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Autore: moira78    11/09/2021    5 recensioni
Candy e Albert si conoscono da sempre e, da sempre, un filo invisibile li lega. Ma la strada che li porterà a venire a patti con i propri sentimenti e a conquistare la felicità sembra essere infinita e colma di ostacoli...
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annie Brighton, Archibald Cornwell, Candice White Andrew (Candy), Terrence Granchester, William Albert Andrew
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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"Dobbiamo attraversare acque amare
per raggiungere la dolcezza"
Bram Stoker, Dracula.
 

Il cielo minacciava tempesta.

Era incredibile come, dopo giorni di sole primaverile, all'improvviso l'autunno sembrasse volersi impadronire della stagione più mite.

Eppure non faceva freddo, ma Candy lo sentiva fin nelle ossa.

In realtà, lo sentiva da quando si era svegliata in quel letto di ospedale, come se la nebbia fitta che aveva nella testa le penetrasse fin dentro l'anima. Era una nebbia che però, a tratti, la sfiorava con mani seducenti e la faceva rabbrividire contro la sua volontà.

Come le braccia di quell'uomo tra le quali era caduta nel corridoio.

Per un breve, intenso istante, aveva provato la medesima sensazione confortante dei suoi primi attimi del risveglio. Quel calore, quel luogo speciale dietro cui batteva un cuore...

Il ricordo vago e confuso di Anthony tornò a pugnalarla e, ancora una volta, mentre chiudeva la finestra da cui erano entrate folate di vento tiepido, si chiese dove si trovasse quel William mentre suo nipote moriva cadendo da cavallo.

E dove si trovasse quando era caduta lei.

Se davvero era stato il capostipite degli Ardlay che aveva voluto la caccia alla volpe, come mai non era stato più attento? Le avevano raccontato che lei e Anthony si erano allontanati da soli, staccandosi dal resto del gruppo. Possibile che nessuno si fosse curato di andarli a cercare finché non era stato troppo tardi? E poi, che idea terribile quella di cacciare una volpe innocente!

Delle circostanze del proprio incidente non aveva ancora parlato in maniera approfondita ma, ancora una volta, l'unica cosa cui poteva pensare fu che lui, come suo tutore, o patrigno, o quel che diavolo era, avrebbe dovuto impedirlo.

Addossargli tutta la responsabilità delle sue disgrazie le donava un fittizio senso di calma che riusciva ad accettare quasi sempre.

Per la prima volta dopo tanto tempo, Candy guardò il cielo plumbeo con una punta di nostalgia: le uscite sempre più frequenti con Carter la stavano davvero aiutando, ormai l'agorafobia si stava allontanando da lei e ogni volta si sentiva più sicura di sé.

Il medico aveva sottolineato come, pur fuggendo lontano, i suoi ricordi avrebbero potuto raggiungerla in qualunque momento. Era vero, certo, ma stare in quella casa stava diventando soffocante: aveva un bisogno disperato di allontanarsi da quelle persone che facevano parte del suo passato, soprattutto da lui.

Da quell'Albert che la turbava nel profondo mandandola completamente in tilt.

Voleva recuperare la serenità e lì non ci sarebbe riuscita.

Ormai sapeva abbastanza cose della sua vita. Incluso il fatto che aveva amato un ragazzo di nome Terence. Quello era un altro ricordo che cercava di mantenere sotto la superficie inconscia che rappresentava una sorta di zona di comfort: provare a ricordarlo le faceva male quasi quanto interrogarsi su William.

Quasi.

Un tuono lontano le indicò che la tempesta era vicina.

Candy strinse i pugni, cominciando a maturare dentro di sé una decisione irrevocabile. Annie era in un'altra stanza a discutere con Archibald e il medico, il suo tutore forse nel proprio ufficio e la fantomatica zia Elroy sembrava tentare di evitarla come la peste.

Le avevano detto che era solita arrampicarsi sugli alberi e che, in più di un'occasione, era fuggita da una finestra.

Era pronta a farlo, ora che tutti erano occupati? Ma, soprattutto, era pronta a cavarsela finalmente da sola?
 
- § -
 
"La separazione dalla persona amata", disse Archie con un tono basso e malinconico. Inconsciamente, lo sguardo andò su Annie che gli regalò un leggero sorriso.
Carter aveva un'aura di malinconia, mentre spiegava la sua teoria, che gli fece capire quanto si sentisse a sua volta coinvolto. Possibile che... no, non poteva certo essersi innamorato del gendarme e ora sentirne la mancanza! Oppure sì?

