capitolo 1 anna corretto
Hey Baby
Capitolo 1: Nobody's Perfect.
Erano quasi le undici di notte, nella tiepida aria di
settembre, dove gli alberi non avevano ancora
cominciato a perdere le foglie e gli uccelli
volavano in grandi stormi, preparandosi per le lunghe migrazioni.
“ Forse ci rincontreremo, uccelli migratori, poiché anch’io
sto per imbarcarmi su un aereo diretto in
un luogo che in inverno è più mite del mio amato
Alto Adige” pensò Anna, con una punta di malinconia.
Era nata in quella piccola regione autonoma, più
precisamente nel capoluogo, Bolzano.
Come città non era grandissima, ma contava i suoi
96.000 abitanti. Più di Trento, capoluogo di regione.
Praticamente una nullità, messa a confronto con
la mitica e meravigliosa Los Angeles, città di
celebrità, belle ragazze e surfisti
abbronzati.
Almeno la sua città non era teatro di disgrazie e
episodi di scandali, come succedeva dall’altra parte del mondo.
E poi anche l’Alto Adige sfornava campioni
sportivi, basti pensare a Carolina Kostner, campionessa
di pattinaggio artistico, nonché idolo della
sorellina Elena di tredici anni, ad Alex Schwazer, ed ad
una
lunga lista di sciatori e praticatori di sport invernali.
“Anche se non mi piace sciare, sono fiera di
quelle persone che provengono dalla mia regione”.
- Anna! Son già le 23.35! Ti devi
muover se no perdi l’aereo!- strillò la sua amata sorellina,
in
preda ad una crisi isterica, dovuta al fatto che la sua
sorella maggiore stava per lasciarla sola per nove lunghi mesi.
- Sì, Elena, ma vedi, hanno appena aperto lo
sportello dell’imbarco, e tutte le persone si sono
ammassate lì, quindi è u po’ inutile che io mi
alzi per sorbirmi mezz’ora di coda. – rispose Anna
in tono gentile, cosa che fu motivo di sorpresa
sia per i genitori, che per la bambina,
visto che i loro rapporti non erano mai stati dei
migliori,
guardandola con occhi supplichevoli.
- Farò in modo di non perderlo – fu la secca
risposta.
Un anno fa, era arrivata a casa una lettera che informava la
spett. le. Famiglia Dal Fuoco, che la loro
richiesta di trasferire la figlia Anna in America
per un soggiorno studio allo scopo di affinare le
conoscenze della seconda lingua inglese, era
stata accettata. Il nome dei suoi ospiti, lasciò Anna un
po’ interdetta, ma liquidò li problema, dicendosi
che c’erano centinaia di famiglie negli Stati Uniti
ad avere il cognome Jonas.
Aeroporto di Milano
Malpensa
- Documento d’identità e biglietto, prego – la voce nasale
dell’impiegata le diede un leggero
fastidio, ma le porse ciò che aveva chiesto senza
indugi.
Una volta passata la porta, si girò per salutare
l’ultima volta la sua famiglia.
- Mi mancherai tantissimo! – disse Elena,
cercando di reprimere un singhiozzo, con scarsi risultati.
Alzò una mano e sorrise. Era raro
vederle dipinto sul volto quel sorriso, che era più dolce delle
mele candite, perché a prima vista non le si
addiceva. Una persona estremamente orgogliosa non
poteva permettersi di dimostrarsi debole, quindi
se sorrideva così, c’era un motivo importante.
Appena si girò, una lacrima solitaria le rigò la
guancia destra.
- Anche voi mi mancherete, tutti – mormorò a
bassa voce.
Aveva avuto la fortuna di avere il sedile vicino
al finestrino, e non potendo ascoltare la musica, tirò
fuori dal bagaglio a mano il libro che si era
portata dietro.
Il viaggio fu lungo e il libro finì parecchio
prima che l’aereo arrivasse a destinazione.
“Mi sta sorgendo una preoccupazione: benché la
mia conoscenza dell’inglese sia buona, la lingua
che parlano in America è diversa da quella che ho
sempre studiato a scuola. Sarà un casino, i
primi giorni, capire quello che mi verrà detto e
quello che si diranno fra di loro. Naturalmente, non
posso assolutamente chiedere loro il favore di
parlare più lentamente, perché in questo modo, il mio
orgoglio ne risentirebbe e poi riacquistarlo
sarebbe un problema. Dovrò stringere i denti e
mascherare le mie incomprensioni. Non sarà
facilissimo, ma ce la farò.” pensava a questo, nelle
restanti tre ore di volo che la separavano dalla
sua nuova vita a Los Angeles.
