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Autore: _Zaelit_    22/08/2021    0 recensioni
È trascorso qualche mese dal termine della lotta per la libertà dei guerrieri originati dal Progetto Jenova e Progetto Yoshua.
Sephiroth è partito in cerca della sua redenzione, mentre Rainiel vive con Zack ed Aerith nel Settore 5. Un altro nemico, però, intende portare avanti la guerra che loro credevano terminata. Quando un vecchio amico porterà discordia nelle vite dei due ex-SOLDIER, quando un angelo dalle piume nere tornerà a cercare il dono della dea, Rainiel e Sephiroth, e tutti i loro compagni, dovranno ancora una volta confrontarsi con un male più pericoloso del precedente e che, come se non bastasse, sembra conoscerli molto bene.
Libertà, amore, pace: tutto rischia di essere spazzato via ancor prima di poter essere ottenuto... e il Dono degli Dèi è più vicino a loro di quanto pensino.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genesis Rhapsodos, Nuovo personaggio, Sephiroth, Zack Fair
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Crisis Core, Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Heiress of Yoshua'
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Capitolo 7
NON SONO COME TE
 

La vista di Rain si fece più sfocata. La ragazza poteva sentire il cuore che le martellava le tempie e il sangue caldo che le colava lento sulle mani per poi gocciolare a terra. Strinse le labbra e si ripromise di essere forte, di non arrendersi. Oramai non combatteva contro un degno avversario da mesi, non per la sopravvivenza. Si accorse di quanto tempo fosse effettivamente passato solo quando sentì la stanchezza delle ossa e dei muscoli, che imploravano pietà.
Indietreggiando, Rainiel strinse con più forza la spada e tamponò con l'altra mano la ferita al fianco. Col fiatone, non temette di guardare dritto negli occhi Genesis.
«Tu...» quasi ringhiò, sentendo una fitta al polpaccio sanguinante. A stento riusciva a stare in piedi. «Io credevo che fossi...»
«Morto?» Genesis completò la frase per lei, avanzando senza paura per raggiungerla. Per ogni suo passo, Rain ne muoveva due indietro. Lasciò andare una bassa risata che gli graffiò la gola. «Me lo sento dire spesso, ultimamente. Risparmia l'entusiasmo.»
La ragazza lanciò uno sguardo a Zack. Era stato colpito da un fendente magico e le sue condizioni sembravano serie. Faticava ancora a rialzarsi, probabilmente non riusciva a prendere fiato. Lei avrebbe voluto raggiungerlo, ma non ci sarebbe riuscita senza un diversivo. Ragionò, proponendosi di prendere tempo con qualche più che lecita domanda.
«Come... perché sei tornato?» borbottò a voce abbastanza alta da farsi udire.
Il drammatico SOLDIER di prima classe alzò il mento, senza smettere di sorridere, e puntò un dito proprio contro di lei.
«Ma per te, ovvio.» la osservò come un predatore avrebbe contemplato la sua preda. «Sai, mi sono giunte delle voci molto interessanti sul tuo conto. Per esempio... che tu e il mio caro amico Sephiroth siete diventati piuttosto intimi, negli ultimi mesi.»
Rain smise di indietreggiare. I suoi occhi si aprirono di più, ma non per la paura. Al contrario, sentire quel nome pronunciato da lui... si posizionò in modo da favorire qualsiasi attacco o difesa.
«E soprattutto, che tu hai un curioso... dono. Dico bene, figlia di Yoshua?» sfidò apertamente l'uomo.
Rainiel avrebbe potuto ribadire a quanto aveva appena assunto, ma era più interessata alla prima delle sue frasi.
«Se hai fatto del male a Sephiroth, giuro che io-»
«Non ti scaldare, novellina.» la zittì rapidamente Genesis. Allungò un braccio verso destra. Tra le dita, stringeva già la sua arma prediletta, Rapier: una spada da stocco che riprendeva il tono carminio del vestiario del padrone, con una materia incastonata nell'elsa. «Anziché preoccuparti per lui, che ne dici di mostrarmi il tuo potere?»
Stava giocando. Rainiel sapeva che Genesis stava semplicemente giocando con il suo cibo. Le sue parole, il suo modo di comportarsi, il solo pensiero che avesse fatto del male a Zack e a Sephiroth... le fecero ribollire il sangue nelle vene.