Eppure nei suoi occhi lesse gli stessi sentimenti che traboccavano in lui quando era lontano da Annie, in carcere, i medesimi che avevano fatto soffrire tanto Candy quando era tornata da New York e si era dovuta separare da Terence.

"Mi avete raccontato tutti che la sua vita è cominciata con un abbandono, seppure abbia incontrato sulla sua strada persone amorevoli e amici che l'hanno cresciuta con dedizione estrema", l'uomo si alzò dalla poltrona sulla quale era seduto e camminò per la stanza. Dalla finestra non entrava più la luce del sole e il temporale sembrava imminente.

Annie si alzò per accendere una lampada che era sul comodino: "È sempre stata felice, finché non l'hanno adottata i Lagan", spiegò tornando al divanetto dove si era accomodato lui, ma restando in piedi.

"E, anche lì, la sua forza d'animo l'ha portata a reagire, nonostante le angherie e le avversità", Carter lanciò un'occhiata nella loro direzione, un sopracciglio sollevato come a chiedere conferma.

Annuirono entrambi: "Quando stava con noi sembrava dimenticarsi che viveva in una stalla e che quella che doveva essere la sua famiglia, in realtà, la odiava".
Il medico unì le dita delle mani fin quasi a giungerle e se le portò vicino al labbro inferiore, misurando la stanza con lunghi passi. La malinconia era già stata sostituita da un tono professionale: Archie si chiese se non si fosse sbagliato.

"Ed è lì che incontra nuovi amici e s'innamora di Anthony. Archie, com'era il rapporto tra i due ragazzi?", gli chiese, portandolo indietro nel tempo.

Lui sorrise, ricordando quei momenti con tenerezza e nostalgia: "Oh, Candy aveva una luce diversa negli occhi, quando appariva Anthony! E anche lui sembrava felice. Sono certo che, se le cose fossero andate in modo diverso, lui e Candy...", lasciò la frase in sospeso, lanciando un'occhiata significativa al medico.

"Facciamo un salto in avanti", disse poi continuando a camminare, mentre il vento cominciava a far vibrare i vetri.  "Candy conosce Terence mentre è alla Saint Paul School di Londra, dico bene?".

Archie era stupito: ne aveva forse parlato con Albert? Mentre ci pensava, Annie intervenne, facendo un passo verso Carter: "A essere precisi l'ha incontrato sulla nave che l'avrebbe portata in Inghilterra. Mi ha raccontato che si è trattato di un incontro breve, ma lei ne era rimasta colpita perché all'inizio lo aveva scambiato per Anthony, che era morto da poco".

Con un dito poggiato sul mento, il medico aggrottò le sopracciglia: "Sì, giusto, Albert mi ha raccontato quella parte. Se però parliamo dell'attore che è diventato famoso negli ultimi anni non vedo somiglianza... beh, almeno con William, che dovrebbe invece avere tratti simili al suo defunto nipote".

Anche Archie era confuso: quella parte della storia, a dirla tutta, non la conosceva affatto. Come aveva potuto Candy scambiare uno come Terence per il dolce Anthony?
Scuotendo la testa, Annie spiegò: "Infatti Candy mi disse che si è trattato solo di un momento. Lui era di spalle e i suoi capelli sono di un colore del tutto diverso da quelli degli Ardlay. Credo che in lei ci fosse ancora quella ferita aperta. Dopotutto, lo zio William l'aveva mandata a Londra a studiare proprio con l'intenzione di lenire il suo dolore e allontanarla da quei luoghi".

Un tuono risuonò in lontananza e Carter annuì: "Da quello che mi ha raccontato Albert, la relazione tra Terence e Candy non è mai stata conclamata. Erano più che altro buoni amici e lui li conosceva entrambi: quando erano a Londra e lui lavorava in uno zoo si era reso conto che c'era un legame speciale tra loro. Ma la vera svolta è arrivata tempo dopo, quando lui e Candy vivevano insieme e lei gli parlava di questo Terry, che lui non ricordava perché aveva perso la memoria".

Archie si alzò per accendere un'altra lampada: fuori era sempre più buio.

