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Autore: hermy09    16/08/2021    1 recensioni
Una raccolota di fanfiction (per la maggiorparte oneshots) sulla coppia Jason Grace e Reyna Ramirez Arellano.
Sono tutte storie tradotte dall'inglese all'italiano. Leggere il primo capitolo per più info.
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gwen, Jason Grace, Reyna, Reyna/Jason
Note: Missing Moments, Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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ATTENZIONE, questa non è una mia fanfiction, è stata scritta da HecateA e pubblicata su fanfiction.net

Io l'ho solo tradotta dall'inglese all'italiano.

Qui trovate la storia originale: https://www.fanfiction.net/s/8526924/1/

"Cosa ne pensi Percy di far fare un giro ai nostri ospiti? Io aiuterò Jason a sistemarsi mentre lo aggiorno su ciò che si è perso. Sarà lui a dirmi tutto sul campo, in fondo i legionari si fideranno di più se le informazioni vengono direttamente da lui. Se tutti i pretori saremo informati sulla situazione a meno di un'ora dall'arrivo dei greci faremo una migliore impressione" disse Reyna. "Hazel e Frank è meglio che tornino agli allenamenti, altrimenti gli altri legionari penseranno siano indisciplinati".

"Mi sembra giusto" disse Jason. "A voi va bene ragazzi?" chiese agli altri.

"Cercherò di non perdermi" rispose Percy. "Ma sarò sicuramente in grado di fargli fare un tour".

"Se questo posto è allestito come un accampamento originale non preoccuparti, non ti lascerò che ti perda" disse Annabeth mentre ancora si guardava intorno, i suoi occhi che ammiravano e assorbivano tutto come se fosse caduta nella tana del bianconiglio diretta al paese della meraviglie.

"Muoviamoci" disse Leo. Hedge sbattè la mazza sulla sua mano e grugnì in segno di approvazione. Piper annuì, immersa nella vista di tutti di dettagli di cui aveva solo sentito parlare prima.

"Centurione Zahng, Hazel, tornate ai vostri compiti per favore".

"Subito Reyna" dissero prima di salutare e correre via.

"Niente saluto militare?" chiese Leo ."Niente mano alla tempia? Sono deluso!"

"Sarò di ritorno presto" disse Jason a Piper e Leo. "Prima di pranzo".

"Pranzo? Qua venite sfamati tre volte al giorno?" disse Leo.

"Qua si mangia bene Valdez, ti troverai bene" disse Percy.

"Non solo pane secco e acqua con un'alta probabilità di presenza di colera? Non suona così male" disse Leo.

Nessuno gli rispose e si separarono.

"Percy ha il secondo mazzo di chiavi, ma non ha voluto la Villa" disse Reyna.

"Ah no?" le chiese Jason.

" Ha preferito accamparsi con gli altri" rispose Reyna. "Anche tu stavi per farlo".

"Gia" disse Jason".

"In che condizioni è la tua memoria?" chiese Reyna

"Non un granchè" disse Jason. "Andava e veniva, un incubo. Alcuni ricordi sono tornati quando la nave era quasi pronta, ma non ricordo molti luoghi, solo persone

"Ottimo" disse Reyna "Non sopporterei dovermi ripresentare".

"Non sopporterei dover fartelo rifare" disse Jason.

Dal modo in cui lo disse... Reyna pensò che forse rifare delle presentazioni sarebbe stato meglio.

Comunque, aprì la serratura e spinse la porta. Tenne la porta per Jason prima di bloccarla con una pietra pesante pescata dal piccolo Tevere.

La prima cosa che gli fece capire di essere a casa fu l'odore; coriandolo e pino. Tempo fa, quando Jason era ancora un bambino che faceva domande a destra e a manca, un pretore gli aveva spiegato che era un odore molto usato nell'antichità.

"Ti dispiace se tolgo il mantello?" chiese Reyna. "I riscaldamenti qui sono troppo alti per poterlo portare".

"No tranquilla" disse Jason. Reyna sganciò le chiusure sulle sue spalle, e appese il mantello all'appendiabiti. Al disotto del mantello indossava una t-shirt viola e dei pantaloni neri.

Jason cominciò a osservare l'ingresso. C'era una delle sue felpe era ancora appesa ad un gancio, un paio di scarpe da basket buttate in un angolo. Il suo pallone da basket stava sulla mensola in alto, vicino al suo elmo. Uno zaino viola era appeso solo da una spalla.

"Esattamente come l'ho lasciato" disse Jason.

