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Autore: mughetto nella neve    14/09/2021    1 recensioni
"[...]Arriva la sera che è stanchissimo e ancora non vede la fine della giornata. Si sente come se lasciasse indietro confezioni di cibo aperto. È una cosa che gli ha sempre dato fastidio quando era a casa. Suo fratello era solito andare a spiluccare in dispensa, aprendo pacchi di biscotti o di patatine; era capace di mangiare la frutta e lasciare la buccia all’angolo del tavolo. Lovino lo ha più volte minacciato di morte se non correggeva quella pessima abitudine.
Probabilmente questa è una delle tante millantate ragioni per cui Feliciano ha deciso di non andare alla sua stessa università.
[...]"
[ Fratelli Italia-centric | Human!AU | "Back to High School" di FanWriter.it ]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nord Italia/Feliciano Vargas, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Autore: mughetto nella neve 
Fandom: Hetalia Axis Powers 
Personaggi: Nord Italia (Feliciano Vargas), Sud Italia (Lovino Vargas)
Generi: Introspettivo
Avvertimenti: AU
Note:

★ Iniziativa: Questa storia partecipa a “Back to High School” a cura di Fanwriter.it!
★ Numero Parole: 3134
★ Prompt/Traccia: A e B sono cresciuti insieme. Stessa scuola, stesso sport, stesse compagnia. Ma ecco che dopo il diploma A si trasferisce all’estero, mentre B rimane in patria. Per la prima volta non sono insieme.



 

Da un paio di giorni non fa che piovere a Napoli. 

Lovino non è un grande amante della pioggia forse perché - esattamente come succedeva a Roma - la città assorbe l’acqua come una spugna, ingrossandosi a tal punto da non risultare vivibile. Le strade si riempiono di macchine, le pozzanghere sono sempre più grandi, la gente non guarda dove cammina, il suo zaino si bagna con tutti i libri all’interno.

Probabilmente chi dice di amare tanto la pioggia è qualcuno che può permettersi di rimanere dentro casa per interi pomeriggi senza avere su di sé la responsabilità di fare la spesa o andare a lezione. Lovino ricade nella seconda categoria, ovviamente. Da quando è andato a vivere da solo c’è sempre da fare; se non strettamente collegato all’appartamento, allora all’università o al lavoro che si è trovato.

Arriva la sera che è stanchissimo e ancora non vede la fine della giornata. Si sente come se lasciasse indietro confezioni di cibo aperto. È una cosa che gli ha sempre dato fastidio quando era a casa. Suo fratello era solito andare a spiluccare in dispensa, aprendo pacchi di biscotti o di patatine; era capace di mangiare la frutta e lasciare la buccia all’angolo del tavolo. Lovino lo ha più volte minacciato di morte se non correggeva quella pessima abitudine.

Probabilmente questa è una delle tante millantate ragioni per cui Feliciano ha deciso di andare alla sua stessa università. Potrà negarlo quanto vuole, ma Lovino sa che dietro tutte quelle storie su quanto Monaco sia “la scelta migliore, lo giuro, bellissima, perfetta, proprio la città che cercavo” c’è una malcelata insofferenza verso di lui.

Suo fratello è sempre stato maledettamente furbo … oltre che falso come una banconota da tre euro. Non gli direbbe mai che si è iscritto ad un’università a milioni di chilometri da qui perché rigetta totalmente una possibile convivenza. Abbastanza sciocco, gli verrebbe da commentare, hanno avuto la stessa casa per anni. E non solo. Stessa materna. Stessa scuola elementare, poi media e superiore. Con Lovino sempre un anno avanti che doveva trattare bene i suoi libri perché dopo li avrebbe avuti il fratello, che si vedeva raggiunto dallo stesso ad ogni intervento e spesso doveva sentirlo ripetere la lezione del giorno.

