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Autore: Florence    08/10/2021    0 recensioni
-Pluto, ci stai dicendo che se non riusciremo nella nostra missione la nostra esistenza futura potrebbe essere compromessa?-
-È molto complicato... quel che è certo è che la nostra realtà non esisterà più, perché nessuno può fermare la collisione con un'altra dimensione che avverrà alla prossima eclisse di luna.-
-E quindi... ? Stiamo per morire?-
-Non è così semplice, Neptune: continuamente le nostre coscienze passano tra una realtà e l'altra senza che noi ce ne accorgiamo nemmeno, questo avviene ogni volta che si incontrano dimensioni molto simili tra loro nel continuum spazio-tempo.-
-E quindi perché stavolta dovremmo preoccuparcene?-
-Perché stavolta stiamo per scontrarci con una dimensione del tutto differente dalla nostra... Dobbiamo "sistemare" gli eventi del passato di quella dimensione affinché non sia tutto perduto.-
-In sostanza, cosa dovremmo fare? Altre battaglie? Scontri epici?-
-No, niente di tutto ciò, Uranus: il vostro scopo è quello di fare innamorare Usagi Tsukino e Mamoru Chiba prima che avvenga l'eclissi di luna.-
-Parli dei nostri sovrani? E qual è il problema: quei due si amano da sempre!-
-Ne sei proprio sicura...?-
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Mamoru/Marzio, Nuovo personaggio, Outer Senshi, Usagi/Bunny | Coppie: Endymion/Serenity, Mamoru/Usagi
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie, Prima serie
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Capitolo 7
Fraintendimenti, Missione Salvataggio & I segreti di una ragazzina


Yuichiro si era reso conto tardi di essersi preso una responsabilità enorme, nel momento in cui aveva proposto di accogliere i suoi amici nella sua casa. Si sforzava quindi in ogni modo per prendere in mano la situazione: era l’ospite di tutti quei ragazzi, ma soprattutto era l’ospite di Rei e ogni più piccolo dettaglio avrebbe dovuto essere perfetto per lei.

Aveva convinto i ragazzi a rientrare per tempo alla villa e preparare ogni cosa per la cena, ricordando loro di lasciare tutto pulito dopo aver fatto le docce e di stendere costumi e teli da mare umidi nell’apposito piazzale sul retro della casa.

Le ragazze sarebbero state di ritorno di lì a poco e si sarebbero chiuse nei bagni della sua casa, spendendo ore a lavarsi, profumarsi, imbellettarsi. Dovevano fare in fretta se volevano far trovare loro la casa linda e tutto in ordine.

 

Il brutto delle case al mare, lo diceva sempre sua madre, era che, nonostante tutti i possibili accorgimenti, chi vi entrava riusciva sempre a portare con sé un quantitativo enorme di sabbia, invisibile finché non fosse finita sotto le ciabatte, scricchiolando sul parquet o sui mobili di lacca cinese. Generalmente ci pensavano Takeshi e la Signora Fukada, ma, visto che aveva categoricamente vietato intromissioni nella sua vacanza, Yuichiro si vide costretto ad armarsi di strofinaccio e aspirapolvere e correre per casa come un folle, ripulendo dove i suoi ospiti lasciavano scie di sabbia, o lucidando gli specchi dei bagni, oppure aereando le stanze, stando attento a che, ovunque, fossero accese le candelette repellenti per le zanzare. Sapeva bene quanto Rei odiasse quegli insettacci e conosceva a memoria la mappa dei ponfi rossastri che, quando veniva punta, macchiavano la sua pelle di seta.

-Ehi, calmo!-, lo irrise Hiro, sentendoselo alle spalle come un segugio, quando uscì dal bagno.

-Stavi gocciolando sul parquet-, constatò Kenzo, osservando divertito l’amico di Rei che, a quattro zampe, seguiva l’altro, asciugando ogni traccia.

-Perché non lasci perdere? È inevitabile che si sporchi un po’ la casa… potremmo limitarci all’indispensabile e ripulire tutto alla perfezione prima di ripartire, che ne dici?-, propose Hiro a Yuichiro.

