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Autore: pampa98    28/10/2021    1 recensioni
[Storia scritta per il Writober di fanwriter.it]
Post parte 5.
Quando la porta si aprì, Martín non ebbe il coraggio di guardare Mirko in faccia e constatare la sua delusione. Un piatto di pasta scondita e una brodaglia informe come dessert non erano di certo la cena che si sarebbe aspettato di trovare quella sera.
«Come mai ci sono tutte quelle pentole per terra?» chiese. «E quel manico era attaccato a una padella?»
«Ho sfogato la mia incapacità sugli utensili, sì. C’è anche un cucchiaio rotto nel lavandino» aggiunse.
Mirko andò a controllare e scoppiò a ridere di gusto.
«Wow, non sapevo fossi così forte, mi amor.»
Martín sollevò lo sguardo verso di lui. Mirko gli si avvicinò, con un’espressione sorpresa e felice sul volto: tutto l’opposto di come si sarebbe dovuto sentire per la pessima serata che gli si prospettava davanti. Quella reazione gli diede più fastidio della sua incapacità di fare qualcosa di bello per la persona che amava.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Helsinki, Palermo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prompt 28: Conticeo ("Sto zitto")

DI SPAGHETTI E SCUSE



 

La prima volta che Martín si era ritrovato con un pan di spagna duro come un mattone e una crema dalla consistenza di un purè, si era limitato a prendere un gran respiro e rimettersi al lavoro. Non erano ancora le 3 del pomeriggio e Mirko non sarebbe tornato a casa prima delle 9: aveva tutto il tempo di preparagli una torta di compleanno degna di lui.
Alla quarta torta uscita male, Martín lanciò una pentola contro il muro, mentre il Sole si congedava per lasciare che la notte calasse su Nairobi. Tra i vari errori che aveva commesso quell’ultima volta, l’aver scambiato il sale per lo zucchero lo aveva particolarmente mortificato, dal momento che si riteneva abbastanza intelligente da non commettere simili idiozie. Inoltre la vaniglia era praticamente finita ed erano rimaste solo tre fragole: anche se il pan di spagna gli fosse venuto degnamente, con cosa cazzo lo avrebbe farcito?

Sbuffò, passandosi una mano tra i capelli. Alzò lo sguardo verso l’orologio e si rese conto che doveva anche preparare la cena. “Stasera sarai il mio principe, grassone, penso a tutto io” gli aveva detto quella mattina, quando Mirko gli aveva chiesto se dovesse prendere qualcosa per cena mentre tornava a casa.
Martín aprì il frigorifero per capire cosa potesse cucinare. Aveva comprato una bistecca, ma non l’aveva mai preparata prima e non aveva il tempo di capire come cuocerla senza rischiare di rovinarla. Decise di buttarsi su degli spaghetti: Mirko diceva sempre che era un maestro nel farli – non lo aveva mai visto stare male per quelli, quindi era ragionevolmente certo che il suo compagno non gli facesse i complimenti solo per non ferirlo.
Riempì l’unica pentola che gli era rimasta con l’acqua del rubinetto e la mise sul fuoco. Nell’attesa che bollisse, prese tutti gli ingredienti per il dolce e li mise sul tavolo, fermandosi poi a fissarli con le braccia incrociate al petto. Aveva progettato un piano – un po’ folle, ma non aveva importanza – per entrare nella Banca di Spagna e uscirne vivo: avrebbe capito come unire uova, farina, zucchero, fragole e vaniglia in modo commestibile, no?