Sapeva che il fuso orario l’avrebbe disturbata
per almeno una settimana, ma proprio per questo,
aveva insistito per partire almeno due settimane
prima dell’inizio della scuola; non le piaceva il
fatto che i suoi nuovi compagni di corsi
notassero che non era americana a causa del fattore stanchezza.
Cercò di dormire, ma si appisolò solo per una
mezz’oretta.
La voce del pilota echeggiò negli altoparlanti dell’aereo,
che era di proporzioni esagerate: tre file di
sedili, le due laterali da tre, mentre quella
centrale da quattro, informando i gentili passeggeri che il
viaggio era andato bene e facendo le ultime
raccomandazioni e ringraziandoli per aver scelto la loro compagnia
aerea.
“Probabilmente questa è l’ultima volta che
sentirò parlare in italiano” si disse Anna alzando gli occhi al
cielo.
Una volta scesa, si diresse verso l’uscita, dove
un impiegato della società che si occupava dei
soggiorni studio, la stava aspettando per
condurla alla macchina della famiglia che l’avrebbe ospitata.
- Signorina Dal Fuoco, la stavo aspettando. Prego
mi segua – disse lui, prendendole la valigia già ritirata.
- La signora Jonas è stata molto contenta di
averla in custodia. Ha detto che una ragazza avrebbe
fatto bene a tutta la famiglia – ridacchiò al
pensiero di quando la donna aveva ottenuto la custodia
della ragazza, rivelandogli quel particolare.
Anna notò subito l’accento diverso e la tendenza
a strascicare le parole, tipica degli americani.
- Spero che non si debba ricredere, una volta che
mi avrà conosciuta – disse lei in tono pensieroso.
L’altro sorrise ma non disse niente.
Dopo aver percorso corridoi luccicanti e immense sale
d’attesa, uscirono dall’enorme struttura per
ritrovarsi sulla strada. Si diressero verso un
parcheggio semivuoto, dove sostavano una ventina di macchine
gigantesche.
Erano tutte chiuse tranne una, quella dei signori
Jonas, suppose lei.
Man mano che si avvicinavano alla mastodontica
vettura, Anna scorse due persone all’interno
dell’abitacolo, che non appena li videro
avvicinarsi, smontarono per accoglierli e mettere la valigia
e lo zaino nel bagagliaio.
La donna era veramente una bella signora, il
marito un po’ meno, ma i dimostrarono subito gentili e
benevoli nei confronti della loro ospite.
- Buongiorno signori Jonas. – disse Anna, non
lasciando trapelare dal suo tono, il nervosismo che
s’infrangeva contro le sue labbra, desideroso di
uscire.
- Buongiorno a te! Io mi chiamo Denise, piacere.-
disse la donna porgendole la mano. Il suo tono
era caldo ed esprimeva felicità.
- Anna, il piacere è mio.- classiche formalità,
noiose ma utili. Il suo dubbio si rimpossessò della sua
mente, quando la signora pronunciò il suo nome. “
Se è lei la Denise che penso io, allora ci sarà da
ridere. Vediamo come si chiama il padre, e il
gioco è fatto.” Pensò Anna, che non osava pensare alle
conseguenze di nove mesi passati al loro
fianco.
- Io sono Paul Kevin Sr., benvenuta-
si presentò l’uomo, porgendo anch’egli la mano.
“ Bingo”
- Piacere- rispose con un sorriso
enigmatico, capace di mandare in orbita i neuroni di chiunque
tentasse di decifrare quella strana
espressione.
- Bene, il mio compito è finito. Se vi serve
qualcosa, il mio numero è sulle schede che vi ho dato. –
disse alludendo ai fogli con la firma dei
genitori di Anna e dei Jonas.
- Arrivederci. – detto questo si diresse verso
una delle macchine parcheggiate e, una volta aperta, mise in moto e
partì.
“ Si aprano le danze” pensò Anna.
