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Autore: witchakko    19/08/2021    0 recensioni
Si dice che nell'isola del cielo vi sia una Divinità: grazie a lei, regna la pace da secoli. Tuttavia, un giorno, una catastrofe colpisce il popolo. Da essa nasce la pioggia, e una disperazione che durerà in eterno. La domanda, quindi, è una: che fine ha fatto la Divinità?
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Come una Divinità

 

 

Questo racconto risale a tempi talmente remoti che persino trovare questo manoscritto è stato un miracolo. E a proposito di miracoli, è proprio questo l’argomento della storia che voglio narrarvi.

Tutto ha avuto inizio in un’isola sopra il cielo, il suo nome mi è ancora ignoto. Le sue piccole dimensioni facilitarono la conoscenza di ogni suo angolo, di ogni suo segreto, di ogni suo abitante. Tutti si conoscevano, tutti si aiutavano l’un l’altro: era un popolo dotato di estrema gentilezza. I suoi estesi campi fioriti rendevano aggraziata la loro terra, e i colori vivaci la facevano splendere, apparendo così come una vera e propria stella. Un posto così tranquillo mi sembrava un mero frutto di fantasia, eppure è tutto vero. Deduco che l’elemento chiave della loro armonia sia stata la divinità che vigilava su di loro. Si diceva che con la sua sapienza e la sua cordialità riusciva a mantenere la pace, ad aiutare i più bisognosi, a cacciare tutto ciò che potesse portare negatività al suo popolo. Inizialmente venne soprannominato angelo, poi divinità. Eppure nessuno ha mai visto il suo volto: alcuni lo rappresentavano con i capelli bianchi, altri con un splendidi occhi azzurri e, magari, con un’aureola e tanto di ali. Il suo genere era indefinito, e conoscerlo non era indispensabile. Sapevano soltanto che qualcuno, da qualche parte, stava vegliando su di loro.

D’un tratto, però, accadde qualcosa di inaspettato: questa serenità, così come i giorni spensierati, andarono incontro alla loro fine.

I cieli dell’isola iniziarono a scurirsi sempre più, il raccolto ad essere tossico, e il panico colse il popolo alla sprovvista. Non sapevano come comportarsi, le sventure fecero capolino alle loro porte prima che potessero agire. Malattie ignote, accompagnate dall’angoscia, circolavano tra i prati secchi. Pregarono affinché la loro divinità potesse aiutarli, ma quella situazione, pensarono, fu troppo da sostenere anche per Loro. Nessuna preghiera venne ascoltata e, per mesi, la situazione non fece che peggiorare. La speranza aveva ceduto il suo posto alla disperazione, e il popolo credette che la loro divinità avesse voltato loro le spalle. Si sentivano traditi. Si convinsero che, da qualche parte, qualcuno, si stesse prendendo gioco di loro. La tristezza si tramutò in rabbia, una rabbia provata per qualcuno che non avevano mai visto.

Forse, proprio a causa di questo eccesso di negatività, – il quale era un’anomalia in quell’isola tanto tranquilla – le loro preghiere vennero davvero ascoltate.

Un giorno, quando il popolo spalancò le loro finestre, tutto tornò alla normalità. Nei prati verdeggianti oscillavano degli splendidi fiori colorati, i quali erano illuminati dal tepore del sole che, per troppo tempo, si era nascosto tra le nubi color pece. File immense di alberi costeggiavano l’isola, il cui vento fresco ne accarezzava i frutti. Gli uccelli ripresero a cinguettare sonoramente, impazienti di avvisare il popolo del miracolo appena avvenuto. Non potevano credere ai loro occhi: le lacrime di felicità che piansero quel giorno sarebbero bastate per creare un lago dove, un giorno, anche i pesci avrebbero potuto godere di quell’armonia.

