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Autore: moira78    30/10/2021    4 recensioni
Un piccolo castello nascosto nei boschi di Lakewood. Una storia che affonda le sue radici in un lontano passato. E un sopralluogo che porterà Candy e gli altri a confrontarsi con eventi soprannaturali. Una mini-fic di Halloween dove tutto può accadere...
Genere: Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annie Brighton, Archibald Cornwell, Candice White Andrew (Candy), William Albert Andrew
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Albert gettò con noncuranza una vecchia giacca nella sacca, chiedendosi perché mai dovesse sentirsi obbligato a fare una cosa così stupida con tutto il lavoro che c'era da fare. Sbuffò frustrato, passandosi le dita tra i capelli che si erano già allungati troppo, scostandoli lontani dalla fronte.

Sedette di peso sul letto e aprì il cassetto del comodino, prendendo la scatolina di velluto rosso con delicatezza. Se la pose su un ginocchio e la aprì, rivelando lo splendido eppure semplice anello di diamanti che era stato di sua madre. Aveva aperto la cassaforte di famiglia un paio di giorni prima, con il cuore che batteva forte per l'implicazione che quel gesto aveva sul proprio futuro: voleva proporsi a Candy.

Ma come farlo? E quando? E, soprattutto, stava precorrendo i tempi visto che non si erano mai dichiarati apertamente? C'erano volte in cui pensava che non ce ne sarebbe stato bisogno, perché le cose erano già chiare come il sole, tra loro.

Una mattina si era persino alzato dal letto con tutta l'intenzione di sfruttare la domenica festiva per andare alla Casa di Pony a parlare con lei una volta per tutte. Ma, una volta arrivato a destinazione, aveva tirato fuori il cestino da pic-nic dove c'erano sufficienti panini e frutta da non dover dividere nulla e avevano parlato del più e del meno, ridendo e scherzando come amici.

Quando la sera era risalito in macchina si sarebbe preso a pugni da solo.

Vigliacco, sono stato un vero vigliacco...

Lui, il patriarca degli Ardlay, non riusciva a trovare il dannato coraggio di fare quel piccolo passo per timore di un rifiuto. E se avesse travisato gli sguardi carichi di aspettativa di Candy e avesse rovinato una bella amicizia?

Amicizia.

Oh, come amava e allo stesso tempo odiava quel termine che gli andava stretto come il suo vecchio kilt da diciassettenne!

Con un sospiro, Albert richiuse la scatolina in un gesto secco, rigirandosela tra le mani come se potesse trarne supporto.

Possibile che quella strana richiesta della zia Elroy fosse una specie di segnale che gli indicava che doveva aspettare? No, era una sciocchezza, una superstizione che non gli si addiceva affatto.

Eppure non gli andava proprio di mettersi a cercare una vecchia proprietà polverosa sperduta chissà dove, anche se significava fare una bella escursione nei boschi. Non se significava procrastinare ancora quella decisione così importante!

Davvero lo avrei fatto, stavolta?

"Perché devo andarci io? Siamo a fine mese, vanno ricontrollati i bilanci e nel fine settimana ho... un impegno", aveva detto alla zia.

"Non mi fido degli altri e tu sei molto più in gamba dei nostri servitori nel riconoscere il valore reale di una proprietà. Inoltre è un'occasione per uscire un po' dal tuo ufficio e prenderti una pausa", aveva risposto lei sconvolgendolo.

Aveva spalancato gli occhi, incredulo. "E da quando in qua preferisci che io me ne vada in giro per i boschi invece di lavorare?". Evitò di ricordarle che tutti i fine settimana, se si trovava a Chicago, fuggiva letteralmente da Candy o la invitava a Lakewood.

La donna si era schiarita la voce e sembrava a disagio: "Ti ho visto lavorare molto, ultimamente, e non voglio che ti ammali come è successo a tuo padre. Inoltre è lavoro anche questo: se la proprietà può essere recuperata potremmo ristrutturarla e farne una sala per i ricevimenti più esclusivi".

Albert si era portato due dita sul ponte del naso, in un gesto stanco: "Va bene, zia, mi fa piacere fare una passeggiata fin laggiù, ma non questo sabato. Se mi dai un paio di settimane io...".

