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Autore: cassiana    13/09/2021    6 recensioni
Becky, algida e severa manager è a Miami per concludere un affare importante. Il suo collega la convince a seguirlo sullo yacht del carismatico Raul potente, ma ambiguo uomo d'affari. Ma le cose non vanno come previsto e Becky incontra Richard, appassionato attivista ambientale, nonché fratello della sua migliore amica Brenda. Nel tentativo di salvarsi i due finiscono nella foresta del Belize tra mille pericoli che li faranno avvicinare e riavvicinare in maniera pericolosa.
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La famiglia Jones ovvero Londoners '80'
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Fine corsa








Con un sospiro delle sospensioni il pullman si fermò in uno spiazzo spoglio, quella che doveva essere la stazione delle corriere di Belize City. In effetti il luogo era piuttosto squallido e male in arnese. Da una parte sorgeva un edificio malmesso dai muri che dovevano aver visto tempi migliori, giallognoli e scrostati, probabilmente la biglietteria. Accanto al muro c'erano delle panche di legno rovinato e sbianchito dal sole dove sedevano numerose persone in attesa di prendere la propria corriera. Alcuni ragazzini giocavano a palla a un lato del cortile circondato da un'alta rete che vibrava rumorosa ad ogni pallonata. Una bambina passava di persona in persona con un cesto di bicchieri di plastica ripieni di macedonia. Si andava a rifornire a un banchetto poco distante dal quale una donna vendeva limonata e altre bibite fresche. Becky si guardò intorno, non sapeva cosa si fosse aspettata, pensava che per essere una città di un paese tropicale fosse abbastanza deprimente. Quel penoso viaggio tuttavia le era servito per pensare, sempre che si potesse chiamare riflettere il susseguirsi di pensieri sconnessi che le erano passati per la mente tra uno starnazzare, un grugnito e un pianto. In più le mani calde di Richard addosso non avevano contribuito a farla pensare con la lucidità che avrebbe voluto. Le aveva detto che non la disprezzava, le aveva salvato la vita e lei lo aveva anche schiaffeggiato. Che poi era un po’ il riassunto di tutta la loro relazione. Ma Richard aveva l’esecrabile capacità di farle perdere la pazienza e in quel caso specifico le aveva tirato fuori la sua grande paura. Non riusciva a perdonare il padre, lei lo aveva adorato da piccola. Ricordava la delusione anno dopo anno quando lui non sembrava ricordarsi nemmeno della sua esistenza, ogni compleanno, ogni Natale e ogni altra festività si concludevano con le sue lacrime contro il cuscino. Fino a che aveva deciso che non solo avrebbe chiuso con lui per sempre, ma non si sarebbe mai più trovata in una situazione simile. Per poi innamorarsi di un vagabondo, un uomo che non riusciva a stare fermo nello stesso luogo per più di pochi mesi alla volta, sempre impegnato ad occuparsi delle grandi questioni. Proprio come suo padre, il grande neurochirurgo idolatrato dai media che non si era neanche degnato di passare dall'ex moglie che si stava spegnendo in quello stesso grande ospedale dove operava. Becky sorrise sarcastica alla propria stupidità, aveva proprio ragione Richard. Il quale le stava facendo cenno di darsi una mossa. C'erano un paio di taxi che aspettavano fuori dalla cancellata. In uno il tassista era seduto a leggere il giornale, lo piegò con attenzione e lo mise via, fece loro un sorriso cordiale che spiccò sulla pelle scura. Uscì dalla macchina mentre chiedeva loro dove volessero andare.

- All’Alto Commissariato britannico, per favore.

Becky si guardò i vestiti e arricciò il naso:

- Non posso presentarmi così, sono in uno stato orribile!

Richard alzò gli occhi al cielo. Il tassista fece una risatina guadagnandosi un'occhiataccia da parte della donna.

- Non andrò in un edificio governativo conciata in questo modo.

Disse recisa Becky incrociando le braccia.

- Va bene, va bene. Passiamo prima all'associazione: ho una specie di alloggio lì.

