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Autore: annina94    01/09/2009    8 recensioni
- Buongiorno signori Jonas. – disse Anna, non lasciando trapelare dal suo tono, il nervosismo che s’infrangeva contro le sue labbra, desideroso di uscire. - Buongiorno a te! Io mi chiamo Denise, piacere.- disse la donna porgendole la mano. Il suo tono era caldo ed esprimeva felicità. - Anna, il piacere è mio.- classiche formalità, noiose ma utili. Il suo dubbio si rimpossessò della sua mente, quando la signora pronunciò il suo nome. “ Se è lei la Denise che penso io, allora ci sarà da ridere. Vediamo come si chiama il padre, e il gioco è fatto.” Pensò Anna, che non osava pensare alle conseguenze di nove mesi passati al loro fianco. - Io sono Paul Kevin Sr., benvenuta- si presentò l’uomo, porgendo anch’egli la mano. “ Bingo”
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Joe Jonas, Kevin Jonas, Nick Jonas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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capitolo 1 anna corretto
Hey Baby








Capitolo 1: Nobody's Perfect.

Erano quasi le undici di notte, nella tiepida aria di settembre, dove gli alberi non avevano ancora

 cominciato a perdere le foglie e gli uccelli volavano in grandi stormi, preparandosi per le lunghe migrazioni.

“ Forse ci rincontreremo, uccelli migratori, poiché anch’io sto per imbarcarmi su un aereo diretto in

 un luogo che in inverno è più mite del mio amato Alto Adige” pensò Anna, con una punta di malinconia.

 Era nata in quella piccola regione autonoma, più precisamente nel capoluogo, Bolzano.

 Come città non era grandissima, ma contava i suoi 96.000 abitanti. Più di Trento, capoluogo di regione.

 Praticamente una nullità, messa a confronto con la mitica e meravigliosa Los Angeles, città di

 celebrità, belle ragazze e surfisti abbronzati.

 Almeno la sua città non era teatro di disgrazie e episodi di scandali, come succedeva dall’altra parte del mondo.

 E poi anche l’Alto Adige sfornava campioni sportivi, basti pensare a Carolina Kostner, campionessa

 di pattinaggio artistico, nonché idolo della sorellina Elena di tredici anni, ad Alex Schwazer, ed ad
 
una lunga lista di sciatori e praticatori di sport invernali.

 “Anche se non mi piace sciare, sono fiera di quelle persone che provengono dalla mia regione”.

 - Anna! Son già  le 23.35! Ti devi muover se no perdi l’aereo!- strillò la sua amata sorellina, in

preda ad una crisi isterica, dovuta al fatto che la sua sorella maggiore stava per lasciarla sola per nove lunghi mesi.

 - Sì, Elena, ma vedi, hanno appena aperto lo sportello dell’imbarco, e tutte le persone si sono

ammassate lì, quindi è u po’ inutile che io mi alzi per sorbirmi mezz’ora di coda. – rispose Anna

in tono gentile, cosa che fu motivo di sorpresa sia per i genitori, che per la bambina, 

visto che i loro rapporti non erano mai stati dei migliori,

guardandola con occhi supplichevoli.

- Farò in modo di non perderlo – fu la secca risposta.

 

Un anno fa, era arrivata a casa una lettera che informava la spett. le. Famiglia Dal Fuoco, che la loro

 richiesta di trasferire la figlia Anna in America per un soggiorno studio allo scopo di affinare le

 conoscenze della seconda lingua inglese, era stata accettata. Il nome dei suoi ospiti, lasciò Anna un

 po’ interdetta, ma liquidò li problema, dicendosi che c’erano centinaia di famiglie negli Stati Uniti

 ad avere il cognome Jonas.

 

 
Aeroporto di Milano Malpensa
 

 

- Documento d’identità e biglietto, prego – la voce nasale dell’impiegata le diede un leggero

 fastidio, ma le porse ciò che aveva chiesto senza indugi.