"No! Devi andarci prima possibile!". La frase, perentoria e in cui aveva persino colto una nota di panico, lo aveva quasi fatto sobbalzare. "Puoi andare con Archibald e Georges il giorno dopo il ballo di beneficenza, visto che ci troveremo già tutti a Lakewood".

Albert se n'era del tutto dimenticato, assorbito com'era sull'apertura della nuova banca a Pittsburg e dai suoi dubbi riguardo Candy. Lei poteva essere presente al ballo e non avrebbe avuto bisogno di viaggiare fino alla Casa di Pony, perché si sarebbe trattenuta con loro almeno fino alla domenica sera, come accadeva di solito in quelle occasioni!
Ma se davvero doveva portare a termine quell'impegno come avrebbe fatto? Doveva trovare il momento più adatto per rimanere solo con lei. E con la zia, Georges, Archie e Annie nelle vicinanze non sarebbe stato facile. Come minimo avrebbe dovuto muoversi con il favore delle tenebre, invitandola a seguirlo in piena notte per poterle parlare in pace!

Io e Candy, nella notte stellata... potrebbe essere davvero una buona idea!

Spinto comunque da un impulso irrefrenabile aveva preso l'anello con sé, ma la verità era che non sapeva quando avrebbe potuto darglielo perché doveva essere certo che non sarebbero stati interrotti. Era già successo il giorno in cui le aveva rivelato di essere il suo Principe della Collina e ancora scherzavano sul fatto che un momento così importante fosse stato interrotto da un colpo di clacson.

Se doveva chiederle la mano voleva avere solo i suoni della natura intorno a sé e nessuno che li disturbasse.

"Se solo potessi portarti con me da sola...", mormorò alla scatolina. In realtà ne aveva tutto il titolo, visto che era il padrone di casa e il patriarca, ma non era educato nei confronti degli altri ospiti, senza contare che la zia Elroy avrebbe di certo fatto storie.

L'idea di dichiararsi in piena notte sotto le stelle e magari sulla cima di uno degli alberi del bosco lo solleticò ancora una volta e si disse che doveva prenderla in seria considerazione.

Perlomeno, con la scusa di non lasciare indietro le ragazze aveva coinvolto in quella piccola avventura anche Annie e la stessa Candy. Così sarebbero stati insieme e avrebbero fatto qualcosa di diverso dalle solite cavalcate o escursioni in riva al lago.

Si passò l'oggetto da una mano all'altra e quando udì bussare si affrettò a riporlo nel cassetto, prima di invitare il visitatore a entrare: doveva già essere ora di partire.
Archie comparve sulla porta, con una borsa a tracolla, vestito con un paio di pantaloni comodi e una delle sue solite camicie di seta bianche. Alzò un sopracciglio e lo apostrofò: "Andiamo in mezzo ai boschi, non a un ballo di gala", disse con un sorrisetto.

Lui raddrizzò le spalle: "Lo so, infatti non indosso la giacca o dei pantaloni eleganti, ma devo pur sempre mantenere un certo stile, visto che ci sono anche le ragazze".
Lo squadrò con sguardo significativo e Albert sorrise apertamente: "Non cambierai mai, Archie", disse scuotendo la testa e alzandosi con la sacca sulla spalla.

"Neanche tu, Albert il vagabondo", rise Archie dandogli una pacca sulla schiena.

Mentre uscivano dalla stanza per raggiungere gli altri nell'atrio, pensò che la gita poteva anche rivelarsi divertente.

D'altronde, aveva ancora tempo per chiedere a Candy di sposarlo.
 
- §-
 
Elroy Ardlay scostò la tenda per guardare da dietro i vetri i nipoti che si allontanavano di buon passo con Georges e le due ragazze e sospirò. Un sudore freddo le colava lungo le tempie e la mano stringeva forte il fazzoletto che aveva in mano.

"Dio onnipotente, proteggili tu", mormorò con un filo di voce, prima di emettere un grido di puro orrore quando udì bussare.

"Avanti!", tuonò con il cuore che sembrava voler uscire dal petto. Stava davvero rischiando la salute, in quegli ultimi giorni.

