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Autore: FreDrachen    24/08/2021    3 recensioni
Luca aveva davvero tutto nella vita. Era una promessa del calcio, popolare tra i suoi coetanei tanto da essere invitato a ogni festa, ed era oggetto di attenzione di ogni ragazza e non.
Insomma cosa si poteva volere dalla vita quando si aveva tutto?
Basta, però un semplice attimo, un incidente lo costringerà a una sedia a rotelle, e per questo sarà abbandonato dalle persone che un tempo lo frequentavano e veneravano quasi come un Dio.
Con la vita stravolta si chiude in se stesso e si rifiuterà di frequentare la scuola. Sua madre, esasperata da questa situazione, riesce a ottenere la possibilità, dalla scuola che Luca frequenta, di lezioni pomeridiane con un tutor che avrà lo scopo di fargli recuperare il programma perso.
E chi meglio di uno dell'ultimo anno come lui può riuscire nell'impresa?
Peccato che Luca sia insofferente agli intelligentoni e non sembra affatto intenzionato a cedere.
Peccato che Akira non sia affatto intenzionato ad arrendersi di fronte al suo carattere difficile.
Due ragazzi diversi ma destinati ad essere trascinati dall'effetto farfalla che avrà il potere di cambiare per sempre le loro vite.
[Storia presente anche su Wattpad, nickname FreDrachen]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Capitolo 12


Arrivai alla pausa pranzo completamente esaurito e ancora ad aspettarmi avrei trovato altre tre ore. Sparatemi.

Fissavo inebetito di fronte a me, le mani che reggevano a mezz'aria il pezzo di focaccia che sarebbe stato il mio pranzo e che mia madre era andata a comprarmi mentre stavo facendo colazione. Incredibile ma vero, a volte si ricordava della mia presenza.

«Luca. Terra chiama Luca. Ci sei?»

La voce di Akira giunse alle mie orecchie di colpo e mi riportò alla realtà.

«Eh?» feci, senza dubbio con la tipica faccia da pesce lesso.

Akira mi stava osservando e dal suo viso dedussi che era da un po' che cercava di farmi tornare con i piedi per terra. Per fortuna quella piaga della sua fidanzata era assente e per questo avevamo il tavolo tutto per noi. Se avessi dovuto subire anche la tortura della sua compagnia mi sarei dato alla vita da eremita, anche se la paga non era un granché.

«Volevo chiederti com'è andata questa mattina. Non siamo ancora riusciti a parlare» volle sapere.

"Una merda. Quasi quasi mi rintano di nuovo a casa e mi faccio dare lezioni sa te" avrei tanto voluto rispondergli se non fosse che: 1. non essendo un professore ufficiale anche se mi avesse insegnato tutto non l'avrebbero considerato e avrei perso l'anno. 2. Non pensavo che Akira avesse questa gran voglia di tornare a farmi da tutor. 3. Non volevo dare ulteriori motivazioni alle persone di parlarmi dietro. Per questo avrei stretto i denti e sarri andato avanti dritto per la mia strada e avrei finito l'anno. Il problema sarebbe stato sopravvivere fino al termine delle lezioni e della maturità.

Mi accorsi di non aver risposto ad Akira che ancora attendeva paziente che gli rispondessi.

«Normale» minimizzai con una scrollata di spalle.

Lui innarcò un sopracciglio. «Normale non è proprio una risposta soddisfacente» replicò lui con un sorriso divertito.

«E che ti devo dire? Quelle piaghe dei professori mi hanno interrogato, abbandonato a me stesso anche se non per colpa mia. Insomma in verità é stata una vera e propria merda. Però ho preso un otto e un nove» dissi quasi tutto d'un fiato e trovai Akira a fissarmi abbastanza confuso.

Per questo feci un breve ripasso su quello che mi era capitato quella mattina oltre che il mio faccia a faccia con Faccia da Rospo.

«Che stronzo» se ne uscì infine Akira tanto che lo fissai con tanto d'occhioni.

Akira che diceva una parolaccia? Non gliene avevo mai sentite dire prima d'ora. Che fosse il segnale dell'imminente arrivo dell'apocalisse?

Dovette intuire i miei pensieri perché lui fece spallucce. «Che posso farci se é la realtà?»

«Non mi aspettavo che il mio sensei Cinese perfettino si abbassasse a certe espressioni» lo stuzzicai accompagnando le mie parole con un sorrisetto furbo prima di addentare nuovamente la focaccia.

Lui mi rispose con una beffa ma si vedeva che era divertito. Poi però si fece serio e mi fissò ardentemente negli occhi.

«Era tuo amico questo Ippolito?»

Mi bloccai a metà strada con il cibo e abbassai le braccia.