"Quando è tornata da New York, mio fratello era appena partito per la guerra ed eravamo tutti sconvolti, così non ci siamo resi subito conto di ciò che era accaduto tra Candy e Terry. Ma aveva la febbre alta e Albert si è preso cura di lei", spiegò tornando verso il divano, dove Annie si era di nuovo seduta.

"Albert mi ha detto che ha sofferto molto e più di una volta l'ha sorpresa a piangere per lui. La loro storia è finita a causa di un'altra donna, l'attrice Susanna Marlowe, morta di recente. A quanto pare aveva perso la gamba per salvare Terence e lui è rimasto al suo fianco, spinto dalla stessa Candy. Si è trattato di un atto di grande coraggio da parte di entrambi". Il tono di Carter era diventato quasi triste, come se provasse davvero empatia per quella storia sfortunata. Aveva le mani in tasca e le spalle un po' curve. "Ma voi l'avete vista andare avanti con la sua vita?".

Archie guardò Annie: dovevano rivelare altri segreti di famiglia se volevano raccontare il resto di quella storia.

"La verità è che a quell'epoca lavorava molto, specie dopo che Albert le ha intestato la Casa di Pony e ha aperto una clinica lì vicino. Ma si scambiavano delle lettere e...". Annie fu interrotta da Carter, che alzò una mano per intromettersi nel discorso.

"Ok, aiutatemi a capire. Dunque, i primi due uomini di cui lei si è innamorata sono usciti dalla sua vita in modo più o meno tragico e traumatico. Albert, con cui stava cominciando a nascere qualcosa, non l'ha mai delusa. O sbaglio?".

Stavolta fu Annie a cercare i suoi occhi e lui a rispondere: "Dottor Carter... Adrian, se dobbiamo essere sinceri noi ricordiamo in maniera netta il loro bellissimo rapporto quando vivevano insieme e lui era senza memoria, poi non sappiamo bene cosa sia cambiato o maturato, in quella relazione. Devo anche dirle che nessuno di noi, nemmeno Candy, all'epoca sapeva che Albert e lo zio William fossero la stessa persona".

Gli occhi di Carter si riempirono di comprensione: "Oh, bene, ora è molto più chiaro. Albert in cella mi aveva parlato soprattutto del loro primo incontro da ragazzini e di Terence. Ma come è possibile che lui non si fosse rivelato?".

"Beh, vede... Albert è diventato il capofamiglia quando era poco più che un bambino. La zia Elroy e il Consiglio lo hanno tenuto letteralmente nascosto finché non fosse stato pronto per prendere le redini della famiglia. Ma lui era comunque presente, nonostante tutti i suoi viaggi, e spesso si trovava al fianco di Candy. Quando lo hanno portato al Santa Joanna senza memoria stava tornando dall'Africa perché aveva saputo che lei era fuggita dalla Saint Paul School e stava studiando per diventare infermiera...". Archie s'interruppe, conscio di star riversando troppe informazioni tutte insieme.

Adrian scosse la testa, sorridendo: "Beh, non si può dire che sia una storia facile o poco complicata, ma ho afferrato il concetto. Albert, il ragazzo della collina e lo zio William sono diventati una sola entità all'improvviso e con il tempo la loro relazione è mutata in qualcosa di più profondo, anche se non sappiamo i particolari. Ci siamo?".
"Sì", dissero lui ed Annie all'unisono.

"Bene, quindi mi sfugge ancora qualcosa della psiche di Candy. Posso capire che stia male al ricordo di Anthony o di Terence, rifiutando di ricordarsi del tutto di loro. Ma perché provare quasi repulsione per Albert, con cui invece le cose stavano andando bene? Forse è accaduto qualcosa che non so nei giorni precedenti l'incidente?".

Archie cominciava ad amare quella conversazione, perché ogni volta che Carter faceva una domanda su cui lui o Annie avevano dubbi, i loro sguardi s'incrociavano come fossero sincronizzati. Erano passati dal lasciarsi a capirsi con una sola occhiata e questo gli fece desiderare con ancor più ardore di averla accanto senza perdere altro tempo: la loro intesa era incredibile.

"In quei giorni eravamo tutti a Lakewood", cominciò Annie, "e Candy mi aveva già confessato di provare dei sentimenti nuovi per Albert. Se devo essere sincera non abbiamo prestato molta attenzione a loro, perché avevamo... altri problemi e poi sono arrivati i Lagan. Ma sembravano molto affiatati e spesso andavano a cavalcare insieme".

