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Autore: crazyfred    03/09/2021    9 recensioni
Alessandro, 45 anni, direttore di una rivista di lifestyle. Maya, 30 anni, sua assistente personale. Borgataro lui, pariolina lei. Self made man lui, principessina viziata ma senza un soldo lei. Lavorano insieme da anni, ma un giorno, la vita di entrambi cambierà radicalmente ... ed inizieranno a guardarsi con occhi diversi. Sullo sfondo: Roma.
(dal Prologo) "Quando Alessandro l'aveva assunta, oltre al suo aspetto patinato, aveva notato la sua classe e il suo buon gusto, oltre ad una sensibilità ed intelligenza nascoste, ma scalpitanti e volenterose di venire fuori. Forse nemmeno Maya si rendeva conto, all'epoca, che razza di diamante grezzo fosse. Alex però, che nello scoprire talenti era un segugio infallibile, non se l'era fatta sfuggire."
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sotto il cielo di Roma'
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Capitolo 7



Da quando Alex le aveva rivelato della sua situazione in famiglia, Maya aveva iniziato ad occuparsi un po' anche della sua agenda privata. Diceva sempre di essere una P.A. part-time, le cui competenze si limitavano alla sfera lavorativa e stava bene a tutti e due. Ma con la rivoluzione familiare che Alex aveva subìto suo malgrado, Maya si era offerta di aiutarlo a trovare un ritmo nelle sue giornate e a non perdere nulla per strada. La sua presenza, discreta e organizzata, aveva permesso ad Alex di ritrovare un po' di serenità, il che gli consentiva anche di essere più produttivo e propositivo a lavoro.
Per Maya non era una gran fatica, del resto: doveva solo stilare una tabella di marcia, ricordargli quando fare questo o quello, i ricevimenti dei professori di Edoardo, l'uscita dall'asilo di Giulia, le visite dal dentista, cose così ... niente che le portasse via più di 10 minuti, insomma.
Era il turno di Alex di andare a prendere la piccola all'asilo: il lunedì ci pensava sua sorella Anna, il martedì e il giovedì i suoi genitori e il mercoledì e il venerdì spettava a lui; Maya non si era azzardata a chiedergli quanto la famiglia sapesse di quello che era successo, ma non doveva esser stato molto aperto e chiaro se a lavoro si faceva ancora così tanti scrupoli. Ma questa era solo la sua opinione un po' pettegola ed era meglio non farsi troppi film mentali. Lei, poi, non poteva proprio parlare: dopo aver attinto al suo fondo emergenze per pagare l'affitto, aveva comunicato alla padrona di casa di voler lasciare l'appartamento e la donna, nonostante i tre mesi a cui Maya aveva diritto per contratto, le stava letteralmente con il fiato sul collo, portandole in casa, a giorni alterni, estranei che avrebbero potenzialmente preso il suo posto. Ma di questa situazione non ne aveva fatto parola con nessuno, nonostante i modi passivo-aggressivi della donna la stessero portando ad un passo dal manicomio.
Doveva sbrigarsi a trovare un nuovo appartamento, ma non aveva alcuna intenzione di adattarsi e non era ancora saltato fuori niente che facesse al caso suo.
Il tablet riportò Maya saldamente con la testa nell'ufficio, notificandole che era ora che Alex andasse via per tornare in centro a prendere la bambina. Buttò uno sguardo veloce nell'ufficio, ma non sembrava neanche in procinto di prepararsi ad uscire. Stava seduto tranquillo alla sua scrivania, impegnato al computer. Erano un paio di giorni che aveva dei ritmi un po' sballati ed era spesso sovrappensiero, ma con la situazione in casa non c'era da meravigliarsi; magari aveva concordato diversamente con la famiglia e lei non era stata avvisata, ma era meglio sincerarsi.
"Alex perdonami" disse, bussando alla porta ma rimanendo sull'uscio "sarebbero le 15.25. Forse è ora che ti avvii o non arriverai in orario per l'uscita di tua figlia dall'asilo"
"Ah no, oggi sono esonerato" le disse, alzando la testa dallo schermo del computer "grazie comunque."
"Come non detto …" disse la giovane, sorridendogli un po' impacciata.
"È tornata Claudia, sai?" le disse, mentre si defilava.