- Abbiamo lasciato il resto della truppa a casa,
e immagino che tu, come loro, sia affamata, no? –
annunciò Denise, aspettando una risposta dalla
ragazza che aveva di fronte.
- Sì, la colazione che hanno fornito a bordo
era piuttosto misera, ed io non sono il tipo che disdegna
i pasti, anzi, mi chiamano buongustaia.- disse
esibendosi in un mezzo sorriso.
- Bene, mi fa piacere. Magari un giorno valuterai
le mie conoscenze della cucina italiana.- e
sorridendo aggiunse – E magari anche quelle di
Kevin.-
Anna la guardò divertita e con un accenno di
stupore; sapeva che il maggiore era una provetta
donna di casa, ma addirittura che cucinasse agli
alti livelli della cucina della sua adorata Italia, era...
interessante.
- Non vedo l’ora- in quel momento la sua pancia
reclamò una razione di cibo, dato che la colazione
era stata letteralmente insignificante.
Denise scoppiò a ridere, dicendo – Mi sa che il
tuo stomaco è d’accordo con te. –
Anche il signor Jonas si concesse una risata, e
quando si furono calmati, salirono in macchina.
- Parlando di pranzo: siamo abbastanza lontani da
casa, quindi se cucinassi io, mangeremmo tra
un’ora, come minimo.- A quell’affermazione, Anna
spalancò gli occhi, ma si ricompose subito.
- Quindi potrei chiamare i ragazzi e chiedere
loro di imbastire da mangiare, in modo che sia quasi
pronto quando arriveremo.- Parve pensarci
su poi chiese al marito e alla sua ospite.
- Per me non c’è problema, conosco Kevin, e so
che cucina bene.- affermò l’uomo, orgoglioso di
avere un figlio che si dilettava ai fornelli.
Anna fece un rapido calcolo e poi disse – Se sa
cucinare pietanze italiane, deve essere un cuoco
davvero formidabile. Conosco la mia cucina, e so
per esperienza personale, che non è semplice
come sembra. Direi che possiamo gentilmente
chiedere a vostro figlio di preparare qualcosa, grazie.-
Incrociò le braccia al petto e rimase in
silenzio. I suoi occhi verdi esaminavano il paesaggio
circostante; era tutto così diverso da casa. Le
strade a tre o più corsie le ricordavano le autostrade
della Francia, e quelle macchine immense la
facevano sentire minuscola. “Probabilmente nemmeno
queste auto sono abbastanza capienti per poter
contenere l’ego di Annalisa” pensò divertita al
pensiero dell’amica. Subito dopo fece una smorfia
dentro di sé, pensando a tutti i chilometri che le separavano.
Naturalmente le aveva detto che la famiglia che
la ospitava si chiamava Jonas, ma neanche lei
stessa aveva saputo, fino ad allora, che erano
proprio quei Jonas.
Annalisa era un’assidua frequentatrice dei siti e
dei forum riguardanti i JoBros, ed aveva implorato
l’amica di farglieli conoscere, nel caso fossero
stati loro. Anna non avendo trovato una scusa valida
aveva acconsentito. Ma come faceva a farli
incontrare? Domanda idiota, si disse, poiché Nls
(soprannome affibbiatole in seconda media da lei
e Rebeca, l’altra amica) avrebbe persuaso i suoi
genitori, si sarebbe imbarcata sul primo aereo
per Los Angeles e si sarebbe presentata davanti a casa
loro in meno di 36 ore. Ovviamente, Anna avrebbe
dovuto preparare psicologicamente i timpani dei
suoi coinquilini, perché non era sicura che
reggessero a tremilacinquecento decibel di urla, per
quanto potessero esserne abituati.
Decise che se la sarebbe presa con calma, ma doveva dirlo alla
sua amica, che era ospite dei Jonas Brothers.
Non si era accorta che nel frattempo Denise stava informando
il figlio maggiore degli sviluppi del
pranzo. Quando si perdeva a pensare ai fatti
suoi, niente la interessava più di tanto.
Così si mise ad ascoltare la mamma che forniva
suggerimenti per il menù.
