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Autore: Dalybook04    17/08/2021    0 recensioni
Il vasto impero dei Vargas un tempo si estendeva su metà del globo. L'intero Westeros, da Grande Inverno al mare, era proprietà di un unico uomo.
Romolo Augusto Vargas. Un re che, con le sue forze e la sua intelligenza, era riuscito ad assogettare tutto il mondo conosciuto, ad eccezione giusto della sconfinata Essos.
Un uomo che poi era stato brutalmente ucciso dal suo stesso amante, insieme a tutta la sua famiglia.
Tutta la sua famiglia, tranne due bambini, che furono portati via, lontano, dove neanche il loro nonno grande e forte era riuscito ad avventurarsi.
Ora il maggiore dei due fratelli si ritrovava sulle sue spalle di giovane uomo appena sedicenne il compito di riprendersi ciò che era suo. E per farlo doveva fare dei sacrifici.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Inghilterra/Arthur Kirkland, Nord Italia/Feliciano Vargas, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Era andata una merda.
È qualcosa di scontato, già lo sapevamo, quindi non soffermiamoci troppo. Concentriamoci sul dettaglio che aveva sconcertato Lovino durante la sua visione: Antonio era furioso. Era scosso da una rabbia così cieca, così furiosa, che sembrava in grado di distruggere il mondo e farlo sprofondare negli oceani in tempesta. Quell'ira funesta, però, non era rivolta verso l'avversario, come Lovino aveva pensato, bensì verso un nemico ben più subdolo e più difficile da vincere.
Se stesso.
Si odiava, si odiava a morte. Non si uccise solo perché sapeva di meritare ben di peggio.
Una cosa gli aveva chiesto Lovino. Una! E neanche quella era riuscito a dargli.
"Non sfidarlo via mare". E lui che aveva fatto? L'aveva sfidato via mare! Un genio, un vero genio!
Aveva capito di aver perso nel momento esatto in cui si era ricordato della promessa infranta. Primo, perché gli dei non perdonano chi infrange le promesse, e secondo, perché Lovino, come a lui stesso piaceva ripetere di continuo, "aveva sempre ragione", quindi se gli aveva chiesto di non farlo doveva pur esserci un motivo.
Poi Kirkland aveva tirato fuori l'artiglieria pesante.
Cannoni, li avevano chiamati. Lì per lì ad Antonio non era importato molto di come si chiamassero, l'unica cosa coerente che era riuscito a pensare era stata una sfilza di imprecazioni che non sto a ripetervi. In un secondo, dopo un breve combattimento contro Kirkland stranamente finito in parità, si era ritrovato in mare insieme ai superstiti. Lo schianto con l'acqua gelida era stato terrificante. Non quanto quello con la realtà preso pochi minuti prima, ma comunque era stato doloroso.
Lo avevano ripescato poco dopo, però nessuno aveva avuto il coraggio di toccarlo più del necessario per tirarlo fuori dall'acqua. Aveva il fuoco negli occhi, di gran lunga più bruciante di quello sparato dai cannoni.
Ignorando Feliciano che cercava di convincerlo ad andare dal dottore per farsi curare le ferite, si era rintanato nella sua tenda, e lì era rimasto a pensare per ore. A pensare e a piangere per il sollievo, a dirla tutta.
Lovino è vivo. Il sollievo nel saperlo era troppo immenso per riuscire a metabolizzarlo. D'altro canto...
L'hai fatto scappare. Sì, ma almeno è vivo.
Un lupo. Avrei dovuto aspettarmelo.
Questo spiegava i vestiti strappati e il fatto che Venezia non riuscisse a trovarlo. Perché non me ne ha parlato?
Pensò a Feli, stupito quanto lui nel trovare i vestiti distrutti e la collana spezzata. Lovino lo avrebbe certo detto al fratello, quindi o Feli era un bugiardo migliore di quanto non sembrasse o neanche Lovino lo sapeva.
L'ululato... deve averlo iniziato lui. All'inizio era un lupo solo, doveva essere lui, poi gli altri si sono uniti. Ma perché ululare? Per confonderci, giusto. Sapeva che Feliciano avrebbe capito la cosa sbagliata. Oppure Lovi non è più umano e si è solo comportato da lupo?