Lei non aveva chiesto nulla ma a lui uscì spontaneo, come una confidenza che ad una persona fidata, amica. Maya fece marcia indietro.
"Ah sì?" domandò, ma entrambi sapevano che non era interessata a fare pettegolezzi.
"Già. Non ti ho detto nulla perché -" "Perché non sono cose che mi riguardano, molto semplicemente. Vorrà dire che appena puoi rivediamo la tua agenda. Suppongo che adesso si torni un po' alla vecchia routine …"
"Suppongo di sì."
Maya non riusciva a decifrare lo sguardo che le rivolse: un misto di speranza e disincanto; probabilmente era consapevole che indietro non si tornava più. Quella fragilità che si imponeva di cacciare dentro e con forza li accomunava ed era disarmante, per lei, riconoscercisi.
"Per la Charity Dinner invece?"
"Cosa?"
"Immagino che a questo punto andrai con tua moglie" ed io dovrò inventare una scusa per bloccare il vestito, avrebbe voluto aggiungere.
L'ennesima figura di merda con Marzia, ora sì che l'avrebbe ammazzata … e pure con Olivia, che avrebbe scoperto il suo bluff, ma le stava bene perché sua sorella aveva ragione: lei non sapeva essere umile. Un vestito in una boutique, tu, mai …
"Maya ho detto che è tornata, non ho detto che abbiamo rinnovato le promesse nuziali in una cerimonia romantica al tramonto"
Un silenzio raggelò la stanza; mancavano solo i grilli che frinivano a sottolineare l'imbarazzo per quella battuta un po' troppo personale.
"No, la verità è che l'ho dovuta far rientrare a casa per forza visto che anche di sua proprietà" si affrettò lui a chiarire, per uscire da quella situazione d'impaccio "Scusami, non so perché te lo sto dicendo"
Era la seconda volta che succedeva, che non riusciva a trattenersi dal confessarle dettagli così personali. "Perché evidentemente ne avevi bisogno"
Maya, che lentamente si era avvicinata alla scrivania, si ritrovò piegata verso l'uomo, il braccio disteso e la mano ad afferrargli delicatamente il braccio: era una premura e un gesto di supporto che a malapena riservava a sua sorella, figurarsi ad un uomo che per lei doveva essere poco meno di uno sconosciuto. Si ritrasse velocemente, ma l'uomo non si scompose.
Era così; Maya aveva ragione: aveva bisogno di dirlo e, per una volta, non sentirsi giudicato. Dirlo e chiuderla lì: una cosa che certo non aveva potuto fare con i suoi. Quando aveva raccontato ai genitori quello che era successo era toccato a lui consolare la madre, prima di tutto, e poi spiegare il perché e il per come non aveva alcuna intenzione di proseguire con il matrimonio. Sì. Ora ne era certo. Nel momento esatto in cui aveva visto Claudia di nuovo in casa aveva capito che il loro matrimonio era finito: non era più sua moglie, non gli era mancata.
"Non cambia niente" chiarì, invitandola a sedere di fronte a lui "anzi. E poi … stiamo andando per lavoro"
"Ecco…a questo proposito…" lo incalzò Maya "sono due settimane che continuo a ripetere a chiunque che è per lavoro. Ma esattamente cos'è che dovrei fare?"
"La definirei soft diplomacy. Dobbiamo convincere gente con i soldi che siamo il cavallo giusto su cui puntare, ma visto il luogo e il contesto non sta bene farlo apertamente. E tu ci sai fare di sicuro meglio di me."
Claudia era una maga in questo. Se qualcuno avesse avuto bisogno di vendere del letame, le diceva sempre, lei non solo ci sarebbe riuscita, ma avrebbe convinto l'acquirente che aveva acquistato dei diamanti: un'imbonitrice nata; per la prima volta, questo lo stava sperimentando a sue spese.
"Io? Meglio di un uomo d'affari? Non direi …" ribatté la ragazza.
"Un uomo d'affari ad un gala di beneficienza è un po' come un pesce fuor d'acqua. Non lo sai che siamo una specie che vive in luoghi grigi ed asettici e parliamo solo con numeri e statistiche?" spiegò lui, ironico.