 Una volta passata la porta, si girò per salutare l’ultima volta la sua famiglia.

 - Mi mancherai tantissimo! – disse Elena, cercando di reprimere un singhiozzo, con scarsi risultati.

 Alzò una mano e sorrise. Era raro vederle dipinto sul volto quel sorriso, che era più dolce delle

 mele candite, perché a prima vista non le si addiceva. Una persona estremamente orgogliosa non

 poteva permettersi di dimostrarsi debole, quindi se sorrideva così, c’era un motivo importante.

 Appena si girò, una lacrima solitaria le rigò la guancia destra.

 - Anche voi mi mancherete, tutti – mormorò a bassa voce.

 

 Aveva avuto la fortuna di avere il sedile vicino al finestrino, e non potendo ascoltare la musica, tirò

 fuori dal bagaglio a mano il libro che si era portata dietro.

 Il viaggio fu lungo e il libro finì parecchio prima che l’aereo arrivasse a destinazione.

 

 “Mi sta sorgendo una preoccupazione: benché la mia conoscenza dell’inglese sia buona, la lingua

 che parlano in America è diversa da quella che ho sempre studiato a scuola. Sarà un casino, i

 primi giorni, capire quello che mi verrà detto e quello che si diranno fra di loro. Naturalmente, non

 posso assolutamente chiedere loro il favore di parlare più lentamente, perché in questo modo, il mio

 orgoglio ne risentirebbe e poi riacquistarlo sarebbe un problema. Dovrò stringere i denti e

 mascherare le mie incomprensioni. Non sarà facilissimo, ma ce la farò.” pensava a questo, nelle

 restanti tre ore di volo che la separavano dalla sua nuova vita a Los Angeles.

 Sapeva che il fuso orario l’avrebbe disturbata per almeno una settimana, ma proprio per questo,

 aveva insistito per partire almeno due settimane prima dell’inizio della scuola; non le piaceva il

 fatto che i suoi nuovi compagni di corsi notassero che non era americana a causa del fattore stanchezza.

 Cercò di dormire, ma si appisolò solo per una mezz’oretta.

 

La voce del pilota echeggiò negli altoparlanti dell’aereo, che era di proporzioni esagerate: tre file di

 sedili, le due laterali da tre, mentre quella centrale da quattro, informando i gentili passeggeri che il

 viaggio era andato bene e facendo le ultime raccomandazioni e ringraziandoli per aver scelto la loro compagnia aerea.

 “Probabilmente questa è l’ultima volta che sentirò parlare in italiano” si disse Anna alzando gli occhi al cielo.

 

 Una volta scesa, si diresse verso l’uscita, dove un impiegato della società che si occupava dei

 soggiorni studio, la stava aspettando per condurla alla macchina della famiglia che l’avrebbe ospitata.

 - Signorina Dal Fuoco, la stavo aspettando. Prego mi segua – disse lui, prendendole la valigia già ritirata.

 - La signora Jonas è stata molto contenta di averla in custodia. Ha detto che una ragazza avrebbe

 fatto bene a tutta la famiglia – ridacchiò al pensiero di quando la donna aveva ottenuto la custodia

 della ragazza, rivelandogli quel particolare.

 Anna notò subito l’accento diverso e la tendenza a strascicare le parole, tipica degli americani.

 - Spero che non si debba ricredere, una volta che mi avrà conosciuta – disse lei in tono pensieroso.

 L’altro sorrise ma non disse niente.

Dopo aver percorso corridoi luccicanti e immense sale d’attesa, uscirono dall’enorme struttura per

 ritrovarsi sulla strada. Si diressero verso un parcheggio semivuoto, dove sostavano una ventina di macchine gigantesche.

 Erano tutte chiuse tranne una, quella dei signori Jonas, suppose lei.