Feliciano non si è mai lamentato di simile routine. È sempre stata la normalità. Dove andava Lovino, lì lo raggiungeva Feliciano. Cos’è cambiato? Lovino forse dovrebbe smettere di pensarci e rassegnarsi alla realtà. Tanto suo fratello non gli avrebbe mai detto la verità.

Così come non lo avrebbe davvero videochiamato come ha detto avrebbe fatto oggi. Lovino scrolla la pagina word che sta faticando a riordinare. Gli appunti presi gli sembrano improvvisamente privi di senso. La stessa lezione gli appare confusa, a tratti scialba poi improvvisamente astrusa ed ingarbugliata. Lovino sbuffa, guardando il telefono. C’è un nuovo messaggio.

Feli 

↳ Ancora altri 15 min poi ti videochiamo. Tu ci sei?

Con nuova stanchezza riprende a guardare lo schermo del computer. Come immaginava: Feliciano avrebbe continuato a rimandare la chiamata un quarto d’ora alla volta fino a che, messo spalle al muro dalle due ore e mezza di ritardo, avrebbe confessato di non potersi connettere per un motivo o per un altro.

Non capisce perché faccia così. Cos’è? È arrabbiato con lui? E dire che è sempre stato Lovino quello famoso nell’essere permaloso; forse anche suo fratello lo è, ma è di quelli che preferisce prendere le distanze invece che continuare a borbottare fino a quando qualcuno non viene a chiedergli dove sia il problema.

Lovino dovrebbe prendere di petto la situazione; ma la verità è che ora è lui quello infastidito da tutta quella situazione. Come non esserlo? È stato lasciato solo. Feliciano avrebbe dovuto raggiungerlo dopo essersi diplomato ed invece, cosa fa? Rompe la tradizione che è durata una vita e che li ha visto avere gli stessi amici, fare la stessa scuola, lo stesso sport; se ne va in Germania!

Prende un lungo respiro, guardando di sbieco i propri appunti. Qualcosa ha preso a lampeggiare nella barra delle applicazioni sottostante. Preme sull’icona per capire quale sia il problema e si stupisce nel notare l’icona di suo fratello. Feliciano lo sta effettivamente chiamando.

Lovino ha un sussulto e si affretta a premere la cornetta verde. Suo fratello appare immediatamente e dietro di lui c’è un muro verde tempestato di lucine e fotografie. Lo sente parlare, ma non arriva nessun suono alle sue orecchie. Guarda in maniera confusa lo schermo cercando di capire dove sia il problema. Banalmente, aveva tolto il volume dell’audio.

«Aspetta che non ti sento» gli dice, tornando a riattivarlo. 

Feliciano ha continuato a parlare senza sosta e Lovino non ci impiega molto a capire che il suo stesso microfono è spento. Con un sospiro lo attiva ed in poco tempo la voce del fratello riempie la sua stanza.

«―venduto la macchina del nonno! Lo so che l’hai fatto, me l’ha detto mamma!» Feliciano in chiamata ha una voce incredibilmente più acuta. Ha le sopracciglia aggrottate e si tira dietro i capelli lasciando visibili le proprie orecchie.

«Te l’ho detto che l’avrei fatto. Era vecchia, si mangiava un sacco di olio» gli risponde immediatamente. Non ha idea del perché abbia tirato fuori un simile argomento o perché adesso lo osservi imbronciato. Lovino alza gli occhi al cielo: «Intendi tenermi il broncio per tutta la chiamata? Guarda che, se devi fare così, non serviva chiamare»

Sente lo sbuffo di suo fratello e lo guarda abbassare lo sguardo, ora meditabondo. Sa che sta pensando al nonno. Hanno sempre avuto un rapporto particolare quei due: passavano molto tempo assieme, come due complici che se la ridevano e sembravano avere sempre un segreto da condividere. Lovino si era sempre sentito lontano da simile giro, ma lui aveva la mamma e questo (si diceva) bastava.