"Nessuno è entrato qui oltre me" disse Reyna. "Ho insistito".

"Grazie. Oh dei, immaginavo già Ottaviano frugare tra i miei vestiti... "

"Esatto" disse Reyna accennando appena un lieve sorriso. In qualche modo lui riusciva a restare inespressivo, ma il modo in cui parlava basta a farti capir a cosa stesse pensando.

Tra l'atrio e il tablinum (la stanza principale, vi era una sala senza soffitto, così che l'acqua piovana potesse raccoglersi dentro una vasca.
Era stata concepita per fare il bagno ma i pretori che presero in possesso la Villa negli anni 60 la fecero diventare un laghetto per i pesci perchè i nuovi bagni erano molto più belli. Dei grandi pesci koi rossi nuotavano vicino alla superfice e nel fondo risplendevano i Denarii, monete usare per esprimere desideri. Ce n'erano più di quante Jadon ricordasse, e lui aveva passato molto tempo pensando a quel posto per provare a ricordare.
Attraversato tutto il tablinum si ritrovarono al perystilium, un giardino. Una passerella coperta dalla tettoia ne circondava il perimetro ma Jason e Reyna camminarono sul sentiero sabbioso al centro. Il sole risplendeva sui loro visi e rifletteva l'armatura di Jason. Le fontane zampillavano d'acqua. In delle sezioni recintate crescevano dei piccoli cedri, l'edera rampicante circondava le colonne, e i fiori erano sbocciati. Jason non si era mai preso cura del giardino, sembrava crescesse e si potasse da se, quindi non fu molto sorpreso di trovarlo intatto.

"In realtà mi è mancato questo posto" disse Jason.

"Veramente? Mi è sempre sembrato che ne potessi fare a meno"

"È stato così per molte cose" disse Jason. "Riguardo a questa in particolare, mi è mancato il fatto che qui non ci fosse mai nessuno, ma non in modo triste o inquietante. È solo che al Campo Mezzosangue non c'è un posto del genere"

"Sono sicura che se lo avessi cercato con tanta volontà lo avresti trovato" disse Reyna. "Annabeth probabilmente ne conosce una dozzina".

Jason annui e tornarono dentro. La sala da pranzo adiacente al giardino era vuota, come al solito. Un tavolo, poche sedie, nessuno delle quali era mai stata toccata se non per quella volta che Dakota e Bobby volevano vedere se ci fosse lo spazio per farci entrare un tavolo da ping-pong e un tavolo da calcetto (sono stati molto delusi quando hanno scoperto che non c'era un budget a sufficienza per una cosa del genere).

Anche la cucina era vuota. Il minifrigo (che veniva costantemente rifornito solo quando alle aurae piacevano i pretori in carica) era vuoto. Il cibo che c'era era tutto andato a male ed era stato buttato via. Jason di solito poteva trovare del gelato, involtini di tonno piccanti e mini lattine di Pepsi.

"Sarà pieno entro stasera" disse Reyna mentre Jason chiudeva la porta "Quelle Ninfe ti amano".

Jason fece un sorrisetto. Saltarono il bagno, non era un granché interessante.

Invece rivedere la sua stanza lo fece sentire come ricevere un grande abbraccio non appena fu entrato.

Odorava di tiglio, come sempre. Le pareti erano blu scuro e sul soffitto c'erano scritti dozzine di piccoli nomi, le firme e i messaggi di incoraggiamento di tutti i pretori che avevano vissuto nella Villa. Jason riconobbe alcuni nomi come Herman Melville (lo scrittore di Moby Dick), Walter Lippman, James Fenimore Cooper, Betty Friedan, George Marshall, Samuel F.B. Morse (il Campo Giove aveva iniziato ad usare il codice Morse cinque anni prima che egli lo presentasse al resto del mondo)... e nomi che erano conosciuti solo tra i semidei, gli eroi con cui Jason era cresciuto sentendo parlarne; Aurelia McQuid, James Long, Marius Legault, Chun Park, Marie-Pierre Taureau, Remus Anticosti, Romulus Anticosti, Barbara Read, Roxanne McGuire...
Scritti vicino ai loro nomi, si potevano leggere messaggi come "fatti forza", "congratulazioni", "perchè leggi il soffitto?", "sii forte e coraggioso", "non deludere gli altri", "vali molto per essere qui".

Il suo letto era fatto. Sul muro c'era un poster dei Lakers di Los Angeles. Adesso lo trovava divertente, tecnicamente erano la squadra della tua città natale, non ne aveva idea prima.