Questi si alzò e, con fare solenne, stringendo lo straccio in una mano, dichiarò che non avrebbe permesso che le ragazze, trovassero qualcosa fuori posto.

-Secondo me dovresti essere meno servile e più audace, con Rei-, gli fece notare en-passant il suo rivale in amore putativo, lasciandolo interdetto nel mezzo alla stanza.

-E anche più istintivo e meno adorante-, gli fece eco Kenzo, seguendolo in veranda.

-E meno preoccupato di commettere errori-, commentò Motoki, sorridendogli e tendendogli la mano, perché gli passasse lo strofinaccio, mettendolo quindi al suo posto.

Fortunatamente per lui, Mamoru era in bagno e non assistette a quel siparietto: Yu non avrebbe tollerato un consiglio in amore anche da lui, che con Rei era stato intimo. Solo a pensarci aveva un travaso di bile.

-Io mi farei la barba…-, come non detto: la voce del ragazzo lo fece scattare nella sua direzione.

-Stai cercando di farmi capire che tu piacevi a Rei perché sei sempre perfetto, mentre io che ho un aspetto più trasandato e non mi faccio la barba tre volte al giorno non ho alcuna speranza?-, ringhiò contro di lui.

Mamoru, interdetto, si strofinò un’ultima volta i capelli con un asciugamano e lo guardò: -Veramente stavo dicendo che io andrei a farmi la barba, se nessuno ha bisogno del bagno per i prossimi dieci minuti…-, spiegò.

Yuichiro volle sprofondare nel suo stesso parquet e allo stesso tempo fulminare Mr. Perfettini, che, anche senza averne intenzione, gli aveva fatto notare quella differenza abissale tra loro.

Bofonchiò qualche parola incomprensibile e se ne andò.

-Lo prendo come un sì…-, disse Mamoru e tornò in bagno, trovandolo però occupato. Aveva tutte le sue cose lì dentro… almeno potevano aspettare che se le riprendesse, pensò irritato.

Bussò per farsi consegnare il suo sacchetto, ma non ebbe risposta: dopo qualche istante udì però un gemito soffocato che lo fece gelare. “Cosa diavolo sta succedendo là dentro?”

Bussò ancora e quella volta ricevette in risposta uno strano lamento, proveniente dalla voce nasale di Umino.

-Qualche problema…?-, si azzardò a domandare, pronto a darsela a gambe prima di divenire testimone involontario di qualsiasi strana attività.

Non avendo avuto risposta, si voltò rassegnato nel doversi trovare un’altra maglietta pulita e fece per allontanarsi, quando la porta si aprì e Umino, rosso in viso, grondante per la doccia e con solo un asciugamano attorno alla vita lo bloccò.

-Chiba-san… posso… posso chiederti una cosa?-, Mamoru si freddò sul posto. Iniziava a capire come si sentisse Usagi le volte che l’aveva vista in imbarazzo per il comportamento eccentrico di Umino Gurio. Notò solo allora che, tra le mani, il ragazzo aveva il sacchetto di carta che gli aveva passato solo il giorno prima suo cugino. 

Non gli piacque per niente… 

Il suo sguardo indagatore fece arrossire Umino.

-Aehm… ecco… tu studi Medicina, non è così?-, domandò imbarazzatissimo. Mamoru annuì, temendo di inoltrarsi su un sentiero troppo scivoloso.

-Potresti… come dire… Avrei un… È che non riesco a infilare… Entra!-, Umino lo afferrò con forza per un polso e lo trascinò in bagno. Mamoru adocchiò in un nanosecondo la sua maglietta e il beauty case, pronto ad afferrarli e scappare velocemente, se le cose si fossero messe male.

-Ecco… il punto è questo-, Umino sembrò prendere coraggio, -Come sai io amo Naru profondamente. Per me lei è la luce del sole, la sua bellezza è pari solo a quella di una rosa di maggio, i suoi occhi sono…-

-Riassumi-, gli disse caustico Mamoru, sentendo il picco glicemico arrivare.

