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Autore: Dalybook04    10/09/2021    0 recensioni
Il vasto impero dei Vargas un tempo si estendeva su metà del globo. L'intero Westeros, da Grande Inverno al mare, era proprietà di un unico uomo.
Romolo Augusto Vargas. Un re che, con le sue forze e la sua intelligenza, era riuscito ad assogettare tutto il mondo conosciuto, ad eccezione giusto della sconfinata Essos.
Un uomo che poi era stato brutalmente ucciso dal suo stesso amante, insieme a tutta la sua famiglia.
Tutta la sua famiglia, tranne due bambini, che furono portati via, lontano, dove neanche il loro nonno grande e forte era riuscito ad avventurarsi.
Ora il maggiore dei due fratelli si ritrovava sulle sue spalle di giovane uomo appena sedicenne il compito di riprendersi ciò che era suo. E per farlo doveva fare dei sacrifici.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Inghilterra/Arthur Kirkland, Nord Italia/Feliciano Vargas, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Arthur inspirò profondamente mentre il suo amante gli allacciava l'armatura intorno al busto con attenzione, cercando di fare del suo meglio per proteggerlo.
-sei nervoso- stabilì Francis, e non era una domanda. Arthur gli passò una mano tra i capelli distrattamente, per controllare inconsciamente che quello fosse ancora con lui. Una chioma morbida, boccolosa e ben curata rispose alla sua domanda con un secco e deciso "sì".
-stiamo per andare in battaglia. Certo che sono nervoso.
Ancora una volta, Francis non ebbe bisogno che lui dicesse la verità per capirla.
-so che vorresti che io non vada- mormorò -ma le mie truppe rispondono solo a me. E soprattutto, voglio restare al tuo fianco nel modo migliore possibile.
-lo so. Non voglio impedirtelo, ma sono comunque preoccupato.
Francis si rialzò da terra e gli stampò un bacio, così delicatamente che fu come un soffio di vento sulle labbra schiuse del giovane re.
-anche io lo sono, cosa credi?- gli accarezzò il viso, scostandogli i capelli dalla fronte con gentilezza -ma mi fido di te. La tua forza è la mia, e la mia forza è la tua.
Arthur abbozzò un sorriso, lo attirò a sé afferrandolo per l'armatura e lo baciò, più rudemente di quanto l'altro avesse fatto prima, infilandogli una mano tra i capelli per trattenerlo a sé più a lungo. Francis lo lasciò fare, quel giorno più mansueto del solito, limitandosi a posargli una mano sulla guancia, se per abbozzare una protesta, tenerlo a sé o semplice abitudine, Arthur non lo sapeva e non gli interessava. La lingua di Francis si muoveva placida contro la sua, forse in un blando tentativo di far durare di più il bacio per averne un ricordo più definito, o banalmente per semplice stanchezza o desiderio di qualche coccola. Arthur invece era nervoso, e tali erano i suoi movimenti. Nervoso era il modo in cui accarezzava le ciocche bionde del compagno, quasi tirandole; nervose erano le sue labbra, schiuse all'istante alla ricerca di un po' di pace; nervosi erano i movimenti della sua lingua, frenetica mentre cercava di distrarsi per non pensare alla battaglia imminente.
Fu Francis a staccarsi, sempre con calma, prima socchiudendo le labbra e poi allontanandosi definitivamente dall'amante con un leggero schiocco, e tuttavia non si scostò dal suo abbraccio, limitandosi a scollegare le bocche.
-mon amour- sussurrò, sfiorandogli la guancia con un dito. Istantaneamente Arthur rilassò i muscoli, che neanche si era accorto di aver contratto -calmati, mh? Non farà bene a nessuno se tu andrai in battaglia così teso. Questo- gli sfiorò i capelli, riferendosi alla testa sottostante e all'ancora più sottostante cervello -deve lavorare bene, e per farlo deve essere rilassato- gli prese le mani, stringendole e accarezzandogli i polsi per rassicurarlo -guardami negli occhi. Non andrà tutto alla perfezione, per forza qualcosa andrà storto, ma tu sei intelligente e so che potrai rimediare. Quindi ora fidati di me e abbi fiducia in te stesso, chiaro?