Le cose erano cambiate con l'insorgenza della malattia del vecchio. Tra ricoveri e trattamenti, la maglia che lo aveva legato a tutta la famiglia - a Feliciano, in particolare - aveva cominciato a sfilacciarsi. Il nonno era diventato una figura sempre più lontana, sconosciuta. Forse è per questo che suo fratello mostra un così forte attaccamento verso la sua eredità: sono le poche cose che gli sono rimaste.

«Almeno posso vedere cosa hai comprato con quei soldi?» si sente domandare, poco dopo.

Lovino si prende del tempo prima di rispondere: «No» 

È pur sempre vero che se Feliciano fosse stato davvero interessato all’eredità del nonno, non avrebbe mollato tutto per andarsene a Monaco. È inutile lamentarsi adesso. Sarebbe dovuto rimanere a Roma; se ci fosse stato, forse non avrebbe dato via la macchina o magari l’avrebbero venduta assieme.

«Ma perché sei così cattivo con me? Non me lo merito!» prende a lamentarsi suo fratello, sempre più accigliato. Lo guarda esattamente come faceva da bambino, quando voleva che giocasse con lui e Lovino mentiva - dicendo di non avere tempo e di dover fare cose da grandi.

«Ti meriti questo e molto altro» commenta con asprezza. Sa che Feliciano non lascerà cadere l’argomento facilmente, così decide di chiudere personalmente la faccenda: «Comunque, l’ho fatto perché mi servono i soldi. Un appartamento costa un bel po’ quando si è da soli»

Suo fratello fa schioccare le labbra: «Forse ti dovresti cercare un coinquilino»

«Forse ti dovresti fare gli affari tuoi, dato che hai avuto la brillante idea di andartene a fanculo e di lasciarmi qui da solo» rimarca allora Lovino, mettendo su un sorriso tirato. 

Odia quando l’altro si comporta in quella maniera. Odia il suo tono di voce passivo-aggressivo, la sufficienza che usa per parlargli come se lui fosse il migliore. Migliore di cosa poi? Lo ha abbandonato per andarsene a fare Beni Culturali in Germania. Quanto può essere migliore una persona che fa una cosa simile?

«Oddio, Lovi! Ancora? Hai passato tutta l’estate a lamentarti! Pensavo l’avessimo superata arrivati a questo punto!» recita allora Feliciano, con un nuovo picco acuto nella voce. Lovino si scopre ad abbassare l’audio per evitare che qualcun altro nel palazzo possa sentirlo. «Ed invece sei ancora arrabbiato con me. Non ti vergogni a prendertela con il tuo tenerissimo fratellino?»

«Neanche un po’» bercia, a denti stretti.

«Cattivo» lo accusa l’altro, mostrandogli poi la lingua offeso. «Per il resto, come stanno andando le— oh! Ho un’idea! Perché non facciamo quel gioco dove ognuno di noi può fare una sola domanda e l’altro può rispondere solo sì o no?»

Lovino storce la bocca: «Ma che gioco sarebbe?»

«—e vince chi capisce per primo come sta andando all’altro!» conclude Feliciano trionfante, non badando al suo scarso trasporto. È tipico di lui un comportamento simile: si professa quest’anima sensibile ed empatica e poi non si fa scrupoli ad ignorarlo e fare come meglio crede.

Lovino lo sa: entrambi sono molto testardi, ma hanno un modo diverso per esprimerlo. Lui ha sempre avuto la fama di quello brontolone, che non faceva altro che lamentarsi fino a che non otteneva ciò che voleva. Feliciano, di contro, non ha mai ritrattato una sua posizione; tutti i suoi progetti li ha sempre portati a termine, che gli altri fossero d’accordo oppure no.

«Allora? Ti va?» gli sente domandare. Lovino fa quasi finta di pensarci sopra, mordendosi la punta delle unghie.