 

«Sono a casa, mi amor.»
Mirko appese le chiavi alla parete e si tolse il cappello, guardandosi intorno per capire dove fosse Martín. La porta della cucina era chiusa e sentì dei rumori, seguiti da varie imprecazioni, provenire da essa. Si avvicinò, ma prima che potesse mettere la mano sulla maniglia, Martín aprì. Indossava il completo rosso che avevano comprato un paio di settimane prima e si alzò subito sulle punte per baciarlo, mentre si chiudeva la porta alle spalle.
«Bentornato. Com’è andata oggi?»
Mirko aggrottò le sopracciglia, ma decise di aspettare che fosse Martín a spiegargli cosa stesse succedendo.
«Bene, anche se è arrivata una cliente che non parlava un minimo di inglese e voleva un mazzo enorme di gigli e rose per un matrimonio, o almeno questo è quello che alla fine ho capito. Tu, invece? Che hai fatto di bello?»
«Oh, ehm, le solite cose» disse, con un sorriso tirato. «Ho ascoltato un po’ di musica, fatto qualche calcolo… e cucinato, naturalmente.»
«Allora andiamo a mangiare?» chiese, anche se era quasi certo che la cucina non fosse stata la maggiore attività di Martín quel giorno – o la più riuscita.
«Sì, sì. È pronto… Devo solo fare gli ultimi ritocchi, ma che ne dici di andare a farti una doccia intanto, eh?» disse, cominciando anche a spingerlo in direzione del bagno.
Mirko lo fermò, prendendogli le mani nelle sue.
«Martín» disse. «Dimmi che è successo.»
«Non è successo nulla, devo solo finire alcune cose. Sei tornato prima del previsto, tutto qui» disse, anche se Mirko sapeva perfettamente che non era così. Aveva trovato molto traffico tornando a casa e aveva ritardato di parecchio. Le regole del Professore erano poche e semplici, ma non poter usare un cellulare nemmeno per avvisare di un piccolo contrattempo era sempre fastidioso, soprattutto se si aveva a che fare con una persona come Martín che tendeva a innervosirsi già per un paio di minuti di ritardo. In effetti, il fatto che lo avesse trovato così calmo, non fece che aumentare la preoccupazione di Mirko: che aveva combinato nella loro cucina?
«Vai in bagno, per favore» insistette Martín. «Al ritorno ci sarà la cena in tavola, promesso.»
Mirko annuì e gli diede un bacio in fronte.
«Ti amo, Martìn» disse, prima di imboccare il corridoio per andare in bagno. Si spogliò ed entrò nella doccia, lasciando però la porta aperta per cogliere ogni minimo segnale di pericolo.

 