Ad Archie non era sfuggita la tensione che aveva fatto stringere le mani sul vestito ad Annie, quando aveva parlato dei loro problemi. Ma venne anche colto dalla rabbia per gli eventi successivi: "Quella maledetta di Eliza", sbottò, "se non l'avesse portata a cavalcare da sola tutto questo non sarebbe successo!".

Carter alzò un sopracciglio: "Sospettate che il suo incidente sia stato di origine dolosa?".

"Sì", continuò con veemenza, "lei e suo fratello meritano di rimanere...".

"Archie",  lo interruppe Annie e lui la vide scuotere la testa.

Si ammorbidì e capì che, per quanto si fidassero del buon medico, non dovevano certo scoprire tutti i segreti più torbidi della loro famiglia. Bastava concentrarsi su Candy. "Mi scusi, tutto questo esula dal motivo principale per cui lei è qui".

Lui gli sorrise: "Stia tranquillo, non è neanche mia intenzione chiedervi resoconti dettagliati, a meno che non siano collegati con la psiche di Candy. E, più che la ragazza che l'ha indotta a cavalcare, qui è implicato Albert. Che, da quel che mi riferite, non l'ha mai delusa, perlomeno non in quello specifico momento".

"Ma per colpa mia che non sono stato attento a parlare, ora lei sa che lui ha ordinato la caccia alla volpe nella quale è morto Anthony. Forse nella sua mente confusa e priva di memoria è quella la terza delusione d'amore", tentò Archie.

Carter annuì con vigore e un tuono più forte esplose poco lontano: "È proprio il concetto al quale ho girato intorno per molto tempo, ma l'istinto mi suggerisce che mi sfugge qualcos'altro. Tutti i traumi di Candy sono avvenuti prima che perdesse la memoria e, sempre prima che ciò accadesse, in apparenza lei era venuta a patti con quella caccia alla volpe. Albert mi ha raccontato che c'è stato un chiarimento, nel quale ognuno di loro ha avuto sensi di colpa poi dissipati. Quindi, perché tornare indietro? Possibile che la smemoratezza abbia, in qualche modo, modificato la personalità di Candy al punto da farla tornare inconsciamente indietro, tanto da rivalutare qualcosa di già consolidato?".

Archie si grattò la testa, pensieroso: "Se devo essere sincero comincio un po' a perdermi in questi ragionamenti", disse. "In realtà è come se le avessi instillato io quell'idea, senza volerlo".

"Può darsi", ribatté lui allargando le braccia, "ma ha detto anche una cosa giusta, Archie. Questi ragionamenti sono davvero troppo complicati per una donna che ha perso la memoria, anche se i segreti del cervello umano rimarranno misteri difficilmente spiegabili dalla medicina ancora a lungo. Nonostante ciò, io propendo per qualcosa di più semplice, di più immediato che muove i sentimenti di Candy".

"Ma allora... cosa può farle così paura o darle fastidio, in Albert, tanto da indurla a evitarlo o persino a odiarlo?", chiese Annie, con una punta di esasperazione.

Carter parve riflettere per lunghi istanti, poi si voltò verso di loro. Quando espresse la sua teoria, lui e Annie si guardarono per l'ennesima volta.
 
- § -
 
Doveva mettersi alla prova e quella era la sua occasione per farlo. Avrebbe preparato una piccola borsa e sarebbe scappata: se poi il coraggio le fosse mancato, avrebbe sempre fatto in tempo a tornare indietro.

Ma prima doveva capire da dove uscire.

Quando aprì la finestra, una forte folata di vento la costrinse a schermarsi con una mano, perché le schiaffeggiò il viso e i capelli. L'albero era lì, a pochi metri da lei, ma non c'era modo di arrivarci, a meno di fare un salto acrobatico che forse solo un gatto o una scimmia avrebbero potuto compiere. La soluzione più facile sarebbe stata calarsi dal primo piano.

Si affacciò valutando l'altezza e le gambe le tremarono. Forse l'agorafobia si era attenuata, ma ora aveva le vertigini. Rimase affacciata finché le prime gocce di pioggia non cominciarono a bagnarle il volto e la punta delle dita strette sul davanzale, allora decise di chiudere la maledetta finestra e passare al piano B.