-Sì, perdonami… ecco… dicevo… Voglio che Naru possa volere stare con me, non solo per l’amore che ci lega, ma anche… fisicamente…-, Mamoru sentì una gocciolina di sudore freddo scivolare tra le sue scapole e deglutì.

-Vorrei poterle dare tutto quello che vuole, farla stare davvero bene con me, soddisfare le sue fantasie e…-

-STOP-, Mamoru mise le mani avanti, interrompendolo; -Ho capito cosa stai tramando, e quell’irresponsabile di tuo cugino ti sta dando manforte! Lascia che ti dica una cosa, Umino, un consiglio fraterno: Naru è una ragazza ancora troppo giovane per… certe cose, potrebbe essere presa dall’entusiasmo adesso, ma se ne pentirebbe nel giro di una settimana. Ammiro la tua serietà nell’aver provveduto a rifornirti di tutte le precauzioni, ma – dammi retta – è troppo presto. Non è solo facendo… quello che tu pensi di fare con lei che… le dimostrerai il tuo amore… e poi… se proprio vuoi saperlo, io non posso esserti di alcun aiuto, anche se studio Medicina-, con una mano salda sulla spalla di Umino, Mamoru si sentiva rosso come un peperone ad aver fatto un discorso come quello.

Ma perché dovevano capitare tutte a lui? Non era suo padre, neanche suo fratello… non sarebbe toccato a lui parlargli di sesso, precauzioni e ripensamenti… a lui che forse aveva ancora meno esperienza di Umino stesso! Avrebbe voluto evaporare da quella stanza da bagno e riapparire incollato ad un iceberg, per sbollire l’imbarazzo che provava.

-Ma che stai dicendo, Chiba-san?-

Mamoru alzò lo sguardo sul ragazzino e vide un’espressione del tutto confusa. Deglutì e staccò la mano dalla sua spalla. Già, che stava dicendo…?

-Io… volevo solo chiederti se potevi darmi una mano a mettermi queste lenti a contatto negli occhi... A me non riesce proprio infilarle… Vorrei taaanto che Naru vedesse che ho anche io degli occhi, invece di usare sempre questi fondi di bottiglia! Sono già basso e bruttino… è l’unica cosa che possa fare per lei…-

In quel momento una voragine si spalancò sotto ai piedi di Mamoru e i corvi gracchiarono lugubri nella notte.

Cosa. Diavolo. Aveva. Capito.

CosadiavoloavevadettoaUmino????

-Ah…-, la sua voce tremò e le sue gambe con essa; -Vuoi… vuoi che ti aiuti con… con le lenti a contatto…???-

-Eh eh… già!-, Umino si grattò la nuca, imbarazzato, cercando di dare un senso a quello che il ragazzo gli aveva appena detto.

Mamoru tirò un sospiro di sollievo e, cercando di recuperare un po’ di serietà, si decise ad accontentare il ragazzo e lottò con i suoi occhi serrati, liquidi vari e quelle viscide, schifosissime lenti a contatto, finché non riuscì nel suo intento.

 

-Finalmente-, tirò un sospiro di sollievo… gli ci sarebbe voluta un’altra doccia…, -Ecco, puoi guardarti-, annunciò trionfante al ragazzo e lo fece voltare verso lo specchio.

In effetti, con le lenti a contatto, Umino Gurio non era poi così bruttino…Naru sarebbe stata orgogliosa di lui.

-Ora, se non ti dispiace… vorrei radermi…-, disse al suo ‘paziente’, che acconsentì felice per il suo nuovo look e si affrettò a recuperare le sue cose sparpagliate per il bagno, mentre Chiba-san, con la schiuma sul viso, stava iniziando a passare la lametta.

 

Un pensiero fece ruotare in modo vorticoso gli ingranaggi del cervello di Umino.

