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Autore: Rinrose13    02/10/2021    4 recensioni
~Potrà mai il tempo separare due anime gemelle? La ricerca disperata di un solitario demone cane, in bilico tra due mondi diversi ma complementari~
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rin, Sesshoumaru | Coppie: Rin/Sesshoumaru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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400 anni




Il tempo passa velocemente, per gli umani. Sesshomaru ne era sempre stato consapevole, e questa sensazione aveva trovato conferma nel momento in cui Rin era entrata nella sua vita.
Mentre era sdraiato in quel bosco a seguito del tremendo scontro con suo fratello Inuyasha, ferito nel corpo e nell'orgoglio, una minuscola umana lo aveva approcciato, offrendogli pesci e bacche di ogni sorta per cercare di alleviare le sue pene.
In seguito, dopo essere stata salvata dalla Tenseiga, spada che Sesshomaru aveva sempre considerato inutile fino ad allora, quella piccola umana lo aveva seguito per anni, crescendo lentamente, diventando una donna bellissima e coraggiosa, la sua dolcissima amante, così piena di calore e risate genuine, che con gli anni, erano svanite nel tempo che non perdona quelle fragile creature.
Non era riuscito a spiegarsi come il suo cuore di ghiaccio si fosse lentamente aperto a quelle piccole mani, a quegli occhi sognanti, a quella voce squillante.
Lei lo aveva chiamato Signor Sesshomaru, poi Sesshomaru, poi amore mio.
Era sbocciata sotto le sue dita, mille volte, durante le notti che si susseguivano veloci, ad ogni stagione.
Lui l'aveva vista cambiare, come le foglie in autunno e l'aveva seppellita sotto un albero di ciliegio in fiore, quando il suo tempo si era esaurito.


In quel momento, Sesshomaru, un tempo il grande principe uccisore di uomini, si era accorto di non avere più niente e si era recato presso l'albero sacro, Goshinboku, in cerca di una risposta.
Le maestose ma gentili fronde dell'albero si muovevano lente nella brezza estiva, e una forte energia proveniva dal pozzo da cui, anni addietro, un'altra strana umana era arrivata.
In quel momento Sesshomaru scelse di passarci attraverso, con la speranza forse di svanire nel nulla per placare il dolore sordo che lo opprimeva.
Aveva però preso a vivere nei secoli, tra gli umani, lasciandosi alle spalle tutto ciò che era stato in quella sua vita passata, il suo regno, il desiderio bruciante di potere, che non erano niente in confronto alla vita di Rin, ormai passata nella sua caducità.


400 anni gli erano sembrati un eternità, una lenta agonia.


Non aveva più un posto nel mondo.
Si era lentamente conformato alle abitudini di quelle fragili creature, che lottavano ogni giorno contro il tempo, ridendo, piangendo, affannandosi dietro cose frivole e senza significato.
Sesshomaru si era mischiato tra di loro, in silenzio, e camminava ogni giorno nel traffico di Tokyo, inseguendo qualcosa che probabilmente non avrebbe più trovato.
Un giorno però, quando il vento soffiava forte, un odore familiare lo colpì, facendolo bloccare tra la gente che continuò a fluire intorno a lui, come l'acqua scorre sulle rocce nel letto di un fiume.
Fiori, era odore di fiori.
Una ragazza dalla pelle diafana stava tentando di tenere i suoi lunghi capelli corvini in ordine, agitando le mani delicate per esprimere il suo fastidio.
Una folata di vento portò via il cappellino che indossava sulla testa, così delicata, così minuta.
Quando Sesshomaru vide il suo viso il cuore gli si fermò nel petto.
Era proprio Rin.
Il demone camminò lento verso il punto in cui il cappellino si era posato e lo raccolse, porgendolo alla ragazza che gli era venuta incontro.
La giovane si affrettò e lo ringraziò, sorridendo dolcemente.
"La ringrazio, oggi è un disastro con questo vento", disse lei, poi aggiunse "...ci siamo già incontrati da qualche parte?".
Lui la fissò per un altro momento, in silenzio, poi disse criptico "In un'altra vita".
Proseguì la sua marcia senza guardarsi indietro.