- No Kevin, non ti sto dicendo che devi preparare
un perfetto pranzo all’italiana, solo che non devi
preparare schifezze, come cheeseburger con
senape, ketchup e maionese mescolate insieme, senza
contare la salsa tartara…No, neanche l’insalata
con pollo e uova strapazzate con aggiunta di salsa al
curry… ma noi neanche ce l’abbiamo la salsa al
curry… ah, l’ha comprata Joe stamattina
apposta…e si offende se non la usiamo…Ah...Senti, fai
una pasta con un sugo fatto in casa, di quelli che
ci sono sulla mensola dove Frankie non arriva…
sì, quelli nei vasetti vicini alle caramelle… esatto,
poi fai il petto di pollo saltato con la salsa di
tuo fratello, così è contento, prepara un’insalata
normale, se vuoi mettici il mais e i fagioli, e
se c’è tempo prepara un dessert. Fai in modo che gli
altri ti aiutino, almeno preparando la
tavola…uh-hu.. noi arriveremo fra circa un’oretta. Grazie, tesoro. Ti
voglio bene…sì … ciao- con un clic chiuse la
comunicazione e si girò verso il sedile posteriore,
dove stava Anna e le sorrise.
- Perfetto, il pranzo sarà quasi pronto, una
volta che arriveremo,- disse allegra – Ma per passare il
tempo, mi piacerebbe sapere qualcosa in più su di
te, a partire dal tuo nome, Anna. Cosa significa e
da cosa deriva; il cognome, come si traduce in
americano, il tuo segno zodiacale, il tuo carattere, i
tuoi hobby, cosa ti piace fare, cosa no… insomma,
la tua vita. – In realtà, voleva sapere chi si era
presa in casa, se quella ragazza non avrebbe
minato la salute mentale dei suoi bambini ( non si sa
mai Nd Me), ma soprattutto voleva
conoscerla e farla diventare amica dei loro figli, facendoglieli
conoscere come erano fuori dal palcoscenico,
ovvero per quello che offrivano come Nick, Joe e
Kevin, non come i Jonas
Brothers. Sapeva che l’attuale fidanzata di Danger, Camilla Belle, stava
con lui solo per la fama e il fatto di poter
pavoneggiarsi con le amiche di essere la ragazza di Joe
Jonas, e la cosa la infastidiva. Più volte aveva
provato a dissuadere suo figlio dall’idea di quella
relazione, ma non ci era mai riuscita, con suo
grande disappunto e quello dei fratelli. Magari se
quella
ragazza avesse avuto un carattere forte e si fosse affezionata a Joe, sarebbe
riuscita a
dividerli. Sapeva che era un tentativo
assolutamente vano, ma era praticamente l’ultima chance di
suo figlio. Certo, non si era battuta per
ottenere il permesso di far rimanere Anna in casa sua per
nove mesi solo a questo fine, ma era uno dei
motivi cardine. Si era sentita in colpa un migliaio di
volte, perché le sembrava una barbaria far venire
una ragazza dall’Italia solo per questo, ma si era
detta che avrebbe fatto bene a tutti, avere
un’altra femmina in casa.
E poi, lei veniva per imparare la lingua, quindi se parlava
con Joe avrebbe parlato in americano.
Dal canto suo, Anna stava cercando di ricordare
il significato del suo nome, e lambiccandosi il
cervello riuscì, bene o male, a risalire alle
origini. (eh sì, perché io non me ne ricordo MAI, e dico mai, il
significato Nd Me)
- Deriva dall’ebraico, poteva essere usato sia al
femminile che al maschile, di solito per i sacerdoti,
in quest’ultima possibilità. Significa “speranza”
e “prosperità” ed era il nome della madre di Maria,
moglie di Gioacchino. Per quanto riguarda il
cognome, in americano può essere tradotto in “From
Fire”, che è la traduzione letterale; i prefissi
Da, Di, Dal e De significano un’appartenenza nobile,
anche se al giorno d’oggi non è più così. È
strana la coincidenza fra il cognome e il segno zodiacale,
Ariete, essendo esso un segno di fuoco. Grazie o
a causa dell’influenza del pianeta Marte su di esso,
ho un carattere che molte persone definiscono
“terribilmente testardo e irrimediabilmente
orgoglioso”; se poi si aggiunge un pizzico
permalosità ed un ego che sa il fatto suo, si ha in mano la
ricetta del mio modo di essere. Ma io non sono
solo così, poiché sono anche dolce, solo in
circostanze occasionali, leale, rispettosa,
riservata e relativamente calma. Quando mi arrabbio, però
divento quello che la mia amica Annalisa chiama
“una catastrofe di proporzioni apocalittiche che è
meglio evitare”. – detto questo, si trovò gli
occhi di Denise e quelli del signor Jonas, che la fissava
interdetto nello specchietto retrovisore, che la
guardavano sorpresi.