Maya fu divertita e sorpresa da un Alessandro così libero e aperto con lei. Di solito il sarcasmo era la sua arma per essere pungente quando voleva rimproverare, ora invece voleva semplicemente fare una battuta. Erano sempre andati d'accordo, ma questa intesa così … intima era il termine che avrebbe usato … era una novità assoluta. Sentiva finalmente di aver trovato qualcuno, all'interno di quegli uffici, che la trattasse come pari. Ed era assurdo che, tra tutti quelli che vi lavoravano, fosse proprio il suo datore di lavoro a farlo.
"E perché pensi che io sia più un grado di uno del reparto marketing?"
"Perché non ho bisogno di vendere inserzioni, quello lo possiamo fare anche da qui. Ho bisogno di vendere me stesso, in un certo senso … di convincere che io sia un'ottima controparte per fare affari. Ma se lo faccio da solo rischio di risultare solo un pallone gonfiato."
"Non lo so se ha senso questa cosa, né se sono in grado" rifletté lei, scettica, ad alta voce, arricciando la bocca "ma chi se ne frega! Ad un certo punto … è pur sempre una delle feste più esclusive dell'anno e non me la perdo per uno scrupolo di coscienza o le malelingue dei giornalai che popolano questa redazione"
"Maya!" la riprese lui "Meno pensieri ad alta voce, per favore. Va bene tutto, ma ti stai prendendo troppe libertà …" Maya aveva cantato vittoria troppo presto. "E poi … di che malelingue parli?"
"Non le immagini?"
"Hanno già cominciato?" domadò lui, telegrafico. Non c'era bisogno di aggiungere altro, ma era il turno di Maya di sfogarsi.
"Quello che ti è successo lo sanno già ed è bastato che Alice vedesse per sbaglio il mio invito per ricamarci su e farci diventare amanti …"
Si vergognava anche solo a pensarla una cosa del genere. Non solo perché Alex era molto più grande di lei - quella forse era davvero l'ultima cosa a cui pensare - ma perché era incredibile che, secondo loro, dopo 5 anni di lavoro fianco a fianco, stava succedendo solo in quel momento. Per di più, se con lei avevano sempre fatto battutine, risatine e occhiate d'intesa alle spalle, con Alex, la caratura morale non era mai stata messa in discussione; fino a prima delle vacanze estive era per tutti un lavoratore indefesso, un marito e un padre esemplare: un modello da seguire in tutto e per tutto. Una singola voce, una notizia arrivata per vie traverse, incompleta e maliziosa, ed era diventato un dongiovanni e un porco che se ne va con le ragazze più giovani per risollevarsi dalla classica crisi di mezza età. Magari ci fossero in giro più uomini con la stessa crisi di mezza età.
"Mi dispiace Maya, sinceramente. Se vuoi li metto a tacere io"
"A che pro? Servirebbe solo ad agitare ancora di più le acque. Se ne sono convinti lo prenderebbero per un'ulteriore prova"
"E pure tu hai ragione. Vedi che faccio bene a portarti con me?" la punzecchiò, pungente "Ti butti sempre giù, ma sei sempre un passo avanti a tutti …"
"Devo per forza, quando si lavora con il migliore"
Maya si alzò dalla sedia, con quell'espressione un po' impertinente che lo faceva diventare matto. Aveva un disperato bisogno di quella sfacciata leggerezza che Maya sapeva portare alle sue giornate di lavoro. Stare a casa sua, invece, era diventato un macigno.
"Questa però è una sviolinata"
"Non è per questo che mi hai invitato al gala? Mi alleno…" e di nuovo, gli strizzò l'occhio, ironica.
Lui sorrise; anzi no, rise. Lo aveva aiutato ad alleggerire il peso del ritorno di sua moglie, della disapprovazione di suo figlio, dei piagnistei di sua madre e dei silenzi di suo padre; se questo era l'effetto di pochi minuti, non vedeva l'ora di staccare la spina per un'intera serata.
 
Se comunicare ai suoi genitori che aveva deciso di separarsi da Claudia gli era sembrato un ostacolo insormontabile, spiegarlo alla sua piccola di cinque anni, si era rivelato un'impresa titanica. Giulia era infatti in piena fase dei perché e i suoi interrogatori, per quanto semplici, sapevano essere estenuanti. Spiegarle che, tra mamma e papà non per forza ci si vuole bene per sempre, era stato fin troppo semplice; più difficile, per assurdo, era stato farle capire perché, tornata la mamma, lui avrebbe continuato a dormire in un'altra stanza.
