Luci.
Davanti
a sé una distesa
infinita di globi luminosi e colorati che squarciavano
quell’oscurità senza
fine in cui lei era immersa.
Una
lacrima solitaria nacque
dai suoi occhi stanchi ed arrossati, gonfi per il pianto troppo a lungo
represso.
Nacque,
quella lacrima;
nacque e morì, terminando il suo breve viaggio solitario
sulle labbra che lei
strinse, come per assaggiarla e provare tutta la tristezza in essa
racchiusa.
Un
passo, ed un altro ancora,
accompagnato dal suo respiro veloce ed angosciato.
Non
riusciva a sentire i
rumori pesanti e caotici della città. L’unico
fracasso che poteva udire era
racchiuso nel suo petto: era il suo cuore che batteva furioso, come se,
battendo di più, volesse recuperare quei battiti che da un
momento all’altro
gli sarebbero stati preclusi.
Il
suo avanzare venne
ostacolato dal muro basso della terrazza.
Si
fermò e inspirò a fondo,
lasciandosi scappare un gemito debole. Rimase ferma lì, in
bilico, come se
fosse indecisa se salire o meno.
Indecisa
se la morte sarebbe
stata l’unica soluzione.
Una
stretta le attanagliò il
cuore, lasciandola senza fiato, mentre il vento gelido si insinuava tra
i suoi
lunghi capelli rossi, scompigliandogli.
Avrebbe
voluto che il vento
la rapisse, facendola scivolare via, in un luogo dove non avrebbe
potuto vedere
quegli occhi, sentire quella voce e desiderare di stringere quelle
braccia
forti e sicure. Quelle braccia che la facevano sentire a casa.
Alzò
il capo, di scatto.
Oh,
le era parso…
Quel
profumo, caldo e
rassicurante e così tipicamente maschile… Era il
suo!
Ne
era certa… ma allora
perché?
Perché
lui non c’era…?
Le
lacrime pungevano per
uscire, ormai, unica sua fonte di sfogo per quel dolore così
immenso.
Affondò
il viso tra le mani,
lasciando che i singhiozzi prendessero il sopravvento. Il vento
ululava,
sinistro, il rombo delle auto nella città sotto di lei era
un frastuono
assordante, ma lei non ci badava più. Non apparteneva
più a questo mondo.
Da
molto tempo ormai, lei era
stata rapita da un angelo…
Un
passo ed un altro. Più
deciso, stavolta, sembrava aver appreso la scelta che lei aveva fatto.
Desiderava
raggiungerlo.
Il
suo angelo la stava
attendendo in un universo lontano lontano, fonte di luce per il buio
accecante
che la aveva avvolta, freddo e ostile.
Ma
perché quel buio all’improvviso
era diventato il suo cibo, tutto ciò di cui lei aveva
bisogno?
Aveva
saputo, dall’istante in
cui aveva incontrato lui, che nulla sarebbe stato più lo
stesso.
Quel
giorno era scesa
dall’auto, impaziente, sistemandosi la gonna e mordendosi un
labbro. Il suo
cuore batteva velocissimo, come impazzito, e lei si sentiva come
risucchiata
verso quella panchina
lì, poco
lontano.
Aveva
camminato velocemente,
lasciando che i suoi lunghi capelli rossi danzassero sospinti dal vento
del suo
cammino, un passo dopo l’altro.
Ed
eccolo, lo aveva visto. Lì
seduto, con il capo chino, mentre si passava distrattamente la mano tra
i
cortissimi capelli neri.
Lei
si era fermata.
Era
lui, lo sapeva.
Era
a pochi metri da lei, ma
non la vedeva. Sembrava imbronciato, con lo sguardo basso, non si era
accorto
della sua presenza.
Un
sorriso spontaneo fiorì
nelle labbra di lei, che avanzò ancora con più
decisione.
Finalmente
lui alzò il capo e
la guardò.
Inchiodandola
con i suoi
splendidi occhi verdi.
Nelle
profondità di quegli
smeraldi, in quell’istante, capì che davvero non
sarebbe più stato lo stesso.
Seppe che non avrebbe amato mai nient’altro come quegli occhi.
La
ragazza si era fermata
davanti a lui, riconoscendolo. E lui si era alzato, sul volto un timido
sorriso.
Un
sorriso dolcissimo, che
presto avrebbe scacciato via ogni sua preoccupazione.
Quei
ricordi volarono via,
dolorosi, dopo averle mozzato il respiro, in quel momento, mentre
saliva sopra
il muretto grigio, ammaccato da crepacci.
Azzardò
uno sguardo sotto di
lei e sussultò: era talmente alto che a stento riusciva a
distinguere le
macchie confuse dei colori luminosi e vivi della città.
Chiuse
gli occhi bagnati di
lacrime e si strinse in un abbraccio, per cercare di donarsi un
po’ di quel
calore che le mancava. Il vento le frustava in faccia qualcosa di
freddo ed
umido, così aprì le palpebre e rimase a bocca
aperta.
Nevicava.
Vedeva
i fiocchi turbinare
leggeri in una danza sconosciuta ed aritmica, macchiavano di candore
l’oscurità
della notte e si posavano nei suoi capelli, inumidendoli ancora di
più.
Faceva
davvero freddo.