- Ma per quale motivo ti dovresti arrabbiare così
tanto?- chiese quasi preoccupata, mamma Jonas.
Conoscendo Joe e le sue doti stressanti, avrebbe
potuto fargli del male.
- La gente mi prende in giro per
via dell’altezza, credendo che sia l’unica cosa importante, oltre alla
bellezza, e questo non lo digerisco. Per quanto
avere diciassette anni ed essere alta 1.65 centimetri
non sia così poco comune, il fatto che dei
ragazzoni alti, larghi e senza un Angstrom di materia
grigia, mi insultino, mi urta pesantemente i
nervi. E se un’esauriente orazione riguardo la scomodità
di essere troppo alti non funziona, si passa alle
minacce, ed infine alle percosse.- illustrò Anna,
sicura di essersi guadagnata il biglietto di
ritorno seduta stante. Quando Denise rimase in silenzio, si
accigliò. Perché nessuno l’accettava mai per
quello che era , giudicandola sempre troppo violenta e
impulsiva? Perché nemmeno con sua sorella
riusciva ad avere un rapporto normale? Perché solo
Annalisa e Rebeca si trovavano bene con lei?
Doveva cominciare a credere di essere loro amica
solo perché faceva pena? E poi dicono tanto delle
star, che nel loro mondo sono tutti falsi, che se
conoscono qualcuno che non sia famoso o omettono
qualche particolare, o li pregano di trattarli
come persone “normali”. Ma che ne sanno loro di
come sono le persone normali? Anche gli altri
hanno dei problemi, ed il suo era quello di non
riuscire a farsi accettare per ciò che era. Sentì
l’amaro della bile in bocca, mescolarsi alla
saliva e lasciandole un sapore sgradevole sul palato.
“Il sapore del mio modo di essere, il mio
sapore” pensò, facendo un sorriso triste dentro si sé.
- Forse sei qui per cambiare, per comprendere
quel tassello del tuo Io, che ti sfugge, affinché tu
possa far capire agli altri quello che senti
senza pensare di ferire il tuo orgoglio. – Non era stata
Denise a parlare, bensì Paul, che era rimasto in
silenzio a pensare alla forza che quella ragazza
aveva, per sopportare di continuo le offese dei
suoi coetanei.
Anna abbassò lo sguardo per qualche minuto e poi
disse alzando la testa, fieramente saldata sul
collo: - Avete ragione, da oggi in poi esprimerò
i miei stati d’animo, almeno in parte, affinché gli
altri sappiano cosa mi passa per la testa ed
evitando così di dover minacciare le persone. – I suoi
occhi ora erano infiammati e luminosi. Denise vi
lesse tutta la determinazione di quella ragazza,
notando anche una nota di sfida nelle iridi verdi
di Anna.
Paul sorrise, felice di aver aiutato una
persona.
- Già, le vie del Signore sono misteriose, e per
quanto l’uomo cercherà di svelarle, le apprenderà
unicamente quando la sua anima si presenterà
innanzi a Lui, nel regno dei Cieli, libero dai peccatidella carne. –
- Tesoro, non ti sembra di esagerare un pochino?
– chiese perplessa sua moglie, che nemmeno
durante le funzioni in chiesa lo
aveva visto così spiritato.
Anna capì dove voleva arrivare, quindi si preparò
un breve discorso su come soddisfare il pastore e
uscirne vincitrice. Dopotutto il suo orgoglio le
impediva di perdere una qualsiasi sfida o esame.
“Rapido e Indolore”
- Dipende da cosa si intende con “i peccati della
carne”, poiché il concetto d peccato che mi hanno
insegnato a catechismo e a scuola durante l’ora
di religione si riassume nei sette peccati capitali,
ossia lussuria, ira, vendetta, gola, ecc… ed ai
nostri preti è imposto il voto di castità, cosa che voi
protestanti non considerate, quindi potrei
intendere la frase “peccati della carne” con qualcosa che
per voi è assolutamente normale.- argomentò Anna,
sorridendo appena alla reazione del pastore.
