Sì, pipì vasino!
Thorn allungò il braccio magro e gli posò delicatamente e inaspettatamente la mano sulla nuca. Balder lo guardò come se fosse appena accaduta una cosa straordinaria. Thorn lo prendeva in braccio, lo accudiva, soddisfaceva tutte le sue esigenze, ma le coccole erano rare, se non uniche. Invece quella carezza impacciata fece sorridere Balder come se avesse ricevuto il regalo più bello del mondo.
- Bravo - mormorò, prima di rialzarsi e riguadagnare il solito contegno.
Aiutò Balder a svicolarsi dal vasino, questa volta pieno, e lo rivestì.
- Io fa vedee pipì Idda?
- No Balder, la pipì non si fa vedere in giro abbiamo detto - gli ricordò Ofelia.
Balder si mise una manina sulla fronte, costernato: - Hai lllagione mamma, scusa!
Ofelia aggrottò la fronte. - Da chi ha imparato a fare così?
Thorn, che si stava già dirigendo verso la scrivania, rispose da sopra la spalla: - Da Serena. Fa così quando sbaglia un calcolo con i coefficienti.
Calcoli con...
- Andiamo a fare merenda, Balder? Visto che sei stato bravo?
- Melenda! Anche papà melenda?
- No.
- Sì, gli portiamo un po' di frutta, va bene? - lo contraddisse Ofelia. Se non ricordava lei a Thorn di mangiare, non lo faceva nessuno.
Balder batté le mani. - Futta fa bene!
- Bravissimo.
Thorn si era rimesso al lavoro senza degnarli di uno sguardo, pertanto Ofelia non capì se fosse contrariato o rassegnato all'idea di mangiare. Avrebbe chiamato anche qualcuno a sistemare il vasino, perché lei non riusciva proprio a chinarsi con quella pancia.
E si sarebbe occupata della merenda. La merenda, sì. Qualcosa di cui poteva occuparsi abbastanza bene (a parte qualche taglio, ovviamente). Non i calcoli con i coefficienti, qualsiasi cosa fossero. Eseguito da una bambina di cinque anni.
La merenda. Quella poteva gestirla.
  
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