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Autore: Sinden    01/11/2021    0 recensioni
Heloise é una giovane studiosa. Il suo sogno é quello di essere ammessa a Orthanc, la Torre di Isengard, in cui vengono istruiti e formati i futuri Stregoni.
Per farlo, dovrà prima superare una difficilissima prova.
🌺🌺🌺
FF tolkeniana, genere avventuroso, basata anche su film Lo Hobbit - La desolazione di Smaug.
Nuovo personaggio.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Compagnia di Thorin Scudodiquercia, Thorin Scudodiquercia
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Se c'era una cosa che gli mancava, di sua moglie, era la sua capacità di calmarlo.

Thranduil aveva una carattere collerico. Un tratto singolare, che non aveva affatto ereditato da Oropher, il quale, semmai, in vita aveva sempre peccato di impazienza.

Quando qualcuno o qualcosa lo indispettiva, avvertiva una fulminea fiammata propagarsi dalla schiena al ventre, e non sempre riusciva a tenerla a bada. I suoi occhi si accendevano di colpo e i lineamenti armonici e delicati rivelavano una ferocia inaspettata, per un Elfo di tale eleganza. Era decisamente meglio non trovarsi nei paraggi, quando il Re perdeva la sua solenne compostezza.

Ma Evrani aveva avuto sempre su di lui un'influenza benefica. Bastava il suo sorriso e una lieve carezza, per rimettere a posto ogni cosa. Per riportare la luce nella sua mente.

L'aveva amata molto, in modo totalizzante, come solo gli Elfi sapevano fare. E il motivo per cui aveva accettato di conoscerla e farla entrare nella sua vita, nel Doriath millenni prima, non erano state solo le pressioni di suo padre, che al figlio aveva imposto un'unione con un'altra Elfa di famiglia nobile e Sindar, ma soprattutto la reputazione di Evrani.

Della figlia di Arionh e Jemil era noto il temperamento generoso e mite. Thranduil non avrebbe sopportato una moglie altezzosa o dura di cuore, aveva desiderato una compagna che fosse l'esatto contrario di ció che era lui. Sapeva che gli angoli più spigolosi del suo carattere necessitavano di un contraltare, di qualcuno che ammorbidisse e scaldasse il suo cuore, ogni volta che lo sentiva ghiacciarsi.

Evrani aveva interpretato meravigliosamente la parte di moglie e Regina, finché il tempo gliel'aveva concesso.  Finché un giorno di Ottobre, la Strega Bianca aveva deciso di farsi due chiacchiere con lei, nel Lórien. L'aveva convocata a Caras Galadhon ed Evrani era partita in un batter di ciglia, portando con sè Legolas appena nato, che Galadriel voleva conoscere.

Era andata senza chiedergli il permesso, come sempre, giacché fra il Re e la Regina non esisteva sottomissione, né autorità maritale da rispettare. Ma a Thranduil la cosa non era piaciuta.

Non si fidava di Galadriel e delle sue misteriose arti da fattucchiera, e non si fidava dei Noldor.   Una diffidenza che invece sua moglie non provava, poiché era così nobile da non concepire la cattiveria o la malizia negli altri. Specie fra le genti elfiche.

E poi, dopo il ritorno della Regina a Boscoverde, quella frase sussurrata una notte, mentre la teneva fra le braccia,

(Galadriel chiede il nostro impegno)

che il Re non riusciva a togliersi dalla testa, e lo tormentava come un punteruolo conficcato nelle tempie. L'inizio di tutto, il primo passo verso la fine di sua moglie.

Osservando la teca di cristallo vuota, Thranduil si trovó a pensare che nemmeno l'amore per la sua sposa avrebbe potuto fargli ritrovare la pace interiore in quei minuti.

La spada di Oropher, pesante, antica, immensamente preziosa per lui, non c'era più. Sparita, rubata. I suoi appartamenti reali erano stati violati, quella ladruncola di Gran Burrone aveva chissà come trovato il modo di sgattaiolare nel punto più inaccessibile di Boscoverde e sottrargli l'unico ricordo del suo grande padre. 