No, quel lupo mi ha guardato. L'ho visto, c'era qualcosa di più nei suoi occhi. Forse mi sto ingannando, ma voglio credere che il mio Lovi sia ancora lì fuori. Forse è solo un incantesimo di Kirkland... ma non credo. L'avrebbe detto, se avesse saputo che Lovi era un lupo. Invece ha detto che è scappato e che lui non sapeva come, quindi non deve saperne niente. Oppure ha mentito, possibile, ma ha senso. Se Lovi si è trasformato mentre quello era di spalle ed è corso via, Kirkland non ha visto niente. Quei lupi sono velocissimi, ha senso.
Avrebbe dovuto aspettarselo, comunque. C'era stato a caccia, sapeva come si comportavano gli animali. Per farli scappare, non c'è modo più semplice che urlare. E lui che aveva fatto? Aveva urlato, come un pazzo, e Lovino era scappato.
"Eh ma Lovino non è un animale selvatico"
Dite di no?
Da quanto tempo non aveva delle racidi stabili? Da quanto tempo non faceva altro che correre da una parte all'altra, con fratellino al seguito, cercando disperatamente un modo per sopravvivere? Da quanto tempo aveva smesso di avere delle passioni, degli interessi diversi dall'andare avanti, pur di sopravvivere? Da quanto tempo preferiva sopravvivere che morire dopo aver vissuto?
Come biasimarlo eh, chi al suo posto avrebbe fatto diversamente? Ma così si era avvicinato sempre più allo stato di animale, e sempre meno a quello di umano.
La trasformazione in lupo era stata solo il tassello finale di una lunga catena, ancor più vecchia di lui. E Antonio aveva intravisto qualcosa di quella catena, aveva capito che ci fosse qualcosa sotto, peccato che avesse gettato tutto al vento per farsi rassicurare dalla pazzia.
Quel piccolo lupo dal manto rossiccio era lì fuori, da qualche parte. Quel piccolo lupo dal pelo rossiccio era scappato da lui, e Antonio non aveva intenzione di costringerlo a sopportare la sua presenza, ma al tempo stesso non voleva perderlo per sempre.
Che fare allora?
Bella domanda.

Durante il loro viaggio verso nord, per andare incontro ai loro alleati, erano stati colti di sorpresa da una tempesta di quelle tremende, che li aveva costretti a rifugiarsi in alcune grotte di fortuna.
In una di quelle, una delle più piccole, si erano rifugiati loro due, e come due amanti nascosti da sguardi indiscreti nel bosco avevano fatto l'amore cullati dal rumore della pioggia.
Lovino ora lo guarda, con gli occhi socchiusi e un lievissimo sorriso compiaciuto sulle labbra. Antonio aveva notato che suo marito non sorrideva spesso davanti agli altri, ma che si lasciava andare solo quando era completamente a suo agio, di solito con Feliciano. Sapere di essere abbastanza per cui da farlo sorridere così serenamente gli riempe il cuore di gioia.
Percorre con la punta delle dita la schiena nuda di suo marito, lentamente, su e giù, giù e su.
Lovino mormora qualcosa contro il suo orecchio, sospira, si stringe a lui.
"Non hai niente di meglio da fare che infastidirmi, bastardo?" sussurra, riaprendo gli occhi, leggermente lucidi e appannati dal sonno e dal piacere di poco prima.
"No" ride Antonio, contro la sua pelle. Lo bacia sulla spalla, stringendoselo contro ancor di più "sono tutto per te"
"Che culo"
"Dovrei essere io a dirlo" replica, divertito, scendendo con le mani fino a un punto ben preciso "che culo"
Lovino alza gli occhi al cielo "miei dei, quanto sei stupido"
"Miei dei, quanto sei bello" risponde, sfiorandogli i fianchi con un tocco delicato come una piuma.