La sua scrivania era stata ripulita da documenti per i pretori, si immaginò che Reyna li avesse presi per occuparsene lei. Tutto ciò che era rimasto era una rivista sportiva oramai praticamente antica, ma che quando l'aveva comprata a Berkeley era uscita solo una settimana prima.
Sulla mensola c'era una copia di Harry Potter e la Pietra Filosofale. C'era anche il suo primo libro in latino (Il Senatore che andava al mercato, di circa otto pagine).

"Hai imparato a leggere con questi due libri" disse Reyna. "Prima in Latino e poi in Inglese".

"Ci sono libri peggiori da cui iniziare" specificò Jason.

"Questo è stato letteralmente il tuo alleato" [non sono sicura di aver tradotto bene] disse Reyna indicando il libro per bambini.

"Oh, sta zitta" rispose Jason.

Accanto ai due libri c'era una scatola di legno piena di pietre. Aprendola le ritrovò tutte li. Era così che la legione lo teneva occupato quando era un bambino. Lo mandavano a collezionare sassi mentre erano in corso consigli di guerra o altre questioni importanti.
C'erano anche un po' di fumetti in delle confezioni di plastica. Jason ne  conosceva già i titoli quindi non li toccò.
Sopra la testarda del suo letto era appesa al muro una mappa di San Francisco. I sentieri verso la casa di Lupa erano evidenziati, così come quelli per il Campo Giove, il tunnel
Caldecutt e il Monte Otris...

Appeso al muro c'era anche un segnale stradale di STOP con il lato destro ripiegato verso l'interno e un buco come se l'acido avesse bruciato il metallo.

"Carrie, la sorella di Gwen lo ha preso per te quando hai lasciato la casa di Lupa" disse Reyna. "Ti sei lasciato alle spalle un bel po' di segnali stradali distrutti".

"È stata davvero colpa mia?" chiese Jason "O è stato qualche mostro?".

"Non me lo hai mai rivelato" disse Reyna. "Ho immaginato fosse così perchè ho visto di che danni sei capace".

Jason sollevò qualcosa che era appoggiato al muro. Uno scudo rosso, bianco e blu, con una stella bianca al centro. Lo mostrò a Reyna.

"Te lo ha costruito Gwen" disse lei. "Beh lo ha fatto costruire a Hank, ma è stata lei a dipingerlo".

"Capitan America, giusto?" disse Jason infilando il braccio nei cinturini dello scudo.

"Il tuo supereroe preferito" disse Reyna. "Anche se in realtà non l'hai mai usato. Non è uno scudo abbastanza robusto per una battaglia. Inoltre sembreresti un idiota".

Jason rise "Già, ma mi piace".

"Ottimo, Gwen stava tentando di corromperti per farti sopravvivere alla battaglia sul monte Otri con "Il tuo miglior regalo di compleanno di sempre" se ricordo bene" disse Reyna.

"Si, mi suona corretto" valutò Jason.

Sul muro c'era un mosaico di foto. Jason si inginocchiò sul suo letto per guardarlo meglio.

"Non mi ricordo di quando sono state scattate la maggior parte di queste" disse.

Reyna si inginocchiò accanto a lui e dopo una rapida osservazione indicò le migliori.

"La ci sei tu con Bobby e Dakota il giorno che la quinta corte vinse i giochi di guerra per la prima volta, vero?" disse Jason.

"Sì è giusto" disse Reyna felice che se ne ricordasse.

"Quando è stata la prima volta per te?" chiese lui.

"Quando ti ho salvato la vita" disse tamburellando le nocche su un'altra foto.

"Cosa era successo?" chiese Jason.

"Stavi affogando" disse Reyna.

"Per quale motivo al mondo mi trovavo in acqua? " chiese lui.

"Eri stato spinto dentro il piccolo Tevere, che prima era molto più profondo" disse Reyna.
Si ricordava che dopo l'esperienza con Barbanera non voleva manco toccare mai più  l'acqua, ma quel ragazzino stavo affogando e non c'era nessun altro in giro (dato che chi lo aveva spinto era scappato via). Si chiese quanto diversa sarebbe stata la sua vita se non si fosse mai tuffata.

"Era stato un figlio di Marte, Hayden Oliver credo. E non c'era nulla che facesse intuire tu potessi avere una minima idea di come si nuota, o che la dea del fiume ti avrebbe salvato. Comunque, lasciarono andare Oliver subito dopo.

