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Autore: Ananke_ildestino    12/09/2021    0 recensioni
Ookurikara e Mitsutada sembrano bloccati in una relazione destinata a non cambiare mai, ma la scoperta di un segreto e una difficile battaglia potrebbero essere l'occasione di cui hanno entrambi bisogno.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Altri, Ookurikara, Shokudaikiri Mitsutada
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'universo di Touken Ranbu è estremamente ampio e in continuo movimento, per questo mi sento in dovere di specificare che mi sono basata soprattutto sul videogioco nella sua versione originale giapponese, oltre che sulle due serie animate (Hanamaru e Katsugeki). L'ultima spada aggiunta alla cittadella è, al momento della pubblicazione, Himezuru Ichimonji.


La notte era da poco calata sulla cittadella, eppure la vita al suo interno non accennava a fermarsi. A volte Ookurikara pensava che in quel posto ci fosse entusiasmo in eccesso; ad alcuni una bella tisana rilassante non avrebbe certo nuociuto, primo tra tutti Tsurumaru. In quel momento però non poteva proprio lamentarsi di lui, stava facendo compagnia a Sadamune che altrimenti si sarebbe infilato lì in cucina, con loro, rovinandogli uno dei momenti migliori della giornata.
Stava diventando un'abitudine settimanale di Mitsutada quella di prenotare la cucina dopo cena: faceva degli esperimenti culinari che poi serviva a tutti i Dategumi per avere un giudizio preliminare. Raramente i suoi piatti ricevevano un voto inferiore all'eccellente. Sin dal principio Ookurikara si era offerto volontario come aiutante intuendo che quella fosse un’occasione unica per poter restare finalmente solo con Mitsutada. Durante la giornata c'era sempre qualcuno, sempre! E la notte spesso l'altro era così stanco da addormentarsi praticamente all'istante. Certo se Ookurikara gli avesse detto che voleva la sua compagnia sicuramente lui si sarebbe sforzato di restare sveglio, ma non voleva forzarlo inoltre non era nella sua natura esprimere ad alta voce i propri desideri.
Per questo si godeva quei momenti con lui; mentre cucinava Mitsutada era anche più felice, quel sorriso che inconsciamente gli affiorava sul viso era incredibilmente seducente. Era anche molto concentrato, Ookurikara poteva fissarlo quanto voleva, tanto l’altro non se ne sarebbe accorto o quasi.
Nella stanza c'era un silenzio sereno, gli unici suoni erano quelli degli strumenti che si muovevano. Ookurikara aveva il compito di tagliare le pesche a spicchi, avrebbe potuto farlo ovunque, ma si era messo proprio accanto a Mitsutada che quella sera aveva deciso di provare un nuovo dessert di sua invenzione. Forse era stato ispirato da qualcosa che Azuki gli aveva fatto provare, solitamente era lui il fratello l'esperto di dolci.
- Kara-chan, sono pronte le pesche? - gli domandò l'altro Dategumi con il tono di chi si sta godendo il momento.
L'altro fece solo un suono affermativo, mentre gli passava la ciotolina in cui le aveva messe. Le loro mani si sfiorarono appena. Per Ookurikara fu sufficiente affinché un brivido lo percorresse. Non fece trasparire nulla, era la sua specialità nascondere le sue emozioni. I suoi occhi però andarono a cercare l’unico di Mitsutada, che già era tornato al lavoro. Per lui non c'era stato nulla.
Ookurikara si rabbuiò: perché doveva essere l'unico a provare un sentimento tanto forte? Aveva provato a negare anche a sé stesso le sue emozioni, ma alla fine aveva dovuto farsene una ragione: era innamorato di Mitsutada. E non era un mero sentimento platonico; no, lo desiderava completamente. Avrebbe voluto poterlo toccare molto più di quel leggero sfioramento che avevano appena avuto. Ingoiò il fastidio, non poteva rovinare la serata tanto attesa da Mitsutada. Iniziò a lavare alcune stoviglie, ma il suo sguardo tornò ad sollevarsi sull'altro. Non c'era niente da fare, c'erano momenti in cui lo desiderava ancora più del solito e quella sera era proprio così. Tutta colpa di quel dannato corpo umano che avevano ricevuto quando erano rinati in quel posto assurdo. Quando era una spada nulla di tutto ciò era mai accaduto, né sarebbe potuto succedere.
- Mitsutada. - lo chiamò, improvvisamente curioso di sapere cosa ne pensasse lui. - Cosa pensi della forma che abbiamo ora? -
L'altro alzò l'unico occhio su di lui, palesemente sorpreso. Ookurikara poteva capirlo, era raro che fosse lui ad iniziare una conversazione e ancora più difficile che esulasse così tanto dall'immediato. Mitsutada non era però uno che si faceva problemi o che amava metterlo in difficoltà, e dopo un secondo il solito sorriso radioso si aprì sul suo viso: - Che c'è Kara-chan, non ti piaci? Io trovo che tu sia proprio un bell'uomo. -
Ookurikara sbuffò, non era il complimento che cercava, inoltre già sapeva che il significato che Mitsutada dava a quella frase era diverso da quello che avrebbe desiderato lui.
- Non intendevo in quel senso. - ribatté tornando a lavare gli strumenti, come a chiudere l'argomento.
Al contrario Mitsutada si mise una mano sul fianco e si raddrizzò, guardandolo con curiosità: - E in che senso allora? -
Ookurikara si prese il suo tempo prima di rispondere e cercò una maniera per spiegarsi in modo comprensibile: - Parlavo di tutto ciò che questo corpo umano porta con sé: a differenza di quando eravamo spade possiamo fare molte più cose, ma siamo anche più fragili, le nostre emozioni sono più vivide, i sensi sono aumentati, siamo forzati a comunicare e condividere... -
Il tenero sorriso che gli lanciò Mitsutada gli chiuse la bocca.
- So che per te è complicato socializzare, Kara-chan, ma credo che questa forma abbia tanti vantaggi. Dopo tanti anni come spada non è interessante cambiare prospettiva? -
Era sempre così positivo e solare. Già, che stupido era stato a chiedere una cosa simile a un ottimista. Quel che Mitsutada non sapeva era quanto fosse faticoso vivere un amore a senso unico, un sentimento che come spada non avrebbe mai potuto provare. Avevano passato insieme il momento migliore della loro vita come oggetti al fianco di Date Masamune, avevano coscienza di sé allora, si sentivano compagni, ma era tutto così diverso dal loro presente.
Lo guardò di sottecchi, senza rispondere. Nessuno s'aspettava lo facesse. Indubbiamente Mitsutada trovava piacevole quel corpo che gli consentiva di cucinare, era veramente bellissimo mentre faceva quel che più amava.