«No» conviene, infine, smettendo di mangiarle. Si gratta la testa. Sa che Feliciano lo sta guardando e non è contento di questo ennesimo rifiuto. Cerca di giustificarsi, in qualche modo: «E poi non ho molto da raccontare. Non è cambiato molto dall’anno scorso»

L’espressione di suo fratello si rilassa, trasformandosi presto in un sorriso furbetto: «C’è sempre la francesina che ti fa balbettare?»

«Tu come- non ti riguarda!» La menzione a Manon lo fa arrossire. 

Ha fatto un errore a parlargliene. Razionalmente sa perfettamente che fare una confidenza a suo fratello significa averlo praticamente dotato di un ago con cui pungularlo. Lovino lo sa. È cresciuto con lui. Quest’estate, però, ha accettato troppo spesso di uscire con lui la sera e spesso e volentieri si è trovato ubriaco sul sedile del passeggero; suo fratello lo stuzzicava, gli chiedeva se all’università ci fossero ragazze carine, se ne conosceva qualcuna, se gliela poteva presentare. Il nome di Manon era venuto immediatamente a galla, facendolo balbettare. Questo era presto diventato motivo di presa in giro.

Feliciano, infatti, non demorde: «Vi state vedendo anche fuori le lezioni? Sei riuscito a chiederle di uscire?»

«Perché ora ti importa?» lo incalza, questa volta chiaramente infastidito da simile insistenza. «Molli tutto e te ne vai sù, in quel posto di merda, dimenticato da Dio; ed ora vuoi sapere come riempio le mie giornate? Potevi venire qui! Potevi stare con me!»

«Ancora con questa storia … » Feliciano ora è chiaramente irritato. Se in precedenza ha cercato di non demordere e di mostrarsi sorridente; ora non cerca più di mentirgli. Lo schermo potrà dividerli, ma Lovino lo può quasi rivedere bambino quando si arrabbiava perché trovava ingiusto come lo trattava. «Tu sei proprio- sei proprio il martello sull’incudine! Sei duro e- e testardo- sei l’ostinazione fatto persona!»

Quando suo fratello si arrabbia, gli zigomi gli si alzano ed il naso gli si arriccia. Una volta la mamma gli ha detto che entrambi hanno lo stesso broncio. Lovino spesso si chiede in quante cose lui e suo fratello si assomigliano.

«Buono a sapersi» commenta, ostentando un tono falsamente contenuto. Sa che non può prendere in giro nessuno: anche lui ha il naso arricciato ed una vena che pulsa in fronte. «E, sentiamo, tu cosa saresti?»

«Io non sono come te!» risponde subito l’altro.

«Sì, che lo sei! Sei esattamente come me!» lo accusa puntando il dito contro lo schermo. «Potrai anche crederti migliore ed andartene in Germania per dimostrarlo, ma tu sei esattamente come—»

Non finisce la frase perché lo schermo, improvvisamente ripete la sua immagine. La videochiamata è terminata. Feliciano se n'è andato e non lo ha fatto nemmeno finire.

Lovino prende un lungo respiro e si affretta a chiudere l’applicazione. Doveva aspettarselo. Feliciano non è uno che accetta facilmente la verità: si assomigliano anche in questo. 

Probabilmente se n’è andato perché non tollera la verità e - essendo anche lui un testardo di natura ma più codardo - preferisce scappare e mantenere intatta la sua idea. Se avessero continuato, se ne sarebbero dette di tutti i colori. Lovino lo sa, conosce Feliciano e sa che - anche lui - arriva al suo limite e comincia a sparare a zero su tutto. Al liceo spesso litigavano e passavano giorni a non parlarsi, a fare la stessa strada insieme, ad ignorarsi una volta tornati a casa.

