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Autore: sallythecountess    25/09/2021    1 recensioni
Continuano le avventure dello stralunato Ian e della sua folle V. Riusciranno questa volta ad affrontare la vita matrimoniale e la prole?
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo: un padre
Lavorai ancora su me stesso e poche sere dopo il mio ritorno a casa decisi di dover affrontare un grosso demone. Io e mio padre non ci eravamo mai sentiti in quei mesi. Ero certo che non sarei mai stato in grado di parlargli senza la mamma, ma dopo una lunga chiacchierata con Ariel, decisi che anche quella cosa doveva cambiare, così alzai il telefono.
Sapete come andò? Bene! Lui stava aspettando la mia chiamata, e me lo disse subito, anche un po’ risentito, ed io risposi che anche io aspettavo la sua, lasciandolo senza parole.
“ma non importa. Come stai papà?” chiesi serio, ma lui rispose solo “tu come stai. So di quello che ti è successo, stavo mettendo via i soldi per venire a trovarti, ma mi sembra che tu stia meglio…”
Rimasi senza fiato, davvero, e per un attimo dovetti mordermi le labbra per non piangere, perché per la prima volta mio padre si era preoccupato della mia salute e voleva addirittura attraversare l’oceano per me. Solo dopo un po’ gli spiegai che stavo provando a sistemare le cose, ma che sarei stato felicissimo di vederlo, in qualsiasi momento.
“…anche perché ho una cosa importante da dirti” aggiunsi serio.
“Ascolto…” rispose laconico, come suo solito e allora gli dissi del mio bambino, facendolo sorridere.
“Finalmente una notizia sensata in questo periodo di merda…” sentenziò contento e io pensai che avrei dovuto dire le stesse parole ad Ariel quando avevo saputo del bambino, ma forse sarebbe stato poco romantico. Gli raccontai un po’ tutto di quel periodo, anche del gruppo di supporto e del volontariato e lui mi disse che era una gran bella cosa.
“Sei sempre stato perfetto come insegnante, tua madre era certa che avresti fatto quello. Probabilmente però gli anni di ripetizioni a Gerard ti hanno fatto passare la voglia…” mi disse divertito, ricordandomi di quanto fosse una capra distratta il mio fratellino, e mi misi soltanto a ridere.
“Papà mi serve un consiglio…” continuai, sorprendendolo perché mai avevo chiesto consiglio a lui, ma ero a corto di figure di riferimento e mi era rimasto solo lui. Gli spiegai che la notte precedente non avevo chiuso occhio, perché volevo riportare Ariel a casa. Sapevo che le mancava la famiglia, e che per lei sarebbe stato molto brutto avere il bambino lontana da tutti, anche perché con le gemelle aveva scelto un ospedale più vicino a sua nonna che a casa nostra. Non ne avevo ancora parlato con lei, ma stavo cercando un modo per fare questo grande passo, anche per ringraziarla di aver abbandonato tutto per me.
“Beh non mi sembra che tu sia al verde Ian, magari ti puoi permettere di restare in Inghilterra per un po’ senza lavoro…” mi disse serio e io tirai fuori i miei calcoli, quelli che mi avevano tenuto in piedi la notte precedente.
Sì, potevo permettermelo, e se avessi venduto la casa in California avrei potuto anche andare direttamente in pensione, ma avrei comunque costretto loro a vivere una vita meno agiata di quella che avevamo sempre desiderato per la mia famiglia.
“Ian e secondo te ad Ariel importa davvero? Perché tua moglie non mi sembra affatto una materialista…” aggiunse serio e io sorrisi, perché era vero, ma se le mie figlie invece fossero state diverse da grandi? Se mi avessero odiato e rinfacciato per sempre che le avevo costrette a vivere una vita semplice?
“Le tue figlie? Figlie tue e di quella matta? Ti sembra possibile?” ribattè divertito e io non capii, fino a quando mi spiegò che i figli sono come i genitori “…se i genitori sanno fare il loro lavoro. E se voi siete persone semplici, lo saranno anche loro.”
Mi rincuorò il discorso di mio padre, e mi diede anche nuove speranze. Parlammo ancora per un po’, anche del nostro rapporto e gli dissi che ormai avremmo dovuto comunicare da soli, e che serviva un po’ di pazienza da parte di entrambi, perché senza la mamma probabilmente non ci saremmo capiti facilmente.