Terminarono la preparazione e riordinarono la cucina senza ulteriori conversazioni. Non parlavano molto tra loro, eppure Mitsutada era sicuramente la persona che lo conosceva di più. Frutto del vantaggio d'aver passato buona parte della loro esistenza insieme Lo comprendeva anche piuttosto bene, nella maggior parte dei casi, perciò tra loro non era sempre necessario parlare.
- Kara-chan andiamo ad assaggiare il frutto del nostro lavoro. Sono certo che Sada-chan e Tsuru-san saranno impazienti. Quando ho detto che avremmo provato a fare un dolce gli occhi di Sada-chan si sono illuminati, lo hai visto anche tu? -
- Ah. - rispose soltanto, mentre chiudeva la porta alle sue spalle e seguiva Mitsutada lungo il corridoio. Era iniziata la sua chiacchierata a senso unico, lo faceva spesso, gli bastava sentire i suoi monosillabi di risposta per andare avanti anche per ore. A Ookurikara però non dispiaceva, la sua voce aveva un bel timbro chiaro e non troppo basso, al contrario di lui. Trovava meno apprezzabile l'abitudine a condividere i meriti del suo lavoro. Non aveva fatto nulla in cucina se non seguire banali istruzioni e pulire, il cuoco era Mitsutada. Eppure si intestardiva a usare il plurale e Ookurikara si era già stancato di protestare a riguardo.
Arrivati alla stanza che Tsurumaru e Sadamune condividevano nella nuova cittadella si mise un po' in disparte, mentre Mitsutada distribuiva le quattro ciotole. Ookurikara non aveva fratelli, quei quattro erano la sua unica famiglia, se così si poteva definire. Osservò distrattamente Sadamune gettare con foga il cucchiaio e riempirsi la bocca un istante dopo. Tsurumaru stava invece facendo facce e versi d'apprezzamento, uno più assurdo dell'altro. Mitsutada rideva divertito, mentre con una mano coccolava il più piccolo e gli raccomandava di non ingozzarsi. Erano tutti così solari e vivaci, perché solo lui era così cupo? Eppure non poteva cambiare la sua natura, semplicemente non si sentiva veramente all'altezza, ma loro lo avevano accolto comunque. Decise di affogare i suoi inutili pensieri nel cibo, quello non lo tradiva mai, specie quando era cucinato da Mitsutada. Aveva appena distolto lo sguardo e infilato il cucchiaio che sentì l'altro sedersi proprio accanto a lui.
Si girò sorpreso e in cambio ricevette un sorriso: - Ti dispiace se ti faccio compagnia, Kara-chan? -
All'inizio aveva odiato quella sua mania di chiamare tutti qualcosa-chan, ora non ci faceva nemmeno più caso.
- No, fai pure. - gli rispose tornando ad abbassare lo sguardo. Avrebbe voluto concentrarsi sul dessert e dare un giudizio sensato, ma ora il leggero calore del corpo di Mitsutada che lo sfiorava gli impediva di pensare ad altro. E se si fosse girato di scatto e lo avesse baciato, bloccandolo contro la parete? No, non doveva nemmeno pensarci. Come avrebbero potuto continuare la loro convivenza poi?
Mangiarono in silenzio il loro dolce, mentre gli altri due iniziavano a scrivere in coppia una delirante recensione. Solo dopo un attimo Mitsutada ricominciò: - Kara-chan, perché ti metti sempre in disparte? Siamo la tua famiglia. So che ti senti, senza motivo, inadeguato, ma per noi sei prezioso così come sei. -
Gli sorrise di nuovo, con ancor più calore. Ora il desiderio di baciarlo era ancora più forte. Distolse lo sguardo, che Mitsutada pensasse fosse imbarazzato, in realtà doveva recuperare un certo contegno. Imprevista una mano guantata si posò sulla sua testa come a confortarlo. Lo amava, ma quando si comportava così lo odiava anche un po': non era un bambino!
- Su, Kara-chan, - gli disse poi spingendolo delicatamente - andiamo a dare le nostre opinioni per la recensione. -
Di malavoglia Ookurikara si spostò più vicino al tavolino dove i restanti Dategumi stavano facendo un sacco di rumore. Sadamune non attese nemmeno che poggiasse la ciotola ormai vuota sul tavolo che gli si fiondò in braccio. Sospirò, ma non riuscì a trovare il coraggio per toglierselo di dosso. In fondo quelle dimostrazioni d'affetto gli facevano piacere.

Terminata la loro assurda e inutile scheda di valutazione, lui e Mitsutada si ritirarono nella loro stanza. Tsurumaru si era preso il compito di portare le stoviglie in cucina e ripulirle, mentre Sadamune si era già messo nel futon.
Aveva imparato con il tempo che spiare Mitsutada mentre si cambiava non era una buona idea, anzi. Voltandosi completamente dall'altra parte si spogliò velocemente e si mise nel letto con solo i boxer addosso. Quando si voltò Mitsutada si stava chiudendo in vita lo yukata che indossava per dormire, ormai erano talmente sincronizzati che ogni sera si ritrovava a fissare le sue mani finalmente libere dai guanti che chiudevano la cintura in vita con perizia. Con una certa nobiltà nei gesti Mitsutada si infilò sotto le lenzuola nel giaciglio accanto. Masamune era stato un daimyo noto per le sue capacità in battaglia e le sue stravaganze, ma non mancava certo di buone maniere. Ookurikara sapeva di essere spesso un po' rozzo, anche se c'era gente che lo batteva nella cittadella; al contrario Mitsutada sembrava aver proprio preso tutto il possibile dal nobile Date che li aveva branditi nella loro vita precedente. Era raffinato, a tratti regale, stimato, e indubbiamente un ottimo cuoco. Poi c'era quella benda a nascondere la cicatrice dell'occhio mancante. Mitsutada si stava togliendo la piccola striscia di tessuto proprio in quel momento, lasciando intravedere la pelle martoriata tra le ciocche di capelli che gli ricadevano sulla fronte. Da una parte Ookurikara trovava stranamente sexy la benda, ma temeva che in realtà fosse una disgrazia a cui Mitsutada era stato sottoposto solo a causa del loro precedente padrone. Si guardò il braccio sinistro, con cui si era slegato il codino, il suo tatuaggio non era nulla di che, dover vivere con un occhio solo era tutt'altra questione.
- Kara-chan, spengo la lampada. - gli disse il compagno di stanza, inconsapevole dei suoi pensieri.
- Va bene. - rispose semplicemente, cercando di liberarsi la mente. Era tempo di dormire, non di pensare alle ingiustizie capitate a Mitsutada.
- Buona notte, Kara-chan. - gli augurò l'altro con un mezzo sbadiglio.
Lanciò un'ultima occhiata al suo profilo: - 'Notte. -
Si impose di chiudere gli occhi e di dormire.