Che non poteva che essere passare dalla porta principale, sperando di non incrociare nessuno.

Valeva la pena rischiare? Forse sarebbe stato meglio fuggire di notte, ma le venne in mente che avrebbero chiuso il portone e i cancelli a chiave e lei non voleva certo scavalcare o mettersi a cercare le chiavi.

Si sentiva in trappola.

Facendosi coraggio, uscì dalla sua stanza stringendo la piccola borsa che aveva preparato mentre stava ancora facendo congetture, infilandoci dentro solo qualche cambio di biancheria e la sua spazzola: i vestiti sarebbero stati troppo voluminosi e quello che indossava era pulito.

Attraversò la stanza che era stata di Frannie, sentendo sui vetri l'urlo del vento e il picchiettare sempre più insistente della pioggia. Mentre apriva la porta che dava sul corridoio, fu illuminata dal lampo cui seguì un tuono fragoroso.

Sembrava non ci fosse nessuno in giro.

Con passi lenti e cercando di fare meno rumore possibile, Candy andò verso le scale e, poco prima di giungere vicino alla porta della biblioteca, udì qualcosa. Di colpo, s'irrigidì e si fermò.

C'era un suono che proveniva da una stanza chiusa poco distante e lei lo riconobbe come quello di un pianoforte. Per un istante si chiese se fosse Annie, che sapeva amare molto quello strumento, ma la voce maschile che cantava sommessamente fugò quel dubbio, gelandola sul posto.

Albert mi sta portando a Lakewood e mentre guida si mette a cantare una vecchia canzone scozzese. Non pensavo avesse una voce così bella.

Si portò le mani alla testa. Quella canzone. Quella voce.

Inginocchiandosi sul pavimento, cercando di modulare il respiro e contenere la crisi da sola, rimase imbrigliata tra l'uscita dall'altro lato del corridoio e quel canto malinconico che proveniva dalla stanza della musica.

Puoi scappare anche molto lontano, Candy, ma il tuo passato ti raggiungerà sempre. Prima o poi ricorderai, ovunque tu sia.

Avrebbe sempre fatto così male? Forse, se avesse finalmente fatto chiarezza nel suo cuore, annullando quel contrasto continuo tra odio e attrazione, sarebbe stato tutto più semplice.

Doveva capire, analizzare i suoi sentimenti. Anthony. Terry. Albert. Tutto sarebbe dovuto tornarle.

Ma, per farlo, doveva entrare in quella stanza. Ora.
 
- § -
 
Albert batteva sui tasti come se volesse imprimervi tutta la sua frustrazione. La canzone gli sgorgò dalle labbra, seguendo la melodia, senza che neanche se ne accorgesse.

Era da tempo che non suonava il piano e non pensava che fosse così facile ricordare dove mettere le dita, che sembravano trovare da sole la strada giusta. Quando aveva finito di lavorare, con largo anticipo sulla sua tabella di marcia, aveva lasciato lo studio ed era stato allora che la stanza della musica lo aveva attratto in maniera irresistibile.
Trascinato dalla melodia, stava sfogando su quello strumento e con la sua voce tristezza e incertezze.

Candy era stata per pochi istanti fra le sue braccia e lo aveva malamente respinto. Aveva cominciato a uscire e ne era lieto, ma si stava allontanando sempre più da lui. Sentì che la stava perdendo in via definitiva e doveva farsene una dannata ragione.

Per quanto ancora poteva struggersi per Candy, attendendo col cuore in gola che si ricordasse di lui? Perché doveva continuare a infliggere quel danno a se stesso? Era un uomo e doveva accettare la realtà, andare avanti con la sua vita. Se l'era ripetuto tante di quelle volte che ormai aveva smesso di dare retta persino a se stesso: di certo, era pessimo a seguire i propri consigli.

Gli bastava vederla per veder crollare tutti i buoni propositi, neanche fosse un ragazzino innamorato.

Ma era così che si sentiva, lui, l'incrollabile e libero William Albert Ardlay. Per quanto tentasse di ricostruirsi, tutto si sbriciolava non appena pensava a Candy, come un castello di sabbia eretto male.

Sospettò che anche l'esperienza in carcere non lo avesse aiutato molto nel processo, ma ormai non aveva più importanza: si sarebbe concentrato sulla risalita degli Ardlay e sul comunicato ufficiale che sarebbe avvenuto a breve.