Lei fissò quel bellissimo uomo dai capelli argentei ancora per un po', mentre spariva lentamente tra la folla che attraversava le strade di Tokyo.
Proseguì la sua giornata come sempre, ma quella notte sognò di lunghi capelli del colore della luna, sognò di un ciliegio, di una morbida pelliccia e di una mezzaluna blu.
Quando aprì gli occhi era già mattina.
Fin da quando era bambina aveva sognato di un epoca passata ma mai prima d'ora aveva visto così vividamente il volto di quel bellissimo demone cane che ogni notte veniva a vegliare sul suo sonno, nella quiete delle tenebre.
Era lo stesso volto di colui che le aveva restituito il cappello il giorno prima.
Si alzò dal letto e camminò scalza verso il balcone del suo piccolo appartamento, per osservare il cielo del mattino.
Per i giorni successivi continuò a ripensare a quello strano uomo, con dei tratti così peculiari e due occhi intensi e luminosi, del colore dell'ambra. Era settembre ed il meteo aveva previsto pioggia per tutta la settimana.
Il cielo plumbeo ma clemente le diede il tempo di sedersi all'interno di un bar, prima di farla finire sotto l'acqua scrosciante.
Ordinò un caffè e si accomodò accanto alla vetrata del locale, osservando gli ombrelli colorati che passeggiavano sul marciapiede.
Il suono della piccola campanella all'ingresso del locale la distrasse.
Lei riconobbe immediatamente la figura alta e slanciata del misterioso uomo che le aveva rubato il sonno la notte appena trascorsa.
Rin si alzò in piedi, di scatto, senza pensare e lo chiamò "Mi scusi?".
Lui si girò immediatamente, fissandola con sguardo fermo.
Lei rabbrividì.
"Signor......? Non mi ha ancora detto il suo nome", disse lei.
Sesshomaru rimase impassibile "Sen", rispose brevemente. Si avvicinò al tavolo della ragazza e si accomodò dinanzi a lei.
Lei gli sorrise "La prego, ordini qualcosa. Non l'ho ringraziata l'altro giorno".
"Non ho fatto niente che lo necessiti", disse lui brevemente.
"Lei è misterioso, Signor Sen", disse la ragazza.
"Sono solo un viandante, come tutti su questa terra. Qual è il suo nome?", chiese lui.
"Rin, mi chiamo Rin", rispose lei.


