Anime & Manga > BeyBlade
Segui la storia  |       
Autore: Chocolate_senpai    21/10/2021    1 recensioni
A dieci anni di distanza dall'ultimo, famoso campionato, la ruota della storia gira di nuovo, di nuovo il perno di tutto è qualcosa che il Monaco stava tramando.
Volenti o meno, Kai, Takao, Rei, Max, e tutta l'allegra combriccola verrà buttata nel mezzo dell'azione, tra i commenti acidi di Yuriy, gli sguardi poco rassicuranti di Boris, i cavi dei computer di Ivan e la traballante diplomazia di Sergej.
Da un viaggio in Thailandia parte una catena di eventi; per inseguire un ricordo Boris darà innesco a un meccanismo che porterà i protagonisti a combattere un nemico conosciuto.
Sarà guerra e pianto, amicizia e altro ancora, tra una tazza di te, dei codici nascosti, una chiazza di sangue sulla camicia e il mistero di un nome: Bambina.
Starete al loro fianco fino alla fine?
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Boris, Kei Hiwatari, Takao Kinomiya, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


Capitolo 27

 

- Ti ammazzerò –

- Prima dovrai prendermi. E ti assicuro che so scappare molto velocemente –

- Poi ti farò resuscitare, e ti ammazzerò di nuovo – Continuò Kai, incurante dei commenti dell’altro.

- ... E tu saresti il mio migliore amico?-

Kai rise. Una risata vera, cristallina, terribilmente autentica tra le mura di quella stanza spoglia, su cui rieccheggiavano i cigolii delle catene.

- Mi hai scelto tu. Te ne stai già pentendo?-

- Dopo le minacce di morte?- Takao sorrise – No, no, figurati –

- Ora mi libero e ti ammazzo - Riprese Kai, parlando più a se stesso che al suo ex compagno di squadra.

- Oh se lo farò ... non ne hai nemmeno idea –

Si era svegliato mezzo morto, con la testa in frantumi e gli occhi appannati, legato a un muro da una catena un po’ troppo arrugginita e affiancato da quel disgraziato del suo migliore amico. Ma stava rivalutando la cosa.

Gli avrebbe spaccato la testa con le sue mani, se non fosse che queste erano tenute distanti dal cranio di Takao da due catene troppo corte per permettere movimenti di lungo raggio.

Kai sperò con tutto se stesso che qualcuno, non importava chi della combriccola di imbecilli che dovevano solo andare a controllare quel benedetto bit power umano, fosse riuscito a recuperare il quaderno.

 

 

- LO AVETE PERSO?-

- Non è assolutamente come sembra –

- Giancarlo Tornatore, io ti strappo i capelli uno a uno –

Gianni sospirò, reprimendo più di un tremolio. Era ancora abbastanza infreddolito da essere certo che, come minimo, si sarebbe beccato un’influenza di due settimane. E ora doveva subire, per tutti, gli urli di Olivier.

- Dai Vier, ho bisogno che mandi qualcuno a venirci a prendere! Che ne so, un elicottero ... una mongolfiera ... qualcosa!-

- Mon Dieu Gianni, mi dici come faccio? che scusa dovrei inventarmi?!-

- Ma che ne so!-

Andrew guardava l’italiano da lontano, non provando abbastanza compassione per lui da andare ad aiutarlo contro la furia omicida del francese. Si appoggiò al muro del salotto, rabbrividendo al contatto della pelle nuda con la parete. La doccia fuori programma non era stata proprio un toccasana: Lui all'umidità ci era abituato, ma qui non si era esattamente trattato della pioggerellina autunnale londinese.

Si guardò intorno, assumendo una posa che ricordava troppo quelle di Kai. Si vedeva lontano cento chilometri che Rei non aveva ancora capito cosa ci faceva lì, ma stava facendo del suo meglio per non pensarci. Aveva preparato il suo tè, aiutato Sergej a portare delle coperte nel minuscolo salottino, e aveva fatto per un po’ da psicologo a Ming Ming, che non aveva smesso un attimo di parlare. Era ancora lì, seduta sul divano stretta a Garland, che aveva un labbro spaccato e non sapeva perché.