Arthur gli sorrise leggermente -cristallino.
-bene. Adesso fatti sistemare l'armatura e andiamo, non vorrai arrivare tardi alla tua stessa guerra- lasciò vagare le mani lungo il pettorale dell'armatura, fino a una cinghia allentata che si affrettò a sistemare.
Arthur gli accarezzò il retro del collo, dolcemente -pensavo che arrivare tardi fosse degno delle migliori dive.
-ma non dei generali. Dipende tutto dal contesto, chenille, pensavo l'avessi capito ormai.
Arthur sorrise leggermente -giusto.
-direi che sei a posto- Francis si staccò da lui, recuperando una distanza accettabile socialmente -andiamo.
-sì- Arthur si avviò alla porta, ma esitò sulla porta e si girò nuovamente verso Francis -io ti a...
-fermo, non dirlo. La fai sembrare come se questa fosse l'ultima volta che ci vediamo, e non sarà così. In tenda o all'Inferno, noi ci stringeremo ancora.
Arthur gli prese la mano -volevo solo augurarti buona fortuna.
Francis finse di crederci -anche a te allora.

Ludwig correva più velocemente che mai, nella testa solo imprecazioni e casa sua in mente.
Come potete immaginare, aveva perso. Solo com'era contro i due eserciti più grandi del regno, cosa altro poteva succedere?
Lo avevano attaccato a sorpresa, i bastardi, prima che riuscisse a trovare un altro alleato a cui aggrapparsi. E così, ora correva, tornava indietro, al posto dove era nato e cresciuto, sperando, pregando, che suo fratello non ce l'avesse tanto con lui da riconsegnarlo al nemico.
Dalle torri nemiche, torri di un vecchio castello dei Bonnefoy dal quale avevano attaccato l'esercito del Nord, Arthur stava per scoccare una freccia dritta verso il nemico, ma Francis gli bloccò la mano.
-lascialo andare- spiegò così il suo gesto, con una richiesta assurda.
-perché?
Francis abbozzò un sorriso -è solo un ragazzino, non ne vale la pena. E Gilbert non mi perdonerebbe se ti lasciassi fare.
Arthur inarcò un sopracciglio -Gilbert?
-suo fratello.
-sì, lo so chi è, ma che c'entra?
Francis alzò le spalle -è il mio migliore amico.
-e quindi? Mi ha dichiarato guerra.
-anche io l'ho fatto, ti ricordo- gli stampò un bacio sulla guancia, tanto erano soli -però sei carino quando sei geloso.
-non sono geloso.
-oh, sì che lo sei. Ma è solo un amico, tranquillo. E non gli piacciono gli uomini.
-mah.
Mentre questo allegro siparietto aveva luogo, Ludwig aveva raggiunto il bosco, dove gli alberi lo avrebbero protetto dalla vista di altri arcieri. Gli altri sopravvissuti, ormai, erano stati catturati o finiti con le frecce.

Grazie al cielo riuscì a rubare un cavallo e del cibo poco dopo la sua fuga. Tre giorni dopo era di nuovo a casa.
Non sapeva come il fratello lo avrebbe accolto, ma sperava che non se la fosse presa. Era pronto a scusarsi, ovviamente. D'altronde per sopravvivere gli esseri umani sono disposti a mandare all'aria cose ben più grandi dell'orgoglio.
Si coprì il capo con un mantello ed entrò nel cortile del palazzo, sperando che nessuno lo riconoscesse, visto che sicuramente lì ci sarebbero state spie del nemico o direttamente soldati incaricati di ucciderlo. Mentre si stava chiedendo come entrare a palazzo e cercare suo fratello senza farsi notare, si ricordò che ogni pomeriggio quello aveva l'abitudine di andare nel parco degli alberi degli dei a pensare. Forse le cose erano cambiate, ma tanto valeva provare, tanto lì non ci andava mai nessuno.
