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Autore: kanejvibes    28/09/2021    0 recensioni
In un mondo post apocalittico, dove il controllo è stato preso con la forza da una grande corporazione, Nina si ritrova a dover lottare per sopravvivere e proteggere i suoi fratelli minori, mentre il suo gemello è scomparso. E proprio quando pensa di essere al sicuro, un misterioso sconosciuto entra nelle loro vite, scombussolandole.
Tratto dal testo:
La verità era che era stato e sarebbe sempre stato un egoista.
Nel suo cuore, James lo sapeva.
Accettò quella verità e le sorrise appena per cercare di farla tranquillizzare.
"Non posso perderti, Nina".
Moriranno tutti al bunker? Sì.
Tuo fratello diventerà una cavia da laboratorio? Sì.
Ma tu sarai viva.
Chiuse per un attimo gli occhi e quando tornò a guardarla lei aveva quell'espressione di rabbia che spesso gli rivolgeva. Rabbia e odio. Ma un odio temporaneo, un odio che nascondeva tutt'altro.
Genere: Commedia, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 21

Tutt'intorno era freddo. Un freddo sovrannaturale. Il freddo triste e sbaragliante della morte.
Non c'era un suono, non c'era movimento, o tempo.
Solo freddo.
I suoi occhi si schiusero appena e una forte luce li rese ciechi per qualche attimo.
Poi, Nina si svegliò di soprassalto, prendendo una boccata d'aria profonda per riempire dei polmoni che erano stati svuotati completamente e far riprendere vita ad un cuore che non batteva più.
Si portò una mano alla gola, come a proteggersela, a salvarsi. Ma non c'era niente da cui salvarsi. Nessuna ferita, niente sangue.
Portò anche l'altra mano sul collo e abbassò gli occhi sul suo corpo bianco come il latte.
Non aveva idea di cosa fosse successo, non sapeva cosa provasse o pensasse. 
Eppure, tremava come una foglia.
La sua mente era un foglio completamente bianco, ma il suo corpo sembrava volerle far ricordare qualcosa e tutto stava puntando alla sua gola.
Schiuse le labbra per parlare, ma forse non ne era capace perché non ne uscì fuori nemmeno un suono.
E qualcuno rise, un verso così stridulo e malvagio che la riportò alla realtà.
Era ingarbugliata in un lenzuolo di seta in un letto enorme che però sembrava scomparire nella stanza dove si trovava. Quella camera aveva tutta l'aria di essere una suite d'albergo, ma lei non era in vacanza, giusto?
Strizzò gli occhi, mettendo lentamente a fuoco gli oggetti che la circondavano: dagli intarsi dell'armadio in mogano che riprendeva la testata del letto, alle colonne di marmo bianco che facevano affacciare la stanza su una zona bar.
Qualcuno, seduto in fondo al letto, le sorrise e, quando lei riconobbe quel ghigno e posò lo sguardo in quelle pozze scure e tenebrose che erano gli occhi di Lucien, si agitò, finendo per ritrovarsi rannicchiata alla testata del letto.
"Come ti senti, Nina?", le domandò lui con un tono viscido. I suoi occhi brillarono nel vederla terrorizzata a quel modo.
"Tu...", mormorò la ragazza, riscoprendosi in grado di parlare. Ancora non aveva allontanato le mani dal collo.
Un alito di vento le scostò i capelli dal viso e sarebbe stata una sensazione piacevole se si fosse trovata in una qualsiasi altra situazione, ma era troppo distratta per rendersene conto.
"Tranquilla, non sei morta. Beh, sei morta. Ti ho uccisa, ma non sei morta morta".
Nina schiuse le labbra e Lucien fece un sorrisetto.
"Il lessico non mi è d'aiuto in questa situazione, perdonami. Quello che ti basta sapere è che...non puoi morire. Non finché anche Dean è in vita, almeno", continuò il ragazzo, alzandosi per avvicinarsi alla finestra aperta e guardare fuori con sguardo sognante, come se stesse immaginando di avere in mano anche Dean. O almeno fu quello che sembrò a Nina.