"Miei dei, quanto sei cieco"
"Miei dei, quanto sei ottuso" interrompe la sua risposta con un bacio, schiudendogli la bocca con tutta la dolcezza del mondo. Si allontana da lui e punta lo sguardo nel suo, senza riuscire a distoglierlo. Gli accarezza il viso con una mano, l'altra posata sul suo fianco. Lovino si appoggia al suo palmo, come un cucciolo alla ricerca di coccole "sei meraviglioso" lo bacia di nuovo "bellissimo" lo bacia sul collo, Lovino sospira "irresistibile" se lo stringe contro, scendendo a baciare, mordere, succhiare un lembo dietro l'altro della sua pelle così morbida, così profumata. Sente le mani di Lovino tra i capelli, a impedirgli di allontanarsi, e sorride per l'ingenuità del suo amorito. Che motivo avrebbe di staccarsi dal suo paradiso personale?
Le gambe nude di Lovino si stringono alle sue, si avvolgono ai suoi fianchi, lo stringono forte.
"Sei un porco"
"Solo per te, Lovi" lo bacia appena sotto all'orecchio, gli morde il lobo. Non ha fretta, l'unica cosa che vuole è dedicarsi al suo tesoro nel modo migliore possibile. Lovino trema contro il suo tocco, Antonio sospira "Dei, quanto mi piaci"
"Sbrigati" il ragazzo ha il fiato corto, si preme ancora di più contro suo marito alla ricerca di calore. Gli tira i capelli per fargli sollevare il viso e baciarlo, strusciandoglisi addosso per trovare un po' di piacere. Gli morde il labbro, sospira una leggera risata "sei impaziente quanto me, a quanto sento"
"Lascia che ti coccoli un po'" Lovino gli si siede in braccio e lo bacia. Antonio trattiene una risata, il suo Lovi è sempre così impaziente...

A distanza di mesi, Antonio ricordava quella notte piovosa come uno degli ultimi momenti davvero tranquilli passati con Lovino.
Voleva altre notti così. Voleva fare ancora l'amore con lui mentre fuori pioveva, voleva di nuovo dedicarsi esclusivamente a lui mentre fuori imperversava il caos, voleva ancora trovare la pace in lui e con lui nel loro piccolo angolo di mondo.
Sicuramente costringerlo a tornare da lui non era un'opzione valida, anche perché Lovino si sarebbe limitato a scappare ancora. C'era solo una cosa che poteva fare, a quel punto, ed era sperare.
Se non puoi raggiungere qualcuno, lascia che quel qualcuno venga da te.

Feliciano vagava per la foresta, accompagnato esclusivamente da Venezia. Non aveva voluto sentire ragioni su quella faccenda: doveva essere solo.
Nell'allontanarsi da Kirkland, avevano raggiunto una zona ben precisa. Il ragazzino aveva sperato di visitarla con il fratello, e invece era solo.
Il vecchio palazzo di suo nonno. Si sentiva già a casa, pur non essendoci ancora arrivato.
Quando i Kirkland avevano conquistato tutto, il palazzo era stato abbandonato e la sua città distrutta. La natura si era riappropriata di tutto, e ora, dove un tempo sorgevano le più magnifiche costruzioni della capitale dell'impero, erbacce e animali pascolavano tranquillamente. Tuttavia a Feliciano non disturbava molto: c'era qualcosa di incredibilmente giusto in tutto quello. Suo nonno glielo ripeteva sempre, d'altronde: dalla natura veniamo, e alla natura ritorneremo. Doveva valere anche per le città.
Superò una casa ormai storta e ricoperta di erbacce e uscì dai confini della città. Ricordava ancora tutto il percorso a memoria: seguendo la via principale, ora diventata un manto erboso, si raggiungeva finalmente il castello.
Ludwig non era stato contento della sua decisione, ma Feli non aveva avuto bisogno della sua approvazione: aveva deciso che sarebbe andato lì fin da quando aveva saputo che sarebbero partiti.
Anche il castello se lo era ripreso la natura. Sembrava sul punto di cadere da un momento all'altro, quindi Feliciano preferì non entrare. Si diresse verso i giardini, dove gli avevano detto che...
Eccola.