“Che Dio ci aiuti…” rispose ridacchiando, ma poi concluse dicendo che sarebbe stato molto felice di avermi a casa con lui “…anche se a quanto pare dovrò far sparire le birre da casa, ma non sarà un sacrificio. Però sono orgoglioso di te, ragazzo, cerca di non mollare…”
E lì ve lo dico: piansi. Non poco. Per tutta la vita avevo aspettato quelle parole, e sentirle fu veramente emozionante. Ariel mi trovò in lacrime nello studio, e per un po’ rimasi a piangere sulla sua spalla. Quando le spiegai il motivo delle mie lacrime, si commosse anche lei e mi disse piano “io sono sempre stata orgogliosa di te, se conta. Dell’uomo che sei, del padre che sei diventato e del tuo cuore…”
E niente: piansi ancora di più perché si sa, l’amore è cieco, ma la stima devi guadagnartela. Le dissi che nei mesi precedenti non me l’ero meritata, che l’avevo delusa e ferita, ma lei scosse la testa e mi sussurrò piano “devi imparare a perdonarti amore, altrimenti non andremo mai avanti…”.
Quella notte non le parlai del mio desiderio di trovare un lavoro a Londra, ma decisi di farlo il giorno successivo. Speravo che avrebbe reagito in modo positivo, ma non ne avevo idea, perché comunque lei amava anche il suo attuale lavoro. Un po’ mi angosciava l’idea di smettere con il doposcuola, ma ero abbastanza certo di poter trovare un’attività simile anche a Londra.
E così, immerso in mille pensieri, rientrai a casa quella sera, ma sembrava non esserci nessuno. Provai a chiamarla,allora, ma il suo telefono era a casa e seguii il rumore che mi portò fino alla sua stanza, dove c’erano i vestiti che aveva messo quella mattina stesi sul letto e poi notai una cosa che mi fece sorridere. Ancora una volta, come mille anni prima, dal mio bagno personale veniva fuori musica e rumore di acqua.
Pensai che fosse un’idea tremenda, perché lei non era ancora pronta a riavvicinarsi così tanto a me, ma entrai comunque e lei sorridendo mi disse solo “che dejà vu…”
“Vuoi che esca?” provai a chiederle con dolcezza, ma lei scosse solo la testa e sussurrò “stavo proprio pensando alla nostra prima volta, che tu ci creda o no…”
Le sorrisi e annuii soltanto, perché anche io ci avevo pensato un milione di volte quando eravamo lontani.
“…e ti stavi maledicendo per esserci caduta?” le chiesi facendo lo scemo, ma lei sussurrò soltanto che non ci avrebbe mai creduto che qualche anno dopo sarebbe diventata la madre dei miei figli.
“Eh sì, ha sempre sorpreso anche me questa cosa, dato che potevi avere letteralmente chiunque al mondo…” aggiunsi, cercando di sdrammatizzare, ma troppo vicino a lei nella vasca.
“…ma io non ho mai voluto nessun altro” sussurrò piano, fissandomi con occhi languidi, spingendomi a baciarla per un po’.
“che succederebbe se ti dicessi che ti vorrei qui con me?”mi sussurrò allontanandosi dalle mie labbra, con due occhi belli da morire. Sorrisi soltanto ma la accontentai e lì capii che forse mi ero innamorato di lei ancora più di prima. Toccare di nuovo il suo corpo, stringerla e mescolare i nostri sguardi e sospiri fu dolce, intenso e letteralmente travolgente.
“Ed è solo l’inizio…” mi sussurrò lei piano, uscendo dalla vasca, facendomi sorridere.
 Eravamo tornati insieme quella sera, e le avevo anche parlato del mio piano di tornare a Londra, rendendola la donna più felice del mondo. Forse non ci saremmo riusciti prima dell’arrivo del piccolo, ma entrambi eravamo entusiasti all’idea di rivedere casa nostra.
 
Capitolo:
Arrivai rapidamente alla medaglia del secondo, del terzo e del quarto mese, e continuai a dedicarmi al doposcuola. Mi rendeva davvero felice, e non mi pesava neanche correggere i loro saggi nel weekend o ripassare la letteratura nel tempo libero. Ariel sorrideva un sacco quando mi vedeva impegnato con le mie lezioni, ed io ormai avevo iniziato a usare anche Ody e Olly per le mie spiegazioni, perché cercavo in ogni modo di rendere le cose semplici. Mi appassionava l’insegnamento, e purtroppo ormai mi ero affezionato a quei ragazzacci mezzi vandali, che mi facevano sempre arrabbiare, ma anche sorridere. Volevo davvero, con tutta l’anima, che TJ prendesse quel cavolo di diploma, e lo avevo preso sotto la mia ala protettiva, facendo un numero incredibile di straordinari con lui.