Becky lo guardò un momento con un'espressione interrogativa, ma non fece altri commenti. Man mano che si addentravano, la città sembrava riacquistare un suo certo fascino caraibico. Grandi ville coloniche bianche si alternavano a grappoli di case colorate. Il tassista e Richard stavano intrattenendo una chiacchierata sulle corse dei cavalli e sul Derby della Regina, le voci profonde e calme stavano avendo un effetto soporifero su Becky che sentì la stanchezza fisica e mentale caderle addosso come un macigno. Stentava a tenere gli occhi aperti e più volte la testa crollò in avanti. Richard le scoccò diverse occhiate in tralice e s'intenerì nel vedere la ragazza così stravolta dalla stanchezza.

- Puoi passare per Freetown Road, per favore?

Il tassista annuì, ammiccando dallo specchietto in accordo con Richard: avrebbe fatto la strada più lunga per dare qualche momento in più di riposo alla donna. Becky, senza essersene resa conto, si era appoggiata a Richard che le teneva una mano sulla spalla per non farla cadere. Gli uomini abbassarono le voci.

- Siamo arrivati.
- Dove siamo?

Mormorò Becky stropicciandosi gli occhi.

- Alla sede dei Greenfighters, come richiesto da sua signoria.

Rispose Richard, che era già sceso dalla macchina, facendole un inchino sarcastico. Becky gli rispose con una smorfia derisoria e scese a sua volta. La sede dell'associazione era un palazzino giallo, come quasi tutti in quella via stretta e acciottolata, i muri a buccellato avevano bisogno di una nuova mano di vernice. Bandierine colorate andavano per tutta la via da una finestra e l'altra. Lo aveva notato anche prima: era come se la città si stesse preparando per una qualche festività locale. Richard si mise d'accordo col tassista, chiedendogli di aspettarlo un momento mentre lui andava a prendere i soldi in camera sua. Becky si appoggiò alla macchina, con le braccia incrociate. Il tassista le si accostò e si passò una mano sui riccioli grigi.

- Il suo amico è una persona in gamba.
- Sì, lo è. Lo è davvero. Da quanto lo conosce?
- Solo dalla stazione degli autobus a qui. Ma ho un certo occhio per le persone.

Becky sarebbe stata curiosa di sapere cosa ne pensava di lei, ma in quel momento Richard tornò e pagò la corsa. Gli uomini si salutarono con grandi sorrisi dopodichè finalmente la coppia entrò nell’edificio. L'androne dell'associazione era più fresco della strada, i muri erano ricoperti di bacheche di sughero a buon mercato dov'erano appese le comunicazioni importanti, volantini, brochure, bandiere dei Greenfighters e altre associazioni affiliate, cartine che mostravano il Belize e le sue attrazioni. Al desk c'era una ragazza carina dagli occhi a mandorla azzurri e la pelle butterata di un marrone chiaro, fece un gran sorriso a Richard, mettendo in mostra un apparecchio per i denti:

- Sei tornato...Ci hai messo parecchio stavolta!
- Ho avuto qualche contrattempo. Questa è Becky, sarà mia ospite per un po’.

Becky salutò cordiale l'altra ragazza e chiese:

- C'è un telefono, qui?
- Si certo! Ce n'è uno a gettoni nella sala comune. O, se hai bisogno di privacy, ce ne sta un’altro anche nell'ufficio di Angie.
- Va bene dai, ci pensiamo dopo.
- No devo chiamare Hugo.
- Il lavoro innanzitutto, eh? Vabbè, io intanto mi faccio la doccia. Quando hai finito con Hugo, puoi trovarmi al primo piano, terza porta a destra. Le docce sono in fondo al corridoio. Vado a parlare con Angie e a dirle che sei qui.

Che andasse pure al diavolo, pensò Becky stizzita. Hugo era l’unico che dovesse sapere per certo dove fosse finita, dato che i suoi capi non ne erano al corrente, né aveva un accidente di nessuno che si interessasse della sua sorte. A parte Brenda, che era convinta che se la stesse spassando in crociera. E doveva dire due paroline al collega, non sarebbe stato piacevole. In attesa che arrivasse qualcuno Becky si era fermata a parlare con Eliza, la ragazza al desk, che le stava raccontando entusiasta le attività dell'associazione.

- Becky? Finalmente ti conosco! Ricks mi ha parlato di te ed ero proprio curiosa di incontrarti.