Il mattino dopo si svegliò con un peso sul petto, aprì lentamente gli occhi già immaginando il motivo di quella sensazione. Come previsto una delle tigri di Gokotai era riuscita a intrufolarsi nella sua stanza e si era messa a dormire beata su di lui. Nessuno riusciva a spiegarsi l'amore che gli animali provavano per lui, specialmente le tigri. Non che gli dispiacesse, anzi, la loro compagnia silenziosa era a volte preferibile a quella delle altre chiassose spade. I cuccioli non volevano sempre sapere come stavi o cosa stavi facendo. Guardò ancora mezzo addormentato il felino che respirava lento raggomitolato su di lui. Accanto il letto di Mitsutada era già rifatto, sicuramente era già andato in cucina per preparare le colazioni. Da quando era arrivato Azuki, Ookurikara non aveva più spazio. C'era molto da preparare ma la stanza non era grandissima, era quindi stato deciso che i tre più portati, Mitsutada, Azuki e Kasen, si prendessero l'incarico di preparare i pasti. A lui ovviamente la decisione non era andata giù, ma come poteva opporsi? Aveva finto che non gli importasse e squadrava Azuki ogni volta che ne aveva l'occasione. Non che servisse, Azuki aveva un carattere molto simile a suo fratello Mitsutada, non portava rancore né si sarebbe facilmente offeso per un'occhiataccia. Anzi, più di una volta gli aveva offerto un qualche dolce buonissimo per migliorare il suo umore.
Ricordarsi che anche se si fosse alzato non avrebbe visto Mitsutada fino a che non avesse finito con il suo impegno, convinse Ookurikara a tornare a dormire. Non si mosse nemmeno, il peso della tigre era più che sopportabile. D'improvviso però la porta si spalancò con un botto, facendo sussultare sia lui che l'animale.
- Buongiorno Kara-chan! - urlò Sadamune entrando di gran carriera. Si piazzò accanto al letto con le braccia ai fianchi: - È mattina! Cosa fai ancora a letto! -
Ripresosi dallo spavento iniziale, Ookurikara si mise una mano sul volto come a schermare la luce che ora entrava prepotentemente nella stanza. Si sarebbe volentieri girato dall'altra parte, ignorando Sadamune, ma non voleva cacciare la tigre in modo brusco.
Il problema fu rapidamente risolto dall'altro Dategumi, che prese di peso il felino e lo poggiò a terra: - Giù, oppure Kara-chan non potrà alzarsi. -
Una delle caratteristiche delle tantō era la rapidità e Sadamune gliene diede prova anche quella mattina, bloccandolo mentre cercava di voltarsi e sollevando di scatto le coperte al punto da scoprirlo completamente. Ookurikara brontolò con suoni incomprensibili, ma capì che non c'era null'altro da fare se non arrendersi. Sbadigliando si mise a sedere sul letto. Già l'altro gli stava portando i vestiti puliti.
Nel giro di qualche minuto fu pronto a lasciare la sua stanza, trascinato per un polso da Sadamune, mentre ancora sbadigliava e con la tigre di Gokotai che gli trotterellava al fianco. A metà strada incrociarono Tsurumaru, che li stava chiaramente aspettando mentre chiacchierava con Uguisumaru e Ookanehira.
- Buongiorno Kara-bō, vedo che hai compagnia. - Lo salutò chinandosi a solleticare il mento della tigrotta che approvò soddisfatta.
Lui e Sadamune negli ultimi tempi si stavano dando il cambio per tirarlo fuori dal letto. Sospettava fosse stato Mitsutada a chiederglielo, si era preoccupato parecchio quando per alcuni giorni non lo aveva visto nel salone per la colazione.
Andarono insieme nell'enorme sala in cui venivano servite le colazioni. Ogni giorno cinque tantō si davano il cambio per aiutare i tre cuochi nella distribuzione. Si sedettero al loro solito tavolo e subito arrivò Mōri Tōshirō, che era di turno, portando i loro vassoi. Incuriosito dallo strano modo di sedere di Ookurikara si sporse verso di lui, incapace di trattenersi. Notò subito la tigre che si era già accomodata sulle ginocchia del Dategumi, impedendogli di avanzare con la sedia.
Si girò immediatamente e urlò: - Gokotai! La tua tigre mancante è qui! -
Ookurikara avrebbe volentieri fatto a meno di tutto quel chiasso e soprattutto dei riflettori che gli stavano puntando addosso. Il fratellino Awataguchi richiamato da Mōri arrivò correndo insieme ad altre quattro tigri, già piagnucolando delle scuse.
Non sopportava quell'atteggiamento, era incredibile pensare che quel frignone fosse stato un coltello di Uesugi Kenshin. Inoltre a lui il tigrotto non dava nessun fastidio, non c'era motivo per scusarsi. Nonostante ciò impacciato e tremolante come sempre Gokotai si inchinò profondamente al suo fianco, mentre il felino scendeva incurante dalle gambe del Dategumi per riunirsi ai suoi fratelli.
- Non mi ha dato fastidio. - disse allora Ookurikara, più per togliersi di mezzo la seccatura di dover ascoltare la vocina rotta dell'Awataguchi, che per rassicurarlo.
Per la tantō fu però sufficiente per ritrovare sicurezza e buon umore, fece un ulteriore inchino con un sorriso in viso e tornò di corsa dai fratelli.
Tsurumaru lo guardò per un attimo in silenzio mentre si risistemava a tavola.
- Sai Kara-bō, potresti essere meno brusco con i bambini. Ti amerebbero di più. -
- Non mi interessa. - cercò di chiudere il discorso. Fu del tutto inutile, anche Sadamune s'intromise: - Non preoccuparti Tsuru-san, tutti sanno che Kara-chan fa il duro ma in realtà ha il cuore tenero! -
Scoccare un'occhiataccia a quella tantō dalla lingua lunga non servì, perché lui e Tsurumaru iniziarono una gara a chi lo irritava di più con le loro considerazioni non richieste.
Si concentrò sul cibo, cercando di ignorare le loro frasi che lo pungolavano da più lati. Chissà cosa ci trovavano di divertente nel farlo arrabbiare. La vera domanda da porsi forse era perché ancora volesse bene a quei due guastafeste. Erano iperattivi, specie Tsurumaru, e non stavano zitti un attimo. Eppure li sopportava, anzi a volte desiderava la loro compagnia.
D'improvviso la sua attenzione venne attirata dalla porta che dava sulla cucina, Mitsutada ne stava uscendo con Azuki. Stavano parlando e sorridendo. Si infilò in fretta un boccone in bocca per soffocare il fastidio: avrebbe voluto esserci lui al posto dell'altra Osafune. Doveva ammettere che, in realtà, i sorrisi non erano il suo forte. Quando furono a metà sala i due fratelli si divisero. Azuki andò al tavolo con il resto della famiglia, mentre Mitsutada si diresse verso il loro.
A volte Ookurikara si domandava se in realtà non avrebbe preferito stare con la sua famiglia. Quasi tutte le spade erano suddivise in quel modo, a esclusione di rari casi, il più eclatante dei quali proprio i Dategumi.