Una miriade di immagini e ricordi gli scorse davanti agli occhi, facendolo rimanere senza fiato.
Rin.
La sua Rin.
Chiuse gli occhi un secondo, per cercare di concentrarsi.
Ma il suo nome ed il suo ricordo avevano scatenato in lui sentimenti che aveva cercato di dimenticare per tutti quegli anni.
Lei finì di bere il caffè e si alzò in piedi, per andare a pagare, ma lui la bloccò.
La ragazza fissò la vetrata coperta di goccine di pioggia. Sembrava che non accennasse a smettere.
"La accompagno. Non sarebbe opportuno lasciarla camminare da sola sotto questo acquazzone", disse lui.
Lei lo guardò "La ringrazio infinitamente, anche per il caffè", rispose lei.
L'ombrello era grande, abbastanza per entrambi, ma Rin fu costretta a camminare molto vicina al fianco dell'uomo, cosa che le creò parecchio imbarazzo.
Lui era calmo e silenzioso come la prima volta che l'aveva incontrato.
Come anche nei suoi sogni.
"Lei....lei è in qualche modo originario di un paese della provincia?", chiese ad un tratto la ragazza.
"Abito in questa zona da moltissimi anni", rispose lui.
La ragazza stava cercando un modo per spiegare l'origine di quegli strani sogni che aveva fatto da sempre, ma senza successo.
Eppure, sentiva che in qualche modo erano collegati al bellissimo uomo che le camminava accanto.
Si bloccò davanti ad un palazzo composto da numerosi appartamenti, sorridendo imbarazzata.
"Questa è casa mia", disse "..mi chiedevo se avesse piacere di salire, per parlare un po'".
Lui la fissò per un lungo secondo, non era cambiata affatto.
Era proprio lei. Lui chiuse l'ombrello e la seguì mentre cercava le chiavi di casa nella piccola borsa nera.
"La mia casa è piccola, mi dispiace", disse lei accogliendolo all'interno di uno spazio aperto, piccolo ma confortevole.
Pregno del suo odore dolce.
A lui non importava nulla, se non di lei.
Quando entrarono nell'appartamento lei si tolse le scarpe. Era ancora più piccola, lo era sempre stata, in confronto a lui.
"Adoro la pioggia, ma solo se sono dentro casa. Uno dei miei incubi ricorrenti è un lungo sentiero boscoso nel quale corro, inseguita dai lupi. Non capisco mai quale correlazione possa avere con la mia vita", disse lei "...mi deve perdonare, parlo troppo, non è ve..." non fece in tempo a finire la frase, perchè le mani dell'uomo le afferrarono il viso. Le sue labbra si posarono su quelle della ragazza, silenziando le sue chiacchiere.
Rin non si scostò.
Parte di lei si chiese come fosse possibile che dopo un incontro tanto breve le mani di quell'uomo misterioso fossero così familiari.
Lui la prese tra le braccia e la portò nella minuscola camera da letto, senza indugio, come se già fosse stato lì altre mille volte.
Lei non fece alcuna domanda, si fece accarezzare lentamente, si fece spogliare e si fece amare senza vergogna.
Rin sciolse l'elastico che raccoglieva i lunghi capelli argentei di Sen, beandosi della sensazione setosa che sentì sotto le dita. Un sentimento la attraversò, come  corrente elettrica, e le sue mani si bloccarono sul suo viso. Lei lo fissò negli occhi. Occhi d'ambra, come quelli dell'uomo e del grande cane che ogni notte venivano a trovarla, da quando ne aveva memoria.
Non parlarono. Si strinsero come due amanti che si erano ritrovati dopo lungo tempo, con immenso desiderio, con struggente dolcezza.
Lui la accarezzò piano, facendola sedere su di sé e guidandola mentre muoveva piano i fianchi, mentre dolci goccie di sudore le scorrevano tra i seni candidi.
Osservò la sua bocca carnosa aprirsi in risposta ai suoi movimenti, come tanti anni prima, come ogni notte della loro vita insieme.
Quando finalmente si furono entrambi saziati, rimasero in silenzio nel grande letto, a fissarsi.
"Da quando sono bambina sogno sempre un bellissimo demone, un demone cane, come quello delle leggende, che mi porta un fiore. Un singolo higanbana (Nb Giglio ragno)....rosso come il sangue....", sussurrò lei "...un demone cane con gli occhi intensi, ambrati come i tuoi, con una mezza luna sulla fronte, come anche l'uomo che indossa un kimono candido, con fiori di ciliegio sulla spalla, la mezza luna è una costante della mia vita", disse lei accarezzandogli la fronte.
"Sono sicura che già ci siamo conosciuti in un altra vita, io e te", sussurrò lei gentile mentre l'uomo l'attirava ancora a se.
Sesshomaru aveva imparato a nascondere le sue caratteristiche demoniache, per riuscire a passare inosservato tra gli umani, ma era chiaro che lei conoscesse il suo aspetto, tramite i suoi sogni, ricordi di una vita passata.
Lui si scostò brevemente e le baciò le labbra piano "Si dice che i sogni siano ricordi, nascosti nella nostra anima, delle molte vite che abbiamo vissuto e che ogni quattrocento anni si possa avere la possibilità di incontrare la propria anima gemella, colui o colei che abbiamo amato in passato", sussurrò lui.
"Sesshomaru, signore della terra dell'est, demone dei cani, colui che ho amato, tanti anni fa", disse lei con la voce rotta.
"Pensavo di essere un'illusa"
Lui la strinse forte, senza dire nulla.
Avrebbe aspettato sempre 400 anni, pur di poterla stringere una sola volta, anche solo per un secondo in più.
Perchè niente valeva più della vita di Rin.

-

''Signor Sesshomaru posso domandarvi una cosa?''

''Dimmi''

''L'altro giorno mi stavo chiedendo, quando morirò, voi vi dimenticherete di me?''

''Non dire stupidaggini, Rin''


   
 
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