La cameriera si inchinò deferente e annunciò che i signori erano appena partiti.

"Sì, lo so, grazie. Ora puoi ritirarti, Molly", la liquidò tornando a rivolgere gli occhi alla finestra.

"Signora, è sicura di stare bene? Mi scusi se glielo domando, ma mi sembra un po' pallida...", disse quella con una vocina imbarazzata.

La donna si voltò di scatto, temendo quasi che la cameriera potesse leggerle dentro e si affrettò a negare e a liquidarla.

"Sto benissimo, grazie!".

Quando fu da sola, si concesse di lasciarsi cadere sulla poltrona vicino al tavolino del tè con una mano sul petto, prendendo respiri profondi per calmarsi.

Senza che lo potesse impedire, la sua mente le ripropose il dramma che stava vivendo da due settimane a quella parte. Tutto era cominciato come un sogno piuttosto vivido, dal quale si era svegliata con il ricordo vago di suo fratello defunto che si raccomandava di non dimenticare il castello.

Sulle prime non aveva dato peso a quell'incontro onirico ma aveva ricordato che, in effetti, un castello esisteva davvero. Si trovava abbandonato nei boschi di Lakewood e ricordava di averlo visitato da bambina con la grande mano del padre che stringeva la sua mentre lui scuoteva la testa: "Questa proprietà è in rovina, bisogna abbatterla", aveva detto con voce profonda alle persone che erano lì accanto. Le sembrava persino di sentire ancora l'erba alta che le solleticava le caviglie sotto la gonna del vestito.
Ma poi, quando si stava appena affacciando all'adolescenza, suo padre si era ammalato senza più fare nulla. Era morto giovane e lei era rimasta sola con un fratellino piccolo e gli adulti della famiglia, perché sua madre lo aveva seguito un anno dopo, sconvolta dal dolore.

Il piccolo castello era rimasto lì e lei se n'era del tutto dimenticata.

Perché mai William tornava nei suoi sogni per ricordarglielo proprio ora? La risposta era arrivata con gli incubi delle notti che avevano seguito il primo sogno vago.
Erano così vividi che ogni volta si svegliava col batticuore e il fiato corto. Una notte aveva avuto bisogno di farsi preparare un tè al gelsomino per calmarsi.
Durante la prima settimana non faceva che vedere il nipote William uscire in piena notte insieme a Candice e sparire nel folto della vegetazione. Poco dopo, nubi scure si addensavano su di loro e il sogno finiva lasciandola con un senso di vivo allarme.

Poi si erano aggiunti gli eventi successivi ed erano quelli che l'avevano riempita di orrore.

"Sono incubi, sono solo incubi, non hai mai creduto a queste cose, controllati, per l'amor di Dio!", aveva mormorato alla stanza vuota.

Era arrivata al punto da temere il calar del sole perché non voleva addormentarsi e ricadere nell'incubo. L'incubo nel quale Candice e William morivano colpiti da un albero su cui si era abbattuto un fulmine.

Stanno correndo tenendosi per mano.

Devono essersi accorti che il temporale improvviso li ha colti nel pieno del bosco e vogliono tornare indietro perché sanno che è pericoloso. Ma qui le file di alberi sono fitte e non è facile starne lontani.

E accade l'evento tanto temuto.

Il fulmine squarcia uno dei tronchi e William grida il nome di lei, gettandosi senza indugio su Candy. Cadono a terra, rotolando sull'erba in maniera che sarebbe quasi indecente se non ci fosse un pericolo incombente.

Il rumore della pioggia sembra annullarsi dinnanzi a quello, potente e sinistro, del legno che si spezza e rovina sulla schiena del suo unico nipote diretto.

Ma il suono del suo urlo è quello che la strazia nel profondo, perché è un urlo di morte.

Sotto al suo corpo già immobile, Candice emette un sussulto e il nome di Albert esce come un singulto appena percettibile assieme a un rivolo di sangue, prima che i suoi occhi aperti e ciechi perdano la luce.

Elroy si portò le mani al viso tentando di ricacciare indietro le lacrime, fallendo. Per essere un sogno o un incubo era rimasta sconvolta a tal punto che si era ritrovata a pregare più di una volta, inginocchiata ai piedi del letto.