Il popolo era ancora molto malato, tuttavia decisero di recarsi in piazza e festeggiare. Ampie ceste di frutta e verdura spiccavano tra i tavoli apparecchiati grossolanamente. Riecheggiavano dolci melodie e passi di danza che invitavano tutti gli abitanti del cielo a unirsi ai festeggiamenti. I sorrisi che rivolsero alla divinità erano impagabilmente sinceri, e la rabbia nei suoi confronti si affievolì del tutto.

Come se avesse udito i loro ringraziamenti, uno sconosciuto si avvicinò all’armoniosa piazza con passo lento, curioso. Gli sguardi del popolo indagavano alla vista di qualcuno mai visto prima, si insospettirono. Ciononostante, il suo aspetto non aveva nulla di allarmante, anzi. I lunghi capelli biondi si posavano gentilmente sulle sue possenti spalle, come un uccellino che cercava riparo sopra un ramo. Sul suo volto roseo era inarcato all’insù un sorriso rassicurante. Le sue ciglia lunghe mettevano in risalto le iridi del colore del mare – qualcosa che il popolo vedeva come un miraggio. Le sue vesti color perla lo facevano sembrare una divinità, d’altronde… Fu così che si presentò al popolo. Si inchinò al loro cospetto e disse: “Mi spiace avervi fatto attendere, mio caro popolo, ma non dovete più temere. Ho viaggiato per gli sconfinati cieli al fine di arrivare in vostro soccorso, sebbene in ritardo. La furia della disgrazia, tuttavia, incombe ancora su questa povera terra. Sarà mio compito, d’ora in avanti, rimanere al vostro fianco e donarvi il mio potere.”

Le persone, dopo essersi lanciate qualche occhiata, si inchinarono all’unisono davanti a lui. La divinità che tanto avevano lodato era finalmente giunta in loro soccorso, sebbene la sua attesa avesse provocato non pochi problemi.

“Vi prego, alzatevi pure. La mia visita ha il solo scopo di cedervi una medicina da me creata. La vostra è una malattia rara, e solo una divinità può curarla. Accettatela, mi basta questo.”

Inutile dire che i festeggiamenti si protrassero per giorni interi: nei capienti calici brillava la medicina scarlatta, il cui sapore ricordava il pompelmo. Il loro deglutire rese contenta la divinità che, seduta tra il suo popolo, si godeva la pace che aveva portato.

Non appena tutti guarirono, – e tutto tornò come ai vecchi tempi – successe qualcosa di inaspettato. Sebbene non circolasse più alcuna malattia, il popolo mendicava ancora la medicina. La divinità venne colta alla sprovvista ma, di certo, non poteva rifiutare la richiesta d’aiuto della sua gente.

Fece costruire una fontana da cui zampillava la bramata medicina, così che tutti potessero usufruirne. Come un gregge di pecore, periodicamente, si recavano lì sino a dissetarsi. La soddisfazione era dipinta sui loro volti, e la divinità non poteva che andarne fiera. Un giorno, mentre li osservava afferrare il liquido tra le mani con fare animalesco, si lasciò sfuggire una risatina.

“Certo che vi piace proprio!”, esclamò mentre portava il palmo sotto la guancia. Le persone lì presenti annuirono con evidente felicità, ringraziandolo ancora una volta del dono da lui concessogli.

“Sono io che devo ringraziarvi. D’altronde, credete ad ogni cosa io dica”, rispose con sarcasmo.

I sorrisi del popolo si spensero all’istante. La divinità che avevano ammirato per secoli si stava comportando, ancora una volta, in modo sospetto. Indietreggiarono, sebbene fosse stato così generoso nei loro confronti. Difatti, il loro raccolto era tornato a crescere, il sole splendeva sopra le loro teste, e stavano bevendo la medicina per la loro malattia rara.

Una donna si fece avanti e gli chiese: “Questa medicina ha qualcosa che non va, non è vero? Più ne bevo, e più ne desidero…”. Si umidì le labbra secche, sebbene avesse appena finito di bere il liquido.

“Al contrario. State bevendo il sangue della vostra divinità”, rispose mentre alzava il palmo della mano in direzione della fontana.