Senza ripensamenti, allargò e puntò con determinazione le gambe a terra, sollevò sulla testa l'unica spada rimasta e assunse una posa più adatta alla battaglia, l'arma stretta fra le due mani, il corpo parzialmente di profilo rispetto all'avversario.
«Sono un'ex-SOLDIER di prima classe, allieva di Angeal e Sephiroth. Non una novellina.» annunciò allora con voce calda e forte. Strinse le palpebre e mimò un sogghigno in direzione del nemico. «Vuoi vedere il mio potere, Genesis? Dovrai costringermi.»
L'uomo si sentì folgorare dal suo sguardo chiaro. Quella posa, quel tono di voce, quell'espressione... Genesis guardò lei, ma vide Sephiroth al suo posto. L'allieva aveva imparato molto dal maestro. Sicuramente... aveva preso da lui la stessa arroganza. Questo lo fece infuriare.
Come un fulmine rosso, si scagliò contro di lei.
Rain sapeva come prevedere un attacco in base alla posizione dei piedi dell'avversario, e schivò il suo primo attacco, tuttavia non poteva dimenticare che Genesis era quasi allo stesso livello dei suoi altri due maestri. Come se non bastasse, era già ferita e stanca per via del precedente combattimento. Eluse i suoi primi attacchi, piegandosi per evitare un fendente, ma non poté fare nulla per evitare un colpo di ginocchio dritto alla schiena. Serrò i denti per evitare di urlare dal dolore e si spostò con un salto, restituendo il favore con un rapido giro: allungò il braccio e, sfruttando lo slancio e la velocità del movimento, permise alla punta della lama di graffiare la guancia del nemico.
Genesis sollevò le sopracciglia, indietreggiò per evitare di perdere un occhio nel tentativo di attaccare comunque e si portò le dita allo zigomo, notando la ferita.
Rainiel non distolse lo sguardo da lui, con il fiatone e le ferite ancora aperte. Non sapeva come il suo corpo le stesse permettendo di resistere, forse era merito dell'adrenalina. Raddrizzò la schiena e per poco non ebbe voglia di gridare. Sentiva le ossa a pezzi, non era più abituata a quelle lotte e, certamente, non avrebbe mostrato il suo dono a Genesis. Non poteva sapere cosa volesse da lei, ma di certo il suo ritorno non significava nulla di buono. Tra l'altro, non manifestava più il dono al massimo delle sue potenzialità da mesi, ormai. Richiamarlo la faceva sentire strana, prosciugava le sue energie e le ricordava, soprattutto, quanto fosse... poco umana. Una parte di sé avrebbe voluto dimenticarlo.
Rapier sferzò l'aria con un sibilo, una silenziosa promessa di dolore. Genesis non pensò due volte prima di tornare all'attacco, questa volta con intenti più seri.
Rain non aveva neppure fatto in tempo a cercare con lo sguardo l'altra Aikuchi, e ora non ne aveva più la possibilità. Si difese come poteva, basandosi più che altro sullo schivare i suoi attacchi piuttosto che sull'offensiva. La rete metallica alle sue spalle era sempre più vicina e Zack non si era ancora ripreso. Non restava che sperare in un miracolo, a meno che...
Rapier e l'Aikuchi si scontrarono, il cozzare delle loro lame affilate produsse un suono che riecheggiò in tutta la stazione.
Rain non sapeva ancora quanto Genesis fosse forte. Lui era stato costretto ad allenarla, anni prima, ma in realtà i loro incontri erano basati sul nulla. Si trattava di un maestro distratto e poco interessato, capace solo di dettare qualche ordine e di rintanarsi in un angolo a leggere per le ore successive, mentre Rain affrontava dei nemici di poco conto generati dal simulatore. A quel tempo, lei lo riteneva un altro dei modelli ai quali ispirarsi. Tutti conoscevano il potente trio di SOLDIER, l'élite dell'élite, e tutti li rispettavano e amavano. Ma Genesis... era sempre stato il più distante dei tre, e anche il più ambizioso. Era... controverso, e Rain non riuscì mai a capirlo. Non lo capiva neppure adesso, ma ebbe la certezza che Genesis meritava davvero il suo posto nell'Olimpo della Shinra, se ne accorse quando sentì l'Aikuchi strillare sotto il peso della sua spada, e quando i muscoli delle proprie braccia minacciarono di cedere.