- Beh – Mormorò fra se l’inglese, guardando di sottecchi i due ragazzi reduci dal salvataggio – Anche se non abbiamo trovato le cavie, almeno una cosa siamo riusciti a farla –

- Ma non dovevamo farla noi –

Andrew sobbalzò. Accanto a lui Ivan si stava sfregando con foga un asciugamano tra i capelli umidicci, sbuffando infastidito ad ogni ciocca che veniva tirata.

- Che cazzo ... –

- Quindi adesso ce ne sono altri due da salvare?-

- No McGregor, il problema qui è un altro – Ivan puntò i suoi brillanti occhi cremisi su Andrew – Adesso Vorkov ha il fottuto quaderno –

L’inglese sbuffò.

- E allora? Credi potrà farci qualcosa? Erano solo appunti di uno schizzato –

- Vorkov è uno schizzato. E l’abbiamo vista, quella specie di bit power. Se vuole farci qualcosa non credere che si farà scrupoli a usare quegli appunti da scienziato pazzo –

- Era davvero lei?-

L’improvviso cambio di argomento stupì Ivan. Andrew aveva abbassato gli occhi, guardando altrove.

Già. La conosceva anche lui alla fine

- Voglio dire – Andrew si guardò le mani, ripensando con un brivido alle membra allungate e innaturali di quello strano angelo – è davvero possibile fare una cosa del genere? Un bit power e ... un essere umano?-

- Sì –

Yuriy irruppe nella discussione. Si buttò su una poltroncina, che subito si inumidì.

- Hai visto il tizio con quella specie di braccio cannone, no?-

Andrew rabbrividì.

- Ecco, lui sarà stato una specie di cavia –

- No, no, aspetta. Mi stai dicendo che quell’affare che sparava fuoco era ... –

- Attaccato al suo corpo? Sì, direi di sì. E forse ce ne sono altri in giro: uno ci ha attaccati anche a Norimberga –

Andrew stava per ribattere, ma all’improvviso la sua maglia gli volò in faccia. Sergej si mise a redistribuire i vestiti asciutti, ringraziando il signore che aveva avuto la prontezza di comprare un’asciugatrice due mesi prima. Passo a Yuriy la sua felpa, scoccando un’occhiata dietro di sé.

- I due piccioncini sembrano essere più tranquilli. Li mando in camera mia a dormire un po’, ma prima ce ne andiamo e meglio è –

Yuriy annuì. Prese tra le mani la felpa, senza indossarla; si perse per un momento ad ascoltare ogni singolo brivido della sua pelle ancora umida, lasciando che si attaccasse alla stoffa della poltroncina. Chiuse gli occhi.

- Yuriy?-

- Mh?-

Sergej sospirò. Non voleva fare quella domanda.

- Cosa facciamo con ... lei? –

Il capitano alzò le palpebre, puntando gli occhi verso un elemento ben preciso tra gli esseri che abitavano l’improvvisamente affollato salottino dell’appartamento di Sergej.

- Se possiamo considerare qualunque cosa abbiamo visto una lei-

Sergej gli scoccò un’occhiata severa, che il capitano ignorò. Stava ancora puntando qualcuno davanti a lui con insistenza; Ivan seguì la scia di ghiaccio dei suoi occhi fino a Boris, che si era auto isolato davanti alla finestra da quando erano arrivati.

- Beh ... l’ha presa bene – Sussurrò, rivestendosi con calma.

- Sa che va eliminata – Yuriy si alzò, decidendosi finalmente a infilare la felpa – Sta solo metabolizzando la cosa –

- Come?-

La voce di Rei tremò impercettibilmente. Poggiò due tazze di tè sul primo mobiletto a tiro, condividendo con Andrew una serie di occhiate preoccupate.