 

Naru è una ragazza ancora troppo giovane per… certe cose… Ammiro la tua serietà nell’aver provveduto a rifornirti di tutte le precauzioni, ma – dammi retta – è troppo presto… Se proprio vuoi saperlo, io non posso esserti di alcun aiuto, anche se studio Medicina

 

Umino assunse un’aria minacciosa: -Ma cosa diavolo avevi capito, hentai!!! Non mi ha neanche sfiorato l’idea di… quell’idea! Rispetto troppo la mia dolce Naru anche solo per… E poi… che intendevi con ‘se proprio vuoi saperlo, io non posso esserti di alcun aiuto, anche se studio Medicina’??? Cioè… intendi che tu? Con quella faccia e l’età che hai, non hai mai…-

L’urlo di Mamoru richiamò tutti quelli che erano nella casa in quel momento, comprese le ragazze che erano appena rientrate.

Quando entrarono senza riguardo in bagno, la scena che videro li lasciò di stucco: Umino, coperto solo con un asciugamano in vita e senza occhiali, era sostenuto da Mamoru, che lo teneva per un braccio, usando l’altra mano per tamponarsi un taglio fattosi sul viso. Il sangue gli colava misto a schiuma da barba.

-Non sopporta la vista del sangue… portatemelo via, vi prego…-, implorò Mamoru, del tutto esasperato dall’uragano Gurio che aveva colpito e sconvolto la sua tranquillità in soli quindici minuti.

-Oh, Mamoru … sei ferito…-, Rei accorse subito in aiuto del suo amico, bagnando un piccolo asciugamano di spugna e passandolo sul suo viso per rimuovere ogni residuo di schiuma, mentre Hiro si occupava di suo cugino, aiutato da Motoki e Kenzo. Yuichiro osservava la scena stralunato, non riuscendo a pensare ad altro se non le mani di Rei sul viso di Chiba.

-Sto bene… grazie Rei… faccio da solo-, tentava di dire lui, imbarazzato. Ben gli stava se si era tagliato, lo avrebbe volentieri fatto Yu stesso, se solo non fosse stato ritenuto illegale nella stragrande maggioranza dei paesi civili.

Invece di accontentarlo, Rei chiamò in suo aiuto Makoto, che vagliò l’ipotesi di applicare un cerotto sul viso di Mamoru, visto che il taglio era parecchio lungo e profondo.

-Ragazze… davvero… non è niente… solo un graffio… Non sapete quante volte mi capita alla settimana!-, tentò di scrollarsele di dosso Mamoru.

-Davvero? Eppure sei sempre così perfettamente perfetto… Non ti ho mai visto con tagli o cose varie-, constatò Minako, che si era appollaiata sul mobiletto del bagno, osservando curiosa il lavoro delle sue amiche infermiere.

-È comunque opportuno che tu metta almeno un cerotto e che ti disinfetti-, stabilì Makoto, ma Mamoru si impuntò che prima avrebbe finito di radersi, poi, forse, avrebbe provveduto da solo a medicarsi. Rei stava per controbattere, quando qualcosa vibrò nella sua tasca; i suoi sensi scattarono e liquidò Mamoru con un ‘Hai ragione, fa’ da solo’.

Con un gioco di sguardi richiamò le altre guerriere Sailor a rapporto e, dopo che si chiusero nella stanza di Rei e Minako, estrasse dalla tasca dei pantaloncini il comunicatore Sailor, che stava ricevendo una chiamata in ingresso.

Ci volle un istante, quello in cui uno spicchio di luna si accese e si spense, per capire che non trattava di una chiamata di Artemis. Quando Rei aprì lo sportellino, vide il volto in lacrime di Usagi.

-Oddio… che ti è successo?-, domandò col cuore in gola.

-Rei… io… sono in un camerino… in una boutique di costumi da bagno… Naru è qua fuori… Noi… Ci siamo perse, Rei!!!-, lo sforzo che faceva nel non urlare rendeva la scena ancora più comica. Prima che potessero avere una qualsiasi reazione, giunse loro la voce fuori campo di Naru, che sollecitava Usagi perché uscisse da quel posto che non le piaceva per niente e l’aiutasse a ritrovare la strada di casa.

-Sono tutti strani, qua in paese… abbiamo dovuto litigare per avere i gusti di gelato che avevamo scelto… volevano a tutti i costi vendercene altro… solo che adesso si sarà tutto sciolto! Oh, Rei, vieni a salvarmi!!!-

La prima reazione della mora fu di trasformarsi, correre in paese e sculacciare Usagi, che usava il comunicatore per una idiozia simile, finché il suo culetto non fosse diventato rosso come un pomodoro. Contò fino a dieci ed espirò.