Uno a zero per Anna. Palla al centro.
- Dimenticavo il voto dei miei confratelli
italiani. Ma a parte questo, gli altri peccati che hai
elencato sono molto diffusi, ahimè, al giorno
d’oggi. – ribatté lui, svoltando a destra e fermandosi poco dopo ad
un semaforo.
- Non per essere antipatica, ma credo che,
escluso Nicholas, che per motivi di salute è tenuto a
prendere l’insulina, gli altri vostri tre figli,
compreso il piccolo Franklin, si siano mangiati,
almeno una volta, un dolcetto o una caramella in
vostra assenza.- disse lei in tono affabile,
guardando di sottecchi l’autista.
Denise decise che era ora di smetterla di
punzecchiarsi sia perché quella ragazza aveva dimostrato
una grande capacità di intuizione e
rielaborazione dei concetti sia perché sapeva chi erano i suoi figli
in realtà.
-Tornando all’argomento famiglia- proruppe la
donna – a quanto pare sai chi siamo e chi sono i
nostri figli. Posso chiederti fino a che punto li
conosci?- con quella domanda si sarebbe aspettata un
elenco delle nozioni in sua conoscenza, ma la
risposta che ottenne la lasciò di stucco.
- Li conosco abbastanza da sapere il significato
della fedina che portano al dito, e a rispettare la loro
decisione di averlo. – disse, guardando con occhi
assenti fuori dal finestrino.
- Oh – fu l’unica cosa che Denise riuscì a dire.
Naturalmente si era aspettata che parlasse anche
dell’anello della purezza, ma il suo tono e le
parole che aveva usato la colpirono.
Probabilmente era successa la stessa cosa a suo
marito, perché lo sentì tamburellare con le dita sul
volante, segno che stava pensando.
Dopo due svolte, si ritrovarono sul vialetto ce
conduceva al garage.
Quando scese dalla macchina, si trovò davanti ad
una specie di villetta a due piani in stile
vittoriano, con il giardino curato e le aiuole
potate di recente. Gli alberi che ornavano il viale erano
da frutta, ma essendo i primi di settembre, non
c’era traccia di succulenti frutti.
La porta di casa era bianca con la maniglia
dorata, che creava un piacevole contrasto con le pietre
che formavano la facciata principale
dell’abitazione. Le finestre che davano su quel versante
avevano gli intarsi in legno bianco, in modo da
omogeneizzarsi con il resto. Era veramente una
splendida casa.
Accortasi che le borse erano state scaricate,
corse a prenderle per portarle nell’abitazione.
Denise doveva ancora scendere dalla macchina, così
le si avvicinò per aspettarla, ma prima che
arrivasse alla portiera, la signora scese e
chiuse la vettura, facendole segno di andare a suonare il
campanello.
La sentì parlare con il marito e capì che il
signor Jonas sarebbe rimasto in garage per qualche minuto ancora.
In quel breve lasso di tempo, sentì provenire da
dietro la casa delle grida e delle risate.
“Qualcuno si sta divertendo, lì dentro” pensò,
ancora leggermente incredula sulle persone che stava per conoscere.
“I Jonas Brothers, wow”
Issò la valigia sul pianerottolo e suonò il
campanello.
DLIN DLON (un’aquila con il mal di gola è più
carino da sentire Nd Me)
Improvvisamente le grida s’interruppero e, poco
dopo, qualcuno aprì la porta.
Quel qualcuno era Kevin Jonas.
"Oh, cazzo” quella era l’unica cosa che il suo
brillante cervello riusciva a produrre in quel momento.
“Avanti! di’ qualcosa, qualunque cosa!
Presentati, digli ciao, che ne so! Ci dovrai convivere per un
intero anno scolastico, quindi parla, prima che lo faccia
lui!! Ne va del tuo orgoglio!”
Ma la gola rimaneva secca, senze parole da
dire
Dopo un’interminabile istante, Anna riuscì a salutare
cortesemente la persona che le stava davanti.
Lui la squadrò da cima a fondo, inclinando
impercettibilmente la testa di lato, e poi le sorrise,
facendole il baciamano e presentandosi a sua
volta.