Quando vide una figura bianca, tanto bianca da confondersi con i residui di neve intorno, seduta ai piedi di uno degli alberi a lucidare la propria spada, per poco non scoppiò a piangere. Gilbert sollevò lo sguardo e lo scrutò per qualche secondo, forse chiedendosi chi fosse. Ludwig aveva paura della sua reazione, aveva paura di aver perso anche lui, ma si tolse ugualmente il cappuccio per scoprire il volto.
Gilbert, però, sembrò soltanto sollevato.  Gli corse incontro e lo abbracciò, stringendolo forte.
-sei vivo!- si allontanò da lui e gli scrutò attentamente il viso, il collo, quel che si riusciva a intravedere dai vestiti -stai bene? Sei ferito? Hai mangiato?
Ludwig non riuscì a resistere: vittima del sollievo e della nostalgia, finalmente si concesse di scoppiare a piangere, stringendo convulsamente il fratello a sé.
-ehi...- mormorò Gilbert, accarezzandogli la schiena, piano -non preoccuparti, troveremo una soluzione.
-sc-scusa... i-io non... non volevo...
-lo so, tranquillo- gli diede qualche patta sulle spalle -adesso ti faccio entrare a palazzo e vediamo cosa fare.

-ho già un'idea in mente- confessò Gilbert, sedendosi sul suo letto -non puoi restare qui, è troppo pericoloso. Il re ha messo una taglia sulla tua testa e questo è il primo posto dove verrà a cercarti. È questione di giorni prima che venga qui.
-posso nascondermi.
-non voglio farti vivere il resto della vita nascosto sotto il letto. Però ho già un piano.
-ovvero?
-Antonio ora vive a Qarth. Si è offerto di ospitarti. Puoi rifarti una vita lì, è una città molto popolosa, trovarti sarà difficile, ed essendo un regno a parte dubito che daranno l'autorizzazione a Kirkland di cercarti e fare quello che gli pare.
Ludwig inarcò un sopracciglio. Per mettersi in contatto con Antonio e ricevere la risposta, ci sarebbe voluto almeno un paio di settimane. Gilbert aveva dovuto iniziare a organizzarsi non appena arrivato a Grande Inverno. Sapere che il fratello si fosse preoccupato di lui gli scaldò il cuore.
-non fare quella faccia, verrò a trovarti!- Gilbert sorrise -appena Eliza e il bambino potranno sopportare il viaggio, verremo subito a fartelo conoscere.
-oh giusto, il bambino. Come sta Eliza?
Il sorriso di Gilbert si ampliò ancora -bene. Le è già cresciuta un po' di pancia! È molto volubile, ma è normale.
-falle i miei auguri.
-tra due giorni c'è una nave che parte per Qarth- continuò Gilbert -ti imbarcherai, Antonio verrà a prenderti, gli ho chiesto di tenere d'occhio le navi che arrivavano. Intanto resta qui, appena si sveglia ti faccio vedere Eliza.
Ludwig sforzò un sorriso -sono felice per te, Gilbert. Davvero.
-e Feli? Dov'è?
Ludwig sentì improvvisamente freddo -se n'è andato- aveva la voce stranamente calma, come se stesse raccontando qualcosa che non lo riguardava -abbiamo litigato ed è scappato. Non so dove sia finito.
Gilbert gli strinse la mano -vedrai che andrà tutto per il meglio. E se non torna, peggio per lui, si è perso un gran bel maschione nordico.
Ludwig appoggiò la testa sulla sua spalla, divertito -grazie di... di tutto.
-sei il mio fratellino, non devi ringraziami.
-scusa.
-figurati- gli diede qualche pacca sulla spalla -non mi diventare sdolcinato ora eh!