La donna era poco più bassa di lei e aveva gli occhi azzurri più chiari che avesse mai visto, quasi trasparenti. Le sue morbide labbra erano aperte, però, in un sorriso cordiale e Becky si chiese cosa avesse detto di lei Richard alla sua ex compagna. Angie portava i capelli a dreads raccolti in un nodo scomposto, indossava una canottiera a motivi tye&dye gialli e azzurri e pantaloni morbidi di cotone blu, ai piedi delle semplici infradito nere. Pur se così semplice emanava da lei una sorta di esuberante energia.

- Ricks mi ha detto che hai bisogno del telefono.
- Si, credo sarà un'intercontinentale, mi dispiace. Ma appena recupero i miei soldi ti risarcirò naturalmente.
- Oh, ma non preoccuparti di questo cara! Immagino vorrai chiamare a casa, è naturale.
- Veramente, è una chiamata di lavoro.

Gli occhi di Angie si strinsero per un momento, ma subito la donna le fece un sorriso e la prese a braccetto. Si voltò un attimo a fare un'espressione di scherno a Eliza e accompagnò Becky verso il suo ufficio. Era funzionale, con schedari appoggiati alle pareti, grafici e cartine alle pareti e un computer Macintosh nuovo di zecca alla scrivania di legno recuperato su cui c'era anche un grosso telefono nero a disco.

- Prego, fai pure la tua telefonata. Vedo di recuperare qualche cosa da farti mettere, intanto.

Quando entrò nella stanza di Richard, dopo la telefonata, Becky aveva in mano biancheria, un telo di spugna e uno degli abiti di Angie. La donna le aveva detto:

- Forse ti starà un po' corto e largo, sai questi fianchi olandesi!

E le aveva fatto l'occhiolino. Becky non riusciva ad inquadrarla, non sapeva se la stesse sottilmente prendendo in giro o peggio, o se quello fosse il suo modo di fare. Si chiese se non fosse solo gelosa di quella che, in fondo, era stata la compagna di Richard per ben tre anni e si scoprì curiosa di sapere come mai si fossero lasciati. Un po' invidiava quel loro rapporto fatto ancora di cameratismo, nonostante tutto. Fece un sorrisetto quando la locuzione le venne in mente: a casa conservava con cura i tanti bigliettini che lui le aveva inviato negli anni assieme a mazzi su mazzi di girasoli quando meno se lo aspettava con proprio quella frase scritta su. Posò i vestiti su una sedia e si guardò intorno, la stanza di Richard era più larga che lunga, non ampia. Contro una parete, sotto alla finestra, c'era un letto singolo con una sovraccoperta blu. Una serie di cassette della frutta di legno impilate l'una sull'altra in maniera piuttosto ingegnosa fungevano da comodino su cui c'era solo una lampada e un libro aperto a metà, appoggiato con la copertina verde verso l’alto. Becky strizzò gli occhi, cercando di leggere il titolo: qualcosa che aveva a che fare con i custodi della Terra. Appoggiati all’altra parete c'erano una scrivania con una libreria stracolma e uno stretto armadio. Le pareti bianche erano punteggiate da un paio di poster, uno sulle specie di tartarughe marine e uno di Che Guevara e una bandiera cubana era drappeggiata sopra il letto. Qualche vestito spiegazzato e calzini appallottolati in giro completavano il quadro. Becky sorrise, sembrava la cameretta di un ragazzino: probabile che Richard avesse le stesse cose nella sua stanza al college. Appese alla libreria c'erano una serie di foto. Una, in particolare, attirò la sua attenzione: c'erano Brenda e Richard giovani e sorridenti e tra loro il barboncino Pongo, ancora cucciolo. Un'altra foto mostrava un Richard universitario, aveva i capelli ancora lunghi e niente barba, che si teneva per le spalle con un ragazzo ben piantato dalla zazzera rossa e la faccia lentigginosa, forse il suo amico Ian. Mentre Becky si appoggiava per vedere meglio le foto, la scrivania traballò e uno dei libri malmessi si schiantò sulla superficie, lei fece per rimetterlo al suo posto in fretta, ma dalle pagine scivolò un'altra foto. Questa era in bianco e nero, con i bordi un po’ rovinati e spiegazzata, segno che doveva aver fatto una vita movimentata. Mostrava una giovanissima Becky sorridente con i capelli ancora lunghi che indossava un chiodo nero che le stava larghissimo. Era stato Richard a scattarle quella foto, infatti il giubbotto era il suo e a dire il vero era l’unica cosa che lei stesse indossando al momento. Becky rimise in fretta tutto a posto, il cuore che le batteva forsennato non sapeva neanche lei perché. Proprio in quel momento Richard entrò in camera, indossava solo le infradito e un asciugamano avvolto attorno ai fianchi. Becky rimase senza fiato ad osservarlo, la bocca asciutta: il torace era ancora umido, i pettorali segnati e una v rovesciata sui fianchi che andava a morire sotto l'asciugamani. Richard si tirò indietro i capelli umidi e fece un sorrisetto consapevole.