Si chiede come sarebbe stato litigare di persona. Feliciano sarebbe andato via dall’appartamento? Lo avrebbe lasciato lì da solo? Lovino non sa cosa sta facendo adesso il fratello. In parte è preoccupato, in parte è … sollevato. È strano, ma il saperlo lontano in qualche modo lo esautora dal preoccuparsi. Se fossero stati lì entrambi, probabilmente si sarebbe sentito in dovere di seguirlo o quanto meno capire dove stesse andando. È pur sempre il fratello maggiore, deve essere lui quello a prendersi cura dell’altro.

Si sdraia sul proprio letto e respira profondamente. Sa che non avrebbe dovuto dirgli quelle cose e che avrebbe dovuto sfruttare meglio la videochiamata; ma come si fa ad ignorare il dolore che prova? Si sente solo a Napoli, gli manca il fratello. Sono sempre stati insieme; ed ora, improvvisamente, Lovino deve scendere a patti con se stesso, con i suoi pensieri e le sue emozioni. Non c’è nessuno con cui condividerle istantaneamente, deve confrontarsi con altri ed instaurare legami da zero.

Come fa Feliciano a non capire quello che sta provando? Come fa a vivere serenamente quella quotidianità quando, per anni, sono stati vicini? Forse lo ha davvero lasciato alle spalle perché gli era diventato intollerabile e preferiva andare via piuttosto che affrontarlo?

Rimane a guardare il soffitto per un tempo che gli appare infinito. Addirittura, arriva a chiudere gli occhi mentre pensieri sempre più cupi roteano nella sua testa. Comincia a vedere il fratello sempre più lontano, sempre più risentito. E se questa fosse stata la loro ultima chiamata? Feliciano lo avrebbe ricordato per quel grandissimo pezzo di merda che non aveva fatto altro che rimproverarlo e offendersi per le sue decisioni. 

Lo schermo del suo telefono lampeggia, facendogli socchiudere gli occhi. Pensa che sia di nuovo la chat dell’università e, con stanchezza, si porta l’apparecchio vicino per sapere se ci sono novità circa i libri da portare all’esame.

Feli
↳ [tre messaggi audio]

Per qualche istante è come se stesse sospeso per aria. Guarda il nome del fratello e, ora con improvvisa fretta, sblocca il cellulare per sapere immediatamente il contenuto degli audio. Forse vuole davvero dirgli che non intende risentirlo o vederlo di persona per i prossimi anni.

«Scusa se me sono andato ma- ma ero arrabbiato e non volevo litigare» La voce di Feliciano appare più chiara rispetto alla chiamata, anche più calma. Lovino si porta il telefono vicino all’orecchio per sentirlo meglio. «Mi sei mancato davvero tanto in queste settimane e- ed ho pensato spesso a come sarebbe stata la mia giornata se fossi andato a Napoli, se ci fossi stato tu con me. Mi sarei sentito sicuramente meno solo di come mi sento adesso»

Lovino avrebbe bisogno di tempo per capire e magari riascoltare, ed invece parte immediatamente il successivo - come se Feliciano non volesse dargli tempo e proseguire col proprio discorso.

«Però ho anche pensato che non sarei stato felice e che nemmeno tu lo saresti stato. Lo so perché- perché per tutta la mia vita ti ho visto contento, sereno di andare a scuola o fare sport e poi, quando arrivavo io, improvvisamente eri teso» La voce del fratello si è fatta più agitata come se non volesse dargli il tempo di ribattere. «Lo so. Lo so che mi vuoi bene, che vuoi stare con me e che ci siamo sempre capiti subito noi due … ma so anche che hai rinunciato a tante cose per stare con me. Ed anche io- anche io ho rinunciato a tante cose»

Questa volta non sente il bisogno di riascoltare l’audio. Per quanto le parole del fratello siano difficili da digerire, sono capaci di far risuonare qualcosa nel suo animo. Qualcuno che lui si è sempre sforzato di negare per tanti motivi: la mamma, il nonno, l’essere nato prima di Feli. Lovino lo sa perfettamente che, negli anni passati, ha rinunciato a tante cose perché - lo sapeva - non sarebbero piaciute al fratello e questi si sarebbe opposto al seguirlo. Lovino voleva farlo contento, ma voleva anche sentirsi dire che era un bravo bambino e che questo suo prendersi cura del fratello lo rendeva il migliore agli occhi della mamma.