Voleva essere sincero, per quanto una bimba di cinque anni potesse capire, e spendeva ogni energia che aveva per farle comprendere che in nessun modo era colpa sua e che nulla sarebbe cambiato nel modo in cui loro le volevano bene, né nel modo in cui lei avrebbe voluto bene a loro.
Ma un conto era sedersi nel suo lettino in cameretta, con la luce soffusa dopo cena, con il sonno già abbondantemente pesante sopra le palpebre e parlare in linea teorica, un conto è vivere, nei fatti, la realtà di un a famiglia che si sta sgretolando, con un figlio che riparte con il suo mutismo selettivo e una moglie che fa finta che non sia successo niente. Per Alex, invece, erano successe troppe cose e avrebbe voluto solo aprire la porta ed uscire lui, a questo giro. Ma non poteva farlo: sapeva quanto la legge sa essere dura con i padri, l'avvocato era stato ben chiaro. Non doveva rischiare, dopo quello che aveva dovuto sopportare, di passare dalla parte del torto.
"Papà mi porti tu a scuola" gli domandò la piccola, affacciata alla porta della sua stanza già con addosso il grembiulino, che ora le cadeva a pennello.
Con il ritorno della madre, Giulia era tornata ad uscire di casa come una bambina ordinata e a modo, e non più come un barboncino pronto per la fiera. Per quanto sua sorella e sua madre passassero i pomeriggi a pettinarla per compensare le sue evidenti lacune, la mattina Alessandro era di nuovo punto e a capo.
Quella chioma castana con riflessi dorati, era tanto bella quanto impossibile e solo la pazienza e le mani esperte di Claudia riuscivano a domarla.
I suoi occhioni di diamante, grandi e color acquamarina come quelli della madre, gli perforavano il cuore ogni volta che il loro sguardo si posava su di lui.
"E mi vieni anche a riprendere?" forse la sua fantasia esagerava, ma ad Alex sembrava che sua figlia fosse terrorizzata dall'idea di perderlo. Sua madre era andata via per due mesi e lui ne pagava le conseguenze se si vedevano per qualche ora in meno del solito.
"Non lo so piccola. Non credo di fare in tempo" le spiegò, dolcemente, prendendola in braccio. Sapeva di camomilla e frutta fresca estiva, e forse era stupido da dirlo, ma se la sarebbe mangiata di baci ad ogni secondo.
"Papà stasera ha un impegno importante e torna a casa tardi" gli venne automatico posarle un bacio sulla tempia, un po' per farle pesare meno la notizia, un po' per fare il pieno del profumo della sua pupetta. "Anzi, adesso andiamo a preparare una cosa che serve a papà."
"Che cosa?"
"Adesso vedrai"
Nella camera che occupava ormai dal ritorno dal mare aveva ormai spostato quasi tutto il guardaroba quotidiano, eccezion fatta per gli abiti più pesanti, di cui non aveva ancora avuto bisogno e i capi più importanti, tra cui lo smoking che avrebbe indossato quella sera.
Era finalmente arrivata la serata del gala. A Maya aveva dato il permesso di stare a casa per prepararsi, poteva benissimo cavarsela da solo per un giorno; se avesse avuto anche solo l'1% di somiglianza con sua moglie, a Maya avrebbe fatto piacere, prima di una serata così importante, avere del tempo per un restauro completo. Non che ne avessero bisogno, né Claudia, né tantomeno Maya, ma valle a capire le donne. Poi, aveva voluto risparmiarle la vagonata di sguardi indiscreti e speculatori di quella manica di stronzi che aveva assunto. Dei buoni giornalisti devono saper essere un po' sanguisughe, specie se si bazzicano ambienti come quelli di cui scrivevano loro, ma aveva sempre sperato che tra di loro fossero più clementi. Anni di cene, esperienze di gruppo e summer camp per fare team building … tutti soldi sprecati.
"Possiamo?" domandò a Ines, che stava rifacendo il letto.
"Certo"
"Come mai qui?" le chiese "Pensavo fossimo tornati ai soliti vecchi ritmi ora che la signora è a casa."
"Qualche pulizia generale arretrata che di solito facevamo a fine estate. Tapparelle, tende …" spiegò la donna, continuando il suo lavoro, ma con una certa irrequietezza. Si vedeva che aveva qualcosa da dire ma non trovava il coraggio, Alex la scrutava dallo specchio sull'armadio.