Lovino era sdraiato sul giaciglio dove dormiva suo fratello con lui, entrambi sottoforma di lupi. Strofinò il muso con quello del fratellino e gli leccò la testolina. Feliciano scodinzolò leggermente, tornando poi nel solito stato depresso.
Lovino annusò l'aria e sentì i passi di Antonio avvicinarsi, ma c'era qualcun altro con lui, qualcuno di famigliare. Feliciano si mise seduto di scatto e si ritrasformò in umano, guardando il fratello con il terrore negli occhi. Lovino si ritrasformò a sua volta e si rivestì, lanciando una tunica in faccia al fratello per invitarlo cordialmente a fare lo stesso, con un sospetto su chi potesse essere il misterioso accompagnatore.
-se è chi penso che sia- ringhiò, legandosi i capelli troppo lunghi in un piccolo codino, ancora non aveva trovato la voglia di tagliarseli -gli strappo la faccia a morsi.
Feliciano gli strinse la mano -no, fratellone. Facci parlare prima.
-col cazzo.
-per favore...
E intanto erano arrivati. Antonio stava giusto infilando la chiave nella serratura.
-la casa non è grandissima, ma puoi restare qui tutto il tempo di cui avrai bisogno.
-ti ringrazio.
Feliciano riconobbe la voce ed ebbe un brivido. Afferrò per un braccio suo fratello, che stava già partendo con l'intenzione di sbranare il loro ospite.
-aspetta- sussurrò -lasciaci parlare un attimo.
-se ti sfiora, è un uomo morto- chiarì Lovino, uscendo dalla stanza per andare da loro. Ludwig lo riconobbe e sgranò gli occhi, ma non ebbe il tempo di commentare perché anche Feliciano uscì allo scoperto. Il ragazzino gli rivolse un sorriso imbarazzato -ciao...
Ludwig non disse nulla. Si limitò a scrutarlo, cercando disperatamente di capire.
Avete presente quei silenzi imbarazzanti? Quelli che sono talmente densi e tesi da poter essere tagliati con il coltello?
Ecco.
Quel silenzio era anche peggio.
Fu Antonio il primo a parlare. Afferrò suo marito per un braccio e andò verso un'altra stanza -bene! Noi vi lasciamo soli qualche minuto, così potete chiarir...
-col cazzo!- Lovino si liberò con uno strattone dalla sua presa -io di qui non mi muovo. Se prova a fare del male a Feli, devo essere qui per ucciderlo.
-non gli farà del male. Vero, Ludwig?
Quello annuì, senza staccare gli occhi di dosso al ragazzo in questione.
-non mi fido.
Antonio riprovò ad andarsene con il compagno al seguito, ma quello era irremovibile. Allora sospirò e ricorse a metodi più estremi: lo prese in braccio, a mo' di sacco di patate, e, ignorando le sue urla di protesta, si chiuse in un'altra stanza. Lovino risbucò dalla porta -ao, crucco demmerda, sia chiaro, io sento tutto e vedo tutto. Ci metto un secondo a staccarti la faccia a morsi, e non solo quel...- e Antonio richiuse la porta, interrompendo il suo sproloquio.
Ancora nessuno dei due aveva trovato il coraggio di parlare.
Feliciano, per quanto ci provasse, non riusciva a distogliere lo sguardo da quegli occhi azzurri -sono un mutaforma- sputò fuori. Ludwig sgranò gli occhi.
-cosa?
-sono un mutaforma- ripeté.
Ludwig rimase in silenzio per qualche secondo. Poi, rise.
-mi aspettavo qualsiasi scusa, qualsiasi, ma una stronzata del genere no.
-non è una stronzata.
-pensi davvero che ci creda? Che sia così idiota da credere che la magia esista e tu possa cambiare forma? L'ho visto il tuo corpo, cazzo, e anche spesso, e sono piuttosto sicuro che non cambi.
-ma...