Fu allora che lei si accorse che non erano da soli. Un ragazzo dai capelli corvini le stava dando le spalle e sembrava intento a bere qualcosa, seduto su uno sgabello del bar. L'altra figura invece la stava guardando e sembrava provare un immenso piacere nel vederla in quella situazione. Aveva un fucile d'assalto tra le mani e un aspetto terribilmente familiare.
Nina assottigliò gli occhi e poi lo riconobbe; la fronte alta, i capelli lisci e di un castano slavato, gli occhi piccoli e crudeli. Era Arrows.
Le rivolse un sorrisetto vittorioso.
In quel momento, le venne in mente qualcos'altro. Arrows e l'altro ragazzo passarono in secondo piano, così anche Lucien, perfino se stessa e la sua condizione.
"James e Nicholas? Cosa ne hai fatto di loro? Dove sono?", esclamò, quasi d'impulso.
Sono vivi?
Si trattenne dal fare quell'ultima domanda, la più importante.
Un brivido le passò lungo la schiena, facendole sudare freddo.
Lucien sospirò, allontanandosi dalla finestra mentre il suo sogno ad occhi aperti andava a scomparire.
"Nina, Nina, Nina...", iniziò con tono di rimprovero, avvicinandosi ancora fino a che non riuscì a sollevarle il mento con due dita.
Lei mugolò ma non si mosse.
"Stavamo facendo una conversazione interessante, perché rendere tutto così...prevedibile e noioso?", mormorò, quasi disgustato, per poi lasciarla andare e mettere le mani dietro la schiena.
"E' tutto un gioco per te?", sibilò lei, con altrettanto disprezzo.
"Un gioco? Oh, no, no,no. Un gioco...mhh. Non c'è niente che consideri più serio del mio lavoro. Ma c'è differenza tra serio e noioso...tra importante e prevedibile", disse, preso da una foga improvvisa. Poi abbassò gli occhi sul collo di Nina, ancora accuratamente difeso dalle sue mani.
"Posso vedere?", chiese, spalancando gli occhi con interesse.
Nina lanciò un'occhiata ad Arrows e lesse nel suo sguardo un forte desiderio di venire da lei e farle spostare le braccia con la forza. Perciò, piuttosto che dare quella soddisfazione a quel pezzo di merda, abbassò le mani, lasciando la gola scoperta.
"Nemmeno un segno...", sussurrò Lucien, avvicinandosi per indagare meglio. Quindi si allontanò e la guardò.
"Ti ho reso una dea!", esclamò, sorridendo e spalancando le braccia, e rimase fermo per qualche secondo, come ad aspettarsi un ringraziamento.
"Dove sono James e Nicholas?", ripetè invece Nina, ricambiando lo sguardo, senza alcun riconoscimento nel volto.
Lucien abbandonò il sorriso e si sistemò la giacca che indossava, irritato.
"Stanno benissimo. Non preoccuparti di loro".
"Voglio vederli. Subito", ribatté la ragazza, tirandosi in piedi.
Il suo corpo non era più separato dalla sua mente. Aveva ripreso colore e forza.
E Nina era arrabbiata.
Arrows fece un passo verso di loro, imbracciando il fucile, ma Lucien gli fece cenno di starsene al suo posto.
"Beh, li vedrai quando mi avrai detto dove si trova tuo fratello", rispose il moro con calma, sfiorandosi appena la cicatrice sulla guancia.
Nina scosse la testa.
"Non accadrà mai".
"Beh, allora suppongo che tu non voglia davvero vedere i tuoi amici. Ma ti considero di pensarci bene perché non so quanto tempo gli resti", disse Lucien, piegando la testa di lato.
Nina digrignò i denti e fece per gettarglisi addosso, presa da una furia di cui non sapeva essere capace.
Fu allora che Arrows le sparò in una gamba, facendola cadere a terra.
Lucien roteò gli occhi.
"Non era necessario, razza di incompetente che non sei altro!", esclamò, passandosi la mano sulla stoffa dei pantaloni, che si erano macchiati del sangue di Nina.
"Stava per colpirti e...".
"Taci, idiota. Vado a cambiarmi. Vedi di non spararle di nuovo, se non in casi di estrema necessità", sbottò Lucien.