Lanciò un'occhiata alla tavola degli Osafune, tutti fastidiosamente in perfetto ordine. Anche Kenshin sembrava un piccolo lord. Dire che non gli stavano simpatici era un eufemismo. Da che erano arrivati erano diventati un ulteriore ostacolo tra lui e Mitsutada, e questo gli pareva un motivo sufficiente per non amarli. Il rumore inconfondibile dei passi della tachi di Date Masamune lo riportarono al presente. Quando spostò lo sguardo e i loro occhi si incrociarono gli parve di notare il sorriso dell'Osafune farsi ancor più largo.
- Buongiorno. - li salutò allegro, sedendosi con grazia proprio accanto a Ookurikara.
- Com'era la colazione? - domandò dopo che tutti ebbero ricambiato il saluto.
Come solito Sadamune si lanciò in un lungo ed eccessivo elogio. Ogni tanto anche Tsurumaru s'inseriva, mentre Ookurikara restò in silenzio. Il suo giudizio non aveva bisogno di essere espresso: se finiva quanto gli era stato servito era buono, altrimenti no.
- Ah Kara-chan, - disse poi Mitsutada considerando concluso l'argomento cibo - oggi sei di turno alle stalle, lo sai? -
Rispose con un grugnito. No, non lo sapeva e non ne era felice.
- Che peccato, Kara-bō, avrei voluto esserci io con te. - s'intromise Tsurumaru - l'altra volta ho scoperto alcuni modi divertentissimi per preparare degli scherzi geniali nelle stalle! -
- Sul serio, Tsuru-san? La prossima volta voglio venire con te! -
Le due spade di Masamune guardarono rassegnate gli altri due esaltarsi all'idea di rovinare la giornata a qualcuno. Ma dopotutto Tsurumaru era fatto così, e Sadamune amava andargli dietro.
Ignorando i due esagitati Ookurikara tornò a rivolgersi a Mitsutada - Con chi? -
- Yamanbagiri Kunihiro. -
Ookurikara sospirò sollevato; almeno era uno che lavorava senza fare inutili domande e cercare di entrare in simpatia. Era affidabile e modesto, tutto il contrario dell'altro Yamanbagiri, il fratello di Mitsutada, che era altezzoso e strafottente; nonostante non fosse ufficialmente un Osafune sedeva con loro e guardava tutti dall'alto in basso, soprattutto la sua replica.
Un attimo dopo le chiacchiere tra i suoi tre commensali vennero interrotte da Mōri Tōshirō che tornava per sparecchiare. Mitsutada era ora libero, qualcun altro si sarebbe preso il compito di risistemare la cucina. Lui avrebbe dovuto andare alle stalle, ma aveva ancora del tempo, potevano passarlo insieme.
Tsurumaru si dileguò quasi subito, aveva in programma un allenamento con Kogitsunemaru, Sadamune invece era stato requisito da Monoyoshi per una "riunione di famiglia", così aveva detto. Anche Sada era strambo, aveva dei fratelli ma preferiva stare quasi sempre in compagnia degli altri Dategumi. Le due spade di Masamune si ritrovarono sole in un batter d'occhio. Mitsutada gli sorrise: - Mi accompagni, Kara-chan? Devo tornare in camera a prendere delle cose. -
- Ah. - gli rispose mentre s'alzava a lo seguiva.
Riuscirono solo a raggiungere l'uscita della stanza prima che una mano guantata con un inutile cinghia a mo’ di braccialetto si posasse sulla spalla del suo compagno.
- Ehi fratello. - lo chiamò Koryuu allegro - Azuki ci ha detto che hai preparato un dolce nuovo ieri, perché non lo fai assaggiare anche a noi? -
Koryuu Kagemitsu era il fratello il cui aspetto infastidiva di più Ookurikara: voleva sembrare un ribelle, ma era sempre perfettamente pettinato, i vestiti scelti con cura. Anche quel braccialetto diceva chiaramente quanta attenzione dedicava al suo aspetto. E poi c'era il drago Kurikara, lo stesso che lui aveva sul braccio, tatuato in piccolo sul suo collo. A causa di quella ridicola somiglianza Koryuu insisteva sempre nel voler far amicizia. Dal canto suo lui non voleva avere nulla a che vedere con un tizio così appariscente.
Improvvisamente gli occhi viola dell'Osafune si posarono su di lui - Kara-san, tu l'hai assaggiato, vero? -
Cercò di ignorarlo, continuando a camminare.
- Ookurikara-san, - sentì pronunciare ad alta voce dietro di lui - devi chiamarlo con il suo nome completo, o il nostro draghetto si offende. -
Era Daihannya. Il peggiore degli Osafune: acuto, anche troppo, sembrava saperne sempre più di chiunque anche se non era alla cittadella da molto. Nonostante fosse uno scansafatiche, soprattutto rispetto ai suoi fratelli, e aveva una insana passione per il saké, riusciva sempre a farla franca e passare per una persona rispettabile. Ookurikara lo odiava, non per la sua personalità, bensì perché aveva capito cosa provasse per Mitsutada e non mancava mai di stuzzicarlo a riguardo.
Ookurikara si immobilizzò, ma non si voltò, non voleva dare a Daihannya la soddisfazione di vedere il suo viso irritato.
Mitsutada cercò di rimediare alla situazione che si era fatta tesa: - Certo, Koryuu, più tardi io e Azuki proveremo a ricreare la ricetta che ho sperimentato ieri sera, poi potremo assaggiarlo tutti insieme. -
Daihannya non mancò d'inserirsi: - Solo noi Osafune? -
Eccolo che iniziava, sapeva anche della sua gelosia.
- Oh beh, dipenderà dalle quantità, ma vorrei salvarne tre anche per i Dategumi... - Mitsutada era candido e ingenuo come solito, era un mistero come lui e Daihannya potessero essere imparentati!
Koryuu s'allungò e prese Ookurikara per un braccio facendolo voltare: - Potremo fare una pausa tutti insieme allora! - disse soddisfatto.
Lo sguardo di Ookurikara si spostò sul sorrisetto furbo di Daihannya, aveva lanciato la rete e stava solo attendendo il momento giusto per prenderlo tra le sue grinfie.
- Oh sì, mi pare una splendida idea, magari Azuki vorrebbe chiamare anche le altre spade di Uesugi Kenshin! - commentò entusiasta Mitsutada.
- Non posso. - s'affrettò ad inserirsi Ookurikara - sono di turno alla stalla. -
- Suvvia Ookurikara-san, - Daihannya fu il primo a prendere la parola - non vorrai deludere così Mitsutada onii-san. -
Ecco il sorriso sornione di chi sapeva di averlo fregato. Faticò a contenere la rabbia, mentre Mitsutada interveniva: - Ma Kara-chan sei di turno solo questa mattina, nel pomeriggio sono sicuro che potremo trovare un momento in cui sarai libero anche tu. -
Maledizione a Mitsutada e a quel suo unico occhio che pareva implorarlo d'esserci, come poteva dirgli di no?