La tomba del nonno, proprio come aveva detto Ludwig. Kirkland aveva avuto almeno la decenza di seppellire il suo nemico.
E lì, acciambellato sulla lapide...
Un lupo. Il lupo del suo sogno.
L'animale sollevò lo sguardo su di lui, si scrutarono per qualche secondo. Feliciano non riusciva a parlare, sentiva le gambe tremare, gli occhi riempirsi di lacrime. Al suo fianco, Venezia ululò e corse incontro alla sorella Roma, rotolandosi con lei sull'erba. Feliciano però non riusciva a essere contento per la sua lupa, riusciva solo a pensare a...
-L-Lovino?
E il lupo cambiò forma, proprio lì, davanti ai suoi occhi. Il pelo si ritiro, gli artigli anche. Le zampe si allungarono, la schiena si distese. I lineamenti si fecero sempre più netti, più umani, fino a quando l'unica cosa immutata furono appunto gli occhi.
Feliciano trattenne il fiato. Una lacrima gli corse lungo la guancia.
Suo fratello.
Suo fratello era lì, davanti ai suoi occhi.
Suo fratello era lì, davanti ai suoi occhi, vivo.
Corse ad abbracciarlo, con tanto slancio da spingerlo a terra. Lovino lo strinse, ridendo a bassa voce.
-quindi ti sono mancato.
-sei uno stronzo- stava piangendo, disperato, le braccia avvolte intorno al fratello per impedirgli in tutti i modi di scappare ancora. Lovino sospirò, accarezzandogli la schiena.
-mi sei mancato anche tu, fratellino.
Rimasero così, abbracciati, stretti, l'uno tremante, scosso dai singhiozzi, l'altro rassicurante nel tentativo di calmarlo, come quando il più piccolo dei due aveva un incubo e il povero fratello maggiore, martire indiscusso e candidato al ruolo di santo, indossava le vesti da madre della situazione e passava l'intera notte abbracciando il fratellino e cantandogli ninna nanne su ninna nanne per farlo calmare, rassegnatosi ormai al sonno incontrollabile che lo avrebbe accompagnato per tutta la giornata successiva. Allo stesso modo, Feliciano ora piangeva contro la spalla del fratello, entrambi cresciuti, entrambi quasi adulti, ancora simili a quei bambini destinati a passare la notte in bianco. Allo stesso modo, Feliciano si era appena risvegliato da un incubo, un incubo in cui lui era rimasto solo al mondo e suo fratello era morto. Anzi, non era stato propriamente un incubo, e questo gli ricordava una cosa...
Diede un pugno sulla spalla a Lovino, ancora in lacrime -non ti permettere mai più di farmi uno scherzo simile! Sono stato una merda, stronzo!
-scusa, hai ragione, ma non ho avuto scelta- Lovino staccò una mano dalla sua schiena per massaggiarsi la spalla, bofonchiando -mi hai fatto male...
-spiegami che cazzo hai combinato o te ne arriva un altro- si mise seduto, pur tenendogli stretta una mano per impedirgli di scappare, e notò un dettaglio -e perché sei nudo.
-hai visto che ero un lupo, no?
Sì, ma sul momento non ci aveva fatto troppo caso -sì.
-questa è metà della faccenda. Ascolta...- gli strinse le mani -non ci ho capito molto, sinceramente, nonno non ci ha mai detto un cazzo e...- sospirò, cercando di restare calmo -noi non possiamo capire i lupi perché siamo affini a loro. Noi possiamo capire i lupi perché siamo loro. Non so come, o perché, non so un cazzo su questa storia, ma possiamo trasformarci in lupi- gli brillavano gli occhi -anzi, forse è più corretto dire che possiamo ritornare lupi.
-i... i tuoi denti- mormorò Feliciano, osservando il sorriso del fratello, dove due enormi canini, he sembravano sbucati da una di quelle storie di paura piene di vampiri che raccontava il nonno per pavoneggiarsi parlando delle sue battaglie, facevano capolino, ferendo il labbro inferiore fino a farlo sanguinare, anche se Lovino non sembrava farci troppo caso. Vedendo lo sguardo spaventato e incuriosito del fratellino, però, se li coprì di scatto con la mano libera, leccandoseli per controllare il loro stato.