Spingendo con il diaframma, prese una nota più alta ma le dita scivolarono sui tasti e la melodia stonò per un breve istante. In quel preciso momento, la porta di aprì sull'unica persona che non credeva di vedere.

La stonatura divenne una specie di cacofonia quando le sue mani si abbandonarono sul pianoforte alla cieca e lui spalancò gli occhi, incredulo: "Candy", mormorò maledicendosi per averla chiamata nel modo sbagliato.

Ma lei non parve essersene accorta ed entrò quasi con circospezione, come se stesse cercando di convincersi che fosse una buona idea.

Ora, nel silenzio, si sentivano solo il rumore della pioggia e occasionali tuoni.

Candy lo guardava con occhi carichi d'odio.

Pensava che lo detestasse da quando si era svegliata, ma la verità era che non aveva mai visto un'espressione così netta sul suo viso. Quel viso bello dove le lentiggini spiccavano sulla pelle di porcellana e che lui avrebbe solo voluto riempire di baci e carezze.

Il volto tanto amato.

E la bocca, stretta da un'emozione tanto forte da assottigliare le labbra fino a farle sparire.

"Tu", esalò con un disprezzo che gli pugnalò il cuore. Sarebbe bastata quella singola parola a ucciderlo, ma quella che una volta era stata Candy continuò, implacabile: "Tu hai ucciso Anthony! Tu sei la causa del mio trauma e della perdita della mia memoria!".

A ogni frase il tono si alzava e a ogni parola il pugnale diveniva una spada che lacerava vasi sanguigni e organi vitali. Albert si sentì come se lo stesse davvero ferendo nella carne viva. Il coltello che aveva ricevuto nella coscia era stato una carezza, al confronto.

D'improvviso, accecato dal dolore ma anche dalla rabbia, strinse i pugni e disse nel tono più pacato e fermo che gli riuscì: "Non è vero". Una frase banale, quasi infantile forse, ma di cui era davvero convinto.

Perché lo era, giusto? Per anni aveva vissuto con quel peso sul cuore ed era stato proprio durante una gita a Lakewood con Candy che aveva affrontato i fantasmi di quel passato.

"Hai organizzato una maledetta caccia alla volpe e lui è morto cadendo da cavallo!", gli gridò avvicinandosi di un passo. Ancora un po' e avrebbe potuto stringerla fra le braccia. Ma mai, mai Candy era stata così vicina eppure distante. Neanche quando lui si trovava in un altro continente.

"Dovevo presentarti alla famiglia e quella era una tradizione", spiegò a voce più bassa. "Dio solo sa se non ho sognato milioni di volte di tornare indietro nel tempo e non prendere quella decisione. Ma non è possibile. Non più".

"Una tradizione?!", ripeté lei con un sorriso cattivo. "Una tradizione mortale che ha ucciso il tuo unico nipote, il figlio di tua sorella defunta, il ragazzo di cui mi ero innamorata! Tu me l'hai tolto per sempre!".

Un fulmine squarciò il cielo e il tuono esplose, quasi la natura stessa volesse sottolineare la gravità di quelle affermazioni.

"Io volevo solo... renderti felice". La voce rotta, l'oppressione che gli schiacciava il petto, Albert disse così piano quelle parole che non fu sicuro che Candy le avesse udite nel frastuono della pioggia finché non parlò di nuovo, colpendolo definitivamente a morte.

"Non mi hai reso felice. Non c'eri neanche al momento del mio incidente? Sono sicura che anche se oggi sono senza traccia della mia memoria la colpa è tua e io... IO TI ODIO! Ti odio con tutto il mio cuore, William Ardlay!".

Un altro rombo di tuono, la vista che si offuscava, gli occhi spalancati come per vedere meglio nella nebbia dell'incredulità. E, infine, Candy che gli finiva di stritolare il cuore facendolo esplodere in mille pezzi sanguinolenti.

Albert fece un paio di passi indietro, vacillando senza fiato, come se si trovasse di fronte a un essere demoniaco e non alla donna che amava.

Candy lo odiava, Candy lo aveva appena ucciso.

Incapace di trattenere dentro di sé quel dolore lacerante, Albert appoggiò una mano al muro, chinò la testa, prostrato, e lasciò che le lacrime bollenti si staccassero dagli occhi ancora spalancati per l'orrore e gli rigassero il viso.