La sua prima reazione era stata quella di far rinchiudere nelle celle sotterranee i due soldati che piantonavano l'accesso alle sue camere. A poco erano valse le preghiere dei due Elfi, che aveva giurato su tutto ció che avevano di non aver visto nessuno entrare nei suoi alloggi.
I due si sarebbero fatti cinquanta giorni di reclusione senza acqua né viveri, o lui non si chiamava più Thranduil Oropherion.

Quell'altro buono a nulla che si era fatto tramortire ben due volte da Andriel era stato privato dell'uniforme e del ruolo di soldato, e mandato senza esitazioni a pulire i canali di scolo del palazzo.

Thranduil promise a sè stesso che avrebbe scambiato due parole anche con Feren, per capire come diamine fosse stato possibile che ben tre soldati di Boscoverde fossero stati colpiti improvvisamente da un attacco di idiozia. C'era stata una grave mancanza generale, se era bastata un'Elfa sola e giovane per mettere in scacco la guardia del Re.

Comunque, il fatto grave era che la spada di suo padre gli era stata sottratta. Thranduil intuì perché l'aveva fatto.

(Galadriel chiede il nostro impegno)

Quella frase tornó a bussare alle porte della sua mente. Implacabile.

C'era qualcosa che la ragazza umana non gli aveva detto. E che non era riuscito a cogliere, sebbene avesse provato a spiare nella sua mente.

La donna doveva uccidere qualcosa.

Qualcosa che solo una lama speciale poteva eliminare. Andriel era andata incontro a un enorme pericolo nel derubare proprio lui, il grande Re Elfo, e se l'aveva fatto, era perché un grosso affare bolliva in pentola.

Thranduil si concentró.
La ragazza mortale chissà in che dannato modo era entrata in possesso del Mil Naur, ed era assolutamente certo che Melthotiel la stesse cercando per riprenderselo. Forse la spada di suo padre serviva per affrontare proprio lei, la Regina Strega di Angmar, che in comune con quella del Lothlórien aveva il fatto di essere una Noldor. Poteva essere uccisa con quella spada, e soprattutto, liberata dal veleno di Morgoth. Il suo spirito sarebbe stato di nuovo purificato, e sarebbe andato in pace nelle aule di Mandos.
Il diamante sarebbe rimasto nelle mani di quell'umana e senza più poteri malvagi, dopo la fine di Melthotiel, sarebbe diventato una pietra di enorme valore.

Forse era stato Elrond l'artefice di tutto. Forse stava mandando una sua guerriera e l'umana incontro a un enorme pericolo per la pietra. Per tenere quel grosso diamante per sè in futuro. Forse era in combutta con Galadriel. Del resto non erano esseri perfetti, nonostante l'immensa saggezza e potere, avevano i loro punti deboli. La passione e bramosia per le pietre preziose non erano esclusiva di Thranduil.

Concluse che il fine di tutto fosse mettere mano sul Mil Naur. Ma stavolta il pegno da pagare non era la vita di sua moglie, ma l'unico ricordo che aveva di suo padre. Tutto per il loro sporco interesse.
Di nuovo, sentì il sangue ribollire.

Ipotizzó che l'Elfa e la donna fossero andate di proposito nel reame degli Elfi Silvani per essere arrestate e condotte nel Palazzo, così da entrare in possesso di quell'unica arma davvero efficace contro Melthotiel. Sarebbe stata una gran pensata, molto furba, se fosse stato così.

Ma questa idea non lo convinse del tutto. Intanto, il rischio che lui le potesse fare incarcerare c'era stato, e allora addio piano. E poi, suo figlio gli aveva detto che le donne erano state colte di sprovvista dal gruppo di soldati e gli erano sembrate affrante per essere state scoperte.

Quindi, era forse possibile che l'idea di rubargli la spada fosse venuta in mente all'Elfa dopo il loro arresto. Forse era stata un'iniziativa improvvisa.
Thranduil si portó una mano alla fronte, irritato. Se c'era una cosa che lo faceva innervosire era non riuscire a vederci chiaro.