 Man mano che si avvicinavano alla mastodontica vettura, Anna scorse due persone all’interno

 dell’abitacolo, che non appena li videro avvicinarsi, smontarono per accoglierli e mettere la valigia

 e lo zaino nel bagagliaio.

 La donna era veramente una bella signora, il marito un po’ meno, ma i dimostrarono subito gentili e

 benevoli nei confronti della loro ospite.

 - Buongiorno signori Jonas. – disse Anna, non lasciando trapelare dal suo tono, il nervosismo che

 s’infrangeva contro le sue labbra, desideroso di uscire.

 - Buongiorno a te! Io mi chiamo Denise, piacere.- disse la donna porgendole la mano. Il suo tono

 era caldo ed esprimeva felicità.

 - Anna, il piacere è mio.- classiche formalità, noiose ma utili. Il suo dubbio si rimpossessò della sua

 mente, quando la signora pronunciò il suo nome. “ Se è lei la Denise che penso io, allora ci sarà da

 ridere. Vediamo come si chiama il padre, e il gioco è fatto.” Pensò Anna, che non osava pensare alle

 conseguenze di nove mesi passati al loro fianco.

 - Io sono Paul Kevin Sr., benvenuta-  si presentò l’uomo, porgendo anch’egli la mano.

 “ Bingo”

 - Piacere-  rispose con un sorriso enigmatico, capace di mandare in orbita  i neuroni di chiunque

 tentasse di decifrare quella strana espressione.

 - Bene, il mio compito è finito. Se vi serve qualcosa, il mio numero è sulle schede che vi ho dato. –

 disse alludendo ai fogli con la firma dei genitori di Anna e dei Jonas.

 - Arrivederci. – detto questo si diresse verso una delle macchine parcheggiate e, una volta aperta, mise in moto e partì.

 “ Si aprano le danze” pensò Anna.

 - Abbiamo lasciato il resto della truppa a casa, e immagino che tu, come loro, sia affamata, no? –

 annunciò Denise, aspettando una risposta dalla ragazza che aveva di fronte.

 - Sì, la colazione che hanno fornito a bordo era  piuttosto misera, ed io non sono il tipo che disdegna

 i pasti, anzi, mi chiamano buongustaia.- disse esibendosi in un mezzo sorriso.

 - Bene, mi fa piacere. Magari un giorno valuterai le mie conoscenze della cucina italiana.- e

 sorridendo aggiunse – E magari anche quelle di Kevin.-

 Anna la guardò divertita e con un accenno di stupore; sapeva che il maggiore era una provetta

 donna di casa, ma addirittura che cucinasse agli alti livelli della cucina della sua adorata Italia, era... interessante.

 - Non vedo l’ora- in quel momento la sua pancia reclamò una razione di cibo, dato che la colazione

 era stata letteralmente insignificante.

 Denise scoppiò a ridere, dicendo – Mi sa che il tuo stomaco è d’accordo con te. –

 Anche il signor Jonas si concesse una risata, e quando si furono calmati, salirono in macchina.

 - Parlando di pranzo: siamo abbastanza lontani da casa, quindi se cucinassi io, mangeremmo tra

 un’ora, come minimo.- A quell’affermazione, Anna spalancò gli occhi, ma si ricompose subito.

 - Quindi potrei chiamare i ragazzi e chiedere loro di imbastire da mangiare, in modo che sia quasi

 pronto quando arriveremo.- Parve pensarci su  poi chiese al marito e alla sua ospite.

 - Per me non c’è problema, conosco Kevin, e so che cucina bene.- affermò l’uomo, orgoglioso di

 avere un figlio che si dilettava ai fornelli.

