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Autore: Alebluerose91    01/09/2009    2 recensioni
"Un sorriso spontaneo fiorì nelle labbra di lei, che avanzò ancora con più decisione. Finalmente lui alzò il capo e la guardò. Inchiodandola con i suoi splendidi occhi verdi. Nelle profondità di quegli smeraldi, in quell’istante, capì che davvero non sarebbe più stato lo stesso. Seppe che non avrebbe amato mai nient’altro come quegli occhi."
Genere: Romantico, Triste, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Luci.

Davanti a sé una distesa infinita di globi luminosi e colorati che squarciavano quell’oscurità senza fine in cui lei era immersa.

Una lacrima solitaria nacque dai suoi occhi stanchi ed arrossati, gonfi per il pianto troppo a lungo represso.

Nacque, quella lacrima; nacque e morì, terminando il suo breve viaggio solitario sulle labbra che lei strinse, come per assaggiarla e provare tutta la tristezza in essa racchiusa.

Un passo, ed un altro ancora, accompagnato dal suo respiro veloce ed angosciato.

Non riusciva a sentire i rumori pesanti e caotici della città. L’unico fracasso che poteva udire era racchiuso nel suo petto: era il suo cuore che batteva furioso, come se, battendo di più, volesse recuperare quei battiti che da un momento all’altro gli sarebbero stati preclusi.

Il suo avanzare venne ostacolato dal muro basso della terrazza.

Si fermò e inspirò a fondo, lasciandosi scappare un gemito debole. Rimase ferma lì, in bilico, come se fosse indecisa se salire o meno.

Indecisa se la morte sarebbe stata l’unica soluzione.

Una stretta le attanagliò il cuore, lasciandola senza fiato, mentre il vento gelido si insinuava tra i suoi lunghi capelli rossi, scompigliandogli.

Avrebbe voluto che il vento la rapisse, facendola scivolare via, in un luogo dove non avrebbe potuto vedere quegli occhi, sentire quella voce e desiderare di stringere quelle braccia forti e sicure. Quelle braccia che la facevano sentire a casa.

Alzò il capo, di scatto.

Oh, le era parso…

Quel profumo, caldo e rassicurante e così tipicamente maschile… Era il suo!

Ne era certa… ma allora perché?

Perché lui non c’era…?

Le lacrime pungevano per uscire, ormai, unica sua fonte di sfogo per quel dolore così immenso.

Affondò il viso tra le mani, lasciando che i singhiozzi prendessero il sopravvento. Il vento ululava, sinistro, il rombo delle auto nella città sotto di lei era un frastuono assordante, ma lei non ci badava più. Non apparteneva più a questo mondo.

Da molto tempo ormai, lei era stata rapita da un angelo…

Un passo ed un altro. Più deciso, stavolta, sembrava aver appreso la scelta che lei aveva fatto.

Desiderava raggiungerlo.

Il suo angelo la stava attendendo in un universo lontano lontano, fonte di luce per il buio accecante che la aveva avvolta, freddo e ostile.

Ma perché quel buio all’improvviso era diventato il suo cibo, tutto ciò di cui lei aveva bisogno?

Aveva saputo, dall’istante in cui aveva incontrato lui, che nulla sarebbe stato più lo stesso.

Quel giorno era scesa dall’auto, impaziente, sistemandosi la gonna e mordendosi un labbro. Il suo cuore batteva velocissimo, come impazzito, e lei si sentiva come risucchiata verso quella panchina lì, poco lontano.

Aveva camminato velocemente, lasciando che i suoi lunghi capelli rossi danzassero sospinti dal vento del suo cammino, un passo dopo l’altro.

Ed eccolo, lo aveva visto. Lì seduto, con il capo chino, mentre si passava distrattamente la mano tra i cortissimi capelli neri.

Lei si era fermata.

Era lui, lo sapeva.

Era a pochi metri da lei, ma non la vedeva. Sembrava imbronciato, con lo sguardo basso, non si era accorto della sua presenza.

Un sorriso spontaneo fiorì nelle labbra di lei, che avanzò ancora con più decisione.

Finalmente lui alzò il capo e la guardò.

Inchiodandola con i suoi splendidi occhi verdi.

Nelle profondità di quegli smeraldi, in quell’istante, capì che davvero non sarebbe più stato lo stesso. Seppe che non avrebbe amato mai nient’altro come quegli occhi.

La ragazza si era fermata davanti a lui, riconoscendolo. E lui si era alzato, sul volto un timido sorriso.

Un sorriso dolcissimo, che presto avrebbe scacciato via ogni sua preoccupazione.

Quei ricordi volarono via, dolorosi, dopo averle mozzato il respiro, in quel momento, mentre saliva sopra il muretto grigio, ammaccato da crepacci.

Azzardò uno sguardo sotto di lei e sussultò: era talmente alto che a stento riusciva a distinguere le macchie confuse dei colori luminosi e vivi della città.

Chiuse gli occhi bagnati di lacrime e si strinse in un abbraccio, per cercare di donarsi un po’ di quel calore che le mancava. Il vento le frustava in faccia qualcosa di freddo ed umido, così aprì le palpebre e rimase a bocca aperta.

Nevicava.