«Ci conoscevamo dall'asilo. Lui era un bambino sovrappeso che era isolato da tutti, Agnese invece preferiva i giochi maschili alle solite bambole e per questo non giovava con nessuno. Ma alla fine abbiamo legato profondamente. Io, lui e Agnese eravamo diventati un trio indistruttibile. Solo che...»

«Solo che cosa?» mi sollecitó lui incuriosito.

«Il nostro equilibrio nel gruppo si é un po' incrinato quando al primo anno mi sono messo con Agnese. Ma ciò nonostante Ippolito ha continuato a essere la mia ombra». Sospirai prima di riprendere il discorso. «So che non ho un carattere semplice ma non mi sarei mai aspettato questo doppia faccia. Non da loro che speravo riuscissero ad andare oltre le apparenze e apprezzassero il vero me».

«Io lo apprezzo» se ne uscì lui a bruciapelo.

«Tu non sei normale» commentai senza filtri ma anziché insultarmi come avrebbero fatto gli altri per la mia mancanza di tatto, lui mi sorrise.

«Non ho mai detto di esserlo» fu la sua replica e a quello non seppi che rispondere. Gli ero grato di questa sua vicinanza, ed ero certo che se anche lui mi avesse voltato le spalle non sapevo come ne sarei uscito fuori. Forse senza dubbio distrutto, annientato nell'anima.
Lui cominciò a dedicarsi al pezzo di farinata che aveva di fronte, gli occhi socchiusi e con le sue ciglia sottili che gli solleticavano la pelle.

Anche io dovevo finire il mio pranzo ancora a metà ma mi ritrovai a fissarlo. In quel corpo apparentemente fragile si nascondeva un'anima forte. Anche se le parole che una volta aveva pronunciato facevano pensare ad altro. Akira era davvero un enigma, peggio dei sudoku.
Dovette avvertire il mio sguardo su di sé perché alzò il suo e allacciò le sue favolose iridi  alle mie.

«Cosa c'è?» domandò al che avvampai senza ritegno. Merda, mi aveva beccato a osservarlo senza pudore.

«Niente» replicai fin troppo frettolosamente abbassando lo sguardo, e facendo finta che il mio pranzo fosse la cosa più interessante dell'universo.
Lui dece per parlare quando una voce alla mia destra non lo distrasse.

«Akira-senpai».

Mi voltai e mi ritrovai un gruppo di tre ragazzi che urlavano ai quattro venti tutta la loro nerdaggine.

Il primo era un ragazzo dai capelli mossi castani e dalla carnagione olivastra, di corporatura abbastanza nella media. Insomma talmente normale che non mi sarei mai ricordato di lui e, di certo, l'avrei perso pure in una stanza vuota. Il secondo aveva i capelli tinti di rosso, perché era impensabile che quel colore fosse naturale, e presentava un piercing al sopracciglio ma per il resto pure lui mi sembrava abbastanza nella norma. L'ultimo, quello che mi pareva anche il più timido, aveva i capelli castano scuro un po' sul lunghetto ma sempre più corti di quelli di Akira e gli occhi castani celati dietro a un paio di occhiali dalla montatura sottile. Il loro lato nerd non si palesava tanto per il loro aspetto fisico ma per quello che indossavano. Sembravano tanti Akira con quelle maglie dalle stampe curiose in piccola parte celate da felpe invernali, sopra dei semplici jeans.

Non appena li vide Akira si aprì in un sorriso che lo rese piú bello di quello che era.

Ok, piano con i pensieri.

Cercai di ritornare in me e fulminai con lo sguardo i tre arrivati. Volevo che quell'espressione fosse unicamente per me. Forse ero un poco geloso.

Quello che aveva parlato, il tizio più anonimo, prese posto per primo a fianco ad Akira e poi si susseguirono anche gli altri, il Timido per ultimo che si piazzò di fronte a me, tenendo lo sguardo basso. Mi ricordava un tenero coniglietto soffice.

«Akira-senpai, é un tuo nuovo amico?» domandò Capelli Tinti.

Nuovo? Senti bello sarò stato anche una nuova compagnia di Akira ma senza dubbio ero molto più simpatico e interessante presente a quel tavolo, Akira escluso ovviamente.

«Si, Simone-kun. Ragazzi vi presento Luca. Luca loro sono Giacomo-kun, Simone-kun e Roberto-kun, i miei migliori amici» li presentò Akira con tono di voce abbastanza basso. Ma cos'era, un segreto di stato?

«Gli unici e soli» sembrò gongolare Capelli tinti che se non avevo capito male si chiamava Simone.

E poi kun? Avevano un cognome così strano?

Lo chiesi nella mia più completa ignoranza e vidi che Capelli Tinti stava cercando di trattenere una risatina, e da quello capí che mi sarebbe stato sul cazzo.

«Ma no, é solo un suffisso onorifico che ci ha insegnato Aki».