 Anna fece un rapido calcolo e poi disse – Se sa cucinare pietanze italiane, deve essere un cuoco

 davvero formidabile. Conosco la mia cucina, e so per esperienza personale, che non è semplice

 come sembra. Direi che possiamo gentilmente chiedere a vostro figlio di preparare qualcosa, grazie.-

 Incrociò le braccia al petto e rimase in silenzio. I suoi occhi verdi esaminavano il paesaggio

 circostante; era tutto così diverso da casa. Le strade a tre o più corsie le ricordavano le autostrade

 della Francia, e quelle macchine immense la facevano sentire minuscola. “Probabilmente nemmeno

 queste auto sono abbastanza capienti per poter contenere l’ego di Annalisa” pensò divertita al

 pensiero dell’amica. Subito dopo fece una smorfia dentro di sé, pensando a tutti i chilometri che le separavano.

 Naturalmente le aveva detto che la famiglia che la ospitava si chiamava Jonas, ma neanche lei

 stessa aveva saputo, fino ad allora, che erano proprio quei Jonas.

 Annalisa era un’assidua frequentatrice dei siti e dei forum riguardanti i JoBros, ed aveva implorato

 l’amica di farglieli conoscere, nel caso fossero stati loro. Anna non avendo trovato una scusa valida

 aveva acconsentito. Ma come faceva a farli incontrare? Domanda idiota, si disse, poiché Nls

 (soprannome affibbiatole in seconda media da lei e Rebeca, l’altra amica) avrebbe persuaso i suoi

 genitori, si sarebbe imbarcata sul primo aereo per Los Angeles e si sarebbe presentata davanti a casa

 loro in meno di 36 ore. Ovviamente, Anna avrebbe dovuto preparare psicologicamente i timpani dei

 suoi coinquilini, perché non era sicura che reggessero a tremilacinquecento decibel di urla, per

 quanto potessero esserne abituati.  Decise che se la sarebbe presa con calma, ma doveva dirlo alla

 sua amica, che era ospite dei Jonas Brothers.

Non si era accorta che nel frattempo Denise stava informando il figlio maggiore degli sviluppi del

 pranzo. Quando si perdeva a pensare ai fatti suoi, niente la interessava più di tanto.

 Così si mise ad ascoltare la mamma che forniva suggerimenti per il menù.

 - No Kevin, non ti sto dicendo che devi preparare un perfetto pranzo all’italiana, solo che non devi

 preparare schifezze, come cheeseburger con senape, ketchup e maionese mescolate insieme, senza

 contare la salsa tartara…No, neanche l’insalata con pollo e uova strapazzate con aggiunta di salsa al

 curry… ma noi neanche ce l’abbiamo la salsa al curry… ah, l’ha comprata Joe stamattina

 apposta…e si offende se non la usiamo…Ah...Senti, fai una pasta con un sugo fatto in casa, di quelli che

 ci sono sulla mensola dove Frankie non arriva… sì, quelli nei vasetti vicini alle caramelle… esatto,

 poi fai il petto di pollo saltato con la salsa di tuo fratello, così è contento, prepara un’insalata

 normale, se vuoi mettici il mais e i fagioli, e se c’è tempo prepara un dessert. Fai in modo che gli

 altri ti aiutino, almeno preparando la tavola…uh-hu..  noi arriveremo fra circa un’oretta. Grazie, tesoro. Ti

 voglio bene…sì … ciao- con un clic chiuse la comunicazione e si girò verso il sedile posteriore,

 dove stava Anna e le sorrise.

 - Perfetto, il pranzo sarà quasi pronto, una volta che arriveremo,- disse allegra – Ma per passare il

 tempo, mi piacerebbe sapere qualcosa in più su di te, a partire dal tuo nome, Anna. Cosa significa e 

 da cosa deriva; il cognome, come si traduce in americano, il tuo segno zodiacale, il tuo carattere, i

 tuoi hobby, cosa ti piace fare, cosa no… insomma, la tua vita. – In realtà, voleva sapere chi si era

 presa in casa, se quella ragazza non avrebbe minato la salute mentale dei suoi bambini ( non si sa

 mai Nd Me), ma soprattutto voleva conoscerla e farla diventare amica dei loro figli, facendoglieli

 conoscere come erano fuori dal palcoscenico, ovvero per quello che offrivano come Nick, Joe e

