Come
una Divinità
Questo
racconto risale a tempi talmente remoti che persino trovare questo
manoscritto
è stato un miracolo. E a proposito di miracoli, è
proprio questo l’argomento
della storia che voglio narrarvi.
Tutto
ha
avuto inizio in un’isola sopra il cielo, il suo nome mi
è ancora ignoto. Le sue
piccole dimensioni facilitarono la conoscenza di ogni suo angolo, di
ogni suo
segreto, di ogni suo abitante. Tutti si conoscevano, tutti si aiutavano
l’un
l’altro: era un popolo dotato di estrema gentilezza. I suoi
estesi campi
fioriti rendevano aggraziata la loro terra, e i colori vivaci la
facevano
splendere, apparendo così come una vera e propria stella. Un
posto così
tranquillo mi sembrava un mero frutto di fantasia, eppure è
tutto vero. Deduco
che l’elemento chiave della loro armonia sia stata la
divinità che vigilava su
di loro. Si diceva che con la sua sapienza e la sua
cordialità riusciva a
mantenere la pace, ad aiutare i più bisognosi, a cacciare
tutto ciò che potesse
portare negatività al suo popolo. Inizialmente venne
soprannominato angelo, poi
divinità. Eppure nessuno ha mai visto il suo volto: alcuni
lo rappresentavano
con i capelli bianchi, altri con un splendidi occhi azzurri e, magari,
con un’aureola
e tanto di ali. Il suo genere era indefinito, e conoscerlo non era
indispensabile. Sapevano soltanto che qualcuno, da qualche parte, stava
vegliando su di loro.
D’un
tratto, però, accadde qualcosa di inaspettato: questa
serenità, così come i
giorni spensierati, andarono incontro alla loro fine.
I
cieli
dell’isola iniziarono a scurirsi sempre più, il
raccolto ad essere tossico, e
il panico colse il popolo alla sprovvista. Non sapevano come
comportarsi, le
sventure fecero capolino alle loro porte prima che potessero agire.
Malattie
ignote, accompagnate dall’angoscia, circolavano tra i prati
secchi. Pregarono
affinché la loro divinità potesse aiutarli, ma
quella situazione, pensarono, fu
troppo da sostenere anche per Loro. Nessuna preghiera venne ascoltata
e, per
mesi, la situazione non fece che peggiorare. La speranza aveva ceduto
il suo
posto alla disperazione, e il popolo credette che la loro
divinità avesse
voltato loro le spalle. Si sentivano traditi. Si convinsero che, da
qualche
parte, qualcuno, si stesse prendendo gioco di loro. La tristezza si
tramutò in
rabbia, una rabbia provata per qualcuno che non avevano mai visto.
Forse,
proprio a causa di questo eccesso di negatività, –
il quale era un’anomalia in
quell’isola tanto tranquilla – le loro preghiere
vennero davvero
ascoltate.
Un
giorno,
quando il popolo spalancò le loro finestre, tutto
tornò alla normalità. Nei
prati verdeggianti oscillavano degli splendidi fiori colorati, i quali
erano
illuminati dal tepore del sole che, per troppo tempo, si era nascosto
tra le
nubi color pece. File immense di alberi costeggiavano
l’isola, il cui vento
fresco ne accarezzava i frutti. Gli uccelli ripresero a cinguettare
sonoramente, impazienti di avvisare il popolo del miracolo appena
avvenuto. Non
potevano credere ai loro occhi: le lacrime di felicità che
piansero quel giorno
sarebbero bastate per creare un lago dove, un giorno, anche i pesci
avrebbero
potuto godere di quell’armonia.
Il
popolo
era ancora molto malato, tuttavia decisero di recarsi in piazza e
festeggiare. Ampie
ceste di frutta e verdura spiccavano tra i tavoli apparecchiati
grossolanamente. Riecheggiavano dolci melodie e passi di danza che
invitavano tutti
gli abitanti del cielo a unirsi ai festeggiamenti. I sorrisi che
rivolsero alla
divinità erano impagabilmente sinceri, e la rabbia nei suoi
confronti si
affievolì del tutto.