 Loraine e Big Joe erano orgogliosi di me, e me lo ripetevano costantemente. Ero diventato un membro rispettabile del mio gruppo, e sebbene fosse troppo presto per diventare a mia volta uno sponsor, avevo aiutato i miei due supporter nell’impresa con un nuovo arrivato nel gruppo. Ariel si era affezionata a loro, li aveva invitati spesso a casa. Loro parteggiavano sempre e comunque per me, anche se a volte Loraine mi rimproverava perché facevo stancare troppo la mia signora incinta.
Ovviamente Ariel si comportò esattamente come durante la gravidanza delle gemelle, ed io morii di paura. Si sentiva sempre wonder woman, ed era instancabile, ma io avevo davvero paura che potesse farsi male, così con i miei modi languidi glielo dicevo il più possibile, ma non venivo ascoltato.
L’ultimo giorno di lezione con i miei ragazzi, ero disperatamente commosso. Sapevo che alcuni li avrei rivisti dopo poco, mentre altri, tra cui Santi e TJ avrebbero continuato la loro vita al di fuori della scuola. TJ era il mio preferito, un caso disperato che voleva soltanto lavorare con le auto e crescere suo figlio JR (sì, era una famiglia con i nomi parecchio corti) ma aveva bisogno di quel maledetto diploma. Eravamo certi che non glielo avrebbero dato, ma poi grazie a una lunghissima opera diplomatica dell’associazione, della madre di Tj e del preside che decise di volersero togliere dai piedi, ce la fece.
Ragazzi piansi a dirotto il giorno della cerimonia del suo diploma. Per fortuna ero a casa e la stavo vedendo in streaming, quindi potetti dare fondo a tutte le lacrime del mio cuore senza essere scoperto. O almeno mi illusi che fosse così, ma ovviamente chiunque capì come stavano le cose.
Ariel mi prese in giro un po’, perché a quanto pare si vedeva che avevo pianto, ma poi cucinando osservò distrattamente che lei aveva sempre detto che il mio cuore fosse simile al suo, malgrado io l’avessi sempre negato.
“No, tu sei cuore di pietra e non piangi mai…” le dissi, afferrandola per il bacino per farla ridere, e le mie figlie intervennero minacciandomi di morte per aver detto una cosa così crudele della loro amata mamma, “che invece aveva pianto così tanto”. Ragazzi io stavo scherzando, ma morii per quella frase così dura delle mie figlie. Mi si stampò in viso il senso di colpa, e Ariel cercò subito di sdrammatizzare e farmi sorridere, ma io rimasi sovrappensiero per un po’.
“Ian hai capito, vero, cosa intendevo dire?” mi chiese, mezz’ora dopo, e io le dissi che ne avevo una vaga idea, ma non ero certo.
“…ma se te lo ripetevo sempre quando eravamo due fidanzatini. Il tuo cuore è come il mio, e non potrai mai essere felice con uno stupido lavoro d’ufficio.  A te serve aiutare la gente, sentire di avere uno scopo nella vita…” mi disse molto seria, e io mi strinsi solo nelle spalle.
“Lo sai…con la tua laurea potresti insegnare, e a quanto pare saresti anche bravo, TJ ne è la riprova. Magari cresceresti una generazione di distratti cronici, ma trasmetteresti loro le tue idee e i tuoi ideali, e sicuramente la tua passione. L’ho visto con tutti i tuoi alunni, e non puoi negarlo…” concluse, con enormi occhi di una bellezza assurda e io mi strinsi nelle spalle e risposi che non avrei guadagnato nulla come insegnate.
“…beh avremo una vita più semplice, ma magari felice…” concluse piano, ed io le promisi solo di pensarci.
Un insegnante? Io? Con tutti gli errori che avevo fatto? Mi sembrava una follia, e poi avrei dovuto rinunciare al mio stile di vita e a tutto il resto, ma per i miei sponsor era una buona idea. Big Joe mi disse serissimo che nessuno è bravo a insegnare come chi è caduto molte volte nella vita, ed io rimasi a riflettere su quella frase un po’ troppo a lungo, forse, dato che sua moglie si infuriò con me che non l’avevo ascoltata.
Pensai molto alla questione “insegnamento sì o no” e chiesi il parere di molte persone, anche di T.J. che mi disse “cazzo, sì!”. Poi sentii anche Jimmy e per ultimo mio padre, che mi ricordò di nuovo delle mie lezioni con Gerard.