Finché non era arrivato suo fratello, prima in sogno e quindi anche mentre era sveglia.

"Nostro padre voleva abbattere il castello, ma io non ero d'accordo. Ora è tempo che sia mio figlio a decidere. Ma devi fare presto, prima che arrivi il temporale".

Quelle erano state le uniche parole che le aveva rivolto mentre lei, sull'orlo di un attacco cardiaco, lo vedeva ritto in piedi tra l'armadio e la porta della stanza, nel completo nero che indossava quando lo avevano tumulato.

La lotta tra la ragione e i timori superstiziosi era terminata lì. Ci erano voluti lunghi minuti prima che riuscisse a respirare di nuovo normalmente e l'alba aveva rischiarato il cielo sulla sua decisione di parlare al nipote non appena si fosse fatto giorno.

Ancora adesso non capiva come fossero collegati il castello e quell'incubo che l'aveva tormentata a lungo, ma era certa che William non avrebbe mai fatto qualcosa che avrebbe nuociuto al suo unico figlio rimasto in vita.

La notte successiva, dopo avergli dato disposizioni per quel fine settimana dopo il ballo, suo fratello era tornato sorprendendola di nuovo mentre pregava, distesa sotto le coperte con un rosario tra le mani.

Non aveva avuto neanche il tempo di aprire bocca che lui aveva detto solo: "Ben fatto. Ora riposa, sorella mia". Le aveva posato una mano sulla fronte e lei si era addormentata.

E non aveva più fatto alcun sogno.
 
- §-
 
"Hai notato niente di strano nella zia Elroy, ultimamente?", stava chiedendo Archie ad Albert, mentre Candy aiutava Annie a sistemare la sua borsa perché non la intralciasse nei movimenti.

Lui alzò le spalle con noncuranza: "Mi sembra sempre la solita, a dire il vero, ma devo dire che prima del ricevimento ho avuto l'impressione che fosse molto stanca, come se non riposasse bene. La cosa più strana è stata questa sua richiesta improvvisa".

Candy aveva visto la zia Elroy la sera prima e doveva dire che le era apparsa un po' invecchiata rispetto all'ultima volta, qualche ruga in più che approfondiva il cipiglio sulla fronte. Ma il suo istinto d'infermiera fu subito all'erta: "Viene sempre seguita dal dottor Leonard per la sua nevralgia?", chiese.

Albert le sorrise rallentando il passo: "Sì, è stata da lui all'inizio del mese. Sei molto gentile a chiederlo, Candy".

Perché diamine stava arrossendo, ora? E perché abbassava il capo come se lo sguardo grato di Albert le fosse arrivato fin nell'anima?

Calmati, Candy, è solo Albert!

"Il castello si trova alla fine del bosco, quindi?", intervenne Annie rivolta a Georges, come se avesse notato il suo imbarazzo e volesse dissiparlo.

"Esattamente, signorina Brighton", ribatté lui. Per l'occasione, aveva smesso il solito completo elegante e aveva indossato dei morbidi pantaloni marroni e un maglione di tonalità più scura con una giacca rossa poggiata sulle spalle. Quando lo aveva visto aveva stentato a riconoscerlo ed era stato lui ad arrossire un poco, nel momento in cui aveva dichiarato che sembrava molto più giovane. Erano scoppiati tutti a ridere.

"E come mai non lo vediamo? Oltre a non esserci un sentiero per arrivare con l'auto, dev'essere anche piuttosto lontano", si lamentò Archie con una nota di disappunto.

"Oh, no, in realtà una volta che ci saremo lasciati il bosco alle spalle potremmo cominciare a scorgerlo visto che sorge su un'altura", spiegò lui. "La verità è che è molto piccolo per essere un castello".

"E anche molto vecchio", gli fece eco Albert alzando lo sguardo verso il cielo in cui si rincorrevano grandi nuvole bianche.

"Dai, non può essere più vecchio dei nostri antenati del secolo scorso!", rise Archie, dando il braccio ad Annie in un punto del sentiero un po' dissestato.