- Vedremo. - rispose asciutto.
Mitsutada come suo solito aveva capito il senso della sua risposta: - Grazie Kara-chan! -
Purtroppo non solo lui.
- Non riesci proprio a negare niente a Mitsutada onii-san, vero? -
Gli occhi rossi dell'Osafune ridevano dalla contentezza. Ookurikara si concesse solo uno schiocco di lingua, mentre s'avviava nuovamente lungo il corridoio.
- Ah, - reagì Mitsutada - Kara-chan è solo molto cortese. Non rifiuterebbe mai un invito. E ora, mi spiace ma devo salutarvi fratelli, a più tardi. -
Ookurikara si stava allontanando a passo spedito, prima fosse andato via meglio sarebbe stato. Sentì Mitsutada correre dietro di lui e raggiungerlo.
- Scusa Kara-chan, i miei fratelli non vogliono essere scortesi, semplicemente non hanno ancora capito bene come interagire con te. -
Finiva sempre così, se Mitsutada era nei paraggi quando incrociava un Osafune appena restavano soli iniziava a scusarsi per conto loro. Nemmeno si rendeva conto che in poche parole lo stava definendo come uno strambo con cui era impossibile parlare. Oh beh, forse era anche vero, non era sicuramente la persona con cui era più facile comunicare. Quello che era sicuramente falso era che Daihannya non facesse tutte quelle punzecchiature di proposito.
Non c'era modo di spiegarlo a Mitsutada senza rivelargli tutta la verità, quindi passò sopra alla questione lasciando cadere il discorso. Bastarono pochi passi affinché l'Osafune trovasse un qualche nuovo argomento più allegro di cui parlare.

Purtroppo i minuti con Mitsutada passarono in fretta, aveva degli ordini da eseguire e non gli piaceva essere in ritardo, quindi s'avviò alle stalle con un certo anticipo. Essere accoppiati, fortunatamente, con una spada affidabile come Yamanbagiri Kunihiro significava poter iniziare presto e finire in fretta. Infatti quando giunse nei pressi della zona dei cavalli trovò ad attenderlo il biondo con gli attrezzi a portata di mano. Si scambiarono solo dei veloci saluti, prima di mettersi al lavoro in silenzio. Kunihiro era una delle prime spade a essere arrivate alla cittadella, aveva una grande esperienza ma anche una sconfinata umiltà. Era uno dei pochi per cui Ookurikara provava del vero rispetto.
Come previsto terminarono il lavoro ben prima di quanto programmato, le stalle risplendevano, i cavalli erano stati spazzolati e mangiavano beati. Stavano sistemando gli ultimi attrezzi, quando una voce li sorprese: - Come immaginavo, avete già finito. Giusto, Fake-kun? -
Yamanbagiri Chōgi si era fermato appena fuori dalla stalla, con una mano sul fianco e un sorriso fastidioso dipinto in volto.
La sua replica non si fece minimamente impressionare: - Quasi, dobbiamo ancora riporre gli attrezzi. -
I due si guardavano dritti negli occhi, come se quella conversazione riguardasse solo loro.
- Allora aspetto. - rispose l'Osafune restando immobile al suo posto.
Ookurikara non sapeva perché, ma sentiva il bisogno di lasciarli soli: - Finisco io di sistemare, tu vai pure. -
Fin dal suo arrivo alla cittadella Chōgi era stato particolarmente litigioso con Kunihiro, nonostante questi non gli desse alcun pretesto. Probabilmente era solo un altro dei suoi scatti in cui sentiva il bisogno di confrontarsi con la sua copia per dimostrare di essere migliore. L'uchigatana bionda sapeva come gestirlo, non ci sarebbero stati problemi, in ogni caso Ookurikara non voleva saperne nulla.
- Grazie. - gli rispose asciutto Kunihiro con un educato inchino.
- Oh, Ookurikara-san, i miei fratelli mi hanno chiesto di riferiti che se volessi unirti a loro si trovano nella sala vicino al laghetto. C'è anche Mitsutada. - riprese Chōgi prima di incamminarsi seguito dall'altro Yamanbagiri.
Avesse aggiunto la firma di Daihannya a quel messaggio, Ookurikara non se ne sarebbe sorpreso. Immaginava anche che avesse dato l'incarico al fratello minore proprio davanti agli occhi di Mitsutada che ora s'aspettava si presentasse alla loro allegra riunione di famiglia. Non ne aveva alcuna voglia, ovviamente. Mentre andava a riporre gli attrezzi, si fermò a riflettere per un attimo. L'unico che sapeva con certezza che avevano già terminato il lavoro era Chōgi, che misteriosamente se ne era andato con Kunihiro. Poteva prendere tempo, non aveva bisogno di andare a mettere la testa nella bocca del lupo così in fretta.
Tsurumaru non era l'unico che conosceva interessanti particolari riguardo alle stalle, anche Ookurikara aveva scoperto qualcosa di utile. C'era un passaggio, vicino al magazzino degli attrezzi, che portava nel sottotetto. Era un po' polveroso, ma arieggiato e soprattutto lontano da tutti. Salì rapidamente e andò a poggiarsi vicino ad una finestrella con l'intenzione di stendersi a riposare un attimo: agli Osafune avrebbe pensato più tardi.
Stava per chiudere gli occhi, quando sentì, proprio lì sotto la voce profonda di Yamanbagiri Kunihiro: - Dove stiamo andando? -
Ookurikara si sporse istintivamente, erano sul retro della stalla, c'erano solo due fienili lì separati da uno stretto corridoio di vegetazione incolta. Dalla sua posizione la spada di Masamune poteva vedere perfettamente ciò che avveniva in quel passaggio, ma da terra chi si intrufolava lì dentro diveniva praticamente invisibile. I due Yamanbagiri stavano appunto percorrendo quel tratto, fino a che, ormai lontano dalla vista, Chōgi non si girò con un sorriso radioso verso Kunihiro che lo seguiva: - Ecco, qui non ci vedrà nessuno. -
Nessuno tranne me, pensò Ookurikara, leggermente preoccupato che quell'isterico potesse commettere qualche assurdità.
Senza nessun preavviso l'Osafune gettò le braccia attorno al collo di Kunihiro, ma non in modo aggressivo, anzi! Lascivo, avrebbe detto Ookurikara.
- Su Kunihiro, non fare quella faccia, finalmente abbiamo un po' di tempo per stare insieme. Soli. -
Il Dategumi rimase di sasso. Lo aveva chiamato "Kunihiro"! Eppure lo aveva sempre sentito usare solo quel fastidioso "Fake-kun"! Al contrario di lui il biondo non sembrò in alcun modo scosso dalla cosa. Le sue mani strinsero alla vita l'originale, come se fosse il movimento più naturale del mondo. Le sue spalle fecero un leggero movimento, uno sbuffo ne dedusse Ookurikara.