Vedeva i fiocchi turbinare leggeri in una danza sconosciuta ed aritmica, macchiavano di candore l’oscurità della notte e si posavano nei suoi capelli, inumidendoli ancora di più.

Faceva davvero freddo.

Ma lei non era più in grado di sentirlo. Sarebbe stata in grado di avvertire il dolore del suo corpo contro il duro e gelido asfalto?

…Forse no. Riusciva a percepire solo il dolore radicato nel suo petto e voleva che finisse, che si allontanasse per sempre…

Ma oddio, non voleva con questo allontanarsi da lui, dal suo ricordo… Desiderava solo raggiungerlo.

Perché le mancava il respiro, ogni notte, mentre stringeva il cuscino, avviluppata nelle calde e rassicuranti coperte, desiderando con tutto il cuore che lui tornasse da lei.

Non avrebbe più potuto godere del suo sorriso, del suo volto così bello, un volto così simile a quello di un bambino.

Continuò a piangere, singhiozzando, lasciando che il suo muto pianto si confondesse con il grido sovrumano del vento. Un urlo agghiacciante, era come se provenisse dalla sua anima lacerata.

Avrebbe voluto compiere quel gesto estremo, saltare da lì, avrebbe voluto… morire…

Chiuse di nuovo gli occhi, sussurrando quel nome, forse, per l’ultima volta.

“Non farlo.”

Spalancò gli occhi, il suo respiro venne mozzato da un sentimento troppo grande per poter essere espresso in qualunque forma.

Era la sua voce.

L’avrebbe riconosciuta tra mille, non poteva sbagliarsi.

Sospirò. Doveva trattarsi di un’allucinazione.

Ma allora perché dei deliziosi brividi di piacere le attraversavano il corpo come piccole scariche elettriche?

Sentì delle mani, le sue mani calde e forti, stringerle le spalle con delicatezza decisa.

“Non farlo, ti prego.”

Soffriva, lo sentiva dal tono disperato della sua voce. Ma lei aveva già deciso, lo avrebbe raggiunto lì, nel luogo dove i sogni diventavano realtà, dove l’oblio non era un peccato…

“Sei tu?” mormorò lei, in risposta, le labbra piegate in un tenero sorriso di riconoscimento.

Lo sentì sospirare, mentre poggiava il mento nell’incavo del suo collo.

Lei poteva catturare il suo odore così inconfondibile, quell’odore che era suo e basta, che le era sembrato di sentire ovunque, onnipresente nella sua mente.

Lo adorava, la faceva sentire al sicuro… Dio, erano secoli che non lo sentiva con così tanta chiarezza.

“Non farlo.” Ripeté lui, cingendole la vita con le braccia. Lei le carezzò, tracciando la linea delle vene.

Le baciò il collo, come adorava fare un tempo.

Un tempo… più felice, senza dubbio.

“Posso vederti? Solo per un attimo…” la voce della ragazza era implorante, aveva sognato per mesi di rivedere quel volto e quel sorriso.

E quegli splendidi occhi verdi, grandi e sinceri, che non avevano mai lasciato il suo cuore…

“Non potresti” cominciò lui, con dolcezza, sciogliendo l’abbraccio. Lei si sentì mancare. “Ma te lo concedo.” Concluse.

Lei sorrise, finalmente, dopo quella che era stata un’eternità di sofferenza repressa.

Annuì, al vento e, lentamente, si voltò.

E lui era lì, c’era davvero.

Bagnato dalla luce della luna, era come un’apparizione improvvisa, una splendida apparizione.

Non sapeva se fosse reale, ma lui era tutto ciò che desiderava, tutto ciò di cui aveva bisogno.

E le sorrise, come una volta, illuminando tutto il viso di una gioia segreta ma eloquente.

La ragazza scese dal muretto e avanzò qualche passo, non lasciando neppure per un attimo quegli occhi splendidi, intrecciati ai suoi in un abbraccio colmo di significato.

Sembrava che da esso sgorgassero fiumi di parole non dette.

Alzò la mano, afferrando quella del ragazzo. La guardava con quello sguardo che lei adorava e al quale era impossibile resistere.

Gli strinse la mano, avvicinandosi a lui. Affondò la testa sul suo petto, ignorando l’assenza di battiti cardiaci, e godendo del suo momentaneo calore.

Non parlarono; non era necessario.

“Non farlo.” Ripeté ancora lui, carezzandole i capelli.

Lei non seppe cosa rispondere ed alzò il volto, trovandosi a pochi centimetri da quello di lui.

“Non lo farò.” Promise lei.

Avvicinò le sue labbra a quelle di lui, sfiorandole con dolcezza. Quel tocco fugace risvegliò in lei una passione indescrivibile, avrebbe voluto stringerlo ancora di più, sentirlo sempre più vicino.

Continuarono a baciarsi, come se da quel bacio dipendesse la loro vita. Sentiva di essere nata solo per baciarlo, le loro labbra si modellavano alla perfezione, era un continuo riconoscersi e scoprirsi.

Lui si staccò con dolcezza, lentamente, lasciandole un ultimo bacio a fior di labbra.

La guardò per l’ultima volta e, sfiorandole la fronte con le labbra, le lasciò il ricordo di un sorriso, svanendo nel nulla.

  
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