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Autore: _uccia_    17/10/2021    0 recensioni
Lui vive secondo un codice, il codice Vory. Nel mondo malavitoso russo esiste una gerarchia e delle tradizioni. Lei sarà lo strumento che lo farà ascendere al potere.
Lui è un sicario chiamato il Siberiano, lei una principessa della 'Ndrangheta italiana.
Quello che non sanno è che il loro destino è inesorabilmente intrecciato e che non avranno scrupolo a sfruttare la posizione l'un dell'altra per raggiungere la sommità della scalata al potere.
Perché più forte della loro ambizione, può essere solo il desiderio carnale e possessivo che pare bruciarli interamente.
Due personaggi che per quanto diversi si ritroveranno a dover lavorare di squadra, in un ambiente cupo e pericoloso diviso tra Stati Uniti, Honduras e la fredda Russia.
Genere: Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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                                                                                                           ---------------IVAN-----------------
 
"Stammi a sentire, non dire una parola. Mi hai capito?"
Nicolaj, il Boevik, il soldato dell'Organizacija, in quel momento non sembrava nulla di più che un ventunenne terrorizzato.
A braccia incrociate davanti al petto muscoloso, si fissava intensamente la punta delle scarpe. Mandibola contratta e corrucciato in tetra espressione sofferente.
Lui e Ivan stavano attendendo all'ultimo piano, nell'atrio di un edificio in costruzione. Le finiture erano ancora a grezzo, muri spogli di malte e pavimento ruvido senza piastrellatura.
Presto tutto intorno a loro si sarebbe sviluppato un avanguardieristico sistema di uffici e sale conferenze.
Dalle vetrate alle finestre si riusciva a godere della vista di tutta la nuova zona portuale di New York.
Le luci delle imbarcazioni e delle aree di scarico container aperte e operative giorno e notte, brillavano nel riverbero delle acque scure. Lo sbocco del fiume Hudson con il suo sistema di baie ed estuari, quella notte risplendeva in una veduta spettacolare.
Ivan lanciò un'occhiata apprensiva in fondo al corridoio da cui dovevano tornare le guardie da un momento all'altro.
Doveva approfittare di quel breve momento di solitudine con il ragazzo per riuscire a convincerlo a infrangere un giuramento di sangue.
Praticamente una cosa impossibile.
"Non possiamo dirgli la verità su quanto è successo a Volkov, lascia parlare me. Tu annuisci quando devi".
Nicolaj non schiodò gli occhi dalle sue scarpe. "Mi stai dicendo di mentire al Organizacija! Questo vuol dire tradimento, mi scuoieranno!"
"No, non mentirai al Vory!". Lo corresse Ivan. "Ma solo a Kozlov!".
Nicolaj ne rimase scioccato, alzò subito lo sguardo su di lui. Forse cercando segnali di menzogna.
"Fidati", si limitò a dire Ivan.
Si udì il tetro rimbombo di scarponi proveniente dal corridoio e i due si zittirono all'istante.
Comparvero due guardie in borghese dinnanzi a loro che li scortarono di nuovo in dietro, verso il fondo del passaggio, dove al centro di una futura e immensa sala conferenze sedeva Vor Kozlov.
L'intero stanzone era avvolto dall'oscurità, l'impianto elettrico non era ancora stato montato perciò l'unica fonte di luce proveniva dal panorama portuale fuori dalle vetrate e dalla lampada da gioielliere accesa sul tavolino portatile su cui era curvato il boss russo.
Kozlov stava esaminando con una lente la qualità di una manciata di diamanti, di piccole dimensioni ma di una purezza accecante alla luce della lampada.
Quando il sicario e il Boevik si fecero avanti, il loro Vor fece cenno verso le due seggiole davanti a lui ma non abbandonò la concentrazione dalla lente e dalle pietre preziose.
Ivan e Nicolaj presero posto diligentemente.
Nell'oscurità tutt'attorno, Ivan prese mentalmente nota che non erano soli.
Per deformazione professionale aveva in pochi secondi capito che c'erano almeno altre sei presenze di grossa stazza, lì con loro.
Si aggiravano silenziose ma minacciose. Come pantere in agguato.
"Mi hanno riferito che ve lo siete fatto cappare", esordì Kozlov, senza ulteriori indugi. "Come lo giustificate?".
Nicolaj non aprì bocca e Ivan ne fu sollevato, forse il ragazzo aveva deciso di attenersi al copione.