Il dato di fatto era che quell'arma poteva uccidere creature che una spada ordinaria non poteva scalfire. Melthotiel, un Nazgûl, o magari il Re Stregone in persona? Esseri malefici che dimoravano a Nord.
Comprese all'istante cosa fare.

"Lord Thranduil, perdonate il disturbo. Abbiamo inviato cinque compagini di Elfi a Ovest e ad Est della Foresta. Quelle due non ce la faranno a uscire dal nostro territorio." annunció Feren, il suo Alto Comandante, arrivando a passo spedito.

"E a Nord?" chiese Thranduil, senza spostare lo sguardo dalla teca vuota.

"...a... Nord? In verità...no. Ma non crediamo si spingano fin lassù." rispose Feren, un po' sorpreso. "È più probabile che tentino la fuga verso Esgaroth, dagli Uomini. A Nord ci sono le Montagne Grigie, territorio selvaggio e pericoloso, non avrebbe senso che..."

"MANDATE TUTTO IL NOSTRO ESERCITO A NORD!" tuonó Thranduil, girandosi a guardare il suo comandante, che sobbalzó atterrito.
Poi, senza un fiato, si giró e si allontanò in fretta per passare il nuovo ordine.

"Le voglio vive, Feren!! Mi hai capito? VIVE!" comandó di nuovo Thranduil. "O non vi azzardate a tornare, tutti voi!"

Tornó a guardare il reliquiario d'argento. No, nemmeno la sua adorata moglie sarebbe riuscita a soffocare la sua rabbia, in quei momenti.

Thranduil ne aveva abbastanza.

🌺🌺🌺

"Piomberà su di noi con tutta la sua potenza." disse Andriel ad Heloise, prendendole la mano e tirandola. "Non possiamo rallentare, ora. Muoviti!"

"Potremmo nasconderci in una grotta e riposare un po'! Ti prego, Andriel, sono a pezzi!" imploró Heloise. "Tu forse sei abituata a tutti questi sforzi, non vi stancate voi Elfi...ma ti ricordo che sono umana! E non mangio da stamattina, quel poco di pane raffermo e due uova a casa di Radagast! E' successo tutto così fretta!"

"Sarai un'umana morta, se i soldati ci trovano. A Thranduil non importa di te. Vuole vendicare l'affronto che gli ho fatto!" rispose Andriel, tagliando gli arbusti davanti a lei. "E io non sono agile come gli Elfi Silvani nella foresta. Non ci sono tutte queste sterpaglie a Gran Burrone!"

"Minaccerò di usare il Mil Naur, di chiamare un Drago! Anche se ci arrestano di nuovo, io potrei..." propose la donna.

"Non ci pensare neanche! Se provi a chiamare Urgost col pensiero, potresti attirarne altri. Dicono che lui e Smaug siano gli ultimi rimasti, ma non si sa con certezza. Thranduil, per quanto non goda della mia simpatia, non si merita questo. Il suo territorio verrebbe devastato da quelle bestie. Non sai usare questo diamante!" l'ammonì Andriel. "Ne sei solo la proprietaria, e c'è una bella differenza."

"Va bene, allora cosa vuoi fare? Dobbiamo trovare Eradan e Farin oppure far sapere loro dove stiamo andando! Me lo dici come cribbio si fa?!" si disperó Helli.

"Intanto, serra la bocca! Sono pronta a scommettere che gli Elfi soldato di Boscoverde ci stiano seguendo. Penseranno che andremo a cercare rifugio a Est, a Esgaroth. Da umani come te. Quello è il nostro vantaggio. Non sanno che puntiamo a Nord. Proseguiremo in linea retta, verso settentrione. Le Montagne Grigie non sono lontane, ma il problema sarà in effetti recuperare quei due." rispose l'Elfa. "Mi faró venire un'idea."

"Perchè non mandi loro un messaggio? Potresti legarlo alla coda di uno scoiattolo e farglielo recapitare! Tu parli con le bestie, no?" chiese Helli. Nelle sue intenzioni doveva essere una domanda ironica, ma Andriel si bloccó all'improvviso.

"Sai che hai ragione? Hai assolutamente ragione!" disse l'Elfa, guardando in aria. "Hai pienamente ragione."