"Beh suppongo debba dirti grazie"

Reyna si mise a ridere "Ti sei già sdebitato. Non preoccuparti".

Stesero per un po' in silenzio, Jason era preso dall'esaminare le foto.

"Qui sembri molto più amichevole" disse indicando una foto di Reyna a Berkeley. Si copriva la mano con la bocca mentre mangiava, ovviamente non si aspettava di essere fotografata.
Era un miracolo che gli avesse lasciato tenere la foto, e ancora di più che gli avesse permesso di apprenderla al muro.

"So essere amichevole" disse Reyna. Jason avrebbe dovuto saperlo, loro erano amici, loro erano... "Scelgo solo di non esserlo la maggior parte del tempo
".
"Ti ho mai detto che è un peccato?" le chiese Jason.

"Sì, ma non proprio in questi termini" disse Reyna cauta.

Jason si voltò a guardare il tavolino accanto al suo letto. Appena prese il peluche di Pikachu, Reyna scoppiò a ridere. Jason aveva un'espressione impagabile.

Il ragazzo sentì il suo stomaco vorticare. "Ehi.. Perch... Che ho fatto?" chiesto.

"Questo te l'ho regalato io per il tuo scorso compleanno" disse Reyna sorridente. "Ti ho sempre chiamato Pikachu. I tuoi capelli erano così biondi da sembrare gialli, e avevi dei poteri sull'elettricità... e fino ai quattordici anni eri piccolo, basso e pelle e ossa".

"E pikachu è la prima cosa che viene in mente...?"

"Non guardarmi così, aveva molto senso".

Jason suppose che avessero già avuto questa discussione senza che nessuno dei due l'avesse spuntata. Mise giù Pikachu e lo aggiunge mentalmente alla lista di cose a cui Valdez non era concesso sapere.

Guardò le piccole statuette sul comò. C'era un piccolo R2-D2 (nonostante in realtà non avesse mai guardato un film di Star Wars). Una piccola tigre giocattolo del McDonald che faceva le giravolte all'indietro, una sorridente bambola di legno verde che aveva un'altra bambola di legno al suo interno, un leoncino intagliato nel legno, un mago-rospo, un'aquila appoggiata ad un ramo, un orsetto che teneva un cubo giocattolo con la lettera "J" sopra... da dove venissero non ne aveva idea, ma era abbastanza sicuro di non averli scelti lui.

"Sono regali" spiegò Reyna. "I legionari che andavano a Nuova Roma immaginavano tu non avessi nulla, e loro dovevano iniziare una nuova vita, così ti diedero gingilli del genere".

"Carino da parte loro" osservò Jason.

"Ancora di più che tu li abbia tenuti secondo me" disse Reyna.

Tutto nei suoi cassetti era ben piegato e sapeva di naftalina.

Jason si sedette sul letto.
Reyna si sedette accanto a lui. "Riesci a sentirti a casa?" chiese.

La guardò. Reyna. Neanche lei era cambiata. La stessa treccia bruna, aspetto immacolato, pantaloni neri, maglietta viola, sandali alla schiava, occhi scuri, espressione seria... Ma vi erano linee sul suo viso che prima che lui andasse via e lei fosse felice prima non c'erano, e di questo si sarebbe sempre sentito in colpa.
Lei era la sua complice, la sua collega e cosa più importante: la sua migliore amica. Lei conosceva le storie dietro gli oggetti in quella stanza e conosceva i dettagli che facevano di quella Villa la sua casa. Poteva arrangiare la sua memoria come faresti con l'arredamento in una casa. Lei lo conosceva. Le sua memoria lo stava raggiungendo al solo guardarla.

"Certo" disse circondandola con un braccio.
"Mi sento a casa quando sei vicina. Persino i miei ricordi stanno ritornando. Se da sempre una parte di me, Sting Rey"(gioco di parole introducibile, o che io non ho saputo tradurre lol).

Jason sapeva che Reyna aveva sperato non lui si ricordasse di quel soprannome.

"Mi fa piacere sentirtelo dire" disse lei. Sperò che il suo tono di voce non fosse troppo seccato. Sperò di non fargli capire che c'era qualcosa che ancora non ricorda. Sperò non si rendesse conto della sua delusione.

Dopo essersi guardato intorno per un po' aver respirato il profumo della stanza parlò.

"Com'è quella frase?"

"Quale?" chiese Reyna.

"Qualcosa come <>".

"Casa è dove è il tuo cuore" disse Reyna.

"Già" disse lui. "Credo sia vero".

 

   
 
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