-Rei… ti prego…non lasciarci da sole…-, lo sguardo speranzoso e disperato di Usagi si sovrapposero nella sua mente ad un’altra immagine di lei, qualcosa che aveva dimenticato.

 

Rei, non voglio restare sola…

 

Non voglio che tu muoia.


Durò solo per un attimo, il tempo di permettere a una strisciante angoscia di risalire la sua coscienza.

-Vengo a prenderti, Usa-chan-, le disse, chiudendo la comunicazione e lasciando le altre interdette.

-Che ti prende? Si sono solo perse! Mica sono in pericolo di vita!-, commentò Minako, osservando attentamente una ciocca dei suoi capelli, domandandosi se fosse il caso di dare una spuntatina alle doppie punte.

Rei prese un bel respiro: Artemis aveva detto che dovevano essere sincere e lei lo sarebbe stata.

-Lo so che non c’è niente di tragico in questa situazione, solo che… ho avuto un flash di… di prima della battaglia con Berillia… Usagi è rimasta da sola ad affrontare quel mostro, dopo averci viste morire tutte: credo che inconsciamente abbia il terrore di restare sola e dopo quello che hanno detto prima Luna e Artemis io…-, scosse la testa, stringendo un pugno, -Ah, lo so che Usagi è piagnucolona e pasticciona, ma sono in pensiero per lei!-

Le altre compresero le sue parole e decisero che avrebbero potuto aspettare ancora un po’ per lavarsi e aiutare i ragazzi.

 

--- 

 

-Naru e Usagi ci stanno impiegando troppo tempo a tornare, probabilmente si sono fermate ad ingozzarsi di gelato oppure in un negozio di abiti o gioielli. Noi andiamo a cercarle e le riportiamo qua-, disse con non chalanche Rei ai maschi, che stavano sistemando le cose da loro acquistate nel frigo e in dispensa. Il primo a reagire fu Umino – cosa ci faceva Umino senza occhiali? – che barcollò e fu preso dal terrore di non veder tornare la sua ragazza, iniziando a farfugliare che sarebbe andato con loro.

-Tu non ti reggi in piedi, devi abituarti alle lenti, ti consiglio di restare qua-, gli impose Hiro e lui non osò replicare.

-Ragazze, andrò io a cercarle, ci vorranno pochi minuti… voi mettetevi pure comode-, parlò Motoki, senza permettere loro obiezioni.

-Ma… veramente…-, protestò debolmente Minako, ma le parole di Kenzo, che disse loro di andare a ‘farsi belle’, la convinsero che era un compito così facile, che potevano concedersi una meritata doccia e lasciare che fosse il suo principe azzurro a ‘salvare’ Usagi dai ‘Gelatai Assassini’.

-Oh, beh… se proprio insisti… Come si dice: a gatta frettolosa, non si guarda in bocca, no?-, Minako prese a braccetto una titubante Rei e la trascinò alla loro stanza.

 

-Cosa vuoi che succeda? Tranquilla Rei!- La mora non fu d’accordo con la tranquillità della sua amica e, chiudendosi in bagno per fare la doccia, non si liberò di quella strana sensazione che l’aveva colpita poco prima.


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Yuichiro si offrì di prestare a Motoki uno tra i mezzi che c’erano nel garage della villa, ma il biondo, per paura di fare anche solo un graffio a qualcosa che non fosse suo, declinò gentilmente l’invito.

-Vieni con me?-, domandò invece a Mamoru, che era stato costretto ad appiccicare un cerotto sul taglio che si era appena procurato. Lui guardò l’amico perplesso, domandandosi per quale motivo avrebbe dovuto uscire nuovamente sotto il sole ancora caldo per ritrovare quella sciocchina di Usagi.

-Devo parlarti…-, bisbigliò al suo orecchio Motoki, convincendolo.