Nina, ancora in ginocchio, strinse i pugni e quando alzò la testa vide che il moro stava dicendo qualcosa all'orecchio del ragazzo senza nome. Lui si voltò a guardarlo, mostrando metà del volto. La castana non aveva mai visto qualcuno più simile ad un fantasma. Gli occhi chiari erano spenti e cerchiati e la bocca era incurvata in un'espressione così malinconica da metterle tristezza.
Lo vide annuire e Lucien se ne andò.

La porta della cella si aprì e Amanda entrò con un vassoio pieno di cibo.
"Vi libereremo dalle catene così potrete mangiare...", riuscì a malapena a dire prima che un'altra donna la sorpassasse, spingendola di lato. Aveva i capelli lunghi, di un finto colore violaceo che però le donava molto e gli occhi azzurri come il cielo a mezzogiorno.
Indossava una delle divise dei FAWW.
"Bene, bene, bene...guarda chi si rivede. Non hai idea di quanto abbia desiderato vederti in catene, traditore", sputò, acida, squadrando James dalla testa ai piedi.
Lui ricambiò il suo sguardo, aggrottando la fronte, e la ragazza fece una risata.
"Non mi riconosci nemmeno, eh? Ovviamente no, non ero nessuno l'ultima volta che ci siamo visti", aggiunse, scuotendo la testa.
"Ci hanno detto di farvi mangiare, ma se dipendesse da me stareste a digiuno per un bel po'", continuò, afferrando un chicco d'uva dal vassoio per portarselo alla bocca.
Lo masticò lentamente, osservando James mentre lo faceva, poi sorrise.
"E pensare che ero così ossessionata da te, Liam", sussurrò, afferrandolo per i capelli e costringendolo a guardarla negli occhi.
"E chi non lo era?". 
Si voltò verso Amanda, che stava guardando James, e quando lei se ne accorse arrossì e abbassò lo sguardo.
"Chi non lo è? Le ragazze ti muoiono dietro, eh? Le ragazze come me, poi, non hanno speranza. La goffa e timida migliore amica di una come Rose, che possibilità potrebbe a suo confronto?, commentò.
James schiuse le labbra, osservandola.
"Ginny?".
La ragazza lo lasciò andare e indietreggiò, smettendo di sorridere.
"Ti veneravo, eri una divinità ai miei occhi, un salvatore. Ma alla fine sei scappato con Rose e mi hai lasciato da sola ad affrontare la furia dei gemelli. Che onore c'è in questo? Ti credi forse meglio di loro?", gridò tirandogli un pugno.

Lucien se n'era andato sbattendo la porta e il ragazzo sconosciuto aveva tracannato velocemente il suo drink, prima di alzarsi e voltarsi verso di lei.
Nina si tirò seduta e cercò di indietreggiare, non sapendo cosa aspettarsi da lui. La gamba le fece fare una smorfia di dolore.
"Ferma. Non ti muovere. Così peggiori soltanto la situazione", fece quel ragazzo, una volta che le fu vicino. Si chinò per osservare meglio la ferita e le sfiorò la pelle con una delicatezza inaspettata.
"Che ti importa se peggiora la situazione? Non può morire, no?", sbottò Arrows, ridacchiando.
Bastò un'occhiata dell'altro perché il suo sorriso svanisse e venisse rimpiazzato da odio.
"Hai fatto abbastanza per oggi, Arrows, perché non te ne stai zitto e buono in un angolo adesso?", rispose il moro, tornando a guardare la gamba di Nina.
Poi alzò la testa e vide che lei stava cercando in tutti i modi di coprirsi perché senza il lenzuolo era rimasta in intimo. Allora lui si tolse la camicia e gliela mise sulle spalle, facendole aggrottare la fronte.
"Questo ti farà male", disse e, senza preavviso ulteriore, le infilò la mano dentro la ferita per estrarre il proiettile.
Nina gridò con tutto il fiato che aveva in corpo e pensò che avrebbe perso i sensi, ma in qualche modo riuscì a resistere e il ragazzo tirò fuori il proiettile.
Si alzò e Nina vide chiaramente il suo torso alla luce del sole. Era bellissimo, scolpito, con un tatuaggio che saliva dall'inguine verso l'ombelico e recitava qualcosa in giapponese. Ma più in alto a destra del costato aveva una cicatrice lunga almeno dodici centimetri.