-mi credi così stupido? Io me ne vado. Quando avrai intenzione di parlarmi come una persona adulta vienimi a cercare- si girò verso la porta e fece per uscire, ma un lupo, un lupo, gli sbarrò la strada e lo guardò. Quel lupo aveva gli stessi occhi di Feliciano, il pelo dello stesso colore dei capelli di Feliciano, pure la tunica, che si era strappata ma non tanto da togliersi del tutto, era la stessa che Feliciano indossava poco prima. Poi il lupo, lupo, animale, non umano, si ritrasformò in Feliciano, che ora lo guardava, inginocchiato a terra, la tunica strappata scivolata di lato a lasciare scoperta una spalla. Ludwig, malgrado tutto, ebbe la fortissima tentazione di mordere quella pelle scoperta, affogarci il viso e non pensare più a niente.
-ora mi credi?- si sistemò la tunica, che però gli scivolò dall'altra parte.
-i-io...- era logicamente confuso, capitelo -qui... quindi anche Venezia e... e Roma sono...
-no, loro sono solo lupe- il ragazzino si stava tormentando le mani, nervoso -io e mio fratello...
-perché non me l'hai detto?- lo interruppe, arretrando quando quello gli si avvicinò.
-non lo sapevamo neanche noi. Quando Kirkland ha rapito Lovi, dopo il ballo, lui è... si è ritrasformato. Qualche giorno prima che- non sapeva come dirlo -che litigassimo, quando sono andato a Roma, Lovino è venuto a cercarmi e mi ha detto quel che sapeva.
-e non me ne hai parlato.
-non sapevo se anch'io ne fossi capace e avevi altro a cui pensare.
Ludwig voleva piangere. Davvero Feliciano pensava che per lui ci fosse qualcosa di più importante? Che la guerra contasse più di lui? Faceva davvero così schifo a dimostrare quel che provava?
Basta pensarci, ormai non importava più.
-quindi che è successo? C'era la luna piena e sei corso a unirti al branco?
Feliciano ridacchiò. Un suono strano in quel frangente.
-non fare lo sciocco. Sono un mutaforma, non un licantropo!
-oh be'. Allora scusa.
-comunque...- si incupì -mi hai fatto paura, Ludwig. Ho avuto paura di te e sono scappato. Ti rendi conto di cosa significa, avere paura della persona che ami? Sei consapevole di aver oltrepassato il limite, sì?
Ludwig rise. Semplicemente, rise -pensavo ci... ci fosse qualche motivo complesso, qualcosa di superiore che non riuscivo a cogliere che ti avesse spinto ad andartene. Invece avevi semplicemente paura!
Feliciano sostenne il suo sguardo, questa volta -se la paura che provavo è arrivata a coprire l'amore che provo per te, forse dovresti farti due domande.
-non venirmi a dire che mi amavi. Se mi avessi amato, saresti rimasto al mio fianco. Chi ama, non abbandona.
-chi ama fa ciò che è meglio per l'altro, anche se ciò lo fa soffrire.
-quindi farmi perdere tutto era il meglio?!
-meglio che impazzire e finire pugnalato alle spalle? Sì!
-POTREI ESSERE SUL TRONO ADESSO.
-MA A QUALE PREZZO?
Ludwig inspirò profondamente, cercando di calmarsi. Non voleva essere sbranato da un lupo, e non si riferiva a Feliciano -me ne vado. Devo... devo schiarirmi le idee.
Feliciano non disse nulla. Tornò lupo e uscì dalla stanza, rifugiandosi nella tana delle due lupette a cui tanto voleva bene.
Ludwig, rimasto solo, cercò di darsi una calmata. Che doveva fare?
Forse Antonio poteva dargli un consiglio. Andò a cercarlo.
Lo trovò nella stanza dove era sparito con Lovino. E a proposito, quest'ultimo era appiccicato al muro, aggrappato alla maglia del marito, mentre questo lo baciava e teneva le mani in posti che Ludwig per fortuna non riusciva a vedere dalla sua posizione. Tossicchiò.