- Piacere mio, Ann. Prego, lascia che ti
aiuti con la valigia.- Disse, prendendole il bagaglio.
Lei rimase shoccata dal baciamano del ragazzo, ma
si riprese in fretta, facendo un passo avanti e
stringendo convulsamente le dita sulle cinghie
dello zaino.
- Ehm, non ti preoccupare per la valigia, posso
portarla anche io. – disse lei raggiungendolo.
- Mi dispiace, ma la cavalleria è il mio stile di
vita e ,in quanto tale, non posso permettere che una
signorina faccia i lavori pesanti.
– rispose lui, guardandola negli occhi e riprendendo la valigia.
- Beh, se la metti così, non sarò certo io a
cambiarti. – ridacchiò Anna, lasciandogli il bagaglio.
Kevin alzò nuovamente lo sguardo per incontrare
il suo, piacevolmente sorpreso dal fatto che quella
ragazza non disdegnava il suo aiuto.
Dirigendosi verso il salotto, il maggiore le fece
fare un primo giro d’ispezione del piano terra,
notando che le interessavano soprattutto il
mobilio e l’arredamento.
- È un buon gusto, mi piace. – ammise, guadandosi
intorno stupefatta.
Kevin sorrise e depositò il carico nel
salotto.
- Credo che sia ora di farti conoscere i miei
fratelli. – disse ad un tratto, passandosi una mano tra i ricci scuri.
Anna si voltò di scatto, immaginando la propria
reazione davanti a ben tre Jonas, di cui due famosi e ambiti dalle
ragazze.
“Forza e coraggio” si disse.
- Sì, certo. – rispose lei nervosamente.
Intuendo il suo disagio, Kevin le sorrise
rassicurante, in modo da aiutarla per il primo impatto con
quella banda di strani, che erano i suoi
fratelli.
Le fece strada fino alla porta finestra del
soggiorno, oltre la quale non si vedeva granché a causa
della luce accecante. In compenso le urla si
fecero più intense e Anna riuscì a capire quello che le
persone fuori si stavano dicendo.
- No Joe, passala a me! - strillava una vocina da
bambino.
- Non se ne parla neanche, Bonus. Prima non me la
hai passata? Allora io la do a Nick!-
- Joe, te l’ho mai detto che sei il mio
fratellone preferito? – fece il piccolo Frankie con aria da
ruffiano.
- Ma guarda un po’, non ero forse io il tuo
fratello preferito? – sopraggiunse una voce poco distante.
- Beh, veramente sono io, dato che gli sto insegnando a
suonare la chitarra… - disse Kevin sulla
soglia della porta. Essendo davanti ad Anna, gli
altri fratelli non la videro e il piccolo Bonus lanciò
la sfera di gomma a Joe, che con uno scatto la
spedì in direzione del fratello maggiore.
Peccato che questi si voltò per andarsene,
completamente ignaro di tutto e il pallone volò dritto verso la
faccia dell’ospite.
Nello sforzo, Joe, aveva chiuso gli occhi, mentre
quelli dei fratelli erano puntati con orrore verso la vittima della
pallonata.
Anna realizzò in una frazione di secondo che quel
coso la stava per prendere in pieno viso, così
portò meccanicamente le braccia in difesa e
attese.
Con uno schiocco sinistro, la palla cozzò contro
gli arti, per poi cadere a terra.
L’urto aveva fatto indietreggiare la ragazza di
qualche passo, ma ne era uscita illesa. Aprendo di
colpo gli occhi vide i suoi polsi incrociati
davanti a se e un Kevin preoccupatissimo. Abbassò le
braccia e incrociò lo sguardo di uno dei tre
fratelli in giardino. Le pupille erano dilatate dal terrore e dalla
paura, ma i fondo c’era anche sollievo. Alzò
leggermente gli occhi, quel tanto che bastava per
riconoscere una massa informe di capelli ricci e
scuri.
"Nick”
Salve! Ho deciso di mettermi a scrivere una fiction sui Jonas, senza l'aiuto della mia spettabile collega jonas_princess.
Ci sarà uno dei personaggi di "Tutto per una gomma bucata", Han, dato che sono io. E anche la mia amica Annalisa.
Sì, perché questa coppia di pazze farà impazzire i nostri tre stinchi si santi!
Recensite e al capitolo successivo!
annina94