Come
se
avesse udito i loro ringraziamenti, uno sconosciuto
si avvicinò
all’armoniosa piazza con passo lento, curioso. Gli sguardi
del popolo indagavano
alla vista di qualcuno mai visto prima, si insospettirono.
Ciononostante, il
suo aspetto non aveva nulla di allarmante, anzi. I lunghi capelli
biondi si
posavano gentilmente sulle sue possenti spalle, come un uccellino che
cercava
riparo sopra un ramo. Sul suo volto roseo era inarcato
all’insù un sorriso
rassicurante. Le sue ciglia lunghe mettevano in risalto le iridi del
colore del
mare – qualcosa che il popolo vedeva come un miraggio. Le sue
vesti color perla
lo facevano sembrare una divinità,
d’altronde… Fu così che si
presentò al
popolo. Si inchinò al loro cospetto e disse: “Mi
spiace avervi fatto attendere,
mio caro popolo, ma non dovete più temere. Ho viaggiato per
gli sconfinati
cieli al fine di arrivare in vostro soccorso, sebbene in ritardo. La
furia
della disgrazia, tuttavia, incombe ancora su questa povera terra.
Sarà mio
compito, d’ora in avanti, rimanere al vostro fianco e donarvi
il mio potere.”
Le
persone,
dopo essersi lanciate qualche occhiata, si inchinarono
all’unisono davanti a
lui. La divinità che tanto avevano lodato era finalmente
giunta in loro
soccorso, sebbene la sua attesa avesse provocato non pochi problemi.
“Vi
prego,
alzatevi pure. La mia visita ha il solo scopo di cedervi una medicina
da me
creata. La vostra è una malattia rara, e solo una
divinità può curarla.
Accettatela, mi basta questo.”
Inutile
dire che i festeggiamenti si protrassero per giorni interi: nei
capienti calici
brillava la medicina scarlatta, il cui sapore ricordava il pompelmo. Il
loro
deglutire rese contenta la divinità che, seduta tra il suo
popolo, si godeva la
pace che aveva portato.
Non
appena
tutti guarirono, – e tutto tornò come ai vecchi
tempi – successe qualcosa di
inaspettato. Sebbene non circolasse più alcuna malattia, il
popolo mendicava
ancora la medicina. La divinità venne colta alla sprovvista
ma, di certo, non
poteva rifiutare la richiesta d’aiuto della sua gente.
Fece
costruire una fontana da cui zampillava la bramata medicina,
così che tutti
potessero usufruirne. Come un gregge di pecore, periodicamente, si
recavano lì
sino a dissetarsi. La soddisfazione era dipinta sui loro volti, e la
divinità non
poteva che andarne fiera. Un giorno, mentre li osservava afferrare il
liquido
tra le mani con fare animalesco, si lasciò sfuggire una
risatina.
“Certo
che
vi piace proprio!”, esclamò mentre portava il
palmo sotto la guancia. Le
persone lì presenti annuirono con evidente
felicità, ringraziandolo ancora una
volta del dono da lui concessogli.
“Sono
io
che devo ringraziarvi. D’altronde, credete ad ogni cosa io
dica”, rispose con
sarcasmo.
I
sorrisi
del popolo si spensero all’istante. La divinità
che avevano ammirato per secoli
si stava comportando, ancora una volta, in modo sospetto.
Indietreggiarono,
sebbene fosse stato così generoso nei loro confronti.
Difatti, il loro raccolto
era tornato a crescere, il sole splendeva sopra le loro teste, e
stavano
bevendo la medicina per la loro malattia rara.
Una
donna
si fece avanti e gli chiese: “Questa medicina ha qualcosa che
non va, non è
vero? Più ne bevo, e più ne
desidero…”. Si umidì le labbra secche,
sebbene
avesse appena finito di bere il liquido.
“Al
contrario. State bevendo il sangue della vostra
divinità”, rispose mentre
alzava il palmo della mano in direzione della fontana.