"Ines … che c'è?"
"Oh signor Alessandro! Non può capire quanto mi dispiace" gli sussurrò, per rispetto alla piccola Giulia che si era andata a sedere sulla panca ai piedi del letto.
La donna si avvicinò pericolosamente, più di quanto le fosse mai stato consentito e più di quanto Alex potesse tollerare, poggiandogli una mano sulla spalla per confortarlo: era sì un tipo amichevole, ma erano poche le persone con cui si sentiva a suo agio fisicamente. Si ritrasse e la donna fece quasi un saltello all'indietro, come se avesse preso la scossa. Antifona ricevuta
"Non dico che non avessi sospettato qualcosa, ma arrivare fino a questo punto. Siete una coppia … una famiglia così bella" girò il suo sguardo pietoso verso la bambina. Sembrava che avesse davanti a lei la piccola fiammiferaia.
"Eeeh per piacere Ines!" tagliò corto "Le cose cambiano e sarebbe bello se si riuscisse a farlo da persone adulte e ragionevoli, una volta tanto."
La donna si scusò, tornando alle sue mansioni.
"In Italia se non facciamo le prefiche per ogni cosa non siamo contenti" borbottò Alex, mentre cercava la custodia dello smoking. Era sicuro che fosse lì, l'aveva riposta lui stesso.
"Che cerchi?" domandò Claudia, entrando in stanza "Ines per favore, andresti tu a lavare le stoviglie, Edoardo ha finito con la colazione"
"Buongiorno" Alessandro stava bene attento ad incrociarsi con la moglie il meno possibile, al punto che a volte si auguravano il buongiorno mentre erano in procinto di uscire di casa "Lo smoking. Mi serve per questa sera."
La donna finse di frugare nel comò di fianco al letto per mostrarsi imperturbabile, tenendo la conversazione con il riflesso dello specchio dove si stava sistemando i capelli biondi e mossi in una crocchia lenta. La piccola si avvicinò alla madre, giocando a truccarla con i pennelli che erano sul piano del comò.
"Stasera?"
"Sì, c'è un gala di beneficienza all'interno della Festa del Cinema"
"Ah sì, è vero … adesso mi ricordo … a Villa Medici, giusto?"
"Villa Miani."
"Ah già … comunque lo smoking è nell'altra anta" gli disse, avvicinandosi a lui e prendendo la situazione in mano.
Era strano, per Alessandro, comportarsi da estranei in casa propria con una persona che era stata la più vicina e la più cara che aveva, fino a pochi mesi prima. Lei invece si muoveva con naturalezza, come se nulla fosse successo. Probabilmente fingeva, non sapeva dirlo, ma questa cosa metteva Alex ancor più a disagio.
"Mi sembra pulito, ma se vuoi lo porto da Assunta qui sotto per una rinfrescata"
"No grazie, ci penso io. Mi cambio in ufficio e vado direttamente lì. A tornare in centro con il traffico che c'è rischio solo di fare tardi"
"Ma dai, vai a prendere Giulia all'asilo e ti prepari a casa almeno la fai contenta."
Era furba Claudia, lui l'aveva sempre pensato. Mettendo la bambina al centro del discorso lo aveva messo letteralmente spalle al muro: avesse detto no, avrebbe fatto la figura del padre snaturato, stronzo ed insensibile. Dovette annuire senza troppe storie, ma almeno aveva fatto contenta Giulia, che gli saltò addosso per la contentezza. Magra consolazione
"Vai da solo?" domandò Claudia, mentre lui e la bambina lasciavano la stanza "adesso che ricordo avevi preso due biglietti per la serata" ma come ricordava bene proprio in quel momento, pensò lui. 
"Vai a vedere se Dedo è pronto" disse Alex alla bambina, che corse lungo il corridoio urlando a squarciagola il nomignolo del fratello "A parte che a questo punto non sarebbero cose che ti riguardano … ma volevano una conferma dei partecipanti e siccome non avevo nemmeno idea di dove fossi ho dovuto rimediare."
Semplice, freddo, incisivo. Giusto così. Non le doveva altro.
"E con chi ci vai?"
