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Autore: sallythecountess    23/09/2021    1 recensioni
Continuano le avventure dello stralunato Ian e della sua folle V. Riusciranno questa volta ad affrontare la vita matrimoniale e la prole?
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo: scelte complicate
 
Avevo deciso di andare a fare volontariato in ospedale. Big Joe e Loraine furono contrari al mio colpo di testa all’inizio, perché gli parve una situazione pericolosa, e mi tennero per ore a parlare di quanto fosse azzardato e stupido. Loraine continuava a dirmi che se mi fossi legato troppo a quei ragazzini, e loro avessero perso la vita, sarei crollato di nuovo, ma Big Joe concluse serio con un “perché non ne parli con Ariel? In fondo è la persona che ti conosce meglio al mondo, saprà sicuramente cosa è meglio per te…” e io scossi solo la testa.
 Non era facile. Dovevo confessarle troppe cose prima di arrivare a dirle “che ne pensi?” e non volevo farlo, ma Big Joe ripetè che lei era sicuramente più qualificata di loro per parlare di quella cosa.
“…Ian se la ami, se l’hai scelta come compagna di vita, dovresti cercare di aprirti con lei…” aggiunse, con fare molto serio ed io sbuffai soltanto.
“Sì, per spaventarla e deluderla ancora una volta con i miei sbagli e la mia insulsa mediocrità. Come no!” risposi agitato, ma Loraine decise di rimproverarmi ancora.
“Devi smettere di tenerla lontana, se la ami Ian. Avete costruito insieme una vita e una famiglia, ed è normale che lei debba avere voce in capitolo nelle tue scelte, come tu l’hai nelle sue. Questa storia dell’uomo che trova la sua strada da solo, non si regge in piedi e lo sai anche tu…”
Mah io pensavo che non ci fosse nulla di male, e che mostrarmi come un uomo sicuro che sa quello che vuole mi avrebbe reso anche più interessante e affascinante, ma loro pensavano fosse una sciocchezza.
 “Rendila partecipe della tua vita, dalle l’opportunità di dire la sua, almeno. Se poi non vorrà…” continuò Loraine, ma lei avrebbe voluto, ne ero certo. Solo che l’idea di rivedere quel suo sguardo preoccupato e deluso proprio non riuscivo a sopportarla. Provai a dirglielo, e lei mi mise una mano sulla spalla e disse piano che poteva capire.
“…ma nel momento in cui dirai a quella matta che vuole salvare il mondo che stai pensando di andare a dedicare parte del tuo tempo per far sorridere dei bambini malati, pensi davvero che ti fisserebbe con sguardo deluso? Perché se ho capito bene il libro, e se hai descritto bene il personaggio, io penso che ti salterà al collo, fiera e orgogliosa di quello che vuoi fare.”
Ok, Loraine era una davvero brava nella comprensione del testo, e aveva anche grosse doti persuasive, dovevo dargliene atto. Così con il cuore in gola e loro che origliavano, mi decisi a chiamarla. Spaventandola a morte, ovviamente, perché erano le dieci di sera. Ovviamente guardare l’orologio non era stata la mia priorità, ma avrei dovuto, invece. Mi scusai per l’ora e le chiesi se potessi raggiungerla in giardino, perché avevo una cosa da dirle.
“Eh…anche io dovrei parlarti...”rispose laconica, così la raggiunsi al volo a casa con le mani che mi tremavano e il cuore in gola. Voglia di bere? Al massimo, ragazzi. Avevo voglia di fare qualunque cosa avesse potuto calmare quella sensazione tremenda di disagio che mi stava uccidendo, ma non feci nulla. Ariel uscì, un po’ stropicciata e con la mia felpa e mi fece molta tenerezza, perché era preoccupata.
“Carina la felpa…” provai a dirle per farla sorridere, ma lei disse solo “…e anche profumata se consideri che non l’ho mai lavata dall’ultima volta che l’hai indossata e ho dovuto sottrarla a Buck almeno dieci volte, perché voleva dormirci sopra…” facendomi ridere nervosamente per un secondo. Faceva male essere lì con lei in quel modo, non lo nego, e il suo sguardo spaventato fece ancora più male, ma decisi di dirle tutta la verità, sperando di non deluderla ancora di più. Mi sedetti accanto a lei sul portico, chiusi gli occhi e provai a prendere aria e coraggio, ma fu lei a esordire con un “sei venuto a dirmi che divorziamo? Che ti sei innamorato?”ed io rimasi senza parole.
 Mi girai e mi accorsi che aveva le mani davanti al viso. Forse anche gli occhi chiusi, non lo so, perché non riuscii a vedere. Non si rese conto che la stavo fissando perplesso, e dopo un sospiro aggiunse solo “…per me va bene. Cioè è ovviamente tremendo, e mi fa malissimo, ma… Stai meglio e se è stata un’altra persona a restituirti l’equilibrio… sono felice lo stesso”.