Un
senso di
colpa accomunò i presenti, e dei bisbigli iniziarono a fare
il giro della
piazza. Tuttavia, la divinità non aveva terminato di parlare.
“Per
la
cronaca, non si tratta del mio sangue. Vi serve
solo per riprendervi
dalla sua morte. Delizioso, non è
vero?” chiese dopo aver riso
sonoramente, facendo venire la pelle d’oca al popolo.
Sbiancarono tutti: in
preda allo shock compresero che la loro divinità era
deceduta. Avevano tante
domande, ma una sola uscì dalle labbra tramanti
dell’uomo che, fino a pochi
attimi prima, lo stava lodando.
“Chi
sei,
tu?”
“La
vostra nuova
divinità, l’avete detto voi stessi! Sapete, non
era mia intenzione farvi
ammalare, ma evidentemente eravate così affezionati a Lei
che, quando l’ho
uccisa, avete subito delle grosse conseguenze. Solo il Suo sangue
può risolvere
i vostri problemi di salute, tuttavia, una volta bevuto, diventerete
esseri
impuri.”
Il
terrore
si sparse definitamente tra il popolo: al solo pensiero che stavano
bevendo del
sangue li fece vomitare; altri, invece, sbraitarono contro la
divinità.
Quest’ultima li raggiunse vicino alla fontana,
così da riempire un calice con
il sangue della precedente divinità. Lo fece oscillare con
un ghigno stampato
in volto, poi lo offrì a uno che, pochi attimi prima, si era
sentito male. Lo
afferrò in fretta e se ne riempì la bocca, con le
lacrime che rigavano il suo
volto. Non riuscivano a smettere di bere il sangue divino, sebbene non
ne fossero
intenzionati.
“Ottimo,
se
volete essere disprezzati dalle divinità fate
pure”, disse offrendo altri
calici al suo popolo. “Almeno adesso ci siamo dentro
tutti.”
La
divinità,
dunque, approfittò di quel momento per raccontare loro la
sua storia.
Era
stato
cacciato dalle altre divinità dopo cercato di sorpassarle,
così gli tolsero
ogni sorta di potere. Dopo aver vagato per anni, Egli trovò
finalmente la
divinità più genuina e sciocca di sempre: quella
che sorvegliava l’isola del
cielo. La uccise e, finalmente, ne assorbì i poteri divini.
Vedere il popolo
ammalarsi tanto drasticamente, così come l’isola
stessa, gli fece venire
un’idea: si sarebbe rivoltato alle divinità per
averlo cacciato e screditato, e
il popolo l’avrebbe aiutato.
“Non
ti
aiuteremo mai, sei un folle!”, esordì una ragazza.
“Vorrà
dire
che non vi darò più la vostra amata medicina.
Affare fatto?”
Inutile
dire che, prima o poi, il sangue divino sarebbe terminato. Nonostante
ciò, gli
isolano furono costretti ad accettare il ricatto della
divinità, in quanto
fosse impossibile smettere di berla. Si dice che, quando
c’è brutto tempo, l’isola
del cielo si avvicina alla Terra in cerca di aiuto. Tuttavia,
ahimè, nessuno li
ascolta. Come degli sciocchi ignoriamo il loro pianto disperato: la
pioggia
che, tutt’un tratto, cade dal cielo grigio.
Note di Morgana:
Salve a tutti! Sono
tornata a pubblicare racconti dopo un po’ di tempo, spero vi
sia piaciuto! Dovete
sapere che, in realtà, ho un quadernetto zeppo di idee per
racconti brevi o
addirittura libri. Pian piano pubblicherò tutto, promesso! A
proposito di
libri: ho terminato di scriverne uno, ma lo sto revisionando con degli
amici prima
di inviarlo alle case editrici. Nel frattempo potete seguire la mia
pagina
instagram per la presentazione e per gli aggiornamenti, si chiama
@/talesandspells
! Preparatevi perché c’è molto angst,
insieme a molti gay………
DETTO
QUESTO. Grazie di aver letto! Il vostro supporto mi dà la
carica per continuare
a scrivere, quindi… ancora, grazie!