Un senso di colpa accomunò i presenti, e dei bisbigli iniziarono a fare il giro della piazza. Tuttavia, la divinità non aveva terminato di parlare.

“Per la cronaca, non si tratta del mio sangue. Vi serve solo per riprendervi dalla sua morte. Delizioso, non è vero?” chiese dopo aver riso sonoramente, facendo venire la pelle d’oca al popolo. Sbiancarono tutti: in preda allo shock compresero che la loro divinità era deceduta. Avevano tante domande, ma una sola uscì dalle labbra tramanti dell’uomo che, fino a pochi attimi prima, lo stava lodando.

“Chi sei, tu?”

“La vostra nuova divinità, l’avete detto voi stessi! Sapete, non era mia intenzione farvi ammalare, ma evidentemente eravate così affezionati a Lei che, quando l’ho uccisa, avete subito delle grosse conseguenze. Solo il Suo sangue può risolvere i vostri problemi di salute, tuttavia, una volta bevuto, diventerete esseri impuri.”

Il terrore si sparse definitamente tra il popolo: al solo pensiero che stavano bevendo del sangue li fece vomitare; altri, invece, sbraitarono contro la divinità. Quest’ultima li raggiunse vicino alla fontana, così da riempire un calice con il sangue della precedente divinità. Lo fece oscillare con un ghigno stampato in volto, poi lo offrì a uno che, pochi attimi prima, si era sentito male. Lo afferrò in fretta e se ne riempì la bocca, con le lacrime che rigavano il suo volto. Non riuscivano a smettere di bere il sangue divino, sebbene non ne fossero intenzionati.

“Ottimo, se volete essere disprezzati dalle divinità fate pure”, disse offrendo altri calici al suo popolo. “Almeno adesso ci siamo dentro tutti.”

La divinità, dunque, approfittò di quel momento per raccontare loro la sua storia.

Era stato cacciato dalle altre divinità dopo cercato di sorpassarle, così gli tolsero ogni sorta di potere. Dopo aver vagato per anni, Egli trovò finalmente la divinità più genuina e sciocca di sempre: quella che sorvegliava l’isola del cielo. La uccise e, finalmente, ne assorbì i poteri divini. Vedere il popolo ammalarsi tanto drasticamente, così come l’isola stessa, gli fece venire un’idea: si sarebbe rivoltato alle divinità per averlo cacciato e screditato, e il popolo l’avrebbe aiutato.

“Non ti aiuteremo mai, sei un folle!”, esordì una ragazza.

“Vorrà dire che non vi darò più la vostra amata medicina. Affare fatto?”

Inutile dire che, prima o poi, il sangue divino sarebbe terminato. Nonostante ciò, gli isolano furono costretti ad accettare il ricatto della divinità, in quanto fosse impossibile smettere di berla. Si dice che, quando c’è brutto tempo, l’isola del cielo si avvicina alla Terra in cerca di aiuto. Tuttavia, ahimè, nessuno li ascolta. Come degli sciocchi ignoriamo il loro pianto disperato: la pioggia che, tutt’un tratto, cade dal cielo grigio.

 

 

Note di Morgana: Salve a tutti! Sono tornata a pubblicare racconti dopo un po’ di tempo, spero vi sia piaciuto! Dovete sapere che, in realtà, ho un quadernetto zeppo di idee per racconti brevi o addirittura libri. Pian piano pubblicherò tutto, promesso! A proposito di libri: ho terminato di scriverne uno, ma lo sto revisionando con degli amici prima di inviarlo alle case editrici. Nel frattempo potete seguire la mia pagina instagram per la presentazione e per gli aggiornamenti, si chiama @/talesandspells ! Preparatevi perché c’è molto angst, insieme a molti gay………

DETTO QUESTO. Grazie di aver letto! Il vostro supporto mi dà la carica per continuare a scrivere, quindi… ancora, grazie!

   
 
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