Non era assolutamente vero, ragazzi, era in mille pezzi e aveva esitato un sacco nel dire quelle parole, così mi avvicinai tantissimo e prendendola tra le braccia, dissi solo “ma quale divorzio Ari, e basta sciocchezze…”
Volevo tirarle su il morale, perché mi sentivo a pezzi, e lei incoraggiata dal mio abbraccio, mi fissò con occhi bellissimi.
“Nessuna donna, te l’ho già detto. E poi non pensi che sia davvero sessista credere che io possa rimettermi in piedi solo per una donna? Possibile che tu non abbia imparato nulla?”
Volevo farla sorridere, e lei scoppiò in una risata fortissima e molto nervosa, che ruppe la cortina di ghiaccio tra noi e fece ridere anche me. Me la portai al petto in quel momento, fu un gesto automatico, e il mio cuore quasi scoppiò. Ariel si strinse forte contro il mio petto e mi diede un bacino sul collo molto dolce accarezzandomi i capelli.
Ci volle qualche minuto prima che mi riprendessi da quel contatto, e con un po’ troppa sincerità le confessassi che il nostro amore non era una cosa semplice da superare, ovviamente.
“Ma perché vuoi superarlo Ian?” mi rispose con occhi tristi e voce afflitta, ma io le dissi soltanto che non era quello ciò che stavo cercando di dirle, e chiusi l’argomento.
 Non era facile quello che avevo da confessare, e non riuscii a dire tutto.
“Sono un alcolista…” le dissi, e lei sussurrò piano “non è così Ian, è una cosa che va avanti da qualche mese e…”
Voleva difendermi, minimizzare, ma io scossi la testa e risposi “sono un alcolista Ariel, ma ho iniziato una terapia e sto cercando di riprendermi. Sono una persona fragile Ariel, e non ho bene idea di che senso io abbia per il mondo, ma ci sto lavorando…”
“E io ne sono fiera…” rispose con occhi belli da morire.
 Pensai solo “Sì, aspetta un attimo” ma poi vuotai il sacco. Raccontai di essere finito in ospedale, e del gruppo di alcolisti, e per un attimo i suoi occhi si riempirono di lacrime e divennero enormi, ma stranamente non tristi.
“Non volevo dirtelo per non illuderti, perché so che per te è importante che io mi rimetta in piedi, ma sto navigando a vista Ari e l’ultima cosa che volevo era darti false speranze…” conclusi sospirando, perché mi ero tolto un enorme macigno dal cuore. Lei, però, infilò la sua piccola mano nella mia e stringendosi di nuovo contro la mia spalla sussurrò piano che ci saremmo stati dentro insieme, e che mi avrebbe supportato, facendomi sorridere, perché era ovviamente la reazione che avevo sperato da lei.
Così le raccontai della mia mezza idea di dover trovare la mia strada e di quell’altra follia di andare a fare volontariato in ospedale e lei sorrise in modo splendido, come aveva profetizzato Loraine. Anche lei era dell’idea che potesse essere azzardato, e anche rischioso, ma io ridacchiando le dissi solo “ho un solo potere Ari, e lo sai: sono scemo e mi piacciono le storie. Dico cose buffe e faccio ridere le persone e se questo può aiutarmi con questi ragazzini, penso che dovrei provare…”  e Ariel sbuffando annuì e disse piano “…se è la tua strada, è giusto che tu faccia un tentativo. Ma non dovrai chiuderti e al primo segnale di debolezza, dovrai parlarne con me o con questi tuoi amici ex alcolisti, perché non possiamo permettere che ti succeda di nuovo quello che è capitato. Penso comunque che sia una cosa molto speciale e infinitamente bella, che tu voglia aiutare questi ragazzini, Ian…” ci sorridemmo per un attimo, e poi, signore e signori ci fu un colpo di scena infinito.
Qualcuno uscì da casa mia, un uomo sulla trentina, che sembrava una specie di modello-pirata, piuttosto sexy, ve lo confesso, e le disse piano che andava alla sua serata e le bambine erano da sole dentro, sconvolgendomi.
“E’ un mio collega Ian. Si chiama Pau, me ne avrai sentito parlare…” mi disse molto tranquilla, ma io stavo per scoppiare. La felpa, le mani, il discorso lacrimevole e gli occhi dolci e poi viveva con quel tizio? Mi venne voglia di urlare, ma lei lo capì e mi disse soltanto “…la moglie lo ha cacciato di casa, non sapeva dove andare e mi aiuta con le bambine, quindi mi sembrava giusto aiutarlo.”