Yuichiro tirò un sospiro di sollievo e indicò loro la strada per il piccolo paese e realizzò che, per potersi spostare sull’isola e godere appieno delle sue bellezze, avrebbero comunque dovuto fare ricorso ai mezzi di trasporto raccolti negli anni da suo padre e dalle sorelle.

Avevano alcuni pezzi da collezione, radunati là per scelta della sua famiglia e alcuni che usavano solo per spostarsi sull’isola. Negli anni, le sorelle di Yuichiro avevano più e più volte organizzato feste con gli amici in quella villa, inizialmente, quando erano solo delle ragazzine piene di soldi, per puro divertimento, dopo, via via che erano cresciute e avevano acquisito coscienza del loro nome, le feste si erano tramutate in party del jet-set, mirati sempre di più a rafforzare le alleanze commerciali della loro famiglia. Dovevano essere rimasti almeno tre o quattro scooter di quelli usati per i full moon parties che si tenevano circa dieci anni prima alla villa, un paio di motociclette e un vecchio tuk-tuk, unico mezzo che avesse mai usato Yu.

‘Per far colpo sulle tue amiche, dovresti guidare questa, invece del tuo tuk-tuk’, gli avevano detto le sue sorelle solo pochi anni prima, regalandogli una Honda CB 1000, che lui aveva ignorato: ne aveva avuto abbastanza di motociclette.

‘Preferisco qualcosa di più esotico’, aveva ringraziato ed era tornato al vecchio tuk-tuk thailandese che aveva restaurato da solo quando era ancora un ragazzo.

L’anno dopo, fraintendendo, le sue sorelle gli avevano fatto trovare, bella infiocchetatta, una Ducati Monster, ‘adatta ai vari terreni dell’isola ed… esotica’.

Entrambe le moto giacevano coperte da un telo, nell’angolo più remoto del garage. Le aveva provate per compiacere le sorelle e appena loro avevano lasciato l'isola lui era tornato al suo tuk-tuk.

 

-Non dovreste metterci più di un quarto d’ora a piedi-, spiegò a Motoki e a Mamoru, riemergendo dai suoi ricordi e li salutò.


--- 


L’aria era sempre molto calda e la brezza tiepida soffiava da sud est, portando con sé il profumo dei pini e degli alberi della canfora; il sole, ormai basso, si stava tingendo di rosso e arancio, ammorbidendo ogni dettaglio di quel pomeriggio su Kakeroma.

Chi l’avrebbe mai detto che sarebbero finiti proprio lì, ospiti in una villa così lussuosa, in compagnia di sei ragazze scoppiettanti come piccoli vulcani! Mamoru sorrise nel tramonto e scosse la testa, pensando a quanto fosse strana la vita.

-A cosa pensi?-, gli domandò Motoki, affiancandolo nel breve tragitto verso il paese. Era il suo migliore amico, non c’era nulla che doveva nascondergli… beh, quasi nulla…

-A questo posto, all’inconveniente di stamani, alla bella giornata al mare, alla villa di Yuichiro, alle ragazze-, confessò, sospirando. 

Non sapeva come mai, ma c’era qualcosa che, in quel momento, lo faceva sentire malinconico eppure in pace con se stesso. Forse il fatto che, vista la sua strana natura, avrebbe dovuto pensare a qualche scusa plausibile per giustificare la guarigione affrettata del taglio che si era appena procurato, oppure perché, diversamente a tutte le notti da tanto tempo a quella parte, quella sul traghetto aveva portato con sé un nuovo sogno, che lo aveva lasciato in pace con se stesso. Forse era stata la melodia che aveva sognato, quella della Stella Lunare, forse l’aria delle vacanze.

-Già…-, constatò Motoki, voltandosi a guardare il sole che veniva inghiottito dal mare, alle loro spalle, -Le ragazze…-, se solo non fosse stato distratto dai suoi pensieri, Mamoru avrebbe scorto la scintilla truffaldina che per un istante aveva acceso lo sguardo del suo amico di una frizzante euforia.

Invece pensò che si stesse riferendo a Reika e si preparò la sua lista di frasi di circostanza da rivolgergli.