Albert si fermò socchiudendo gli occhi come se stesse riflettendo, passandosi la sacca da una spalla all'altra. Se non fosse che Poupee non c'era, Candy avrebbe detto di trovarsi davanti al giovane vagabondo smemorato che una volta aveva inseguito in un parco alla periferia di Chicago.

Cosa sarebbe accaduto se non lo avessi rincorso, allora? Forse non saremmo qui, oggi...

"A essere precisi, se i documenti che ho consultato dicono il vero, parte di quel castello ha origine addirittura nel Seicento", disse riprendendo a camminare con passo spedito e distogliendola da quell'ipotesi poco felice.

Candy spalancò gli occhi, incredula: "Vuoi dire che è una costruzione del diciassettesimo secolo?".

"No", dissero all'unisono Georges e Albert, facendoli fermare tutti con quella semplice risposta.

Archie e Annie per poco non le rovinarono sulla schiena e tutti gli occhi erano puntati su loro due, che fecero qualche passo prima di rendersi conto che nessuno li seguiva.
"Bene, visto che sembrate tutti molto interessati alla storia del castello cercherò di riportarvi le poche notizie che ho letto in biblioteca ieri pomeriggio". Albert lasciò cadere la sacca, sedette sull'erba a gambe incrociate e tutti lo imitarono.

"Mancano solo un fuoco acceso e le stelle", ridacchiò Annie.

"E magari qualche marshmallow", aggiunse Archie dandole il gomito.

Georges si schiarì la voce e fece cenno ad Albert di parlare. Lui chiuse gli occhi, come concentrandosi per capire da dove cominciare e iniziò: "La storia degli Ardlay affonda le sue radici nel quindicesimo secolo: a quanto pare i primi insediamenti a Edimburgo risalgono addirittura a prima che l'America venisse scoperta".

Archie emise un fischio, guadagnandosi un'occhiataccia da Annie, che sembrava già rapita dalla storia.

"Pare che i primi esponenti della famiglia si fossero stabiliti, a momenti alterni, nel *Castello di Edimburgo. E non portavano ancora il nostro cognome. Se non ricordo male il clan di allora era quello degli attuali **Anderson conosciuti anche come i MacAndrews, dai quali abbiamo ereditato in parte i colori del tartan".

Alla menzione del tartan, Candy sentì distintamente le guance scaldarsi perché i loro occhi si erano incontrati. Non avevano parlato a nessuno del loro piccolo segreto della Collina di Pony, di quell'incontro quando erano ancora ragazzini.

Il mio Principe della Collina...

Albert ebbe solo un momento di esitazione prima di continuare: "Il castello è molto antico, come sapete, e le sue origini potrebbero risalire persino al settimo secolo, l'anno Seicento per l'appunto. Certo, ha subìto parecchie trasformazioni e ristrutturazioni nel tempo ma alcune fondamenta sono davvero arcaiche".

Archie sporse le labbra come se volesse emettere un altro fischio e si trattenne all'ultimo istante.

"Però continuo a non capire come tutto questo sia collegato con il castello che stiamo andando a visitare e che si trova a miglia di distanza da Edimburgo", chiese Annie.
Albert prese un profondo sospiro: "Tutto ha origine da una guerra tra clan. Quando il ramo della famiglia Ardlay assunse il nome odierno per mancanza di discendenti maschi, dividendosi di fatto dagli Anderson, la fortezza di Edimburgo divenne teatro di violenti scontri per il possesso dei territori. Scott Ardlay era uno degli esponenti che lottava in prima linea e, proprio nel periodo in cui i combattimenti presero piede, stava vivendo una storia d'amore clandestina con una delle servitrici della famiglia rivale".

Tutti emisero un ansito stupito e persino Georges inclinò la testa da un lato come se fosse sorpreso: a quanto pareva non ne sapeva nulla nemmeno lui.

Albert parve quasi in difficoltà quando proseguì la storia e a Candy fu subito chiaro il perché.

"La donna, di cui non conosciamo il nome, fu scoperta insieme a Lord Scott Ardlay nei sotterranei del castello di Edimburgo. Era rimasta ferita durante gli scontri per proteggere la matriarca del suo clan e tutti la credevano morta: in realtà si era nascosta dal suo amante perché portava in grembo il loro bambino".