“E quella stronza della domestica non ha pensato di dovermi telefonare perché c’è uno in casa mia con mia moglie? Fantastica. Adesso non le importa più della solidità della nostra famiglia…”
Ruggii furioso, come davvero non ero da mesi, ma lei rise soltanto e disse che era stata una cosa improvvisa e temporanea, facendomi gli occhi languidi. Capito gente? Osava anche fare gli occhi dolci a me. Ero furioso, e certo che avrei bevuto se fossi rimasto solo. Non sapevo cosa fare, e quando lei mi chiese perché fossi così sconvolto le confessai quello che mi stava passando per la testa e lei sorrise.
“ok, non c’è da essere gelosi e assolutamente non devi bere. Quindi adesso mi prendi la mano, e vieni dentro con me e le bambine a guardare qualcosa in tv finchè non ti sarà passato questo stato d’animo…”
Ordinò, seria ma dolcissima, e io risposi solo che in nessun modo avrei potuto farlo, perché ero furioso. Fu molto carina allora, perché mi mise una mano sulla guancia e con voce tenerissima sussurrò solo “Ian non stiamo insieme. Non abbiamo rapporti fisici e neanche emotivi di nessun genere. E’ solo un amico in difficoltà che sto aiutando senza nessun secondo fine. Non mandiamo al diavolo giorni e giorni di sobrietà per una cosa che non esiste, ti prego”.
Mi calmai per un attimo, con la sua mano nella mia e decisi di assecondarla. Così inaspettatamente trascorsi un’ora con loro sul divano e devo dirvelo: ogni mia emozione negativa scomparve. Le bambine generalmente dormivano a quell’ora, ma Ariel aveva deciso di tenerle sveglie solo per me e funzionò. Con la mia famiglia, su quel divano su cui ero collassato mille volte, mi sentii stranamente forte e la voglia di bere si calmò. Non passò, ma non passava mai del tutto, però loro avevano iniziato a sorridermi, e quello mi bastava.
“Stavo pensando una cosa…” mi disse, dopo aver messo a letto le mie figlie. Ero ancora geloso e seccato per la storia del tizio che viveva a casa nostra, ma lei era carina e io avevo voglia di un contatto con lei, così le dissi di sedersi sulle mie gambe, come facevamo sempre prima. Lei mi fissò perplessa, ma acconsentì.
“…Insomma tu hai studiato letteratura, sei qualificato per insegnare e vuoi aiutare qualcuno, così pensavo che potresti venire alla mia associazione. Hanno un doposcuola di quartiere, e magari potresti aiutarli. E’ sempre volontariato, ci sono sempre i ragazzi, ma questi sono un po’ difficili e oserei dire anche stronzi, ma in buona salute. Insomma il peggio che può succedere è che ti facciano arrabbiare o ti rubino la macchina, ma…”
“Che diavolo di ragazzini sono?”
Chiesi divertito e lei si strinse nelle spalle e disse piano “sfortunati Ian. Abbandonati, incasinati, contesi tra assistenti sociali e spaccio. Ai margini della società, insomma. Però almeno non rischiamo che tu debba affrontare un altro lutto…”
“Rischio di essere ucciso io…”conclusi ridacchiando, ma non era una cattiva idea. Forse era meno estremo del volontariato in ospedale, e un tantino più adatto emotivamente. Lo scrissi ai miei due sponsor, che mi avevano tenuto d’occhio scrivendomi tutta la sera ed entrambi lo approvarono, così le dissi che lo avrei fatto.
“…puoi chiedere loro anche se è il caso di sistemare il garage? Perché sono mesi che te lo chiedo e a quanto pare questi due hanno il potere di farti fare quello che reputano giusto…” mi rispose divertita, ma aveva un sorriso accecante, e lì capii che malgrado fossi all’inizio, avevo fatto un enorme salto in avanti nel mio percorso, perché quello sguardo languido e quel sorriso, per me era molto vicini al traguardo.
“Resta Ian, stiamo così bene insieme…” mi sussurrò, occhi negli occhi, e io mi sciolsi totalmente. Volevo restare, volevo tenerla stretta per tutta la notte, ma non potevo perché era presto, così con un dolcissimo bacio sulla fronte le sussurrai solo “…più avanti Ari, te lo prometto” e lei un po’ delusa mi diede la buonanotte.
Feci per uscire, ma poi ricordai che anche lei aveva qualcosa da dire, o almeno così aveva detto, così glielo chiesi. Per un attimo fu indecisa, non sapeva se dire o meno quello che doveva, ma poi tagliò corto dicendo solo “più avanti Ian…” lasciandomi a farmi mille domande.
Nota:
Ciao a tutti! Vi anticipo che non manca troppo al finale, quindi preparatevi per questo addio. Io ho pianto un po' scrivendolo. Allora che ne pensate di questa nuova situazione familiare? Delle sfide di Ian? Ce lo vedete a fare il prof? Un saluto!
   
 
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