- Vorreste ... – Abbassò la voce, come se cercasse di non farsi sentire in quella piccolissima stanza - ... ucciderla?-

- è già morta – Commentò semplicemente Yuriy. Prese il suo tè, bevendolo con noncuranza – E di certo non lasceremo in vita un esperimento del genere. È follia, quel monaco potrebbe riprodurne quanti ne vuole –

- Ma ... ma non c’è un modo per farla tornare come prima? C’è lei dietro quel corpo!- Rei cominciò a spazientirsi. Gli occhi si fecero sottili come fessure, e la voce aumentò di tono – Era vostra amica e la lasciate così? Non provate nemmeno a ... a ... –

- A fare cosa?-

La voce di Boris lo raggiunse tagliente dall’altra parte della stanza. Un ghigno storto incrinava il suo volto.

- Ha ragione Yuriy. Lei è già morta. E se non facciamo piazza pulita in fretta, potremmo trovare anche il cadavere di qualcun altro - Si avvicinò lentamente, fronteggiando il cinese – Oppure vuoi trovarci altri al suo posto in quella vasca? Magari la tua bella ragazza –

Le pupille di Rei diventarono sottili come aghi; Andrew stava per alzarsi e intervenire, ma Ivan gli lanciò un’occhiataccia. Il cinese inspirò forte, buttando fuori l’aria tutta in un’unica boccata. Le labbra gli tremarono; un brivido gli corse su ogni vertebra, fino al collo. Chiuse gli occhi, la fronte si corrugò; le parole di Boris gli rimbalzarono in testa, e gli angoli della bocca si piegarono dispettosi verso l’alto.

- Io sono ... terrorizzato - Ammise, senza sentirsi debole né a disagio davanti alla falsa sicurezza che il russo stava ostentando – Potrebbero rapirla, potrebbero portarla via .... Ucciderla. Mao potrebbe scomparire in qualsiasi momento e io ... quando ho visto quella foto, in quella vasca per un attimo ci ho visto lei. E ho avuto paura. Tanta –

Puntò lo sguardo d’oro liquido su Boris.

- Ma avrei aperto io stesso quella vasca per andarla a riprendere –

Nessuno rispose. Il cinese aveva risposto alla provocazione con un’emozione così tanto intensa, che l’interno appartamento ne fu travolto, facendosi silenzioso.

Boris sostenne quegli occhi brillanti, leggendovi dentro qualcosa che lui sperava di reprimere nel suo petto. Rei si rilassò.

- Ti manca?-

- Non ne hai nemmeno idea – Sussurrò il russo di slancio.

- Significa che l’hai amata molto. Funziona così, è una specie di contrappasso: più ami qualcosa, più soffri nel perderla –

- Bene – Yuriy interruppe all’improvviso l’atmosfera tra il romantico, il filosofico e il malinconico che si era andata a creare. Si frappose fra Rei e Boris, prendendo quest’ultimo per un braccio e trascinandolo con se.

- Se volete organizzare un pigiama party per raccontarvi le vostre tristi storie, dovrete aspettare. Bo, io e te adesso ci facciamo un bel giro fuori per controllare che nessun individuo poco raccomandabile sia arrivato fino a qui –

Rei guardò sconcertato le sue bellissime, filosofiche parole andare in frantumi davanti all’impenetrabile corazza di Yuriy. Mise le mani sui fianchi, assumendo la posa preferita di Hilary.

- Ma che razza di capitano sei? I problemi psicologici vanno affrontati, non lasciati perdere come se niente fosse!-

- Sì, sì, ma ora non abbiamo tempo –

- Dieci minuti per parlare si trovano sempre, se si vuole! – Insistè Rei, alzando la voce a ogni passo che i due russi facevano verso il portone dell’appartamento.

- Dieci minuti sono già passati – Rispose Yuriy, affrettandosi a trovare la chiave giusta per aprire la maledetta porta.

- Solo perché hai la sensibilità di un ferro da stiro non vuol dire che tu non possa provare a essere empatico almeno una volta nella vita –

Il rumore metallico delle chiavi si fermò all’improvviso. Ivan si morse la lingua per non scoppiare a ridere.

Per un attimo Rei credette che Yuriy sarebbe davvero tornato indietro solo per prenderlo a pugni.