-Non devi preoccuparti, vedrai che alla fine lei tornerà da te-, gli disse, toccando il suo braccio e sorridendogli in maniera il più convincente possibile, ma non ebbe risposta; -Andiamo, Furu! Tu e lei siete fatti per stare insieme, anche se probabilmente, al momento non ne siete ancora consapevoli. L’ho visto come la guardi e come lei ti guarda, anche quando tu non te ne accorgi. Reika è una ragazza speciale e anche tu lo sei: devi solo avere fiducia-, Motoki, ascoltando non senza una punta di dolore le frasi dell’amico, si ricordò quale fosse lo scopo che si era prefissato per quelle vacanze e deviò prontamente il discorso. Ci sarebbe arrivato per vie traverse, ma avrebbe ottenuto un successo. Le frasi dette da Mamoru gli sarebbero tornate utili: era esattamente quello che lui pensava del suo amico e Usagi…

-Ho una domanda per te, visto che studi Medicina…-, iniziò e noto immediatamente Mamoru gettare gli occhi all’indietro e sbuffare seccato.

-Sei la seconda persona che inizia un discorso in questo modo, stasera-, confessò, facendolo distrarre dai suoi intenti.

-E chi lo ha fatto, prima di me?-, gli chiese, incuriosito.

Mamoru esitò un istante, -Umino. Voleva che lo aiutassi con le lenti a contatto…-, tagliò corto, evitando di raccontare il penoso equivoco che si era creato tra loro due.

Motoki comprese che l’amico non ne voleva parlare e tornò all’attacco.

-Quando ti andrà di spiegare come siete passati da Umino che ti chiede di aiutarlo con le lenti a te che lo sorreggi, dopo che lui è svenuto vedendo il tuo sangue quando ti sei tagliato, mentre ti stavi radendo con lui presente, fammi un fischio, che sono davvero curioso!-, strizzò l’occhio e proseguì, -Ad ogni modo la mia domanda è questa: come ci si può procurare una cicatrice dalla forma tonda, diciamo circa un centimetro, con un taglio da una parte?-

 

Con una rosa.

 

Mamoru sentì formicolare la base della nuca, come ogni volta che si trovava in situazioni di pericolo più o meno vicino.

-Cosa intendi…? Hai intenzione di uccidere qualcuno?-, chiese, rispondendo alla sua domanda con un’altra, sforzandosi di fare il simpatico.

Motoki cercò di essere più esplicito: -Intendo cosa può aver provocato una ferita come quella che ti ho descritto, sulla spalla di una persona-

 

Una rosa… una delle mie rose…

 

-Non saprei… un proiettile, forse?-, gli rispose, scacciando dalla testa la risposta che entrambe le volte sembrava coincidere con quel che Motoki stava domandando.

-Un proiettile? Oh Santo Cielo, spero proprio di no!-, esclamò preoccupato.

-Si può sapere di cosa o chi stai parlando?-, Mamoru volle capirci di più: non gli piaceva giocare al gatto col topo. Se c’era qualcosa che Motoki voleva dirgli, che lo facesse subito.

Il biondo sospirò, ponderando la sua ultima risposta. La verve che aveva all’inizio del suo interrogatorio sembrava sparita. Per un attimo Mamoru pensò che non avrebbe detto più niente.

 

-Sto parlando di Usagi, della spalla sinistra di Usagi-, gli disse, causandogli un immediato sconcerto, che Mamoru tentò di dissimulare. Una morsa stava stringendo i suoi polmoni e lo stomaco, proprio come quando aveva saputo che i suoi genitori erano morti, tanti anni prima, o che l’istitutrice della casa famiglia in cui era vissuto era gravemente ammalata.

-Prima, mentre stavo mettendole la crema solare… ho notato che ha una cicatrice come quella. Le ho chiesto cosa fosse e lei è corsa via, rifugiandosi tra le sue amiche-, continuò Motoki, -Dopo si è sciolta i capelli, lo abbiamo notato tutti, no? Penso che fosse per nascondere quella ferita…-, concluse, lasciando Mamoru in uno stato silenzioso e cogitabondo.

 

Una ferita sulla spalla sinistra. Proprio come quella che lui aveva inferto a Sailor Moon.