- Lo spettacolo è di tuo gradimento?

Becky si riscosse:

- Ero solo sovrappensiero, non stavo guardando te.
- Allora decidi: o vai a fare la doccia o resti qui a guardarmi sovrappensiero mentre mi vesto.

Aveva sul volto quell'espressione impertinente che la faceva sciogliere sempre.

- Non oseresti.

Affermò lei prendendo, intanto, le proprie cose.

- Scommetti?

Rispose Richard con una mano già sul bordo dell'asciugamani.

- Sei proprio un'idiota a volte.

Rispose Becky scivolando tra lui e la porta con fare superbo e sobbalzando quando lui le diede una pacca sul sedere sghignazzando:

- Deficiente!

Mentre l'acqua tiepida le scorreva sulla pelle Becky ripensò a tutto quel viaggio. Doveva darsi una calmata e stare meno sulla difensiva, decise. In fondo era vero che i motivi di scontro con Richard erano tanti, ma era vero anche che fosse innamorata di lui e non poteva più negarlo. Forse poteva lasciarsi un po' andare, in fin dei conti lui la conosceva fin troppo bene ed era inutile cercare di darsi un contegno con qualcuno che ti aveva vista nuda e inzaccherata di fango dalla testa ai piedi o col quale avevi condiviso i pasti, le sigarette e i baci. Si scrollò l'acqua dalla testa. E poi c'era pur sempre quell'Angie intorno. E ok il cameratismo e tutto il resto, ma perchè rischiare? Becky uscì dalla vasca e spannò lo specchio. Si guardò in viso, sorrise, negli occhi una lucentezza nuova. Non sapeva cosa sarebbe accaduto da lì in avanti, ma quella settimana era stata fin troppo imprevedibile e perchè non provarci, dopotutto. Come dicevano, quando erano ragazzi: non resistere, segui il flusso. Becky decise che avrebbe seguito l'onda e avrebbe visto dove l'avrebbe portata.
Quando se la vide davanti Richard non riuscì a trattenere un sorriso, a parte gli ultimi giorni, era sempre stato abituato a vederla più che perfetta in abiti di alta sartoria invece in quel momento Becky aveva i capelli ancora umidi e indossava un vestitino estivo rosso scuro a motivi batik che le arrivava alle ginocchia, ai piedi gli scarponcini e sembrava così giovane.

- Cosa?

Chiese lei vedendo il suo sorriso.

- Mi ricordi una ragazzina che ho conosciuto tanti anni fa.
- Era interessante?
- Mah non so, girava sempre con mia sorella.

Le fece l'occhiolino e Becky ridacchiò.

- Dai, sarà meglio andare.

Ma quando arrivarono davanti al consolato, dopo un’altra corsa in taxi del cui costo Richard si era lamentato dato che avrebbero potuto prendere l’autobus, i due si resero conto che gli uffici aperti al pubblico erano chiusi e poterono solo segnalare la presenza di Becky. Con un gemito la ragazza si mise le mani nei capelli capendo che ogni pratica doveva essere rimandata al giorno successivo:

- Oh no! E ora come faccio? Non ho documenti, non ho soldi...sono come una di quegli sbandati, apolidi: una profuga!
- Eddai, ora non esagerare! Sai che facciamo? Ora andiamo a mangiare all'ostello e poi ti presterò la mia camera per stanotte.
- Molto conveniente per te.
- A parte, che non sarebbe la prima volta che dormiamo insieme. Ma no, non ti preoccupare, andrò a dormire da qualche amico.
Becky arricciò il naso, non le sarebbe dispiaciuto per la verità passare la notte con lui, perciò protestò:
- No, non posso permettertelo!
- Andiamo zucchina, non è una cosa che non ho mai fatto, dormire qua e là. Si vede che hai bisogno di farti un bel sonno e di stare un po' per conto tuo. Basta, sono stanco anche io e non mi va di discutere.

