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Autore: Jeremymarsh    02/11/2021    4 recensioni
Una volta si erano ripromessi di affrontare ogni cosa insieme, ma poi lui le aveva lasciato la mano, abbandonandola di nuovo.
Ora lei lo ha ritrovato e riportato nel Dritto, incurante delle conseguenze, ma si renderà conto che la parte più difficile deve ancora arrivare.
Ofelia e Thorn scopriranno che prima di amarsi, prima di cominciare quella vita tanto agognata, dovranno trovare il coraggio per affrontare ciò che sono diventati. Eppure nemmeno quello avrà importanza, se prima non impareranno a condividere i rimorsi e le proprie paure.
Scopriranno che l’unico modo per curare le ferite e colmare i vuoti sarà affidarsi all’altro e cominciare un nuovo viaggio insieme.
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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Qualche settimana dopo, quando Octavio tornò per la visita di routine e ritirare altri fascicoli, percepì subito l’aria diversa che si respirava in casa. Ofelia e Thorn sembravano più naturali e a loro agio, gravitavano l’uno attorno all’altro come se fosse parte della loro quotidianità e non scappavano da tocchi semplici quali lo sfiorarsi involontario delle mani o delle braccia. La tensione nelle spalle di lui era molto diminuita, se non quasi del tutto assente – Octavio era pronto a scommettere che quel poco che rimaneva era dovuta alla sua presenza – e Ofelia emanava un’aria molto più rilassata e serena.

Il suo primo istinto, quando mise piede in cucina, fu immobilizzarsi e spalancare la bocca, però riuscì a ricomporsi nel giro di mezzo secondo, pur continuando ad osservarli con occhi indagatori. Nel modo in cui si muovevano e nella scioltezza delle loro azioni era pronto a scommettere che il cambiamento non fosse nemmeno avvenuto da pochi giorni.

Non poté fare a meno di sentirsi fiero di quei progressi, quasi come un genitore che vede un figlio alzarsi sulle proprie gambe da solo per la prima volta.

Da osservatore esterno certe cose risaltavano di più e riusciva a studiare con metodo ogni cambiamento. Tuttavia, era certo che dal loro punto di vista sembrava più difficile e lento e, certamente, il cammino era ancora lungo. Decise quindi di tenersi certi pensieri per sé per evitare di metterli in imbarazzo e sfoggiò solo un sorriso più incoraggiante del solito, evitando di farsi influenzare dalle occhiatacce che Sir Thorn riservava sempre e soltanto a lui.

Poco dopo la sua entrata in scena, i due coniugi si scambiarono uno sguardo d’intesa – altro sviluppo molto interessante, pensò il Visionario – e il marito fece per lasciare la stanza, quando Octavio lo bloccò. Alzò il braccio istintivamente e i due si immobilizzarono; Ofelia con un sopracciglio alzato e Thorn con un cipiglio ancora più profondo sul viso. L’ex-precorritore si grattò nervoso la nuca. “Ecco, oggi vorrei che foste presenti entrambi,” spiegò mentre accennava leggermente al grosso pacco poggiato ai suoi piedi.

Si era presentato così quel giorno e Ofelia non poteva negare di essere curiosa mentre Thorn sembrava del tutto indifferente. Tuttavia, quest’ultimo acconsentì ancora prima della moglie perché non avrebbe mai perso un’occasione di osservare il cosiddetto amico di lei da vicino e vedere in che modo si comportava in sua presenza.

Quando si sedette al tavolo, perfettamente di fronte al Babeliano, incollò gli occhi ai suoi e non li distolse nemmeno quando Ofelia si sedette accanto a lui, indecisa ora tra l’essere curiosa o nervosa.

Con gesti veloci, dati per lo più dalla fretta di allontanarsi da quello sguardo penetrante, Octavio recuperò il lungo pacco a terra. Lo poggiò davanti a loro e cominciò a rimuovere l’involucro fino a che non rimase solo una scatola in legno. Senza indugi, alzò il coperchio e rimosse l’ultimo strato di carta velina che nascondeva l’oggetto al suo interno. Sembrava che chi avesse impacchettato il tutto lo avesse fatto con estrema cautela e attenzione e Ofelia non ebbe dubbi quel qualcuno fosse Octavio. A cosa dovevano quel che appariva a tutti gli effetti un regalo di estrema importanza?