Conicidenze… Pensò che fosse un segno del destino perché lui non abbassasse mai la guardia e rischiasse di cadere nuovamente nell’attrazione per la bella guerriera, quella che aveva rischiato di uccidere.

Se solo la rosa l’avesse colpita pochi centimetri più in basso… 

C’erano mille diverse spiegazioni per quello che aveva ferito Usagi, sicuramente… e altrettanto sicuramente Motoki si era sbagliato, troppo preso com’era a fare il bravo fratello maggiore con tutte le loro amiche.

 

-Se non ha dolore – e non credo che ne abbia, altrimenti non sarebbe riuscita a portare lo zaino in spalla – non vedo di cosa ti preoccupi-, rispose all’amico, dissimulando la strisciante preoccupazione che lo aveva riportato alla visione di Sailor Moon svenuta e sanguinante tra le sue braccia.

Motoki si fece scuro in volto: -Mi preoccupo perché non capisco come una ragazzina di  sedici anni abbia potuto ferirsi in quel modo. Mi preoccupo perché ultimamente Usagi è più triste del solito e perché…-, fece una pausa, la scintilla tornò a brillare nei suoi occhi, -Perché io penso che tu… tu sia l’unico che possa aiutarla…-, lasciò la frase appesa, sperando che il pesce abboccasse al suo amo.

-Non sono l’unico capace di curare una ferita. Solo perché studio Medicina, non significa che io sia capace di fare queste cose. Anche Makoto è molto brava e poi… se è una cicatrice, non ci sono più problemi-, rispose scontrosamente Mamoru. Il pesce non voleva abboccare: occorreva pasturare un altro po’.

-Almeno fammi questo favore: cerca di trovare il modo per controllare quella cicatrice e fammi sapere se noti qualcosa di strano nel comportamento di Usagi: non vorrei che… avesse avuto dei problemi di…-, Motoki scosse la testa: era inutile argomentare con supposizioni tanto drammatiche quanto impossibili, meglio tacere.

 

-Hai paura che qualcuno possa aver fatto del male a Usagi?-, gli domandò dopo un po’ Mamoru, pensieroso. Erano quasi arrivati al centro del paese, in lontananza si vedevano l’insegna della gelateria e quella di un piccolo centro commerciale.

Motoki annuì, il suo amico aveva dato voce a quello che lui non aveva voluto dire.

-Credo che tu la conosca meglio di me…-, ricominciò Mamoru, improvvisamente pensieroso, -Ma forse… Stanotte è avvenuta una cosa… sulla nave…-, si fermò e si voltò verso l’amico, -Ho trovato Usagi che si era addormentata per terra, senza sacco a pelo e lontana da tutti. Stava piangendo e si lamentava nel sonno, come se stesse rievocando qualcosa di brutto… non so se capisci cosa intendo-, proseguì, -Forse… le tue supposizioni potrebbero essere…-, non terminò la frase.

Rimasero in silenzio alcuni istanti. Motoki si pentiva di aver fatto quel discorso a Mamoru, come se avesse aperto il vaso di Pandora, eppure era contento di essersi potuto accorgere di un problema di una sua amica e magari sperare di aiutarla. Il fatto che anche Mamoru, in un modo tutto suo, fosse preoccupato per Usagi, non poteva che fargli piacere.

-Andiamo, adesso-, disse Motoki, -Comunque… Chiba... in realtà non volevo dirtelo, ma visto che sei entrato in argomento… Anche tu stanotte ti lamentavi nel sonno, come se stessi avendo un incubo. Poi, di colpo, ti sei calmato e anche io sono riuscito finalmente ad addormentarmi! Spero che non si ripeta, altrimenti ti mettiamo davvero a dormire nella cuccia del cane, come dice Usagi!-, sdrammatizzò la situazione e si godette la faccia rossa di Mamoru.

-Solo una cosa: promettimi che starai attento a lei. Sono preoccupato…-, aggiunse Motoki, fermando Mamoru con una mano sul suo braccio, prima che entrassero nella gelateria.

 

Mamoru annuì e lo precedette.

 

Che cosa ci nascondi, Testolina Buffa?



 
   
 
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