"Una collega"
Non le avrebbe detto altro, non erano cose che la riguardavano. Lei ci avrebbe ricamato sopra di sicuro e avrebbe trovato il modo per colpevolizzarlo e voleva trascorrere serenamente le ultime settimane in quella casa.
"Quale collega?"
"Non sono affari tuoi, Claudia" inveì Alex, cercando di mantenere il tono della voce più neutro e composto che poteva.
Tanto lo sapeva che, se avesse voluto, ci avrebbe messo poco a scoprirlo. Ma almeno non avrebbe esposto Maya personalmente. Lui, del resto, aveva la coscienza pulita. Non stava facendo nulla di male.
"Dal momento che ci hai lasciati da soli per due mesi, non sono affari tuoi".
"Perché sei così severo?" domandò sua moglie "Non hai capito nulla di quello che ti ho scritto nella lettera … o peggio fai finta di non aver capito …"
Lui l'aveva capita benissimo la lettera. Le aveva detto che aveva bisogno di ritrovare sé stessa,  di capire dove stavano andando come coppia visto quanto poco presente in casa era lui. Il problema era che per farlo aveva deciso di prendersi una vacanza più lunga di un viaggio di nozze. Senza farsi sentire mai. E ora se ne usciva che era pronta a riprendere da dove aveva lasciato, che era tutto apposto.
"Io non posso rinunciare a te"
A quello ci credeva. Ma tutto stava nel capire a quale parte di lui non potesse rinunciare: il marito, il compagno, l'amante o la casa a Rione Prati, la villa al Circeo, le auto e tutto quello che con la sua posizione poteva offrirle.
Non lo avrebbe detto ad alta voce, ma lo aveva pensato e tanto bastava.
"Ci possiamo riprovare, ricominciamo da capo. Lo so … ti ho ferito" ammise "quello che ho fatto è stato terribile. Ma non capita anche a te di avere un momento di blackout?"
"Vedi Claudia…tu ancora non hai capito il problema. Un blackout ci sta, ce li hai tu come ce li ho io, e possiamo ferirci … non è normale ma può succedere in una coppia. Ma fare quello che hai fatto ai nostri figli, no."
"Non dire stupidaggini … Edoardo ha capito e Giulia è una bambina, dimenticherà presto"
"Ma ti senti? Non ti fai schifo? Come puoi parlare così? Non hai il minimo rimorso per quello che hai fatto?"
"Rimorso per cosa? Per essermi presa cura di me ed aver protetto i miei figli dalle mie frustrazioni e dalle mie depressioni?"
"Ma che stai dicendo?"
"Le mie giornate erano tutte uguali … tu non c'eri mai. Come vuoi che mi sentissi?"
"Basta … ho sentito fin troppo"
Alex uscì dalla stanza come una furia, prendendo Giulia che era ancora davanti alla porta del bagno che bussava al fratello.
"Tu esci da lì entro 60 secondi e vai a scuola. Se vengo a sapere che ti hanno lasciato fuori alla prima ora ti scordi la festa d'istituto!"
"Dove vai?" domandò sua moglie, dalle scale "i problemi si affrontano, non si scappa"
"Ma stai zitta, ipocrita di merda …"
Sì, forse lui aveva avuto le sue mancanze, ma non era stato lui di certo a non volerne parlare, anzi scappando via.
Sceso al piano di sotto, Alex fu costretto ad entrare in cucina, dove Ines stava asciugando le tazze, per prendere lo zainetto della bambina. Dallo sguardo scuro che gli aveva lanciato, era chiaro che aveva sentito tutto. Te pareva. Avrebbe voluto sotterrarsi. Anche Edoardo al piano di sopra, li aveva sentiti, ovviamente. Non c'era da sorprendersi allora che si fosse chiuso in bagno.
Forse era stato troppo drastico e si vergognava di aver dato spettacolo di fronte ad un'estranea. Ma non poteva credere che Claudia stesse inventando di essere depressa pur di giustificare la sua fuga. Si ricordava benissimo della depressione che aveva avuto dopo la nascita di Giulia e non c'era stato nulla, nei mesi precedenti, che potesse far sospettare un ritorno di quella condizione. Gli montava su un senso di nausea, ricordando quanto avessero lottato, insieme, per spiegare a chi le stava vicino, che non si doveva banalizzare il suo malessere.