-merda, scusa, non so ancora controllarmi bene quando torno umano.
-sei... sei come un lupo mannaro?
-non proprio. Quelli si trasformano con la luna piena, io posso farlo quando voglio- sorrise, con dei denti normali, sollevando lo sguardo al cielo -è bellissimo, Feli. Correre con i lupi, alla loro velocità, essere un tutt'uno con la natura, preoccuparti solo di come sopravvivere...
-e a tuo fratello non ci pensi?- replicò, freddo -ad Antonio?
Lovino ebbe un sussulto a quel nome, ma lo mascherò bene -perché pensi che sia venuto qui? Aspettavo te, sapevo che saresti tornato a casa- lo scrutò, attento, con un piccolo sorriso curioso -fatti guardare un po'. Sei diventato più alto o sbaglio?
-non ci ho fatto caso- mormorò, appoggiando la testa sulla sua spalla e abbracciandolo.
Lovino sospirò, stringendolo -Feli... ascoltami, è importante. Prima ero... come bloccato. Ero più nervoso, più isterico... be', un po' lo sono ancora, però hai capito che intendo. L'essere bloccato in forma umana era come un... un'adolescenza nell'adolescenza. Un Inferno, in pratica.
-pensi che anche io...
-sì. Devi imparare a mutare anche tu. Ho paura che... che nonno sia impazzito perché era bloccato e non voglio che ti succeda.
-come faccio?
-non... non te lo so spiegare. Io mi sono trasformato quando mi sono sentito in pericolo di vita, l'istinto ha preso il sopravvento e...- si indicò -ecco.
-devo rischiare la vita?
-spero di no! Devi provarci, lasciarti andare. È una cosa tua, personale, capisci? Però promettimi che ci proverai, per favore. Non voglio saperti in pericolo.
-vieni con me. Torna a casa- gli strinse la mano -mi insegnerai tu a farlo e... e saremo di nuovo insieme, come prima.
Lovino distolse lo sguardo. Il suo labbro inferiore, stretto tra i denti, era bianco come la neve invernali, neve dove si potevano intravedere le impronte dei lupi selvaggi che ci erano passati sopra per cercare cibo.
-non posso.
-cosa?! Perché?
-è... complicato.
-ti ha fatto qualcosa Arthur? Ti ha minacciato o...
-no, non c'entra quello stronzo.
-e allora cosa?!
Lovino sospirò -Antonio.
-cosa... che c'entra Antonio?
-l'hai visto, no? È completamente impazzito.
-perché tu non c'eri!
-no. Cioé sì, ma no- sospirò, passandosi una mano tra i capelli scompigliati. Feliciano notò in quel momento quanto si fossero allungati, tanto da superare le spalle e tuffarsi nella schiena -il potere strega, Feliciano. Fa impazzire, ed è una lezione che io e te non possiamo permetterci di dimenticare.
-non crederai a quella stronzata per cui rischiamo di impazzire per colpa del nonno?
-no, ma abbiamo visto con i nostri occhi cosa succede a un uomo schiavo del potere. Stava succedendo lo stesso ad Antonio, Feli. Lo hai visto in quella tenda- gli strinse la mano -aveva gli stessi occhi del nonno. Non potevo permettere che impazzisse anche lui.
-e quindi l'hai abbandonato.
-sì- abbozzò un sorriso triste -così la fai suonare peggio di quanto non sia. Al tempio, a Qarth, avevo visto una battaglia in nave. Una delle due flotte affondava e... e da lì ne usciva Antonio, vivo. Io non c'ero- era strano parlarne a qualcuno. Aveva tenuto il segreto così a lungo... -quella battaglia ci sarebbe stata, in un modo o nell'altro.
-c'è già stata- mormorò Feliciano -abbiamo perso.
-ma Antonio stava bene- replicò Lovino -e se mi fossi opposto, se avessi cercato di interferire con gli dei... forse non sarei qui io, o te, o forse Antonio ci sarebbe morto. Preferisco che mi odi ma che sia vivo e sano di mente, piuttosto che rimanere al suo fianco e vederlo impazzire come il nonno.