«Io ti voglio bene, Lovi. Lo so che lo sai e lo so che stai soffrendo nello stare da solo. Anche io sto male e mi manchi e penso che sarebbe stato bello stare noi due soli. Però penso anche al fatto che mi sarei appoggiato tanto su di te e che tu- beh, avresti continuato a metterti da parte per me. E non è giusto. Vorrei che almeno qualcosa nella mia vita fosse totalmente mio e vorrei- vorrei che lo stesso fosse per te» Feliciano riprende fiato dopo che la voce ha tremato leggermente sul finire. «Non pensi che ce lo dobbiamo dopo tutto questo tempo?»

Non sa come rispondere a questa domanda. Si sente a disagio, quasi in colpa. C’è ancora qualcosa dentro di lui che sbatte i piedi e dice che Feliciano non si sta comportando bene, che - anzi - è stato crudele a lasciarlo indietro; Lovino non si merita questo, Lovino merita che il fratello mantenga la tradizione e gli rimanga affianco per tutta la vita.

Non c’è, però, solo questa voce dentro di lui. C’è anche la paura di rimanere solo, di fare i conti con un altro anno in cui ha avuto difficoltà a farsi degli amici; sa che se ci fosse Feliciano per lui sarebbe più facile, si sentirebbe più protetto. Sa anche che il fratello prova lo stesso, ma ha deciso comunque di abbandonare il tracciato.

Di abbandonarlo.

Lovino sospira. Ha veramente paura di essere lasciato indietro: non solo fisicamente, ma anche emotivamente. Che ne sarà di lui ora che Feliciano vuole svincolarsi e vuole fare esperienze senza di lui? Certo potrebbe fare lo stesso e magari, magari sarebbe finalmente soddisfatto della sua vita e del percorso di studi intrapreso. Ma se nel farlo perdesse suo fratello? E se le loro strade si separassero sempre di più fino a farli diventare due sconosciut?

Il telefono si illumina di nuovo.

Feli
↳Ci sentiamo giovedì. Ti videochiamo io allo stesso orario

Guarda lo schermo per qualche istante, ma c’è un piccolo sorriso sul suo viso. Sa già cosa rispondergli.




 

Il Mughetto dice:

Da quanto tempo non pubblicavo qualcosa … l’editing di EFP non mi è mancato affatto ahah

In compenso sono felice di aver avuto modo di partecipare al contest di Fanwriter.it e di aver scritto qualcosa sui fratelli Italia. Non so come debba apparire questa storia dall’esterno: penso che, nonostante gli sforzi fatti, comunque risulta un po’ oscura e criptica. Ho cercato di fare un po’ di worldbuilding senza appesantire troppo la narrazione, ma non sono certa di esserci riuscita.

Non vado molto fiera della caratterizzazione di Romano. Mesi fa un’amica ha commentato la shot itacest che ho scritto per gli europei ed aveva apprezzato il modo non cringe di scrivere Romano; ho paura che in questa shot di aver fatto un passo indietro e di averlo rappresentato come una maschera dell’animazione giapponese. Ho cercato di fare del mio meglio, ma sento sempre che mi manca qualcosa per fare davvero un lavoro di cui andare fiera.

La mia unica consolazione è che ho tutto il tempo per migliorare e potrò usare il rapporto tra questi due come terreno di prova. Spero inoltre di essere in grado un giorno di scrivere il POV di Feliciano: questo continua a sfuggirmi e, come dargli torto? Sono certa che combinerei un sacco di danni.

Paturnie a parte, grazie per aver letto questa shot e (se avete tempo e modo) lasciate una recensione!

 
  
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