 

............................

 

Non stava andando tutto come era stato programmato. C’erano stati diversi cambi di programma in effetti, ma l’idea di fondo che faceva da pilastro all’intero piano era sempre la stessa: bit power modificati.

Era questo che lo faceva muovere da anni. Ogni passo, ogni torneo, ogni rassicurante sorriso ai bambini che si affidavano a lui ... tutto organizzato per farlo muovere verso un’unica direzione.

Vorkov sistemò la cartella, impilando dentro con cura tutti i documenti. Il disordine era solo un mattone della scala che scendeva in basso, verso l’insuccesso. Ogni suo piano era stato sistematico, ogni passo sicuro; ma qualcosa si era sempre intromesso. Qualcosa di insignificante. Curioso come dei ragazzini sciocchi, che non avevano idea di cosa stesse realmente accadendo, erano sempre riusciti a farlo cadere.

Ma questa volta no. E li avrebbe ridotti al silenzio uno per uno, se necessario.

Aveva tenuto in piedi il laboratorio di Croydon fino a quel momento solo per gli esperimenti più speciali. Lei era uno di quelli. E avrebbe dato qualsiasi cosa per vedere l’espressione sul volto di quei ragazzi dispotici, una volta scoperto che la loro carissima amica non era altro che un essere deforme. E che a renderla tale era stato Falborg.

Aaah, quella piuma trovata nei sotterranei a Norimberga era stata pura manna dal cielo. Certo, l’esperimento non era completo: non aveva ancora tutti i dettagli in mano, almeno fino a poche ore prima.

Il monaco si alzò, facendo attenzione a sollevare la sedia senza strisciarla sul parquet. Aveva arredato anche quello studio in modo da sentirsi sempre a suo agio, lì come in ogni altro laboratorio. I piccoli occhi vagarono sull’enorme libreria, ben illuminata da un paio di lampade da parete di meravigliosa fattura, e altrettanto alto prezzo. Si fermarono davanti a un quadernino rilegato in pelle blu sintetica.

Lo prese in mano, aprendolo con attenzione. Gli sembrò quasi di rivederlo tra le dita sottili del professor Primerose, chino su quelle pagine giorno e notte.

Vorkov soffiò un mezzo sorriso. Quell’uomo era pazzo tanto quanto lui; se la loro si poteva definire pazzia. Ma Primerose non era stato altrettanto coraggioso. Un gesto molto sciocco, quello di nascondere a lui, al suo mecenate, il risultato di sudati anni di ricerca solo per paura di ciò che ne avrebbe potuto fare.

Ma adesso il quaderno era suo. E l’esperimento, Bambina, poteva finalmente giungere a conclusione; e se tutto andava come doveva andare, sarebbe poi stato replicato. Avrebbe trovato qualcun altro per procurarsi cavie umane, Torres non era poi così indispensabile.

Qualcuno bussò alla porta con insistenza, rompendo il filo del discorso mentale. Già, non era quello il momento per perdersi nei ricordi: c’era tanto lavoro da fare, ed era già stato abbastanza difficile spostare Bambina e gli altri due ficcanaso fino al laboratorio di Londra senza essere visti.

- Entra –

Si presentò un uomo in uniforme nera; chinò il capo in segno di saluto, e attese semplicemente che gli fosse dato il permesso di parlare. Un sorriso sottile tinse le labbra di Vorkov.

Li ho addestrati bene. Se solo tutti i miei sottoposti fossero stati così ubbidienti ...

- Parla –

- è ... fuori controllo, signore – C’era esitazione nella sua voce, e questo a Vorkov non piacque – Siamo riusciti a chiudere la vasca, ma ... –

- Se non mi sbaglio, vi avevo detto di sedarla –

L’uomo abbassò ancora di più la testa.

- Sì, lo abbiamo fatto. Ma continua a rimanere sveglia, sembra che stia cercando di rompere il vetro dall’interno –

Vorkov si accigliò per un istante. Avrebbe potuto arrabbiarsi; ma non lo fece. Il progetto stava procedendo bene, non era quello il momento di perdere la lucidità.