"Le altre due teste di cazzo se lo sono fatto scappare", lo corresse glacialmente Ivan. "Quando io e Nicolaj siamo arrivati sul posto, Volkov e l'italiana erano già fuggiti con la macchina e i vostri uomini fidati giacevano in un lago di sangue. Gli ordini prevedevano che dovevamo aspettarli al punto di incontro, mentre loro si dovevano occupare di eliminare la ragazza e poi raggiungerci".
Ivan esitò un istante prima di osare ad aggiungere altro: "Mi sembrò un'idea folle il separarsi, ma mi dissero che era un vostro ordine Vor".
Kozlov portò la sua attenzione a loro, mise da parte diamanti e lente e rimase a fissare i suoi sottoposti con occhi spietati.
"Osi insinuare che sia tutto un mio sordido piano?".
Ivan non si lasciò tradire da alcuna emozione. "Stò dicendo, che loro avevano un piano. Forse volevano trarne qualche profitto dall'operazione ma qualcosa è andato storto. Forse solo Volkov voleva approfittare del rapimento della ragazza e gli altri due gli erano di intralcio".
"Sempre la risposta pronta, Ivan".
"Sono stato addestrato per attenermi ai fatti in simili situazioni. E' accaduto come abbiamo detto. Il Siberiano ha preso l'ostaggio ed è scappato prima che io e Nicolaj capissimo che qualcosa non andava e fossimo tornati in dietro per controllare".
Kozlov schioccò le dita e inaspettatamente una delle sue guardie, celate dall'ombra, si fece avanti per porgli una rivoltella. Poi si mantenne accanto il suo Vor a gambe divaricate e mani giunte davanti all'inguine. In posa statica ma allo stesso tempo minacciosa, da soldato in attesa.
Kozlov svuotò il tamburo di tutti i proiettili, tranne uno.
Fece in modo che tutti vedessero che effettivamente l'arma non aveva altri colpi nascosti in canna e poi fece girare come una trottola il tamburo prima di caricare l'arma con uno scatto.
"A quanto pare, solo Dio era testimone ieri notte. Perciò lasciamo che sia Dio a testimoniare per voi".
Spinse la pistola verso Ivan e Nicolaj.
"Un colpo a testa", sorrise malignamente indicando prima Nicolaj e poi Ivan. "Se dite la verità, Dio vi proteggerà e farà in modo che il colpo vada a vuoto. Risparmiandovi la vita".
Seguì un orribile silenzio colmo di significato.
"A meno che..." aggiunse astutamente il Vor soffermandosi volutamente con lo sguardo sul giovane e terrorizzato Nicolaj. "...non hai qualcosa da aggiungere, soldato".
Merda.
Ivan si voltò verso il compagno, ma dall'espressione del soldato non si poteva capire nulla di rassicurante.
Il ragazzo aveva la fronte imperlata di sudore e gli tremavano le spalle. La bocca era sigillata in una smorfia vagamente disgustata.
Stupì tutti, però, quando con un respiro profondo andò ad impugnare l'arma offertagli.
La guardia del corpo di Kozlov estrasse in risposta il suo ferro, ma non fece altro.
Nicolaj puntò l'estremità della canna sotto al mento, strinse gli occhi in un ultimo angosciato tremito, spinse in dietro la levetta del caricatore e premette il grilletto.
Il colpo scattò a vuoto.
"Molto bene ragazzo!", ridacchiò Kozlov.
Si riprese la rivoltella e fece fare un altro giro di giostra al tamburo.
Un altro scatto e il proiettile di fermò a chissà quale posizione.
Nicolaj intrecciò in grembo le mani e a capo chino cominciò a muovere le labbra in un quasi impercettibile movimento.
Stava pregando, il coglione?
"Tocca a te, sicario". Richiamò Kozlov.
Ivan afferrò la pistola offertagli .
Senza esitazione alcuna, la armò e puntò la canna alla tempia.
Altro CLICK e il colpo andò a vuoto.
Kozlov batté, con un sonoro boato, i palmi sul tavolino. "Quanto cazzo siete fortunati?".
"Dio ha testimoniato". Proclamò con voce sorprendentemente ferma, Nicolaj.
Il Vor radunò le pietre preziose in una saccoccia, la consegnò alla sua guardia e fece per alzarsi.
"Non state lì imbambolati come degli idioti! Stiamo per partire, un aereo ci aspetta per San Pietroburgo tra quindici minuti. Torniamo a casa!".
Detto ciò, lo stanzone si svuotò rapidamente in un corteo di uomini armati fino ai denti.
Ivan e Nicolaj non si scambiarono nemmeno un ultimo cenno o sguardo. Subito si alzarono e seguirono il corteo fin fuori dal palazzo e poi dritti verso l'aeroporto.
 
  
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