Sbatté la porta di casa alle spalle ma, smanioso, non riusciva neanche a stare fermo ad aspettare qualche secondo l'ascensore, precipitandosi giù per le scale. Doveva uscire di lì il più in fretta possibile.

Aveva guidato così veloce dall'asilo di Giulia all'ufficio che doveva ringraziare che Roma era Roma, che se fosse vissuto a Londra o un'altra metropoli europea a quest'ora se ne sarebbe stato chiuso in un ufficio di polizia a spiegare perché giocava a Need for Speed per le strade della città.
Nel frattempo, Maya era al telefono con Alice.
"Ti ringrazio, ma non ho bisogno di un master per fare un caffè. L'ho già fatto altre volte"
Tra le due ragazze c'era ancora un po' di tensione. Alice si era resa conto di essere stata inopportuna, ma era troppo orgogliosa per scusarsi e se la tirava ancora un po', facendo la preziosa con la collega che, da casa, le stava semplicemente dando qualche consiglio per la giornata in cui avrebbe dovuto sostituirla.
"Alice non sto scherzando. Ieri la Roma ha perso, quindi se vuoi fare un piacere a tutta la redazione nascondi tutti i giornali sportivi" ovviamente Alex conosceva il risultato, ma rinnovargli le piaghe lo avrebbe solo indisposto ed innervosito inutilmente.
"Fai già partire la moca, che tanto a quest'ora dovrebbe essere in arrivo, così appena entra in ufficio è pronto e puoi portarglielo. Segna tutto mi raccomando … e non farti problemi a chiamarmi se non capisci qualcosa"
Maya lo aveva capito perché Alex l'aveva lasciata a casa quel giorno. E gli era grata. Non avrebbe sopportato di essere squadrata dalla testa ai piedi per scorgere novità, dettagli anche minimi da sussurrare ad un orecchio e ingigantire nell'automatico gioco a telefono senza fili che ne sarebbe scaturito.
Anche per questo aveva messo da parte la sua politica del "no work at home", per dimostrare agli altri che non c'era nessuno scoop da rivelare. Che loro due erano un noiosissimo caso di dirigente e relativa assistente.
"Alice! Con me in ufficio" sputò Alex, entrando in redazione.
La ragazza riagganciò la telefonata in fretta, senza congedarsi, fiondandosi fuori dalla sua scrivania con la Smemoranda da liceale che usava sempre quando Alex le parlava. Era una macchinetta, non riusciva a stargli dietro.
"Dì a Marina che ho visto le modelle scelte per il servizio sulla moda curvy. Quelle me le chiama modelle curvy? Dille che se in agenzia pensano che la 46 sia una taglia forte, cambiamo agenzia. Qui non ci spaventiamo a leggere 50 o 52 sul cartellino di un vestito. Poi conferma a Dario che può partire con la scheda che mi ha proposto, mi piace. Chiama casa mia, prima di subito, e accertati che lo smoking per stasera venga mandato in tintoria e le scarpe lucidate. Devi parlare solo con Ines, è chiaro? Solo Ines."
L'ultima cosa che voleva era che Claudia, dopo il loro litigio, gli sabotasse la serata. In passato non lo avrebbe mai fatto, ma non conosceva più la donna che aveva sposato, ora non poteva esserne così sicuro.
Mentre entravano nel suo ufficio, per poco Alice non si ebbe la porta a vetro in faccia, impegnata com'era ad appuntare tutto. Si domandava come facesse Maya a tenere tutto a mente.
"Ah. Voglio tutti quelli che lavorano all'evento di questa sera in sala riunioni tra un'ora. Un'ora Alice, niente quarto d'ora accademico. Il caffè dov'è?" domandò Alex, sedendo alla scrivania.
"Arriva subito" Nella fretta non aveva potuto sfilare i quotidiani sportivi dal tavolo ed il primo che Alex prese fu proprio la Gazzetta. Lei lo guardò, scoraggiata. Maya l'aveva avvertita però …
"Che guardi? Forza Alice! Ci siamo svegliati stamattina o no?"
Lei si scusò, mortificata, sparendo nella sala relax della redazione.
Alex, che non aveva smaltito ancora del tutto la rabbia per quello che era successo a casa sua, collegò il suo telefono alla docking station per la linea fissa e alzò la cornetta Bluetooth. In un paio di squilli dall'altro capo lo salutarono con un buongiorno.