Detto questo, fischiettó.
Subito un passero si levó in volo da un ramo e atterró sulle dita della sua mano. "Tu ci puoi aiutare, vero?" gli chiese l'Elfa.

"Guarda che scherzavo!" disse Helli.

"Hai della carta?" chiese Andriel.

"No, Andriel. Siamo nel mezzo di una foresta, dove trovo carta e inchiostro qui?" rispose Helli, incredula.

"Allora, taglia un pezzo del mio mantello, col mio pugnale. Un pezzo piccolo." chiese l'Elfa.

Sempre più confusa, la ragazza mortale taglió un lembo del verde mantello della guerriera.

"Su questo scriveremo il nostro messaggio." aggiunse l'Elfa.

"Su...questo? E in che modo, scusa?" replicó Helli.

Andriel mostró un dito.
"Pungilo."

"Eh?" chiese Helli.

"Pungi il dito, e fa' spillare sangue. Sveglia, Heloise!" esortó Andriel. "Abbiamo i minuti contati prima che quelli ci raggiungano."

Heloise comprese.
Con la punta del coltello, incise il dito dell'amica. Sangue rosso scuro defluì immediatamente, e con esso l'Elfa scrisse una parola sul pezzetto di stoffa. Poi ripiegó il lembo e con attenzione avvolse una zampina del volatile.
"Fa' un nodo. Resistente. Ma non fargli male." 

Helli si sorprese della calma totale dell'uccellino mentre eseguiva l'operazione, non pareva affatto spaventato.

Poi Andriel disse qualcosa in elfico, e l'animale prese il volo. Sparì in un lampo.

"Speriamo bene, è talmente piccolo. Non potevi chiamarne uno più grande? Che so, un falco?" chiese Helli.

"I passeri sono messaggeri dell'aldilà. Dicono accompagnino le anime dei defunti verso il loro ultimo viaggio." spiegó Andriel.

"Non sapevo questo." rispose Heloise, stupita.

"Beh, Elrond ti insegnerà il significato spirituale degli animali, ed altro. La realtà che vedi attorno a te non è unidimensionale." continuó l'Elfa, succhiandosi il dito ferito.

"Uni...cheee?" esclamó Helli. "...speriamo li raggiunga, comunque. Cos'hai scritto nel messaggio?" chiese Heloise.

"L'unica informazione utile per Eradan." rispose la guerriera. La sera stava calando.  "....FIUME." continuó Andriel. "Lì ci incontreremo. Nel punto in cui il fiume che nasce a Nord entra dalla Foresta degli Elfi. Sulle sue sponde, ritroveremo gli altri due."

"Eradan capirà che ti riferisci a quello?" chiese scettica Helli.

"Ma certo. E' l'unico fiume che attraversa Boscoverde. Andiamo, adesso. Quell'uccello farà la sua parte, ma noi dobbiamo arrivarci. Gambe in spalla, mangeremo durante il cammino. Viene la parte più difficile, ora." terminó Andriel.

"Vorrei sapere qual'è stata la parte facile." rispose Helli.

Andriel rise. "Mi fa piacere che hai conservato il tuo spirito."

"Quello sì. È il mio equilibrio mentale che se ne sta andando." ribatté la ragazza.

"Attenta. La pazzia fu il primo passo di Melthotiel verso l'oscurità." disse Andriel.

"Avrei preferito dimenticarmi di quella strega, sai?" continuó Heloise.

"Io no, invece. Se vuoi la verità, sto pensando parecchio a lei. Mi è venuta un'idea, forse assurda." mormoró Andriel.

"...cioè?" chiese Heloise.

Andriel non rispose per qualche secondo. Poi disse: "Niente. Te lo diró più avanti. Ora muoviamo le gambe, mortale. Sta scendendo la notte e gli Elfi Silvani ci vedono benissimo al buio."

"Dammi la mano, ti prego." chiese Heloise. "Ho paura di inciampare."

"Sì, ma non ti ci abituare. All'occorrenza dovremo correre." rispose Andriel, prendendo la mano della donna. "All'alba, dobbiamo vedere il fiume."

 

   
 
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