Becky suo malgrado cedette, era davvero troppo stanca per armare una polemica tra l'altro sterile, avevano avuto una giornata lunga. Ma era un po’ delusa. Anche Richard aveva voglia di stare per conto suo, il contatto così ravvicinato con Becky l’aveva snervato e non solo in senso negativo. Ad ogni minuto che passava avrebbe voluto stringerla a sé e baciarla. Aveva bisogno di riflettere e rimettersi insieme.
Durante la cena Becky ebbe modo di conoscere gli altri appartenenti all'associazione: erano di tutte le età ed etnie e provenivano un po’ da tutto il mondo. Una cosa li accomunava, la passione per quello che facevano, salvaguardare il pianeta dall’incuria e dall’egoismo degli uomini.
Richard chiacchierava e rideva, ma si vedeva che anche lui fosse stanco. Le presentò un ragazzone ivoriano che parlava un inglese con una voce gutturale dall'incredibile morbido accento che si era dimostrato disposto ad ospitare Richard per quella notte. A un certo punto, mentre Becky era sola a sorseggiare un bicchiere di vino rosso scadente, Angelina la raggiunse, una bottiglia di birra in mano. Angie inclinò la bottiglia verso il suo bicchiere e Becky rispose a quella specie di brindisi. Era curiosa di conoscere meglio la ex di Richard e non le dispiacque fare due chiacchiere con lei. Inevitabilmente finirono per parlare dell’uomo:

- Pensavo vi foste lasciati di comune accordo.
- No no, l'ho lasciato io. Semplicemente non si può competere con l’associazione.
- Già, il salvataggio dell'ambiente e tutto il resto…

Il tono di Becky si era fatto sarcastico, mentre roteava gli occhi verso l’alto e Angie ribatté sincera:

- Certo! Cosa c'è di più serio? Nemmeno Ricks è così importante.

Becky suo malgrado, ridacchiò. Angie guardò nel vuoto, dopo aver fatto un sorso di birra, riprese a parlare:

- No, era qualcosa di più indefinibile, un fantasma che lo perseguitava forse, non so. Era come distratto, pensieroso e non mi cercava neanche più...sai in quel modo.
- Ti tradiva?
- Chi, l'integerrimo Richard? No, no. Te l'ho detto: era qualcosa di più indefinibile. Figurati che una volta l'ho sorpreso a comprare un mazzo di girasoli. Lui disse che erano per me. Ma io li detesto e lui lo sa. Ma sarai stanca e io ti ho tenuto qui con le mie chiacchiere. Vado a cercare Ricks a dirgli di portarti via.

Le diede una pacchetta su un ginocchio e si allontanò. Becky la guardò ondeggiare via con un groppo in gola. Non si era davvero aspettata quella rivelazione e prima ancora la scoperta della foto. Una minuscola speranza stava rifiorendo nel suo cuore e si trovò a sorridere. Forse era un po’ brilla. Richard la scorse tutta sola, le gote rosse per l’alcol e le labbra modellate all’insù. Avrebbe dato qualsiasi cosa per tenerla tra le proprie braccia quella notte. Invece, la chiamò e la scortò verso l’alloggio. Mentre si separavano Richard diede le ultime indicazioni a Becky:

- Sei fortunata, ho cambiato le lenzuola prima di partire.

- Allora, sei sicuro che non vuoi restare qui stanotte?

Provò un’ultima volta Becky guardandolo da sotto in sù. Richard deglutì, era così difficile resistere a quegli occhi da cerbiatta, ma represse l’impulso di spingerla dentro e rispose:

- Ci vediamo domani mattina, zucchina.
- Non chiamarmi zucchina!
- Preferisci micetta?
- Vattene, idiota!


   
 
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