- Non importa – Diede la schiena all’uomo, andando a riporre in quadernino nella libreria – Stasera concluderemo l’esperimento, dopodiché lei non ci darà più noie –

- C’è un’ultima cosa, se posso –

Vorkov gli fece un cenno con la mano.

- Quando l’abbiamo portata qua, e ha visto quei due ragazzi in catene... ha reagito in modo strano. Ha ... rotto una delle vasche signore, a mani nude. E ha ferito uno degli uomini del nostro gruppo –

Lo sguardo del monaco scattò verso il sottoposto, saettandovi contro un paio di piccoli occhi sorpresi.

- Lo ha ferito? In che modo?-

- Gli ha dato un morso, piuttosto violento. Per poco non gli staccava un braccio –

Il monaco si sorprese a tendere i muscoli più del dovuto. Si appoggiò con una mano all’angolo della scrivania in legno, affondandovi le unghie.

Allora lei ricorda ancora?

- Il nostro dottore è già arrivato?-

- Non ancora –

- Allora chiamalo, e in fretta. Termineremo l’esperimento adesso, non c’è più ... –

Un improvviso urlo rimbalzò sulle pareti, penetrando le spesse mura dello studio. L’uomo sulla porta alzò il capo di scatto, guardando d’istinto dietro di sé come se, da un momento all’altro, potesse apparire un demone sulla soglia. Vorkov invece guardò d’istinto verso il basso, dove avevano costruito il laboratorio, sotto le fondamenta di una semplice villetta a schiera londinese.

Un secondo urlo lo mise ancora più in allarme. Scattò verso la libreria, afferrando con foga il quaderno; poi raggiunse la porta a grandi passi, spingendo l’altro uomo verso il corridoio.

- Chiama il dottore! Muoviti!-

 

..........................

 

...

...

...

Ti amo

A chi lo aveva detto?

Cosa voleva dire?

Provava una stretta al petto se cercava di ripeterlo a fior di labbra.

Ti amo, ti amo, ti amo

Strinse le lunghe braccia attorno al torso. Era come essere pugnalati al cuore. Perché stava così male? Cosa significavano quelle parole?

Aveva freddo, e si sentiva estremamente pesante. Fino a poco prima il suo corpo era stato come sospeso, e aveva fluttuato per tutto il tempo in quella stanza verticale. Nella sua testa, era come se fosse così da sempre. Non ricordava quando era cominciata quella sensazione.

Poi era arrivato qualcuno, che per qualche motivo sembrava spaventato da quello che aveva visto. Ma i suoi occhi lo avevano riconosciuto; non sapeva perché, ma quel ragazzo biondo e imponente era un amico. Ed era tornato, con altri; però era successo qualcosa di strano. Uno di loro si era avvicinato di più, e il petto aveva cominciato a bruciare e le ali a vibrare, come se volessero volare verso di lui. Lui che guardava dentro la vasca con occhi spaventati, gli stessi occhi davanti ai quali, chissà mai perché poi, la sua testa era andata in tilt, producendo una sola frase:

Ti amo

Era un ricordo. Quando era successo? Non aveva mai visto quel ragazzo fuori dalla vasca.

Poi, all’improvviso, si era accesa una luce accecante, e qualcosa era andato a sbattere contro il vetro. Un attimo dopo la sua casa aveva cominciato a scricchiolare, e man mano che la sostanza usciva il corpo era sempre meno leggero, meno fluttuante. Eppure aveva notato con sgomento che viveva; si muoveva, poteva camminare anche fuori dalla vasca.

A quel punto, in testa aveva un periodo di buio. Il risveglio era stato rassicurante, di nuovo fluttuante nel suo elemento. Poteva vedere da dentro il suo contenitore dentro la stanza, dove un gruppo di persone stavano trascinando di peso due ragazzi; loro cercavano di ribellarsi, ma uno degli uomini cominciò a colpirli più volte, fino a che un rivolo rosso non spuntò sui loro volti.