Genesis non aveva versato una singola goccia di sudore, non aveva accusato che quell'insignificante graffio alla guancia, mentre lei era già a pezzi. Stava perdendo sangue velocemente, e le sue energie stavano per abbandonarla.
«Non fare la preziosa.» sibilò l'uomo a un soffio dal suo viso, l'espressione contorta in una smorfia spazientita. Fece appello alla sua forza per aumentare la pressione sulla lama.
Rain sussultò e cercò di pensare a un modo per allontanarsi. Se avesse insistito troppo, l'Aikuchi si sarebbe spezzata. E dire che aveva fatto costruire e aggiornare le sue armi proprio per renderle resistenti...
«C'è un solo modo per difenderti. Mostrami il dono.» continuò a sogghignare lui, avanzando di un passo.
Lei si sentì letteralmente respingere nella direzione opposta. Non aveva idea del come fosse possibile. All'apparenza, Genesis era più esile e smilzo di Sephiroth e soprattutto di Angeal, ma la sua forza fisica non aveva nulla da invidiare a quella dei due vecchi amici.
«Altrimenti ucciderò te e il tuo amico.» minacciò poi. Piegò il viso in avanti, per avvicinarlo al suo e sussurrarle un ultimo avvertimento. «Poi raderò al suolo questo settore e andrò a cercare Sephiroth. Immagino che ti convenga semplicemente obbedire.»
Rain sentì il braccio dolere, non poté che piegarlo verso il proprio petto. Ma non si arrese. Al contrario, ogni sua singola minaccia era come carburante per la sua determinazione.
«Non permetterò che accada nulla di tutto ciò.» esclamò cercando di guadagnare spazio, o almeno di dissuaderlo o spaventarlo. «Combatterò finché avrò fiato in corpo, e se anche dovessi perdere...»
Fissò i suoi grandi occhi azzurri su quelli vagamente più scuri e dalle sfumature verdi di Genesis. Di nuovo, quello sguardo sembrava...
«Non potrai mai e poi mai sconfiggere lui. Non c'è possibilità che tu vinca.» lo mise in guardia. Entrambi sapevano a chi si stesse riferendo.
Tuttavia, quella frase fu l'albore della sua disfatta. Perché c'era una sola cosa che Genesis non riusciva a sopportare: l'idea che Sephiroth fosse migliore di lui. Aveva dovuto convivere con quel paragone per tutta una vita, ed era stanco, si sentiva umiliato ogni volta che qualcuno gli faceva notare quanto il grande eroe di guerra fosse più... più tutto, in realtà, in confronto a lui. Più forte, più esperto, più famoso, più amato, più avvenente... e dire che era persino più giovane di lui. Quella era la croce che da sempre portava con sé. Ma lui l'avrebbe spezzata.
Sentì un carico montante di rabbia bruciargli il petto, e decise che era finito il tempo dei giochi e delle richieste. Rapier spinse via Rainiel, la ragazza si ritrovò con la schiena contro la rete. La lama affondò pericolosamente verso il suo viso e lei si spostò appena in tempo da evitare una terribile fine. La spada scarlatta tagliò il metallo della parete come fosse burro, e strisciò minacciosamente in orizzontale per raggiungerla di nuovo.
Rainiel chinò la testa e provò a fuggire alla propria destra, la il braccio libero di Genesis la raggiunse e la bloccò.
La ragazza sentì un colpo sordo alla schiena e cadde con un forte colpo di tosse, i polmoni sembravano riempirsi di acqua bollente o fuoco vivo. Si strinse la gola e si girò, ma non riuscì ad alzarsi. Tutto quello che poté fare fu trascinarsi sui palmi e sui piedi, anche se la caviglia ferita non era d'aiuto. Provò ad allontanarsi, ma era troppo lenta.
Mulinò la spada in direzione di Genesis, ma la sua Rapier fu più rapida e le colpì le nocche con la parte laterale. L'Aikuchi cadde a terra, e l'uomo la allontanò dalla sua portata con uno stivale.
Rain si lasciò sfuggire un verso preoccupato, ma non distolse lo sguardo. Tamponò la ferita sul fianco con una mano e si allontanò di circa due metri mentre Genesis si fermava davanti a lei.
«Non te lo chiederò un'altra volta, ragazzina.» mormorò annoiato lui, allungando la spada verso di lei. Era lontana, ma avrebbe potuto raggiungerla con un semplice salto. «Evoca il dono di Yoshua. Adesso. O muori.»