- Sei sempre il solito. Era indispensabile venirmi a chiamare? -
- Sì. - gli rispose deciso Chōgi, avvicinandosi però per baciarlo teneramente sulle labbra.
Ookurikara era sempre più scioccato. Quei due, che sembravano cane e gatto, che non avevano nulla in comune se non l'aspetto e il nome, erano amanti?!
Se lo erano perché continuare quella pantomima davanti a tutti? I suoi occhi andarono immediatamente a cercare Chōgi, quel supponente doveva anche essere un gran bugiardo! Evidentemente non aveva ancora deciso se valesse più la sua reputazione, che nessuno considerava tale, o il suo sentimento. Conoscendo Kunihiro poteva benissimo immaginarlo intento a rassicurarlo dicendo che non lo avrebbe tradito e avrebbero potuto continuare a tenere la loro relazione segreta. Forse la bionda uchigatana aveva sottostimato la passione degli Osafune per gli intrighi. Anche Mitsutada amava avere piccoli segreti, ed era sicuramente il più onesto della famiglia dopo Kenshin.
Il Dategumi dovette ammettere a sé stesso che era leggermente deluso da Kunihiro, credeva avesse più buon gusto. Non si poteva dire che Chōgi non fosse bello o in qualche modo affascinante, ma era anche quello che era arrivato solo recentemente come uno sbruffone e aveva iniziato subito a chiamarlo "Fake-kun" come per insultarlo. Eppure che tra i due non ci fosse affatto astio era evidente: al primo bacio ne era seguito un secondo e un terzo, sempre più lunghi e passionali. D'improvviso il biondo con un movimento rapido fece poggiare la schiena dell'uchigatana dai capelli argento contro il muro di uno dei fienili. I loro corpi pressati l'uno sull'altro mentre Kunihiro spostava la testa per leccare sensualmente l'orecchio del suo originale.
Ookurikara si ritirò velocemente, le cose stavano degenerando rapidamente e lui non era un guardone.
Aveva assistito, da spada, a tanti incontri d'amore. Date Masamune aveva una preferenza per le donne, ma non era stato così per tutti i suoi padroni. Sapeva che anche tra uomini l'amore non era solo idealizzazione. Quello che i due Yamanbagiri stavano facendo lì sotto non era diverso.
Nonostante avesse distolto lo sguardo si sentiva ancora frastornato. Era del tutto inaspettato e anche un po' frustrante. Quanto avrebbe voluto poter baciare Mitsutada allo stesso modo.
Nel momento in cui nella sua mente si formò l'immagine dell'Osafune con la benda, i gemiti delle due uchigatana di sotto divennero sempre più sonori. Ookurikara arrossì per loro. In quel posto erano certamente invisibili, ma se avessero continuato a fare un tale casino chiunque fosse passato avrebbe avuto la curiosità di controllare cosa stesse succedendo!
Poi di colpo i suoni divennero più ovattati, probabilmente la mano di uno dei due era scattata a silenziare l'altro. La fantasia di Ookurikara stava però per prendere una strada pericolosa. Scuotendo la testa per liberarsi dalle idee sbagliate si forzò di muoversi per scendere. Avrebbe subìto Daihannya, ma non si sarebbe eccitato come un ragazzino da solo in un sottotetto!

Se la prese con calma mentre tornava verso la cittadella, aveva molto a cui pensare e ben poca voglia di vedere la famiglia di Mitsutada. La scoperta della relazione segreta dei due Yamanbagiri gli martellava il cervello. Non riusciva a togliersela dalla testa e ogni volta finiva per paragonare la loro situazione alla sua: lui e Mitsutada erano lì da molto più tempo, erano sempre stati insieme ma tra di loro non c'era assolutamente nulla, quanto meno non quello che Ookurikara avrebbe desiderato. Ma come cambiare le cose? Ookurikara non riusciva nemmeno a capire quale fosse il parere generico di Mitsutada sulla questione, figurarsi scoprire se avrebbe accettato i suoi sentimenti!
A passi sempre più lenti si stava avvicinando alla stanza che Chōgi gli aveva indicato quando il suono della chiamata d'emergenza risuonò per tutti i corridoi e le stanze. Si riprese immediatamente, un po' di movimento finalmente, qualcosa di serio e non le noiose sessioni di sparring. Ne aveva assoluto bisogno, sia per evitare la rimpatriata con gli Osafune sia per dimenticare quello che aveva visto: sperava proprio d'essere inserito nel gruppo inviato sul campo.
Con tutt'altro spirito girò su sé stesso per dirigersi al piazzale dove erano soliti riunirsi, erano diventati molti ormai, un cortiletto non bastava più.
- Kara-chan! - la voce di Mitsutada lo bloccò. Lo sentì allungare il passo e mettersi al suo fianco
- Allora Chōgi ti ha avvisato dell'invito! - continuò con un sorriso splendente. Non sapeva cosa rispondergli. Sì, era stato invitato, ma non era particolarmente entusiasta della cosa. Forse non era il caso di essere tanto sinceri. Non voleva nemmeno fargli credere che l'idea di passare del tempo con i suoi fratelli lo elettrizzasse. Alla fine, come sempre, scelse il silenzio. Mitsutada avrebbe dato la sua personale interpretazione della cosa. Spesso ci azzeccava.
Seguiti dal resto degli Osafune s'affrettarono a raggiungere il luogo della riunione. Hasebe si presentò come solito orgoglioso del suo incarico di segretario. Alle sue spalle Tomoegata Naginata si mostrava ritto e altezzoso. Il ruolo di Heshikiri Hasebe era stato assolutamente indiscusso per anni, a nessuno interessava un compito tanto gravoso e noioso. Ma da quando era arrivata la bianca naginata non facevano che gareggiare tra loro per rubarsi il posto, al punto che la Saniwa aveva dovuto mettere entrambi allo stesso livello e affidare gli incarichi alternativamente a entrambi. Quel giorno era evidentemente il turno di Hasebe.
Si attesero i canonici quindici minuti, ma poi con la sua usuale e inutile pompa l'uchigatana del clan Kuroda spiegò brevemente la situazione: - Dobbiamo intervenire ancora una volta a Kyoto, durante il periodo Sengoku. -
Varie voci s'alzarono: - Ancora? -
La disciplina non era la specialità di quella cittadella, ma Hasebe decise di fingere di non aver sentito e si schiarì solo la voce a mo’ di raccomandazione, poi continuò: - Ho qui la preziosa lista che la nostra Saniwa ha stilato per noi. Qui ci sono i nomi dei sei... -
- Datti una mossa Hasebe! - giunse un urlo dal gruppo, a cui seguirono numerose risate e il viso dell'uchigatana che si contorceva per la rabbia. Nel mentre Ookurikara si guardò attorno, non vedeva i due Yamanbagiri, probabilmente erano ancora appartati insieme e nemmeno si erano accorti del segnale. Fatti loro. Se fossero stati chiamati non si sarebbe fatto scrupoli ad andare a stanarli.