Antonio, a onor del vero, non sembrò affatto imbarazzato, a differenza di Lovino che, per lo spavento, si trasformò in lupo e scappò via, non prima di aver morso la caviglia al biondo mentre usciva.
Ludwig cercò di non mostrarsi dolorante mentre controllava il punto ferito. Per fortuna, niente sangue -ho... interrotto qualcosa?
Antonio scrollò le spalle -nah, ci rifaremo dopo. Era l'unico modo per impedirgli di andare a staccarti la testa quando avete iniziato a urlare, sai com'è Lovi...- capì che forse era meglio cambiare argomento -cosa posso fare per te?
-uhm, io...- si sentiva sempre più stupido -possiamo parlare un secondo? Fuori da qui magari...
Antonio annuì -meglio. Conoscendo Lovino, starà origliando di sicuro.
In risposta, dalla stanza accanto si sentì un "FATTI I CAZZI TUOI" urlato a gran voce. Il moro ridacchiò.
-sai, mantengono l'udito e l'olfatto super sviluppati anche da umani, anche se un po' a sprazzi. Il che può essere fastidioso, a volte.
Lovino, rosso come un pomodoro, sbucò dalla porta brandendo una pantofola -se non ti va bene, bastardo, quella è la porta!
Antonio rise -te amo.
-vaffanculo. Torno da Feli- incenerì con lo sguardo Ludwig e uscì.
-come fai a... a sopportare tutto questo?
Antonio gli rivolse un sorriso comprensivo, forse un po' triste -usciamo a camminare, ti va? Una passeggiata è miracolosa per sbollire la rabbia.

-dici che ci sentono?
Antonio scrollò le spalle, guardando la neve che iniziava a posarsi sulle strade. L'inverno era ormai arrivato. Quando Feli se n'era andato, rifletté Ludwig, era inizio ottobre.
-no. Hanno un udito sviluppato, non i superpoteri. Siamo abbastanza lontani- si avvolse meglio nel giaccone e rimase in silenzio, aspettando la sua risposta. Vedendo che non arrivava, lo aiutò a iniziare -mi hai chiesto come faccio a sopportare tutto questo. A cosa ti riferisci? Al fatto che mio marito sia per metà lupo, che sia tornato dopo essere scappato, o a qualche cos'altro?
Ludwig scrollò le spalle. Gli piaceva il freddo, lo aiutava a schiarirsi le idee e gli ricordava casa -entrambe le cose, credo.
-oh be', la cosa del lupo è facile. Sono più loro ad avere difficoltà, sai? I peli in giro sono fastidiosi, ma ero già abituato a Roma e Venezia, quindi non è un grande problema- nascose il viso nella sciarpa, lui invece odiava il freddo, anche se la neve era bella, e guardare Lovino giocarci era uno spettacolo unico -Lovi ha tanti problemi ultimamente. Ha vissuto a lungo come lupo e...- scosse la testa -è la sua forma naturale, in realtà, quindi riadattarsi alla vita umana è difficile, ma ce la sta facendo. Feli invece non sta avendo molti problemi, è solo un po' triste per... lo sai. A proposito, Lovi non pensava davvero che tu stessi per fare del male a Feli, lo sai, vero? Se lo avesse pensato, non sarebbero bastati tutti i baci del mondo a trattenerlo. Ha solo paura che tu ferisca Feli emotivamente, capisci? Ma gli passerà, se non gli darai motivo di pensare il contrario.
-come hai fatto a perdonare Lovino?
Antonio sollevò lo sguardo verso il cielo, pensieroso -perdonare dici? Credo sia la parola sbagliata. Perdonare presuppone che io fossi arrabbiato con lui.
-e non lo eri?
-no- Antonio sospirò -Ludwig, hai mai avuto paura che Feli fosse morto?