Il ragazzo non la guardò ma si rivolse ad Arrows, porgendogli il proiettile.
"Credo che questo sia tuo", disse con una calma esasperante.
Arrows sbuffò e gli tirò un colpo, facendo rotolare il proiettile sul pavimento, poi si allontanò sussurrando con rabbia qualcosa tra sé e sé. 

Nina si svegliò qualche ora dopo, senza il minimo accenno ad una ferita sulla gamba. Era come se nessuno le avesse sparato.
Si toccò il punto in cui avrebbe dovuto esserci la ferita, ma era completamente rimarginato. Nessun dolore, nessun segno.
In che cosa l'aveva trasformata Lucien? Avrebbe perso la sua umanità come Rose?
Si sentì tremare e si strinse nelle spalle, rendendosi conto che aveva ancora addosso la camicia con cui il ragazzo malinconico l'aveva avvolta. Aveva un buon odore addosso, forse di camomilla o di qualche altro fiore. La fece rilassare appena e alzò gli occhi per ritrovarlo. Doveva almeno ringraziarlo.
Ma lui non c'era. Al suo posto, insieme ad Arrows, c'era un ragazzino che non doveva avere nemmeno diciotto anni.
Le rivolse uno sguardo quando si accorse che si era svegliata. 
"Ehi, Freddy...guarda", disse ad Arrows, indicandola.
"Oh, ti sei svegliata, finalmente", tuonò lui, alzandosi dallo sgabello del bar e avvicinandosi.
Si sedette sul letto, divertito dall'idea di incuterle timore e il ragazzino lo seguì anche se rimase a distanza.
"C'è una cosa che muoio dalla voglia di chiederti...", riprese Arrows, allungando una mano per giocare con i capelli di Nina.
Lei si immobilizzò a quel contatto e lo lasciò fare.
"Visto che ho ucciso Rose...sei tu la nuova puttana di Liam?", chiese, piegando la testa di lato e facendo un mezzo sorriso da bastardo.
Nina lo guardò con odio e gli sputò in faccia.
Arrows non se lo aspettava e rimase qualche secondo immobile, sotto lo sguardo incredulo dell'altro soldato. Poi si pulì il viso con la manica della giacca e si alzò in piedi, rosso di rabbia.
Afferrò la castana per i capelli, facendola gemere, e la trascinò giù dal letto per poi farle sbattere la testa contro una delle colonne.
"Come osi, puttanella? Con chi credi di avere a che fare, mmh?", gridò, tirandole un calcio mentre era a terra.
L'altro soldato si riprese dallo stato di trance in cui era entrato e cercò di fermarlo.
"Freddy!".
Arrows gli tirò una spinta e continuò a colpire Nina, freddamente e spietatamente, alternando calci a offese.
Quando ne ebbe abbastanza, le sputò addosso e se ne andò.
La ragazza schiuse le labbra, che rilasciarono del sangue, e provò ad alzarsi, ma senza risultati.
Il ragazzino a quel punto si chinò su di lei e la aiutò a tirarsi in piedi per poi farla avvicinare al letto, preoccupato.
Forse più per quello che temeva gli avrebbe fatto Lucien se l'avesse scoperto che per lei.
"Vivrò", disse Nina, portandosi una mano allo stomaco.
Il dolore stava già passando e il sapore metallico del sangue era quasi sparito.
"Ti ha colpita molto forte", ribatté il ragazzino, osservandola.
Lei alzò le spalle e gli occhi gli ricaddero sulla pistola che portava alla cintura.
"Non abbastanza", sibilò, tirandogli una gomitata sul volto per poi afferrare l'arma e puntargliela addosso.
Lui la guardò con paura, alzando immediatamente le mani.
"Per favore, non spararmi".
Non l'avrebbe fatto, ne era sicura al cento per cento, ma lui non ne aveva idea. E Nina ne avrebbe approfittato.
Gli indicò con la pistola la porta.
"Forza, andiamo".
"Ci sono due guardie fuori, non ce la farai a scappare", mormorò lui, tremolante.
Nina mise su l'espressione più spaventosa possibile e lo guardò.
"Vedremo", sbottò, invitandolo di nuovo a muoversi.
  
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