Fermatevi

Era sbagliato. Non sapeva perché, ma era sbagliato. Tutto. Stringeva i pugni contro lo spessore trasparente del suo antro, osservando inerme la scena attraverso le fessure degli occhi, guardando gli uomini malvagi portare via quei due ragazzi.

Fermatevi

Poi aveva cominciato a sbattere i pugni contro la parete trasparente. Prima piano, poi con maggior foga, fino a ritrovarsi a gridare contro un nemico non identificato a piena voce, sotto lo sguardo atterrito dell’unico uomo che era rimasto nella stanza.

Forse il contenitore era meno resistente; non lo sapeva. Ma la parete aveva ceduto dopo pochi colpi; e un attimo dopo un cattivo sapore metallico pervadeva la sua bocca.

 

 

Chi sei?

Si risvegliò di colpo, trovandosi di nuovo fluttuante. Cos’era successo? Cos’erano quelle voci che sentiva, quelle immagini sbiadite che si imponevano nella sua mente appena chiudeva gli occhi?

Chi sei? Era una domanda aveva sentito da qualcuno. Una scintilla scattò nella sua mente, e l’immagine di una persona piccola e spaventata fece capolino tra i suoi pensieri.

Ma certo. L’aveva già visto di sicuro quel corpicino tremante, e quei piccoli occhi azzurri pieni di terrore. Erano sue quelle immagini? Suoi, quei ricordi? Era stata lei a chiedere Chi sei? Sì, questo, chissà perché, lo sapeva.

Ti amo

Sobbalzò. Anche quello era un ricordo di quella persona? Una sua emozione?

Una fitta strinse il suo petto in una morsa dolorosa. Si afferrò il volto con le mani, lasciandosi scivolare verso il fondo.

Salvali

Chi? Chi è che doveva salvare? Perché all’improvviso stava così male?

- Che diavolo sta facendo?-

Una voce, dall’esterno. Si scoprì gli occhi, notando due uomini che stavano guardando nella sua direzione. Uno dei due rideva.

- Non ne ho idea, ma la dobbiamo spostare –

- Che lavoro del cazzo –

- Zitto. Dobbiamo solo portare la vasca nell’altro laboratorio, poi ci penserà il dottore –

Dove? Dove mi portano?

Il mondo non si era mai mosso così tanto davanti ai suoi occhi. Cosa stava succedendo?

- E quei due? Che ne facciamo? Non possiamo liberarcene così a caso –

- E perché no?-

- Ma dico, sei scemo? Un campione di beyblade, e il nipote di uno degli uomini più ricchi del Giappone! Ma certo, uccidiamoli come se niente fosse!-

- E che ti importa? Ci penserà Vorkov a sistemare la cosa, no?-

No, no, non uccideteli

- Lui è bravo in questo genere di lavori –

- ... e magari potremo dargli una mano. Ho un conto in sospeso con alcuni dei loro amichetti –

- Se parli di Yuriy e Boris devi metterti in fila. Di quei due bastardi voglio occuparmene anche io, e magari imparano a farsi i cazzi loro. Potevamo già averci fatto un sacco di soldi da questo progetto, se non fossimo sempre stati fermati dalla squadra di quelle teste di cazzo –

 

Un suono secco interruppe l’allegra discussione dei due. Due paia di occhi si alzarono lenti verso la vasca, a pochi metri da loro.

Sul vetro c’era una crepa. Dietro la crepa l’essere li guardava minaccioso, con un pungo alzato. Lo abbassò di botto sul vetro, producendo un rimbombo e un altro secco crack. La crepa si allargò.

- Hei ... –

Uno dei due uomini fece un passo indietro.

- Che cazzo sta facendo?-

Un terzo pugno si abbatté sul vetro.

I due uomini mollarono il lavoro che stavano facendo, indietreggiando a grandi passi verso l’uscita.

- Ma non l’avevano sedata?-

Le voci allarmate si persero tra gli scricchiolii del vetro della vasca.

L’angelo alzò di nuovo il pugno.