“Alla fine aveva preso la sufficienza, quindi hanno funzionato…” concluse serio ed io risi soltanto, ma continuai ad avere mille dubbi. Ariel, invece, ovviamente era certa che sarei stato perfetto.
Ci volle qualche giorno prima che io prendessi la decisione definitiva, e fu mio padre a convincermi. Mi richiamò una settimana dopo, dandomi una notizia assurda. Ero in auto con le bambine quando chiamò e mi disse secco “ho sentito un po’ di gente, cercano un professore nel liceo che hai frequentato. E Cristal ha chiesto a Mary, che ha chiesto a non so chi, e ha detto che se volessi insegnare al college potresti avere una collaborazione per qualcosa sulla scrittura.”
Mi aveva trovato due lavori, in cinque giorni. Gli chiesi come diavolo avesse fatto e lui sorridendo rispose solo “come faceva sempre tua madre: ho chiesto in famiglia e al prete. Ha detto che ti raccomanda lui per il posto al liceo, ma devi comunque mandare una candidatura, anche se è per il prossimo anno, perché ne hanno uno adesso che ha il contratto per qualche mese ancora. Sbrigati, ok?”
“ok…” risposi, e corsi a chiedere ad Ariel la sua opinione. E sapete che fece quella matta? Incinta di quasi sette mesi ormai, iniziò a prendere le valigie, perché voleva tornare a casa il prima possibile.
Due giorni dopo scoprimmo di aspettare un bambino, e Ariel mi aveva preso in giro per tanto tempo, dicendo che secondo lei ero sollevato da morire di non avere una donna tra i piedi, ma io risi soltanto. Ero felice, moltissimo, e passai ore a coccolare lei e le bambine e a comprare vestiti nuovi al mio piccolino.
 “Vorrei che si chiamasse Josh, se sei d’accordo…” mi disse piano raggiungendomi dopo cena, ed io mi commossi, e pensai soltanto che avevo decisamente bisogno di lui nella mia vita.
“Mi fa troppo male Ari, scusami…” le dissi piano, ma lei sorrise e disse piano “appunto. E’ un nome importante nella tua vita, che ha significato mille cose, ma che adesso per te è solo dolore. Vorrei che tornassi a sorridere sentendolo, e poi sono sicura che se lui ci fosse stato ti avrebbe suggerito il suo nome, quindi…”
Era vero, così sorrisi e le dissi che ci avrei pensato ancora per un po’. Era un nome un po’ ambizioso, dato che aveva la stessa origine del nome del figlio di Dio, ma un bel nome. Joshua. Sì, sarebbe piaciuto anche a mia madre, era perfetto. La malinconia per la loro assenza divenne quasi insostenibile, ma aveva ragione Ariel: avevo bisogno di un Josh nella mia vita, così accettai.
E così il mio bambino con il nome ambizioso nacque, e devo dirvelo: era letteralmente una mia piccola fotocopia. Dolce, timido, tranquillo e coccoloso. Innamorato di sua madre quanto me, e anche di me, un pochino. 
Poco dopo il suo arrivo, io e Ariel ci preparammo a grossi cambiamenti. Ad un anno esatto dal mio ritorno solitario in California, io e lei eravamo in attesa per imbarcarci verso la nostra unica, vera casa in Inghilterra, dove avevamo deciso di crescere quei tre scalmanati.
Ero un uomo diverso rispetto all’anno precedente, e neanche mi avreste riconosciuto, forse. Ian lo scrittore stralunato e sfigato, era diventato una spalla per gli altri alcolisti. Ne avevo ancora dieci da aiutare, ma ero sicuro che con il tempo avrei potuto rimediare. Mi preparavo ad iniziare il lavoro come professore e avevo già lavorato a qualche dispensa per il corso di scrittura creativa che mi avevano dato al college. Mi sentivo davvero di poter salvare il mondo, anche se all’epoca ignoravo quanto difficile potesse essere. Tornavamo a Londra con tre figli, e cinque cani, ma avevamo tate gratis e una bella casa tutta nostra, quindi eravamo fiduciosi di potercela fare. Ariel avrebbe ripreso il suo posto da Greenpeace una volta finita la maternità, e tutto sembrava in ordine. O quanto meno, tutto prometteva di esserlo fino all’incontro con Artie.
Nota:
Eccoci, quasi alla fine. Ne mancano solo due, quindi prepariamoci tutti a dire addio a Ian e V per sempre. Che ne pensate del desiderio di lui di tornare a casa? E di suo padre? Oh e siete curiosi di sapere chi sia Artie? Vi aspetto!
   
 
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