-no. Cioé, era una possibilità, ma...
-non ne avevi le prove- concluse l'altro -e quindi ti dicevi che no, non era possibile, da qualche parte doveva essere. Ecco, io invece le prove le avevo. Ero certo che Lovino fosse morto, e ti assicuro che è la sensazione più brutta del mondo. Prova a immaginare di non vedere mai più il sorriso di Feliciano, i suoi occhi, di non sentire più il suo profumo, la sua risata, il suo tocco, di non fare più l'amore con lui. Riesci a immaginarlo? È una cosa orribile, ti auguro di non sperimentarlo mai. Come potevo arrabbiarmi con Lovino? Quando ho saputo che era vivo, non ho potuto fare altro che essere felice, più felice che mai. Ero arrabbiato, sì, ma con me stesso, perché se aveva scelto di non tornare era per colpa mia- gli diede una pacca sulla spalla -non posso decidere né per te, né per Feliciano, e capisco che trovare la forza di perdonarlo non sia semplice, ma ti consiglio di pensarci molto, molto bene. Perdere per sempre la persona che ami...- si incupì -non è una cosa facile da gestire.
-lo so.
-no, non lo sai. Non avevi la certezza di non rivedere mai più Feliciano. Così la avresti. Il dubbio e la certezza sono completamente diversi.
-preferisco essere sicuro di qualcosa.
Antonio scollò le spalle -se lo dici tu. Se non hai altro da chiedermi, ti lascio solo per un po', così puoi riflettere con calma. Torna a casa quando vuoi e non sentirti in dovere di decidere subito cosa fare, ci parlo io con Lovino, non preoccuparti.
Ludwig annuì -grazie.
Antonio sorrise -figurati. Dovevo un favore a Gilbert, d'altronde. A più tardi.

Ludwig rientrò a tarda sera, saltando anche la cena. Al suo ingresso, Feliciano non si alzò dal suo giaciglio, si limitò a sollevare lo sguardo su di lui con le sopracciglia leggermente aggrottate.
-possiamo parlare?- esordì il biondo, imbarazzato. Feliciano scrollò le spalle.
-parliamo.
-uhm... magari in privato...
-col cazzo- lo interruppe Lovino.
E sia, brontolò mentalmente il biondo, sedendosi vicino al suo... ex? Ragazzo? Boh. Decise di essere breve.
-allora... ci ho pensato, a lungo, e...- inspirò, ed espirando tirò fuori -non so se... se le cose potranno tornare come prima, però possiamo riprovarci.
-chi ti dice che lui voglia riprovarci?- replicò Lovino, intromettendosi.
-fratellone...
-un cazzo, Feli. Lui non c'era, ma per colpa sua sei stato una merda. Non ti vedevo così da quando sono morti il nonno e mamma, e che cazzo. Non ho potuto impedire che soffrissi quella volta, né questa, ma se posso impedirne una terza, stai pure tranquillo che lo farò, per quanto possa piacerti 'sto stronzo platinato.
Feliciano rivolse al fratello un sorriso e lo abbracciò, forte.
-Lovi... lo so che vuoi proteggermi, ma non puoi farlo per sempre. Devi lasciarmi crescere, e soffrire fa parte di quel percorso.
-l'ho già fatto- brontolò Lovino contro la sua spalla -ti ho lasciato solo per qualche settimana e guarda che cazzo è successo.
-ma questa volta ci sei tu al mio fianco!- gli sorrise -non ho detto che devi andartene, solo... lasciarmi decidere da solo cosa è giusto e cosa no. E poi- sfoderò un sorriso affilato quanto i suoi denti da lupo -non sono inerme, non più. Lud non farà più il cattivo, vero? O potrebbe svegliarsi con qualche parte mancante.
Il ragazzo interpellato si affrettò ad annuire.
-visto?
Lovino sospirò, imbronciato -poi non venire a piangere da me.
-quello lo farò sempre, mammina.