Salvali

Va bene, si disse, rispondendo ai suoi stessi pensieri. Li salverò

Schiantò il pugno un’ultima volta contro il vetro, gridando con una voce che non sapeva di avere.

 

......................

 

- Ecco! Lo vedi? Mira 

- Lo vedo Julia, lo vedo –

- Julieta, ancora con questa storia?-

L’equilibrista lanciò un’occhiata di fuoco al fratello, che strinse le spalle.

- Ormai è un’ossessione ... –

- Perché è tutto vero – Sputò, vagamente acida, tenendo fermo davanti alla cam del computer un foglio con una lunga lista di città scritta di fretta. Emy, dall’altra parte di Skype, cercava di prenderne nota nel miglior modo possibile.

- E tu dici che queste ... –

- Ha trafficato cose losche ovunque. Ne sono convinta –

- ... Sono un sacco, Julia –

- Lo so, ma non posso fare finta di nulla! Non ci riesco!-

Ci aveva messo due intere giornate a completare quella lista, facendosi negare persino alle prove del circo. Se la sua intuizione era giusta, e Torres forniva davvero a Vorkov il materiale per i suoi esperimenti, doveva fare qualcosa.

- E se ci fossero delle persone prigioniere, beh, da qualche parte?-

- Ma non possiamo cercare in ogni anfratto di tutte quelle città!-

- Sì, se ci dividiamo i compiti da fare –

Emily sospirò, travolta dalla buona volontà dell’amica che, comunque, non riusciva a scalfirla.

- Almeno avvertiamo la polizia!-

- Ecco, questa può essere una cosa intelligente da fare-

- Oppure ... aspetta – La spagnola cominciò a frugare spasmodicamente tra le cose attorno a lei, gettando le mani in ogni anfratto della roulotte ricoperta di costumi sgargianti e nastri colorati.- Chiamo Yuriy –

- Che?-

- O Hilary, o chiunque altro –

- Oddio Julia, non complicare la situazione ti prego –

- Senti – Pigiò con forza sul touch, cercando nella rubrica come fosse una questione di vita o di morte. - Ming Ming è sparita, ci possono essere delle persone in pericolo, e io ... pronto?-

Il suo timpano venne improvvisamente perforato da un suono sordo, rapido e letale, che la fece sobbalzare. Raul, che stava uscendo dalla roulotte, rientrò di slancio a occhi sbarrati.

- Cosa succede?!-

Julia gli fece segno di tacere con la mano.

- Pronto? Hei! Yuriy?-

- Non è il momento –

Altre due botte sorde, che a questo punto Julia identificò come spari, coprirono la voce del russo.

- Cosa succede, dove sei?-

Julia non voleva sembrare allarmata, ma non riusciva a trattenersi. Dall’altra parte del telefono una voce a lei familiare cominciò a sputare uno dietro l’altro una serie di palesi improperi in russo.

- Yuriy, por Dios, dimmi qualcosa!-

- Ti richiamo –

E chiuse la chiamata.

Julia guardò lo schermo nero allibita; mai in vita sua qualcuno le aveva riagganciato il telefono in faccia.

- Julia!- Emily si era attaccata alla sua webcam tanto da mostrare alla spagnola un primissimo piano. – Che succede? Che ha detto?-

L’amica era ancora attonita.

- Io ... ma ... –

- Ho sentito dei palesi spari, ti prego dimmi che non è scoppiato un altro casino –

- Quel brutto pezzo di merda!-

Emily spalancò gli occhi e Raul, che di nuovo stava cercando di uscire da quel covo di matti, rientrò nella roulotte di volata.

- Cosa? Chi c’è?-

- Che ha fatto?-

Julia strinse il telefono fra le curatissime dita, fino a far scricchiolare la cover rosso fuoco. Gli occhi infiammati d’orgoglio perforarono la schermata nera, e in cuor suo sperò che raggiungessero il russo, seccandolo sul colpo.

- Quel grandissimo stronzo! Dopo averci buttati in questo casino mi liquida così?!-

Poi, con tanta rabbia repressa, prese a cercare un altro numero in rubrica. Attaccò il telefono all’orecchio con talmente tanta foga che ci sarebbe potuta entrare dentro.