 Kevin, non come i Jonas Brothers. Sapeva che l’attuale fidanzata di Danger, Camilla Belle, stava

 con lui solo per la fama e il fatto di poter pavoneggiarsi con le amiche di essere la ragazza di Joe

 Jonas, e la cosa la infastidiva. Più volte aveva provato a dissuadere suo figlio dall’idea di quella

 relazione, ma non ci era mai riuscita, con suo grande disappunto e quello dei fratelli. Magari se

quella ragazza avesse avuto un carattere forte e si fosse affezionata a Joe, sarebbe riuscita a

 dividerli. Sapeva che era un tentativo assolutamente vano, ma era praticamente l’ultima chance di

 suo figlio. Certo, non si era battuta per ottenere il permesso di far rimanere Anna in casa sua per

 nove mesi solo a questo fine, ma era uno dei motivi cardine. Si era sentita in colpa un migliaio di

 volte, perché le sembrava una barbaria far venire una ragazza dall’Italia solo per questo, ma si era

detta che avrebbe fatto bene a tutti, avere un’altra femmina in casa.  

E poi, lei veniva per imparare la lingua, quindi se parlava con Joe avrebbe parlato in americano.

 Dal canto suo, Anna stava cercando di ricordare il significato del suo nome, e lambiccandosi il

 cervello riuscì, bene o male, a risalire alle origini. (eh sì, perché io non me ne ricordo MAI, e dico mai, il significato Nd Me)

 - Deriva dall’ebraico, poteva essere usato sia al femminile che al maschile, di solito per i sacerdoti,

 in quest’ultima possibilità. Significa “speranza” e “prosperità” ed era il nome della madre di Maria,

 moglie di Gioacchino. Per quanto riguarda il cognome, in americano può essere tradotto in “From

 Fire”, che è la traduzione letterale; i prefissi Da, Di, Dal e De significano un’appartenenza nobile,

 anche se al giorno d’oggi non è più così. È strana la coincidenza fra il cognome e il segno zodiacale,

 Ariete, essendo esso un segno di fuoco. Grazie o a causa dell’influenza del pianeta Marte su di esso,

 ho un carattere che molte persone definiscono “terribilmente testardo e irrimediabilmente

 orgoglioso”; se poi si aggiunge un pizzico permalosità ed un ego che sa il fatto suo, si ha in mano la

 ricetta del mio modo di essere. Ma io non sono solo così, poiché sono anche dolce, solo in

 circostanze occasionali, leale, rispettosa, riservata e relativamente calma. Quando mi arrabbio, però

 divento quello che la mia amica Annalisa chiama “una catastrofe di proporzioni apocalittiche che è

 meglio evitare”. – detto questo, si trovò gli occhi di Denise e quelli del signor Jonas, che la fissava

 interdetto nello specchietto retrovisore, che la guardavano sorpresi.

 - Ma per quale motivo ti dovresti arrabbiare così tanto?- chiese quasi preoccupata, mamma Jonas.

 Conoscendo Joe e le sue doti stressanti, avrebbe potuto fargli del male.

 - La gente  mi prende in giro per via dell’altezza, credendo che sia l’unica cosa importante, oltre alla

 bellezza, e questo non lo digerisco. Per quanto avere diciassette anni ed essere alta 1.65 centimetri

 non sia così poco comune, il fatto che dei ragazzoni alti, larghi e senza un Angstrom di materia

 grigia, mi insultino, mi urta pesantemente i nervi. E se un’esauriente orazione riguardo la scomodità

 di essere troppo alti non funziona, si passa alle minacce, ed infine alle percosse.- illustrò Anna,

 sicura di essersi guadagnata il biglietto di ritorno seduta stante. Quando Denise rimase in silenzio, si

 accigliò. Perché nessuno l’accettava mai per quello che era , giudicandola sempre troppo violenta e

 impulsiva? Perché nemmeno con sua sorella riusciva ad avere un rapporto normale? Perché solo