Rain sembrava una giovane cerva tratta in gabbia dall'astuto cacciatore. Serrò le labbra anche se aveva il fiatone, e cercò di calmarsi. Rimanendo stretta al suo onore e alla sua promessa fino alla fine, lo osservò con sguardo di sfida. Non v'era paura in quegli occhi che avevano visto tanta sofferenza e distruzione.
Genesis schioccò la lingua, stizzito, e ritirò la spada per aprire il palmo della mano verso di lei. Si era stancato del suo tentativo di rimanere coraggiosa e dedita al suo sogno. Che orribile vizio, quello di voler diventare un eroe.
«Al diavolo la missione.» sussurrò a stento mentre un lampo di luce gialla brillava davanti al suo guanto rosso, un piccolo sole in miniatura accecava la ragazza, che vide al suo interno fiamme e stelle.
Rain non poté che deglutire rumorosamente e sperare, pregare che una forza superiore l'ascoltasse.
Fu come un istinto che si risvegliava, una belva celata nelle profondità del suo animo che risaliva lentamente in superficie. Le pietre sul terreno tremarono e saltarono, mentre qualcosa sotto di loro si muoveva.
Radici. Il potere della terra s'inchinava ai bisogni di Rainiel, all'ordine muto dell'erede di Yoshua. Genesis non lo sapeva ancora, ma sotto ai suoi piedi crescevano e serpeggiavano come vene a fior di pelle quei rami che si sondavano il suolo alla ricerca del nemico. La ragazza era stanca, nervosa e  determinata a non morire... ebbe in mente l'idea di trascinarlo nelle profondità della terra stringendo i lacci di legno attorno alle sue caviglie, ma... se fosse sopravvissuto, se avesse schivato il suo attacco, allora lei avrebbe perso e lui avrebbe avuto conferma dei suoi poteri. Non sapeva cosa volesse farsene, ma non poteva comunque rischiare.
Il dono di Yoshua la consumò fisicamente e mentalmente non appena fu attivato. Rain non faceva uno sforzo simile da troppo tempo, e il suo corpo faticò a sopportare quel dispendio di energie. Si sentì prosciugare di ogni forza residua e tentò di non accasciarsi. Le sue radici si muovevano lente, forse non avrebbero fatto in tempo a proteggerla. Riusciva a sentirle scavare nel terreno, ma era come se ad ogni centimetro il suolo si rinforzasse.
Genesis non aspettò inviti per sferrare il suo ultimo attacco. La luce crebbe, divenne calda, bollente, e brillante più che mai.
Rain poteva sentire la potenza, la rabbia che quell'incantesimo conteneva, e socchiuse gli occhi. Pregò che, perlomeno, qualcuno potesse aiutare Zack mentre Genesis si concentrava su di lei.
La magia si allontanò dalla mano del super-SOLDIER, rapida come uno schiocco di frusta. Un proiettile indirizzato su di lei, che si riparò con il braccio, per quanto inutile fosse quel tentativo. I rami sotto di lei emersero timidamente dal suolo, vicino ai piedi nel nemico, allungandosi come dita alla ricerca del bersaglio da afferrare, ma erano troppo lenti. Si fermarono nell'istante in cui Rain si lasciò sfuggire un basso sussulto di paura.
Eppure... eppure quella potente magia non la sfiorò. Non sentì più il suono scoppiettante delle sue fiamme, né il calore bruciarle la pelle. Era... come scomparsa. Impossibile. Non sapeva spiegarsi il come. Pensò che Genesis avesse attuato un altro dei suoi subdoli scherzi, e si scoprì il viso per osservare la sua espressione, sperando di leggergli sul viso la risposta alle proprie domande.
Invece si ritrovò davanti, a un palmo di distanza, una cascata di lisci fili d'argento. Oltre ad essi, piume del colore della notte più buia, che formavano un muro compatto e impenetrabile. Una lunga lama d'acciaio era stretta nella mano destra dell'uomo che l'aveva appena difesa da quel colpo forse letale.
E Rain tremò, fu scossa profondamente, quando le palpebre dell'eroe si sollevarono e rivelarono occhi verdi, ferini e profondi, pupille nere e strette e un'espressione preoccupata stampata sul giovane viso.