Per il suo compleanno, Mirko gli aveva comprato un tiramisù, gli aveva cucito a mano un berretto di cotone rosso con la scritta “Palermo” – Martín si era commosso per il gesto, anche se non aveva ancora avuto il coraggio di indossarlo in pubblico – ed era anche riuscito a trovargli la prima edizione dell’“Amleto” in lingua originale. Un uomo più attento si sarebbe ricordato la data di nascita del suo fidanzato e avrebbe avuto il tempo di pensare a un regalo degno, mentre Martín si era ritrovato tra le mani la sua agenda solo la sera prima e, quando aveva visto l’appunto scritto sulla pagina del giorno seguente (25 marzo: “Compleanno di Mirko”), si era insultato mentalmente in tutti i modi che conosceva e aveva cercato di capire cosa poteva organizzare con meno di ventiquattr’ore di tempo.Un dolce e una cena degna sarebbero stati il minimo, eppure non era stato in grado di preparare nemmeno quelli: gli spaghetti erano cotti, ma il sugo di pomodoro si era bruciato mentre cercava di creare una crema commestibile frullando insieme uova, vaniglia e fragole – esperimento fallito, naturalmente.
Sentì dei passi fuori dalla porta e si lasciò sfuggire un sospiro di sconfitta. Non avrebbe potuto nascondere ulteriormente la sua incapacità di essere un fidanzato decente.
Quando la porta si aprì, Martín non ebbe il coraggio di guardare Mirko in faccia e constatare la sua delusione. Un piatto di pasta scondita e una brodaglia informe come dessert non erano di certo la cena che si sarebbe aspettato di trovare quella sera.
«Come mai ci sono tutte quelle pentole per terra?» chiese. «E quel manico era attaccato a una padella?»
«Ho sfogato la mia incapacità sugli utensili, sì. C’è anche un cucchiaio rotto nel lavandino» aggiunse.
Mirko andò a controllare e scoppiò a ridere di gusto.
«Wow, non sapevo fossi così forte, mi amor.»
Martín sollevò lo sguardo verso di lui. Mirko gli si avvicinò, con un’espressione sorpresa e felice sul volto: tutto l’opposto di come si sarebbe dovuto sentire per la pessima serata che gli si prospettava davanti. Quella reazione gli diede più fastidio della sua incapacità di fare qualcosa di bello per la persona che amava.
«Oh, un cucchiaio rotto, veramente uno spettacolo incredibile. Cazzo, Helsinki, sfogati quando ti ferisco, non sono così fragile!»
Mirko si fermò davanti a lui. Il sorriso diminuì, ma non lasciò il suo volto.
«Vuoi che mi arrabbi con te perché hai distrutto la cucina?»
«Sì!» sbottò Martín. «E perché mi sono ricordato solo ieri del tuo compleanno e non ti ho preso nessun regalo, né un dolce...»
«Martín...»
«Non sono nemmeno stato in grado di prepararti un pasto, non dico buono, decente! Non credo sia nemmeno commestibile quella brodaglia gialla.»
«Martín.»
«Tu sei un uomo meraviglioso, Mirko, e dovresti avere al tuo fianco qualcuno degno di te, che sappia amarti come meriti, non un disastro come...»
«Martín Palermo Berrote!»
Mirko lo prese per le spalle, ma il modo in cui lo aveva chiamato era stato sufficiente a bloccare il flusso di parole di Martín, che lo stava fissando con un sopracciglio inarcato.
«Mi fai parlare?» chiese Mirko.
Martín provò a ribattere, ma l’altro gli lanciò un’occhiata di fuoco: ora era arrabbiato.
«Va bene, sto zitto» disse, incrociando le braccia al petto.
Mirko gli sorrise e portò le braccia intorno alla sua vita, stringendolo a sé.
«Tu sei un uomo meraviglioso, Martín Berrote. Mi dimostri il tuo amore ogni giorno, anche se forse nemmeno te ne accorgi. Ti ringrazio per aver pensato a me oggi, e vedere quanto ti sei impegnato per fare qualcosa per me mi scalda il cuore. Ed è più che sufficiente.»
Martín sbuffò, nascondendo il volto nell’incavo del suo collo.
«Se avessi ottenuto dei risultati, sarebbe stato molto meglio.»
«Be’, qualcosa in tavola c’è» gli fece notare Mirko.
«Mmm. Spaghetti mezzi sconditi che ormai saranno pure freddi e un intruglio che, come ho detto, non credo sia commestibile.»
Mirko rise, passandogli una mano tra i capelli.
«Non ci resta che sederci e provarli, no?»
«La crema no» sentenziò Martín. «Sul serio, Mirko, nella confusione che si è creata potrebbe esserci finito dentro del veleno per topi.»
«Abbiamo veleno per topi?»
«Non lo so, ma nel dubbio non rischieremo.»
Mirko annuì. Si chinò per dargli un bacio e Martín si lasciò inebriare da quell’uomo all’apparenza rude ma che nascondeva dentro di sé una tenerezza infinita. Ogni giorno si chiedeva cosa avesse fatto per meritarlo nella sua vita, senza riuscire a trovare risposta – e, in fondo, andava bene così.
«Comunque» disse Mirko, parlando sulle sua labbra, «in realtà, un po’ deluso lo sono. E anche parecchio, parecchio arrabbiato.»
La luce nei suoi occhi fece comparire un sorriso malizioso sul volto di Martín. «Mi dispiace tanto, tesoro. Suppongo che dovrò farmi perdonare, allora.»
«Assolutamente. Hai qualche idea su come fare?»
Martín gli morse il labbro inferiore e lasciò una scia di baci fino al suo orecchio, dove diede voce al suo tono più seducente.
«Ho molte idee. Spero che sarai disposto ad accoglierle tutte.»
Gli succhiò il lobo e gli spaghetti freddi furono dimenticati sul tavolo fino al mattino seguente.
 

   
 
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