 Annalisa e Rebeca si trovavano bene con lei? Doveva cominciare a credere di essere loro amica

 solo perché faceva pena? E poi dicono tanto delle star, che nel loro mondo sono tutti falsi, che se

 conoscono qualcuno che non sia famoso o omettono qualche particolare, o li pregano di trattarli

 come persone “normali”. Ma che ne sanno loro di come sono le persone normali? Anche gli altri

 hanno dei problemi, ed il suo era quello di non riuscire a farsi accettare per ciò che era. Sentì

 l’amaro della bile in bocca, mescolarsi alla saliva e lasciandole un sapore sgradevole sul palato.

 “Il sapore del mio modo di essere, il mio sapore” pensò, facendo un sorriso triste dentro si sé.

 - Forse sei qui per cambiare, per comprendere quel tassello del tuo Io, che ti sfugge, affinché tu

 possa far capire agli altri quello che senti senza pensare di ferire il tuo orgoglio. – Non era stata

 Denise a parlare, bensì Paul, che era rimasto in silenzio a pensare alla forza che quella ragazza

 aveva, per sopportare di continuo le offese dei suoi coetanei.

 Anna abbassò lo sguardo per qualche minuto e poi disse alzando la testa, fieramente saldata sul

 collo: - Avete ragione, da oggi in poi esprimerò i miei stati d’animo, almeno in parte, affinché gli

 altri sappiano cosa mi passa per la testa ed evitando così di dover minacciare le persone. – I suoi

 occhi ora erano infiammati e luminosi. Denise vi lesse tutta la determinazione di quella ragazza,

 notando anche una nota di sfida nelle iridi verdi di Anna.

 Paul sorrise, felice di aver aiutato una persona.

 - Già, le vie del Signore sono misteriose, e per quanto l’uomo cercherà di svelarle, le apprenderà

 unicamente quando la sua anima si presenterà innanzi a Lui, nel regno dei Cieli, libero dai peccatidella carne. –

 - Tesoro, non ti sembra di esagerare un pochino? – chiese perplessa sua moglie, che nemmeno

 durante le  funzioni in chiesa lo aveva visto così spiritato.

 Anna capì dove voleva arrivare, quindi si preparò un breve discorso su come soddisfare il pastore e

uscirne vincitrice. Dopotutto il suo orgoglio le impediva di perdere una qualsiasi sfida o esame.

 “Rapido e Indolore”

 - Dipende da cosa si intende con “i peccati della carne”, poiché il concetto d peccato che mi hanno

 insegnato a catechismo e a scuola durante l’ora di religione si riassume nei sette peccati capitali,

 ossia lussuria, ira, vendetta, gola, ecc… ed ai nostri preti è imposto il voto di castità, cosa che voi

 protestanti non considerate, quindi potrei intendere la frase “peccati della carne” con qualcosa che

 per voi è assolutamente normale.- argomentò Anna, sorridendo appena alla reazione del pastore.

 Uno a zero per Anna. Palla al centro.

 - Dimenticavo il voto dei miei confratelli italiani. Ma a parte questo, gli altri peccati che hai

 elencato sono molto diffusi, ahimè, al giorno d’oggi. – ribatté lui, svoltando a destra e fermandosi poco dopo ad un semaforo.

 - Non per essere antipatica, ma credo che, escluso Nicholas, che per motivi di salute è tenuto a

 prendere l’insulina, gli altri vostri tre figli, compreso il piccolo Franklin, si siano mangiati,

 almeno una volta, un dolcetto o una caramella in vostra assenza.- disse lei in tono affabile,

guardando di sottecchi l’autista.