-avresti potuto aiutarlo standogli vicino- "e stando vicino a me"
Suo fratello aveva un sorriso incredibilmente triste -se fossi rimasto con lui, sarebbe solo peggiorato. Sarebbe andato avanti con l'idea di conquistare tutto e...
-se n'è andato.
Lovino lo guardò, con gli occhi sgranati -cosa?
-dopo la battaglia se n'è andato- ripeté Feliciano. La mano di suo fratello si strinse intorno al suo polso, invitandolo a continuare -l'abbiamo tirato fuori dell'acqua e si è chiuso nella sua tenda tutta la notte senza dire una parola. Arthur deve avergli detto qualcosa, ma Antonio non ha voluto dirmi cosa. Alcuni soldati però hanno sentito che veniva fatto il tuo nome. Il giorno dopo è ripartito per Essos con le sue truppe e si è tirato fuori dall'alleanza- tirò fuori una lettera dalla tasca -a proposito... mi ha dato questo. Mi ha chiesto di dartelo, se ti avessi trovato- gli si inumidirono gli occhi -pensavo che... che non sarebbe mai successo perché... perché pensavo che tu fossi morto. Non l'ho letto, comunque- glielo passò. Lovino strappò il sigillo in cera, gli tremavano le mani.
-il crucco gliel'ha fatto fare?- mormorò, leggendo. Si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, il battito del piede per terra seguiva quello del cuore. Tum tum tum.
-cosa?
-andarsene. Il crucco gliel'ha fatto fare? Non ha protestato né niente?
-be', a livello di esercito non serviva a granché. I soldati di Antonio sono bravi in pianura, ma ormai siamo in montagna, e ultimamente Antonio era una mina vagante, quindi alla fine Ludwig era sollevato.
-uhm- Lovino annuì e riportò gli occhi sulla lettera. Feliciano non riusciva a leggere, ma a suo fratello sfuggì una risata, un po' singhiozzata.
-che dice?
-niente...- si strinse il foglio al petto e chiuse gli occhi. Poi la ripiegò e si rivolse al fratello, con un piccolo sorriso -con il crucco? Come va?
Feliciano trattenne un sospiro. Spesso si ritrovava ad odiare la tendenza di suo fratello a cambiare argomento -bene... ma non è quello di cui stavamo parlando. Tornerai con Antonio?
-non lo so, Feli- prese a rigirarsi la lettera tra le mani, con un labbro premuto tra i denti -non avevamo una relazione esattamente sana.
-in... in che senso?
-dipendevamo troppo l'uno dall'altro. E infatti guarda cos'è successo non appena ci siamo allontanati...
-non riuscire a stare senza l'altro fa parte dell'amore, no?
-sì, ma non in quel modo. È difficile da spiegare, me ne sono reso conto allontanandomi da lui.
-non mi sembra, fratellone... anche con Lud abbiamo un rapporto così e...
-così in che senso?- lo interruppe, con un sopracciglio inarcato.
-io dipendo da lui e lui da me. Ci amiamo.
-l'amore non è dipendenza, Feli.
-lo so! Però c'è anche quello, no?
Lovino si portò una mano alla testa, sembrò pensare al modo migliore di spiegarglielo. Feliciano lo batté sul tempo -senti, so che Lud non ti è mai piaciuto, ma...
-l'avete fatto?- lo interruppe.
-sì.
-com'è stata la prima volta.
-bellissima.
-e... cosa l'ha portata? Non mi servono i dettagli, solo capire come è andata.
-uhm... be'... io ero depresso perché pensavo che tu fossi morto- gli diede una gomitata -a proposito, grazie ancora dell'infarto.
-continua.
-be'... ero triste e non riuscivo a dormire e mi sentivo così... vuoto, in qualche modo. Non riuscivo a sentire niente tranne il dolore e volevo qualcosa di bello. Così... sono andato da lui.
-Feli...- il ragazzo riuscì a percepire senza problemi la disapprovazione nella voce del fratello.
-so che non ti piace Ludwig ma...