Odiava mostrarsi debole davanti a una Candy completamente diversa, ma non riusciva a trattenerle così come non poteva più sopportare le fitte lancinanti che lo torturavano ancora e ancora. Da morti non si dovrebbe smettere di soffrire? Ma lui, povero illuso che non era altro, aveva un corpo vivente e ad essere morte erano solo la sua anima e le sue speranze.

Fu costretto a rimanere appoggiato al muro ancora qualche istante per cercare di controllare il tremito che lo affliggeva nelle braccia e nelle gambe, nonché il respiro spezzato dai singhiozzi silenti che cercava di reprimere, fallendo miseramente.

Quando si sentì in grado di camminare di nuovo, si diresse barcollando come un ubriaco verso la porta.

Doveva uscire di lì.

Doveva allontanarsi dalla donna che non sarebbe mai stata sua e che lo odiava tanto da avergli riversato addosso un veleno letale.

Accecato dalle lacrime, afferrò il pomello della porta al secondo tentativo e quasi urlò dalla sorpresa quando sentì delle dita sfiorargli il viso, come per asciugarle.
Con un verso stupito si girò per incontrare gli occhi lucidi di Candy e dovette sbattere le palpebre a lungo per metterla bene a fuoco.

"Stai... piangendo a causa mia?", gli chiese mentre l'umidità si accumulava illuminandole lo sguardo e si riversava in una scia lungo le guance.

"E tu? Per chi stai piangendo?", le chiese con voce soffocata. "Per Anthony?".

Candy scosse la testa, piano, portandosi le mani al capo come se le dolesse. "No", disse con tono stupito, forse non rendendosi conto di ciò che le stava accadendo. "Il tuo dolore... il tuo dolore mi ferisce. Mi fa male. Io...".

La donna che gli aveva gridato poco prima quanto lo detestasse ora stava asciugando le sue lacrime, come lui stesso aveva fatto con lei tante volte in passato. Il gesto lo sorprese e lo commosse, lo lasciò senza parole e gli fece venir voglia di abbracciarla.

Invece rimase lì, impalato, a fissarla senza sapere bene cosa aspettarsi.

Candy strinse gli occhi, spingendo le mani sulle tempie: "Cosa mi sta succedendo? Io dovrei odiarti e invece... cosa mi hai fatto?".

Albert si strinse nelle spalle, incapace di proferire parola, e rimase immobile mentre lei alzava di nuovo il viso per guardarlo come se vedesse qualcosa di stupefacente. Deglutendo a fatica, si rese conto che lo guardava con compassione, persino con dolcezza.

Non era possibile, non poteva essere cambiata così di colpo solo per averlo visto piangere!

Eppure... eppure ecco che le sue mani riprendevano ad accarezzarlo con un tocco lieve, tenero, che gli fece salire altre lacrime agli occhi, poi chiuderli per perdersi nel suo calore: "Candy", invocò prendendo con delicatezza una di quelle mani e portandosela alle labbra, baciandola con nostalgia struggente.

Avrebbe dato dieci anni della propria vita perché quel momento non finisse mai.

Candy ansimava e piangeva, non cercava di allontanarsi. "Dio mio", esalò guardandolo ancora negli occhi, "io non ti odio... io non riesco a odiarti... credevo... in realtà... in realtà...".

Albert le fece un lieve cenno col capo per indurla a parlargli senza remore, le proprie mani che si abbassavano senza lasciare le sue.
"In realtà...?", il suo fu quasi un sussurro.

"Albert", sentire quel nome dalle sue labbra, pronunciato in modo così dolce, portò nuove lacrime di gioia e lui sentì il bisogno di baciarla. Stava per farlo, ma Candy si accasciò tra le sue braccia, svenuta, forse preda di emozioni troppo contrastanti e forti.

"Candy", mormorò prendendola in braccio e adagiandola sul divano.

Sedette accanto a lei, stringendo la sua mano tra le proprie. Sarebbe dovuto andare a chiamare il dottor Carter, ma voleva assaporare ancora per un po' quel momento.
Candy non lo odiava. Candy si era lasciata toccare. Candy poteva ancora essere sua.

Fuori, come accadeva nei romanzi, il temporale stava diminuendo d'intensità mentre la sua speranza rinasceva.
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I prossimi aggiornamenti, come prima, avverranno sempre di venerdì.
   
 
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