 Denise decise che era ora di smetterla di punzecchiarsi sia perché quella ragazza aveva dimostrato

 una grande capacità di intuizione e rielaborazione dei concetti sia perché sapeva chi erano i suoi figli in realtà.

 -Tornando all’argomento famiglia- proruppe la donna – a quanto pare sai chi siamo e chi sono i

 nostri figli. Posso chiederti fino a che punto li conosci?- con quella domanda si sarebbe aspettata un

 elenco delle nozioni in sua conoscenza, ma la risposta che ottenne la lasciò di stucco.

 - Li conosco abbastanza da sapere il significato della fedina che portano al dito, e a rispettare la loro

 decisione di averlo. – disse, guardando con occhi assenti fuori dal finestrino.

 - Oh – fu l’unica cosa che Denise riuscì a dire. Naturalmente si era aspettata che parlasse anche

 dell’anello della purezza, ma il suo tono e le parole che aveva usato la colpirono.

 Probabilmente era successa la stessa cosa a suo marito, perché lo sentì tamburellare con le dita sul

 volante, segno che stava pensando.

 Dopo due svolte, si ritrovarono sul vialetto ce conduceva al garage.

 Quando scese dalla macchina, si trovò davanti ad una specie di villetta a due piani in stile

 vittoriano, con il giardino curato e le aiuole potate di recente. Gli alberi che ornavano il viale erano

 da frutta, ma essendo i primi di settembre, non c’era traccia di succulenti frutti.

 La porta di casa era bianca con la maniglia dorata, che creava un piacevole contrasto con le pietre

 che formavano la facciata principale dell’abitazione. Le finestre che davano su quel versante

 avevano gli intarsi in legno bianco, in modo da omogeneizzarsi con il  resto. Era veramente una splendida casa.

 Accortasi che le borse erano state scaricate, corse a prenderle per portarle nell’abitazione.

Denise doveva ancora scendere dalla macchina, così le si avvicinò per aspettarla, ma prima che

 arrivasse alla portiera, la signora scese e chiuse la vettura, facendole segno di andare a suonare il campanello.

 La sentì parlare con il marito e capì che il signor Jonas sarebbe rimasto in garage per qualche minuto ancora.

 In quel breve lasso di tempo, sentì provenire da dietro la casa delle grida e delle risate.

 “Qualcuno si sta divertendo, lì dentro” pensò, ancora leggermente incredula sulle persone che stava per conoscere.

 “I Jonas Brothers, wow”

 Issò la valigia sul pianerottolo e suonò il campanello.

 DLIN DLON (un’aquila con il mal di gola è più carino da sentire Nd Me)

 Improvvisamente le grida s’interruppero e, poco dopo, qualcuno aprì la porta.

 Quel qualcuno era Kevin Jonas.

 "Oh, cazzo” quella era l’unica cosa che il suo brillante cervello riusciva a produrre in quel momento.

 “Avanti! di’ qualcosa, qualunque cosa! Presentati, digli ciao, che ne so! Ci dovrai convivere per un

intero anno scolastico, quindi parla, prima che lo faccia lui!! Ne va del tuo orgoglio!”

Ma la gola rimaneva secca, senze parole da dire

Dopo un’interminabile istante, Anna riuscì a salutare cortesemente la persona che le stava davanti.

 Lui la squadrò da cima a fondo, inclinando impercettibilmente la testa di lato, e poi le sorrise,

 facendole il baciamano e presentandosi a sua volta.

 - Piacere mio, Ann. Prego, lascia che ti aiuti con la valigia.- Disse, prendendole il bagaglio.

 Lei rimase shoccata dal baciamano del ragazzo, ma si riprese in fretta, facendo un passo avanti e

 stringendo convulsamente le dita sulle cinghie dello zaino.

 - Ehm, non ti preoccupare per la valigia, posso portarla anche io. – disse lei raggiungendolo.