Il coppino che ricevette fu meritato.
-mammina lo dici a qualcun altro, scimunito!
Antonio prese la mano a suo marito -li lasciamo da soli un secondo, che dici?
Lovino ghignò -solo se Feli promette che, se la patata platinata qui presente farà lo stronzo, gli mozzerà la minchia.
Feliciano ridacchiò -va bene, fratellone.
-mh. Stai attento e se dovesse metterti le mani addosso, sappi che conosco un ottimo posto dove nascondere i cadaveri- e con questa nota felice, si lasciò trascinare fuori da casa.
Ludwig non sapeva esattamente che dire, ma non ce ne fu bisogno. Feliciano lo raggiunse, gli prese il viso tra le mani (aveva le unghie lunghe ora, abbastanza da graffiare leggermente le guance del biondo) e lo baciò sulle labbra sottili, facendolo sentire nuovamente in pace.
Finalmente, si disse il biondo, sei di nuovo qui.
Ludwig aveva quel corpo mascolino, forte, possente, con quel profumo di pino e inverno che lo faceva sempre sentire al sicuro. A confronto, Feli era così piccolo, delicato, quasi femmineo oserei dire. Ma, si ricordò, sentendo il labbro inferiore venir morso del suo amante, piccolo non significa debole.
Feliciano gli sorrise, solare, come sempre -ora hai intenzione di farti perdonare o no? Pensi che bastino un paio di belle parole per riconquistarmi? No signore. Mi aspetto grandi gesta romantiche e cose così.
Ludwig sorrise, stringendolo tra le braccia -va bene...
Un secondo dopo gli arrivò uno schiaffo dritto dritto sulla guancia.
-sei stato uno stronzo, te ne rendi conto? Pensi che non abbia sentito quello che hai detto a Gilbert a cavallo?- Feliciano si allontanò da lui, indispettito -davvero pensavi che fossi d'accordo nel starmene lì, zitto e buono, a guardarti governare il mio regno e a farmi scopare a comando quando non eri occupato a tradirmi con la tua regina per produrre un erede a cui dare il mio regno?!
-non è quello che...
-oh sì, è quello che intendevi. Prima pensavo di essere obbligato a farmelo andare bene perché eri l'ultima persona che mi era rimasta, ma standoti lontano ho capito che non ho bisogno di te, o di altri, per farmi la mia vita. Mi va bene riprovarci, ma alle nostre condizioni, non solo alle tue. E le mie sono che voglio la mia indipendenza. Non ho intenzione di annullarmi di nuovo per qualcuno, né per te, né per nessun altro. Non sarò più inerte, non accetterò più tutto quello che decidi solo perché l'hai detto tu. Voglio stare con un uomo, non con un tiranno. Tutto chiaro?
Ludwig annuì -sì.
-se ti va bene bene, altrimenti ciao, buona fortuna per tutto, ognuno per la sua strada.
-mi... mi va bene. Mi va benissimo- annuì più volte, imbarazzato -ripensandoci, hai ragione tu. La nostra relazione non era molto... sana e forse ci sono tante cose da cambiare, ma non... non voglio perderti, né tanto meno distruggerti. Non è una giustificazione, ma ero così concentrato sulla guerra da... hai capito.
Feliciano sorrise, sembrava soddisfatto -bene. Allora ricominciamo, ti va? Come se ci fossimo appena conosciuti.
Ludwig annuì. In fondo, c'erano già passati. Si erano conosciuti per la prima volta da bambini, innocenti, puri, lontani da tutto lo schifo del mondo nonostante ne fossero circondati; una seconda volta pochi mesi prima, e quella stessa merda, una guerra da loro stessi voluta, aveva distrutto tutto un'altra volta. E ora c'era questo nuovo inizio, l'ennesimo.
Be', dicono che la terza volta sia quella buona.
Feliciano gli tese la mano, sorridendo.
-piacere allora, Feliciano Vargas.

 

   
 
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