Tremò... perché aspettava da troppo tempo quel momento, arrivato nell'unico attimo in cui si era concessa di non pensarci.
E tremò perché, finalmente, Sephiroth era lì davanti a lei, ed era tornato per salvarla. Per proteggerla. Per lottare al suo fianco.
Riparati dall'ala nera del guerriero, i due si guardarono per due secondi che parvero un'eternità, con le labbra dischiuse ma incapaci di proferire qualsiasi parola. Comunicarono solo con gli occhi, perché Rainiel sentiva che se avesse provato a muoversi il suo corpo non le avrebbe risposto. Domande, risposte: i due si parlano in silenzio, rivelarono quanto entrambi avevano sentito la mancanza dell'altro e, se non fossero stati in una tale situazione, Sephiroth avrebbe anche potuta stringerla a sé e baciarla con tutta la passione necessaria a compensare per quei lunghi mesi in cui aveva sofferto la sua assenza, a dimostrarle quanto anche lui si sentiva rinato nel vederla di nuovo.
Ma non era né il momento, né il luogo adatto. Aveva pazientato così tanto che un ultimo sforzo non gli sarebbe costato troppo.
Rain vide l'espressione dell'uomo indurirsi, farsi severa. Gli occhi verdi abbandonarono i suoi, cercarono la fonte che aveva causato tanta rabbia. Cercarono Genesis.
Lui era sconvolto almeno quanto Rain, ma non poteva dire di essere felice di rivederlo. Notò, in lontananza, che anche il ragazzo biondo incontrato al reattore e una giovane vestita di nero e bianco erano accorsi sulla scena e stavano prestando un primo soccorso a Zack, ancora riverso a terra.
«Sephiroth, come hai fatto a-»
«Ti avevo avvisato» lo interruppe l'altro prima ancora che potesse completare quella frase. Qualsiasi fosse il suo dubbio, non gliene importava minimamente. «di non pensare neanche lontanamente di fare del male a lei.»
Si alzò lentamente, ritirando la grande ala nera che, seppur avendo accusato il colpo, sembrava non averlo sofferto affatto. Scomparve come un'ombra, mentre la mano mancina stringeva l'impugnatura della Masamune. Il vento, in quell'attimo, divenne molto più freddo.
Genesis scoprì appena i denti. A malincuore, indietreggiò di un passo.
«Eri mio amico, Genesis.» lo avvisò ancora il più forte dei due, «Ma, ora che hai provato a ferire ciò a cui più tengo, considerati mio nemico.»
Una minaccia? No... un avvertimento. Sephiroth aveva molti, molti nemici, in tutto il mondo. L'intera Wutai era sua nemica. Lui era il demone conquistatore che aveva strappato loro la libertà e per questo probabilmente era odiato da ogni singolo abitante di quel luogo, ma oltre ad essere disprezzato... era temuto, oltre ogni immaginazione. Chi l'aveva visto combattere sapeva di cosa fosse capace, e chi non aveva mai assistito a un simile spettacolo aveva aspettative anche più titaniche. Si era diffusa la leggenda di un guerriero più potente di qualsiasi altro, più letale e spietato.
Genesis rientrava nella prima categoria, tra coloro che lo conoscevano. Le loro spade si erano incontrate molte volte, durante gli allenamenti e anche in qualche sporadico litigio tra adolescenti. Di una cosa era certo... non aveva mai vinto una sola volta contro di lui.
Serrò le labbra, mentre Sephiroth avanzava a passo calmo verso di lui, il mento basso e gli occhi stretti che lo guardavano come se fosse una preda cui saltare alla gola. Si sentì schiacciato dall'aura che emanava.
«Sparisci, ora,» gli consigliò in un sussurro che assomigliava al sibilo di un pericoloso serpente a sonagli, «prima che io decida di ucciderti.»
Un tale affronto... l'orgoglio era il carburante dell'anima di Genesis, tanto quanto l'onore lo era per quello di Angeal. Avrebbe sopportato qualsiasi ferita, qualsiasi dolore, ma non poteva tollerare di perdere così facilmente la dignità.
Anche mentre indietreggiava, puntò un dito verso di lui, aggrottò le sopracciglia e si trattenne dal ringhiare come una volpe selvatica.