-non c'entra- lo interruppe -ti rendi conto che non eri pienamente consenziente, vero?
-certo che lo ero. Sono andato a cercarlo io.
-perché eri sconvolto. Non fosse successo quel che è successo, l'avresti fatto ugualmente?
-sì.
-e sei sicuro di non averlo fatto solo come valvola di sfogo?
-io...- Feliciano odiava quello sguardo, quasi da madre, che assumeva suo fratello certe volte, come se lo conoscesse meglio di quanto non si conoscesse lui stesso. Il fatto che ciò fosse vero peggiorava le cose -sì, Lovino. Smettila con l'interrogatorio- cercò un modo per cambiare argomento -al tramonto devo andare, Lud mi rivuole da lui entro sera.
-"ti rivuole"?- ripeté Lovino, scocciato -ma che è, tua madre?
-sai com'è, Kirkland ci vuole morti e questo è il luogo più scontato dove cercarmi.
-hai Venezia.
-non potrebbe molto contro delle balestre o cose simili.
Lovino sbuffò -sei un Vargas. La foresta è il tuo habitat naturale, devi solo imparare a sfruttarlo.
-se me lo insegnassi...
-non c'è niente da insegnare. Hai tutto qui- si indicò la testa -è solo sepolto. Ce l'hai nell'istinto, devi solo riuscire a tirarlo fuori.
-e come faccio?
-lasciati andare, picciriddu. Corri, perditi nella natura, smetti di pensare come un umano.
-ma io sono un umano.
-mh, non ne sarei così sicuro- scherzò. Poi tornò serio -non farti controllare dal crucco.
-non mi controlla, Lovi- si strinse a lui, sorridendo al pensiero del suo ragazzo -si preoccupa solo per me. Voleva accompagnarmi fino a qui per paura che mi facessero del male, mi sono dovuto impuntare!
Lovino non sembrava convinto -fammi capire, prova a controllarti?
-no, non è quello! Aveva paura che potessero farmi del male, tutto qui. Anche tu mi avresti fermato, no?
-mh. Fammi una promessa, va bene? Stacci attento. Se diventasse instabile...
-Lud non è instabile- lo interruppe, nervoso -è la cosa più stabile a cui possa appigliarmi.
Lovino abbozzò un sorriso -ti stai innervosendo.
-non è vero.
-oh, sì che lo è. È perché sei bloccato. Lo senti che lo sei, ma non riuscivi a capire. Ora lo capisci meglio?
Feliciano si morse il labbro. Sì, sapeva di essere un po' (tanto) emotivo, ma... -pensavo fosse... sai, l'adolescenza.
-non solo. Noi Vargas siamo... siamo più instabili degli altri. Ti ricordi mamma?
-non era instabile.
-perché passava tutto il suo tempo a badare a noi. Le mamme lupe sono tra gli animali più iperprotettivi. Sfogava la sua lupa repressa su di noi, diciamo.
-mi ricorda qualcuno...
-non sono una mamma lupa.
Feliciano inarcò un sopracciglio -davvero?
-hai davanti a te la prova che sono un maschio.
-ma sei stato come una mamma per me- lo abbracciò -grazie. Ora però sono grande, non serve più che tu ti preoccupi per me. Sto bene con Lud, non mi serve che tu mi protegga.
-non sei ancora un adulto, Feli. E io ti proteggerò sempre, ti vada o no.
-non serve che tu mi protegga da chi mi ama.
-lo vedi che sei ancora piccolo?- gli accarezzò la schiena, lentamente. Aveva le mani calde, ricoperte di calli che si facevano sentire oltre il tessuto della maglia del ragazzino, che tuttavia non si scostò: quel tocco aveva ancora qualcosa di così materno, così rassicurante, che non se ne sarebbe allontanato per niente al mondo -sono le persone che ti amano quelle a ferirti di più.
-come te e Antonio?- non aveva un tono d'accusa: stava solo facendo una constatazione. Lovino sospirò, sistemandogli una ciocca di capelli.
-esatto. Lui ha ferito me e io ho ferito lui.
Feliciano si voltò a guardarlo. Lovino aveva un sorriso triste in viso.