"Buongiorno!" rispose lui, migliorando decisamente il suo umore "Non te lo dovrei dire ma … qua manchi come l'aria"
"Un giorno che mi assento e crolla l'ufficio. Chi lo avrebbe mai detto?!"
Erano alle solite: a darle una mano, Maya si prendeva sempre il braccio quando si trattava di confidenza. Ma Alex doveva ammettere che l'aveva chiamata lui e che, una voce amica, che gli facesse spegnere il cervello per qualche minuto era quello di cui aveva bisogno. "Scherzi a parte" disse lei, dandosi un tono serio e professionale "non avevo bisogno di un'intera giornata di ferie, te lo avevo detto. Posso venire subito se serve" Non gli avrebbe detto che in quel momento era in pantacollant e maglietta dell'Hard Rock di Mallorca sbrindellata, i capelli sconvolti e una tazza di caffellatte sul divano a spulciare il sito dell'agenzia immobiliare con nessuna voglia di mettersi in ghingheri e correre dall'altra parte di Roma. Ma tanto sapeva che non le avrebbe mai detto di sì.
"Non ti preoccupare" appunto "niente che non si possa risolvere con un po' di polso"
"Non farti odiare" si raccomandò, ma dal tono sembrava più una raccomandazione da madre che da assistente "che ultimamente non abbiamo molti fan in ufficio … comunque, se controlli la mail ti ho inviato dei file con tutto il lavoro di oggi e più tardi devo chiamare in Università per confermare la tua presenza al convegno"
"Perfetto, però specifica che -"
"- che non rimarrai oltre il tuo panel, ci mancherebbe altro. Consideralo già fatto."
Alice nel frattempo era tornata con il caffè. Mentre lui parlava con la sua assistente al telefono, la quale da casa era stata in grado di svolgere il suo lavoro anche se non le era stato richiesto, vedeva e percepiva lo sguardo di Alice. Forse la sua era solo la suggestione di chi sapeva di cosa si vociferava in quei giorni nei suoi uffici, ma rimaneva il fatto che quelle mezze occhiate, il risolino soffocato o un ammiccamento freddato, parlavano molto di più di un pettegolezzo colto in flagrante.
"Attendi un attimo in linea Maya per favore" mise giù la cornetta, mettendo in muto il microfono "vuoi essere licenziata per caso?"
"Io? Che ho fatto?" domandò la ragazza occhialuta, agitata.
"Se hai qualche commento da fare fallo subito, altrimenti ferma quegli ingranaggi che frullano nella tua testa e pensa a lavorare."
"Torno alla mia scrivania" si limitò a dire la ragazza, umiliata.
Sì, aveva fantasticato su Maya e Alex, ma come si fa davanti ad una coppia di una serie tv. Lei era single, di lui si diceva che lo stava tornando, per essere belli erano belli e così le era partita la ship. Una cosa assolutamente innocente. Non pensava di meritarsi tutta questa severità. "Se hai bisogno chiamami"
"Eccomi" disse lui, tornando al telefono una volta rimasto solo "ti ho chiamata perché volevo sapere a che ora devo passare a prenderti"
"Non c'è bisogno, grazie. Prendo un taxi."
Prati era a poca strada da Villa Miani e, a passare per i Parioli, avrebbe fatto una deviazione ben più lunga.
"Non se ne parla. Non voglio rischiare di arrivare tardi e lasciarti lì da sola. Le 19.00 possono andare?"
"Credo di sì, ma non metto mai la mano sul fuoco quando si tratta di puntualità"
"Purché sia un ritardo elegante …"



 

Salve a tutti!!! Nuova settimana, nuovo capitolo, nuovi guai. So che state aspettando il gala con ansia, ma sta arrivando, lo prometto, ma vi faccio penare un po'. Ne varrà la pena, ve lo prometto.
Come possiamo vedere Alessandro non ha chiarito per niente con sua moglie, anzi. In questo momento, sono entrambi nella fase della recriminazione: tutti e due hanno torto e tutti e due hanno ragione e si dicono cose orribili, quindi non prendetele come verità assolute. Ci sarà il momento dei mea culpa e in cui capiremo meglio da che parte stare, per così dire.

Vi ringrazio di cuore per le splendide recensioni e vi dò appuntamento a venerdì prossimo, come sempre.

Fred ^_^
   
 
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