Ah, allora doveva essere senza dubbio un qualcosa cinese. E poi Aki? Come osava quel palese tinto a chiamare Akira con così tanta confidenza?

Va bene, anch'io volevo essere appellato in quel modo, anche se ancora non capivo il significato di tutto quello. Perchè allungarsi il nome in quel modo? Mistero.

Mi voltai verso Akira che cominciò a fissarmi, confuso dalla mia espressione.

«Chiamami Luca-chan*» dissi con tutta la determinazione possibile. Anche io volevo entrare nel suo mondo anche se ero certo che non ci avrei capito un accidenti. Lingua, cultura erano per me autentici misteri che avrei imparato a svelare per Akira, solo unicamente per lui.

Lui assunse un'espressione strana, un misto tra divertimento e compassione.

«Ehm Luca, il suffisso -chan in realtà è più per...»

«Anche loro li chiami così no? Vorrei anch'io far parte del tuo mondo» ribattei forse con troppa enfasi perché vidi agitarsi nei suoi occhi color dell'abisso tentennamento subito spiazzato da emozioni che non riuscì a decifrare.

Alla fine sorrise dolcemente, un sorriso di gran lunga più bello di quello che aveva indirizzato al trio di Nerd. Ben vi sta babbani!

«D'accordo Luca-chan».

Soddisfatto di questa piccola vittoria tornai a concentrarmi sul pranzo mentre gli altri tre cominciarono di parlare di una qualche cosa di elettronica il che mi fece dedurre che seguivano proprio quell'indirizzo. Contenti loro.

«E tu invece?» se ne uscì una delle tre voci.

Si abbassò il silenzio e alzando lo sguardo constatai che Capelli Tinti mi stava fissando un attesa, e così pure gli altri.

«Dicevi a me?»

Anonimo alzò gli occhi al cielo mentre Timido esibì un tenue sorriso.

«Hai visto l'Attacco dei giganti?»

Sbattei le palpebre con fare confuso. Ma di che cazzo stava parlando? Poi mi ricordai che uno dei duemanga che avevo maneggiato a casa di Akira aveva proprio quel titolo. Merda e chi gli diceva che per me quelle cose erano puro arabo? E poi non stavano parlando dei loro corsi di elettronica? E poi dicevano che ero io a saltare di pali in frasca in modo senza senso.

Akira mi venne in soccorso e per quello lo santificai nella mia mente.

«Luca ancora non conosce molti manga, ma conto di farlo entrare nel nostro mondo molto presto».

Se me l'avesse detto Capelli tinti gli avrei risposto con in sincero dito medio, che si sarebbe meritato, ma dato che si trattava di Akira lo avrei fatto senza dubbio, anche se diventare un nerd avrebbe in qualche modo influenzato la mia figaggine.

La prima campanella suonò proprio in quel momento e da quello intuì che avremmo avuto solo pochi minuti per tornare nelle nostre aule. Che pizza!

«Ci vediamo dopo Aki» lo salutò Capelli Tinti. Ma anche no bello mio, tornatene al tuo posto. Feci quasi per dirlo, e rischiare così di cadere nel più completo imbarazzo, quando portò lo sguardo su di me, sorridendo. «Alla prossima Luca-chan» dichiarò ridacchiando non appena ebbe finito di pronunciare il suffisso. Ma che cazzo aveva da ridere come una iena? Anche lui veniva chiamato così. Forse nella tinta non c'erano solo i coloranti e i solventi corretti.

Akira si trattenne e mi aspettó, dato che per fortuna eravamo nello stesso piano. Ci avviammo l'uno a fianco dell'altro in silenzio, ma non uno ostile e freddo. Per niente. I silenzi in compagnia di Akira erano ricchi di parole inpronunciate calde come i raggi del sole. Erano meglio quei momenti anziché quando aprivo la bocca per sparare le mie solite cazzate.

Quando giungemmo a destinazione e lui mi salutò per raggiungere la sua classe avvertì subito la mancanza della sua presenza. E il caldo avvolgente che portava con sé se n'era andata con lui.

*Luca è convinto di aver detto -kun ma ha sbagliato pronuncia e ha detto -chan



Angolino autrice:

Buonsalve :3
Scusatemi per l'enorme ritardo con cui posto ^^" Eccomi con il capitolo 12 dove facciamo conoscenza degli amici di Akira. Che idea vi siete fatti su di loro d'impatto? :3 😍

Luca è un poco geloso...ma giusto poco poco 😂🙈

Cosa ne pensate della storia fino a qui? Vi sta piacendo? Sto andando troppo lenta o veloce?
Scusatemi ma a volte mi vengono questi dubbi 🙈

Comunque ringrazio tantissimo chi sta seguendo questa storia 😍❤️

Al prossimo capitolo 😉❤️

FreDrachen

 

   
 
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