Nel frattempo, dalla sua posizione leggermente rialzata, Hasebe aveva riacquistato la giusta tranquillità e iniziò a elencare: - Uchigatana Kuwana Gō, Uchigatana Ookurikara, -
Sì! Perfetto! Si sarebbe dimenticato di tutto, almeno per un po'! Sentì la mano di Mitsutada che gli si posava sulla spalla, come a fargli i complimenti, mentre la lista continuava: - Tachi Shishō, Ootachi Tarōtachi, Yari Tonbokiri, Capitano Tachi Ichigo Hitofuri. -
Era una buona squadra, soprattutto erano tutti componenti tranquilli, a esclusione di Shishō, ma da solo non avrebbe potuto nuocere a nessuno. Inoltre il suo Nue era indubbiamente simpatico, specialmente quando si accoccolava sulle gambe durante l'inverno.
Avevano un altro quarto d'ora per prepararsi prima di partire, si guardò attorno ma Mitsutada sembrava essersi improvvisamente volatilizzato. Pazienza, lo avrebbe rivisto al ritorno. Sospirò e s'incamminò vero la sua stanza.

Tsurumaru e Sadamune vennero ad affacciarsi mentre si cambiava, per fare qualche battutina tra un incoraggiamento e l'altro. Erano già stati molte volte a Kyoto in quello specifico periodo storico, non c'era da preoccuparsi, eppure Sadamune sembrava sempre in apprensione quando qualcuno dei Dategumi andava in missione senza di lui. Ookurikara era tranquillo, gli poggiò una rassicurante mano sulla testa mentre usciva in corridoio, affidandolo a Tsurumaru.
Arrivò davanti al dispositivo di trasporto spazio-temporale per primo, anche se fu raggiunto un attimo dopo da Tarōtachi. Il gigantesco Ootachi lo salutò educatamente ma non aggiunse nulla. Alla spicciolata ma in breve tempo sul posto arrivarono tutte le katane prescelte.
- Siamo pronti? - domandò ad alta voce Ichigo Hitofuri. Era arrivato per ultimo, ma Ookurikara già immaginava quanto fosse stato difficile tranquillizzare tutti quei fratellini. Erano la vera palla al piede di Ichigo, sarebbe stata una spada incredibile e invece era ridotto a fare da mamma chioccia a decine di tantō.
La mano della spada di Toyotomi Hideyoshi stava già per poggiarsi sul dispositivo, quando la voce di Mitsutada li fermò: - Un attimo Kara-chan! -
Ookurikara si voltò di scatto. Perché chiamava lui se il capitano era Ichigo? I loro sguardi si trovarono e subito un sorriso si fece largo sul viso di Mitsutada. Aveva corso e portava con sé dei pacchetti. Dietro di lui veniva Azuki accompagnato da Kenshin e Gokotai che a loro volta portavano qualcosa.
- Abbiamo preparato dei bento. Non siete nemmeno riusciti a pranzare oggi, non fa bene combattere a stomaco vuoto. - spiegò l'Osafune di Masamune mentre si avvicinava al suo compagno di sempre e gli lasciava il pranzo. Le loro dita si sfiorarono appena.
Poi Mitsutada abbassò la voce a quasi un sussurro: - Stai attento Kara-chan, ok? -
Ookurikara fissò intensamente l'occhio dorato dell'altro, ma alla fine ruppe il contatto visivo e rispose con uno dei suoi soliti commenti: - Sono sempre attento. -
Con la coda dell'occhio lo vide sorridere, cosa c'era da sorridere? Disorientato Ookurikara raggiunse gli altri e a un nuovo segnale di Ichigo Hitofuri vennero trasportati sul capo di battaglia.

Come previsto le prime schermaglie non diedero alcun problema alla squadra di katane. Sapevano cosa aspettarsi e il loro attuale livello era più che sufficiente per eliminare i loro avversari in un batter d'occhio. Con quel ritmo sarebbero tornati tranquillamente entro la notte alla cittadella. Ichigo non era però un capitano che anche nelle missioni più facili si faceva trascinare dall'entusiasmo. Inoltre dava molta importanza al parere dei suoi compagni e li ascoltava spesso. Proprio per quello si erano appartati sotto una pianta nella pianura antistante Kyoto a valutare la prossima mossa. Ookurikara non era un tipo particolarmente riflessivo, ma apprezzava quando il capitano della sua squadra si dimostrava così attento. Dopotutto sapeva perfettamente di non essere adatto a guidare una spedizione, preferiva di gran lunga essere solo un membro qualunque.
Stavano ancora valutando che direzione prendere, quando il Nue di Shishō iniziò a innervosirsi, muovendosi rapidamente da una spalla all'altra del suo padrone.
- Nue! Non agitarti così! Si può sapere cosa... - iniziò a lamentarsi la bionda tachi voltandosi nella direzione che sembrava indicare la creatura. Non terminò la frase, ma urlò: - Kebiishi!! -
Immediatamente tutta la squadra si voltò allarmata sfoderando le spade. A pochi passi da loro uno squadrone di kebiishi stava per coglierli alla sprovvista, fortunatamente il Nue li aveva avvisati con un breve ma sufficiente anticipo per non essere annientati sul posto. C'erano due ootachi, tra i nemici, due yari, una tachi e una wakizashi. Questi erano avversari assai più pericolosi di tutti quelli che avevano incontrato quel giorno messi assieme. Non lasciarono loro il tempo di organizzarsi, le due yari si gettarono su di loro come falchi. Kuwana riusci a schivare la lancia per un pelo, ma la seconda colpì Tarōtachi su un fianco. L'enorme ootachi si rigirò senza dar segno d'aver subito il colpo, ma i suoi occhi fulminarono il nemico mentre calava su di lui la sua smisurata katana. Nella maggior parte dei casi un fendente da parte di Tarōtachi era sufficiente per eliminare un qualunque avversario, ma non con i kebiishi. Mentre Tonbokiri e Ichigo faticavano a ricacciare i rispettivi oppositori, l'Awataguchi chiamò a gran voce la formazione. Nonostante i Kebiishi gli stessero arrivando addosso da ogni lato riuscirono seppur con fatica a mettersi in posizione. In quel modo avrebbero potuto respingere al meglio il nemico, ma quando si guardarono l'un l'altro la situazione parve tutt'altro che favorevole. Tarōtachi aveva il fianco bagnato dal sangue che fuoriusciva dalla sua ferita, ma nel frattempo anche Shishō e Kuwana erano stati colpiti e i loro abiti erano macchiati di rosso in più punti. La cosa fu notata anche dai kebiishi, immediatamente una delle due ootachi nemiche si lanciò verso il Gō, Tonbokiri non le lasciò raggiungere il suo obiettivo, fermando il fendente con la sua lancia. Non fu una mossa vincente, immediatamente la wakizashi avversaria come un serpente s'avvicinò e colpì la yari a un braccio. L'urlo di Tonbokiri fu come un segnale, tutti i loro oppositori si lanciarono all'unisono contro di loro, nessuno poté più difendere un compagno, dovevano pensare solo a sé stessi.