Lei e Annie emisero una specie di piccolo urlo, mentre gli uomini tacevano con gli occhi spalancati, di sicuro altrettanto colpiti da quella rivelazione. Albert prese alcuni steli d'erba e cominciò a tormentarli fino a strapparli.

"Trattandosi di una donna di basso lignaggio e per di più legata a un clan rivale, fu insultata e malmenata mentre Scott era impegnato in battaglia, quindi rinchiusa di nuovo nei sotterranei. Quando lui tornò... era ancora viva ma agonizzante e morì fra le sue braccia". La voce di Albert divenne triste, pervasa da quel dolore come se lo stesse avvertendo. E Candy aveva le lacrime agli occhi.

Dio mio, quanto dolore...

"L'uomo impazzì, si rivoltò contro la sua stessa famiglia. E fu ucciso. Al suo posto prese il comando il fratello minore, che pure gli era molto affezionato. Quando la lotta tra clan terminò, decise di recarsi nei sotterranei che erano stati teatro di tanta sofferenza e non gli fu difficile individuare il luogo in cui la donna tanto amata da suo fratello era morta. Si adoperò quindi per rimuovere quei mattoni sporchi di sangue, ripulirli e conservarli finché non potessero rinascere in modo simbolico a nuova vita: quella vita che era stata tolta a tre esseri innocenti, di cui uno non ancora nato".

Candy si asciugò gli occhi, scorgendo Annie che si scioglieva nell'abbraccio di Archie e desiderando d'improvviso fare lo stesso con Albert. La domanda, che aveva a fior di labbra, la fece invece Georges: "Sta cercando di dirci che quei mattoni sono arrivati fino a noi quando gli Ardlay si sono trasferiti in America? Sapevo che erano stati utilizzati per costruire una parte del castello, ma non credevo ci fosse una storia del genere dietro".

Albert annuì con vigore, smettendo di strappare i fili d'erba: "Sì. Lord William Logan Ardlay fu forse il primo a trasferirsi in queste zone e i mattoni gli erano stati tramandati come un cimelio di famiglia molto importante. Se i documenti sono corretti, dovrebbe trattarsi del nonno di mio padre e della zia Elroy, il mio trisavolo. Siamo alla fine del Settecento, forse i primi dell' Ottocento".

"Quindi anche i territori di Lakewood sono stati acquisiti persino prima del secolo scorso", commentò Georges, stupito.

"Sì, e sospetto che proprio in virtù di quella storia sfortunata il mio antenato abbia ordinato di costruire un piccolo castello in onore di quella tragica perdita, usando quei mattoni per una parte del basamento. E siccome si tratta di una delle parti più antiche del castello originario che sorge a Edimburgo, potrebbero benissimo risalire all'anno Seicento o giù di lì". Albert si batté una mano su un ginocchio, cominciando a rialzarsi e sancendo la fine di quella storia sconvolgente. "Acceleriamo il passo, ora, potrebbe piovere più tardi", concluse alzando di nuovo gli occhi al cielo.

"Ma se il cielo è azzurro e c'è persino il sole!", commentò sbalordito Archie.

Albert si girò a guardarlo da sopra una spalla: "Dimentichi che ho vissuto all'aperto per molto tempo e posso cogliere i cambiamenti del tempo prima ancora che si verifichino. Lo sentite questo vento a tratti teso e l'odore di umidità?". Gli fece l'occhiolino e Candy e gli altri si apprestarono a seguirlo senza dire altro.

Dopo aver sentito quella storia, sospettò che avrebbero visitato quel castello con occhi diversi.
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* https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Edimburgo#I_primi_abitanti
**https://clan.com/family/anderson?fbclid=IwAR17ph8Z9-WSXSIkFg4GBw2XbsWCNBR8L5I-IpkSaONFwhyb-gz8Gim182A
(ho immaginato che gli Anderson, che esistono veramente, potessero aver dato origine a una ramificazione che ha portato alla creazione del cognome Ardlay: ad esempio perché una delle famiglie avesse un'unica figlia femmina che si è sposata con un Ardlay. Ovviamente, si tratta di una mia licenza creativa e non intende arrecare offesa al clan esistente)
 
   
 
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