- Maledettissimo rojo, ora ti faccio vedere io ... –

- Julia?-

- Mi amor – Saltò i convenevoli, passando direttamente ai fatti. – Mi passi Kai? Il suo capitano ha deciso di fare lo stronzo, e ho urgente bisogno di parlare con qualcuno di autorevole al momento, e ... –

- Je suis désolé - Una voce dal marcato accento francese la fermò. – Temo che Hilary sia ... ehm ... un momento al bagno a ... beh ... è successo un po’ di trambusto in questi ultimi dieci minuti –

- Olivier? – Julia alzò gli occhi al cielo. – Cosa? Cosa è successo?-

- Tutto Julia. Tutto – Scandì il francese.

- Dove sono Yuriy e Kai? E gli altri disgraziati con il ghiaccio al posto dei neuroni?-

- Allora, direi che uno al momento è irreperibile, e per gli altri ci stiamo organizzando come possiamo per andarli a prendere –

- Dove? In un poligono di tiro?-

- ... Qua? –

- Perché dovunque siano c’erano decisamente degli spari, e Yuriy non mi sembrava divertito dalla cosa –

- ... Oh cielo –

 

....................................

 

Riattaccò il telefono, consapevole e incurante dell’ira che Julia avrebbe covato verso di lui fino alla fine dei suoi giorni. Maledizione a lei e al suo tempismo, per poco non lo aveva fatto ammazzare.

Lasciò la presa sulla giacca di un uomo tramortito, facendo scivolare a terra il corpo esanime. Quella era stata decisamente una brutta sorpresa.

- Boris –

- Mh?-

Saettò gli occhi verso l’amico, appoggiato al muretto di quella specie di vicolo in cui si erano infilati solo due minuti prima. Incredibile quanti problemi riescono a piombarti addosso in 120 secondi; problemi armati, e con una voglia matta di farti tanto, tanto male.

Boris si guardò di sbieco il fianco, facendo finta di nulla davanti alla chiazza rossa che si allargava sulla maglia che Sergej gli aveva appena lavato.

- Ma vaffanculo ... –

Erano usciti dall’appartamento cinque minuti prima. In un minuto si erano accorti che qualcuno li sorvegliava, e in due minuti avevano portato cinque tizi sospetti, armati e molto arrabbiati fino al primo vicoletto buio. Due minuti dopo, a terra c’erano tre corpi svenuti e coperti di lividi che si sarebbero portati dietro almeno fino all’anno dopo; accasciato contro il muro il quarto cattivone si lamentava come un bambino per un piccolo squarcio sulla gamba; il quinto uomo ... beh, di lui meglio non parlarne.

Diciamo solo che Yuriy aveva un’ottima mira.

Si avvicinò all’amico, tirando un calcio all’uomo ferito alla gamba che ancora continuava a grugnire dal dolore. Passò gli occhi sulla ferita al fianco.

- Sarà meglio metterci una toppa sopra –

Boris sospirò.

- Adesso non è meglio andare via ... ma tipo prima di subito?-

Yuriy lo guardò scettico.

- E quanto pensi di durare, messo così?-

La risposta non arrivò. Appena Boris fece per aprire bocca, la terra cominciò a tremare. I due alzarono gli occhi contemporaneamente, tutti verso la stessa direzione, notando all’istante che il cielo ingrigito si era fatto insolitamente ... azzurro.

Molto azzurro.

In lontananza, quasi fosse un miraggio, una visione, una colonna comparve in mezzo al paesaggio; una colonna molto luminosa e che non sembrava affatto una colonna. Brillò per qualche secondo, riflettendosi negli occhi spalancati dei due ragazzi, diffondendo una luce azzurra, fredda, in cielo.

Poi, lentamente, si spense.

Nessuno disse più nulla. Passarono cinque secondi di silenzio prima che Boris aprisse di nuovo bocca.

- ... Non c’è Londra, laggiù?-

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > BeyBlade / Vai alla pagina dell'autore: Chocolate_senpai