«Puoi continuare ad atteggiarti da eroe quanto ti pare, Sephiroth, ma non sarai mai nulla di simile.» alzò la voce. Strinse i pugni e comprese che attaccarlo in quel momento avrebbe sancito la propria fine. Avrebbe dovuto rimandare, di nuovo. Se avesse fallito... quella sadica scienziata avrebbe ripristinato il processo di degradazione. Non poteva andare a finire così. Quell'orrida sensazione...
«Io e te non siamo altro che mostri.» ci tenne a ricordargli, ancora, «Mostri incapaci di redimersi e di vivere in qualsiasi modo che non comprenda il soffrire e causare sofferenza agli altri, e lei...» con il mento ammiccò in direzione di Rain, ancora immobile e sconvolta a terra, riversa su un fianco mentre si sosteneva a malapena con un gomito, «... anche lei è un mostro. Per quanto cercherà di negarlo, per quanto sia geneticamente speciale, rimarrà sempre una nostra simile.»
Rainiel si sentì attraversare al petto da una fitta. Com'era accaduto più volte in passato, in momenti di estrema agitazione come quello, rivide per un attimo il volto dei suoi genitori. La sera in cui, dopo essere tornata a Darefall, aveva rivelato di sapere di essere stata adottata. Li aveva insultati e incolpati, ed era corsa via di casa senza sapere che non li avrebbe mai più rivisti. E la loro morte era tutta colpa sua... e di quel nefasto potere, quella maledizione che portava...
Sephiroth lanciò uno sguardo alla donna con la coda dell'occhio. Percepì i pensieri che le ronzarono in mente, i sensi di colpa che cercavano di tirarla di nuovo in quel vortice. Sapeva come si sentiva in quel momento, esattamente come si era sentito lui dopo averle fatto del male. Imperdonabile, o forse no.
«Io non sono come te.» sentenziò cupamente, calando le lunghe ciglia sugli occhi prima di rivolgere un'ultima volta la sua attenzione a Genesis. «Lei...» mormorò allora, «... non è come te.»
E, un po', le sue parole addolcirono la condanna di Rain. Sentì di poter respirare di nuovo, seppur con fatica.
Genesis non fu altrettanto contento del suo breve discorso.
Alzò l'ala nera e posò Rapier, librandosi in cielo.
«Non credere di poterti liberare di me, Sephiroth. Io non ti temo.» soffiò, velenoso. Realtà o menzogna? «Arriverà il momento in cui neanche tu potrai proteggerla. E io sarò pronto. Nulla impedirà il mio ritorno
Dopo aver recitato quella citazione finale, si allontanò in volo rapido com'era arrivato, lasciandosi dietro i corpi delle copie che ormai erano avvizzite e consumate dal degrado. Un orribile processo.
Sephiroth sapeva che Genesis non mentiva. Sarebbe tornato, con nuovi pericolosi piani in mente, ma anche lui si sarebbe tenuto pronto per l'occasione. Ma adesso, prima di tutto, doveva prendersi cura di Rain.
Non perse un attimo prima di girarsi a guardarla.
Con non troppo stupore, la vide già in piedi. Era ridotta a uno straccio, stanca e ferita, e la sua pelle era più pallida di molte tonalità rispetto al solito, ma il sorriso che gli rivolse non era meno bello di tutti gli altri che le avesse visto fare per lui. Che giovane testarda... e incredibilmente forte.
Lei si avvicinò a piccoli passi, una mano premuts sul fianco, gli occhi che brillavano di lacrime non versate.
«Sei...» riuscì a trovare le forze per mormorare l'inizio di una breve frase. I suoi muscoli sembrarono rilassarsi all'improvviso. Sephiroth comprese, e avanzò. «... tornato.»
Con un piccolo lamento, la ragazza cadde morbidamente in avanti, chiudendo gli occhi. Trovò ad accoglierla le braccia di Sephiroth, che le risparmiarono la caduta, ma quando lui la strinse e provò a farle ritrovare l'equilibrio, Rain era già profondamente addormentata, stanca e priva di sensi. Lui la sollevò senza problemi e si prese un attimo per controllare le sue ferite. Aveva bisogno di cure, ma non era in pericolo di vita.
Non era così che si aspettava il loro primo incontro dopo tutto quel tempo, ma non gli importò. Mentre scostava una ciocca di capelli dalla sua fronte calda, non poté trattenere anche lui un sorriso. Finalmente... era di nuovo a casa.

   
 
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