Ma
lei non era più in grado
di sentirlo. Sarebbe stata in grado di avvertire il dolore del suo
corpo contro
il duro e gelido asfalto?
…Forse
no. Riusciva a
percepire solo il dolore radicato nel suo petto e voleva che finisse,
che si
allontanasse per sempre…
Ma
oddio, non voleva con
questo allontanarsi da lui, dal suo ricordo… Desiderava solo
raggiungerlo.
Perché
le mancava il respiro,
ogni notte, mentre stringeva il cuscino, avviluppata nelle calde e
rassicuranti
coperte, desiderando con tutto il cuore che lui tornasse da lei.
Non
avrebbe più potuto godere
del suo sorriso, del suo volto così bello, un volto
così simile a quello di un
bambino.
Continuò
a piangere,
singhiozzando, lasciando che il suo muto pianto si confondesse con il
grido
sovrumano del vento. Un urlo agghiacciante, era come se provenisse
dalla sua
anima lacerata.
Avrebbe
voluto compiere quel
gesto estremo, saltare da lì, avrebbe voluto…
morire…
Chiuse
di nuovo gli occhi,
sussurrando quel nome, forse, per l’ultima volta.
“Non
farlo.”
Spalancò
gli occhi, il suo
respiro venne mozzato da un sentimento troppo grande per poter essere
espresso
in qualunque forma.
Era
la sua voce.
L’avrebbe
riconosciuta tra
mille, non poteva sbagliarsi.
Sospirò.
Doveva trattarsi di
un’allucinazione.
Ma
allora perché dei
deliziosi brividi di piacere le attraversavano il corpo come piccole
scariche
elettriche?
Sentì
delle mani, le sue mani calde e
forti, stringerle le
spalle con delicatezza decisa.
“Non
farlo, ti prego.”
Soffriva,
lo sentiva dal tono
disperato della sua voce. Ma lei aveva già deciso, lo
avrebbe raggiunto lì, nel
luogo dove i sogni diventavano realtà, dove
l’oblio non era un peccato…
“Sei
tu?” mormorò lei, in
risposta, le labbra piegate in un tenero sorriso di riconoscimento.
Lo
sentì sospirare, mentre
poggiava il mento nell’incavo del suo collo.
Lei
poteva catturare il suo
odore così inconfondibile, quell’odore che era suo
e basta, che le era sembrato
di sentire ovunque, onnipresente nella sua mente.
Lo
adorava, la faceva sentire
al sicuro… Dio, erano secoli che non lo sentiva con
così tanta chiarezza.
“Non
farlo.” Ripeté lui,
cingendole la vita con le braccia. Lei le carezzò,
tracciando la linea delle
vene.
Le
baciò il collo, come
adorava fare un tempo.
Un
tempo… più felice, senza
dubbio.
“Posso
vederti? Solo per un
attimo…” la voce della ragazza era implorante,
aveva sognato per mesi di
rivedere quel volto e quel sorriso.
E
quegli splendidi occhi
verdi, grandi e sinceri, che non avevano mai lasciato il suo
cuore…
“Non
potresti” cominciò lui,
con dolcezza, sciogliendo l’abbraccio. Lei si
sentì mancare. “Ma te lo
concedo.” Concluse.
Lei
sorrise, finalmente, dopo
quella che era stata un’eternità di sofferenza
repressa.
Annuì,
al vento e,
lentamente, si voltò.
E
lui era lì, c’era davvero.
Bagnato
dalla luce della
luna, era come un’apparizione improvvisa, una splendida
apparizione.
Non
sapeva se fosse reale, ma
lui era tutto ciò che desiderava, tutto ciò di
cui aveva bisogno.
E
le sorrise, come una volta,
illuminando tutto il viso di una gioia segreta ma eloquente.
La
ragazza scese dal muretto
e avanzò qualche passo, non lasciando neppure per un attimo
quegli occhi
splendidi, intrecciati ai suoi in un abbraccio colmo di significato.
Sembrava
che da esso
sgorgassero fiumi di parole non dette.
Alzò
la mano, afferrando
quella del ragazzo. La guardava con quello sguardo che lei adorava e al
quale
era impossibile resistere.
Gli
strinse la mano,
avvicinandosi a lui. Affondò la testa sul suo petto,
ignorando l’assenza di
battiti cardiaci, e godendo del suo momentaneo calore.
Non
parlarono; non era
necessario.
“Non
farlo.” Ripeté ancora
lui, carezzandole i capelli.
Lei
non seppe cosa rispondere
ed alzò il volto, trovandosi a pochi centimetri da quello di
lui.
“Non
lo farò.” Promise lei.
Avvicinò
le sue labbra a
quelle di lui, sfiorandole con dolcezza. Quel tocco fugace
risvegliò in lei una
passione indescrivibile, avrebbe voluto stringerlo ancora di
più, sentirlo
sempre più vicino.
Continuarono
a baciarsi, come
se da quel bacio dipendesse la loro vita. Sentiva di essere nata solo
per
baciarlo, le loro labbra si modellavano alla perfezione, era un
continuo
riconoscersi e scoprirsi.
Lui
si staccò con dolcezza,
lentamente, lasciandole un ultimo bacio a fior di labbra.
La
guardò per l’ultima volta
e, sfiorandole la fronte con le labbra, le lasciò il ricordo
di un sorriso,
svanendo nel nulla.