 - Mi dispiace, ma la cavalleria è il mio stile di vita e ,in quanto tale, non posso permettere che una

 signorina faccia  i lavori pesanti. – rispose lui, guardandola negli occhi e riprendendo la valigia.

 - Beh, se la metti così, non sarò certo io a cambiarti. – ridacchiò Anna, lasciandogli il bagaglio.

 Kevin alzò nuovamente lo sguardo per incontrare il suo, piacevolmente sorpreso dal fatto che quella

 ragazza non disdegnava il suo aiuto.

 Dirigendosi verso il salotto, il maggiore le fece fare un primo giro d’ispezione del piano terra,

notando che le interessavano soprattutto il mobilio e l’arredamento.

 - È un buon gusto, mi piace. – ammise, guadandosi intorno stupefatta.

 Kevin sorrise e depositò il carico nel salotto.

 - Credo che sia ora di farti conoscere i miei fratelli. – disse ad un tratto, passandosi una mano tra i ricci scuri.

 Anna si voltò di scatto, immaginando la propria reazione davanti a ben tre Jonas, di cui due famosi e ambiti dalle ragazze.

 “Forza e coraggio” si disse.

 - Sì, certo. – rispose lei nervosamente.

 Intuendo il suo disagio, Kevin le sorrise rassicurante, in modo da aiutarla per il primo impatto con

 quella banda di strani, che erano i suoi fratelli.

 Le fece strada fino alla porta finestra del soggiorno, oltre la quale non si vedeva granché a causa

 della luce accecante. In compenso le urla si fecero più intense e Anna riuscì a capire quello che le

 persone fuori si stavano dicendo.

 - No Joe, passala a me! - strillava una vocina da bambino.

 - Non se ne parla neanche, Bonus. Prima non me la hai passata? Allora io la do a Nick!-

 - Joe, te l’ho mai detto che sei il mio fratellone preferito? – fece il piccolo Frankie con aria da ruffiano.

 - Ma guarda un po’, non ero forse io il tuo fratello preferito? – sopraggiunse una voce poco distante.

- Beh, veramente sono io, dato che gli sto insegnando a suonare la chitarra… - disse Kevin sulla

 soglia della porta. Essendo davanti ad Anna, gli altri fratelli non la videro e il piccolo Bonus lanciò

 la sfera di gomma a Joe, che con uno scatto la spedì in direzione del fratello maggiore.

 Peccato che questi si voltò per andarsene, completamente ignaro di tutto e il pallone volò dritto verso la faccia dell’ospite.

 Nello sforzo, Joe, aveva chiuso gli occhi, mentre quelli dei fratelli erano puntati con orrore verso la vittima della pallonata.

 Anna realizzò in una frazione di secondo che quel coso la stava per prendere in pieno viso, così

 portò meccanicamente le braccia in difesa e attese.

 Con uno schiocco sinistro, la palla cozzò contro gli arti, per poi cadere a terra.

 L’urto aveva fatto indietreggiare la ragazza di qualche passo, ma ne era uscita illesa. Aprendo di

 colpo gli occhi vide i suoi polsi incrociati davanti a se e un Kevin preoccupatissimo. Abbassò le

 braccia e incrociò lo sguardo di uno dei tre fratelli in giardino. Le pupille erano dilatate dal terrore e dalla

 paura, ma i fondo c’era anche sollievo. Alzò leggermente gli occhi, quel tanto che bastava per

 riconoscere una massa informe di capelli ricci e scuri.

 

 

 
"Nick

 

Salve! Ho deciso di mettermi a scrivere una fiction sui Jonas, senza l'aiuto della mia spettabile collega jonas_princess.

Ci sarà uno dei personaggi di "Tutto per una gomma bucata", Han, dato che sono io. E anche la mia amica Annalisa.

Sì, perché questa coppia di pazze farà impazzire i nostri tre stinchi si santi!

Recensite e al capitolo successivo! 

annina94

  
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