Ookurikara si ritrovò ad affrontare una yari, riuscì a evitare tutti i pericolosi affondi, mettendo però a segno solo pochi colpi. Sapeva in ogni caso di avere la sfida in pugno, doveva solo avere pazienza. D'improvviso vide con la coda dell'occhio Shishiō cadere accanto a sé, istintivamente si girò e fu una disattenzione che non poteva permettersi. La yari non glielo perdonò, con un colpo secco s'infilò nella sua guardia e gli squarciò il fianco, appena sotto l'ascella. Solo la rabbia fu più forte del dolore: con tutta l'adrenalina che aveva in corpo si voltò rapidamente e con un colpo secco mozzò la testa della yari di netto. Senza frenare i suoi movimenti tornò a concentrarsi su Shishō e trafisse con rabbia la tachi che stava per abbattersi sul biondo a terra, protetto strenuamente dal suo fedele Nue.
Pochi attimi e sull'improvvisato campo di battaglia ci fu solo il suono dei loro respiri affannati. Nessuno era stato risparmiato, ognuno aveva le sue ferite più o meno gravi. Passarono alcuni attimi prima che le katane venissero rinfoderate e tornasse la calma.
Ookurikara si sporse offrendo un braccio a Shishō per aiutarlo a rialzarsi. La tachi sembrava molto scossa. Si rimise in piedi ed immediatamente il suo Nue gli si lanciò attorno al collo, avvolgendogli le spalle con fare protettivo.
Kuwana poco distante si reggeva a Tonbokiri, mentre Ichigo e Tarōtachi cercavano di bendare alla bell'e meglio le rispettive ferite.
Ookurikara guardò il suo fianco e la maglietta bianca che diveniva di secondo in secondo sempre più rossa e bagnata. Sospirò, faceva male, ma non era nulla che non sarebbe guarito con una benda e un po' di riposo.

Ovviamente Ichigo decretò la fine della missione e la ritirata, continuare in quelle condizioni era impossibile, c'era solo il rischio che qualcuno si spezzasse, per nulla. Il rientro non fu agevole, né immediato. Ricomparvero alla cittadella a notte inoltrata. Hasebe era là che li attendeva, accanto a lui mezzo addormentato poggiato alla uchigatana c'era Shinano Tōshirō, avvolto nella sua sciarpa.
Appena li vide, il segretario della Saniwa balzò in piedi allarmato, risvegliando anche il piccolo Awataguchi.
- Siamo ancora tutti interi. - lo rassicurò Ichigo, prima ancora che l'altro avesse il tempo di domandare.
Shinanō aveva gli occhi sbarrati puntati sul fratello maggiore, ma venne immediatamente riscosso dalla voce di Hasebe: - Shinano, vai subito a chiamare Yagen! E digli di attenderci in infermeria! -
La tantō ci mise un attimo a registrare la richiesta, ma poi partì come un fulmine in direzione della loro camerata.
Nel frattempo l'uchigatana si era avvicinata per dare una mano, andando a sorreggere Kuwana Gō al posto di Tonbokiri: - Cosa è successo, Ichigo? -
- Kebiishi. - rispose semplicemente la tachi, dando la mano a Shishō che stava traballando sui gradini che portavano al porticato.
Non venne scambiata nessun'altra parola tra loro mentre s'avvicinavano all'infermeria. Ookurikara sapeva che c'erano solo due posti e che i due più gravi tra loro era Kuwana e Shishō, senza dubbio. Guardò distrattamente verso lo squarcio che aveva nella maglia: si poteva anche bendare da solo e poi mettersi a letto. Più il dolore diventava forte, più sentiva l'assurdo bisogno di vedere Mitsutada, di sentire la sua voce e ammirare il suo sorriso. Non avrebbe ceduto al suo egoismo e non lo avrebbe svegliato, ma lo avrebbe almeno guardato dormire pacifico. Doveva tornare da lui, subito.
Appena Yagen arrivò, trafelato mentre ancora si infilava il camice, Ookurikara si voltò verso i suoi compagni di sventura facendo un educato inchino, nonostante il dolore al fianco.
- Vi lascio, buonanotte. -
Ichigo e Hasebe provarono a protestare, ma la spada di Date Masamune nemmeno li ascoltò, aveva già girato sui tacchi diretta verso la sua stanza, verso Mitsutada.

Entrò lentamente e il più silenziosamente possibile nella sua camera. Durante il tragitto si era levato la maglia e l'aveva gettata tra la biancheria sporca. Nell'anticamera aveva trovato una lanterna accesa, un bicchiere d'acqua e un onigiri con un biglietto. "Bentornato Kara-chan" ci aveva scritto Mitsutada prima di andare a letto. Un lieve sorriso increspò le labbra di Ookurikara, forse non erano amanti, ma il loro era certamente un rapporto speciale, e tutto grazie a Mitsutada. Senza far rumore mangiò la polpetta di riso e poi con cautela si spogliò. Alla luce tremolante della lanterna si pulì la ferita con l'acqua che gli aveva lasciato con tutt'altro scopo l'Osafune. Prese le bende dalla loro scorta personale e se le arrotolò attorno al petto, stringendo il più possibile. Quando gli sembrò che fosse sufficiente, mise via tutto, trovò un pennello e dell'inchiostro e scrisse "grazie" sotto la bella calligrafia del collega, lasciando il biglietto nel piatto ora vuoto.
Con la lanterna in mano entrò nella stanza da letto, Mitsutada dormiva pacifico. Il suo bel viso, rovinato solo da quella cicatrice sull'occhio destro, era tranquillo e rilassato. Ookurikara si avvicinò lentamente, incapace di trattenersi gli scostò una ciocca di capelli e gli carezzò dolcemente una guancia. Quanto avrebbe voluto vedere il suo sorriso, sentire la sua rassicurante voce, invece c'era solo quel sordo dolore e il suo bisogno di baciarlo, che diveniva sempre più difficile da combattere.
Sospirò, come a mettere a tacere tutto quanto dentro di lui. Poggiò la lampada su un mobile e soffiando la spense. Andò verso il suo letto, pure nel buio non ebbe problemi, quella era la sua stanza; sua e di Mitsutada, e questo era uno dei privilegi di cui godeva.
Faticò a sdraiarsi, ma trovata una posizione non troppo dolorosa scivolò rapidamente nel sonno.

   
 
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