-fratellone?
-sì?
-c'è qualche possibilità che torniate insieme?
-non lo so- strinse la lettera con la mano libera -forse.
-ti ama ancora- lo incoraggiò. Si sentiva come un figlio, bloccato tra due genitori sul punto di separarsi -prova a... dargli un'altra opportunità. È tornato in sé.
-lo so, non... non è più lui il problema- si morse il labbro -sono io. Sono cambiato, ora. Non voglio che tutto torni come prima.
-perché no? Eri felice.
-dipendevamo troppo l'uno dall'altro, e infatti appena ci siamo separati...
-è normale quando si ama qualcuno.
-l'amore non è dipendenza, Feli.
-sì, ma... insomma, quando si ama qualcuno non si riesce a stare senza di lui.
-quando ami qualcuno riesci a lasciarlo andare. Io e Antonio non saremmo stati in grado di separarci.
Feliciano esitò. A pensarci, neanche lui e Ludwig. Scosse la testa, che cosa assurda. Lui e Ludwig non erano dipendenti l'uno dall'altro, non più di quanto non fosse normale tra le coppie -questo non significa che non possiate riprovarci. Non dev'essere tutto identico a prima, potete migliorare.
-forse.
-tentar non nuoce.
-invece nuoce eccome- mormorò, con un sorriso triste -se andasse male, ne usciremmo devastati entrambi.
-ma se andasse bene, sareste le persone più felici del pianeta.
-chissà. Devo... devo pensarci, poi deciderò se il gioco vale la candela- gli accarezzò la guancia -comunque, ti lascerò qui le indicazioni per trovarmi, se avrai bisogno di me. Non ti abbandono, fratellino.
Feliciano abbozzò una risata -se domani torno qui, ti ritroverò?
-chissà.
-rassicurante. Cerca di non farti ammazzare, chiaro?
-non sono io quello in guerra. Non più, almeno.
-c'è Ludwig a proteggermi- sollevò lo sguardo sul cielo e si alzò di scatto -cazzo, sta per tramontare il sole!- guardò il fratello, con un labbro tra i denti -devo andare...
Lovino sospirò -allora vai.
Feliciano corse via, seguito da Venezia, poi tornò indietro e abbracciò il fratello di slancio, buttandolo a terra -ti voglio bene.
-anche io, cretino- lo baciò sulla fronte -ora vai dal tuo crucco, su.
-appena potrò ti verrò a trovare, promesso!
-non penso che resterò qui a lungo- mormorò, scostandogli i capelli dalla fronte -ma farò in modo che tu possa trovarmi. Sei il mio fratellino, Feli. Segui l'istinto, ti porterà sempre da me.
-ti voglio tanto bene- ripeté, scostandosi a malincuore da lui. Venezia strusciò il muso contro quello della sorella, latrando. Feliciano si alzò in piedi -tornerò presto! Giuro!
-ti voglio bene anch'io- si girò sulla pancia e si ritrasformò in lupo, strusciando leggermente il muso sulla gamba di suo fratello in segno di saluto.
-sei adorabile da lupetto!- squittì il ragazzino, abbracciando forte l'animale. Sospirò, triste -ora vado... stai attento, mi raccomando Lovi!- e corse via, seguito dalla sua lupa.
Lovino scosse la testa e si girò verso Roma, che lo osservava con la testolina inclinata. La lupa si girò verso la lettera, abbandonata a terra, con una domanda chiara negli occhi. "Che vuoi fare?". Non sapeva leggere, ma l'odore su quel pezzo di carta era inconfondibile.
Lovino sospirò, rilesse un'ultima volta il foglio e poi lo fece a pezzetti, che sepolse in terra. Meglio non correre il rischio che altri leggessero, non avrebbe potuto portarlo con sé comunque.
Immagino che vi siate chiedendo cosa ci fosse scritto su quella lettera. Curiosi, eh?
Dai, la smetto di tenervi sulle spine.
"Ti amo.
Se mi vuoi ancora vieni a Qarth"
Due righe, nove parole, un miliardo di emozioni per Lovino.

   
 
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