Non ebbe modo di chiedersi altro perché un luccichio familiare attirò la sua attenzione. Immediatamente dopo, trattenne il fiato per la sorpresa mentre Thorn accanto a lei si immobilizzava.

Il tutto durò non poco più di un paio di secondi.

Solo dopo essersi assicurato che i due avessero compreso cos’avevano davanti agli occhi Octavio parlò: “Doveva essere una sorpresa. Mi sembra di capire di esserci in parte riuscito, no?”

Ciò che aveva portato era un’armatura nuova di zecca che, senza ombra di dubbio, era stata costruita dal Visionario in persona. Il luccichio che era sembrato tanto familiare a Ofelia era quello del metallo impiegato; lo stesso, probabilmente, che aveva utilizzato tempo addietro per costruire le sue protesi alle mani.

L’Animista era senza parole e seppe solo fare un cenno con il capo, ingoiando un groppo, mentre con esitazione sfiorava il nuovo supporto per la gamba ferita di Thorn. Quest’ultimo, invece, continuava a spostare guardingo lo sguardo dall’oggetto al suo costruttore, come se si aspettasse una fregatura da un momento all’altro.

D’altronde, era pur sempre l’ex-intendente e certi istinti erano duri a morire. Non era solito ricevere regali che non implicassero la richiesta di un favore; anche la precedente armatura era stata un dono dei genealogisti insieme all’identità fittizia di Sir Henry in cambio del suo lavoro e della sua eccellente memoria.

Octavio sembrò percepire lo stato d’animo dell’uomo più grande, che per una volta faceva fatica a nasconderlo dietro una maschera indifferente, e riprese: “Ci sto prendendo un po’ gusto, mi sa. Intendo questo sperimentare, obviously. Non è stato un lavoro semplice, per nulla in confronto ai tuoi guanti, e alla fine ho chiesto un paio di favori per aggiustare delle cose che non andavano, ma ora dovrebbe essere perfetta. Ci ho messo anche più di quel che avrei voluto, ma meglio tardi che mai. Spero sia comunque cosa gradita.”

La testa di Ofelia scattò verso di lui. “Da q-quanto,” si schiarì la voce, “Da quanto ci stavi lavorando su?”

“Dal giorno in cui ho avuto il piacere di rincontrare Sir Thorn,” rispose l’altro, ma per qualche strano motivo la frase, nel modo in cui era stata formulata, stonò alle orecchie di tutti i presenti. In effetti, non ci sarebbe voluto un genio per capire che ancora oggi, a qualche mese di distanza, le visite a Ofelia quando Thorn era presente – cioè sempre – erano tutt’altro che piacevoli. D’altronde, nessuno sarebbe stato tranquillo con degli occhi da rapace puntati addosso, soprattutto se questi erano in grado di causarti emicranie ed epistassi nel migliore dei casi.

Lei fece per aprire la bocca, poi guardò il marito e infine si rivolse nuovamente all’amico. Sapeva di dover esprimere gratitudine per entrambi, ma non aveva dubbi che, una volta passato lo shock, Thorn sarebbe stato davvero grato a Octavio, nonostante l’apparente animosità – che era poi frutto solo della sua mente gelosa. Nessun poteva negare quanto fosse stato utile e soprattutto necessario l’aiuto del Babeliano e a quanto pare quest’ultimo non era per nulla intenzionato ad abbandonarli; era molto di più di ciò che Ofelia avrebbe mai osato chiedergli.

“Io… ecco, Octavio, io non so davvero cosa dire. Non mi sarei mai aspettata nulla del genere. Hai già fatto tanto per me… per noi.”

Lui sorrise, sincero e comprensivo. “Non è niente, dear Ofelia. Anche tu hai fatto tanto per me, sebbene ti ostini a non ammetterlo; la tua amicizia è un grande dono.” Una fitta alla testa lo fece voltare di scatto verso Thorn che lo stava ora trafiggendo con uno sguardo omicida e gli impedì di proseguire.

Ofelia rise nervosa e poi poggiò la mano sulla quella del marito, contratta attorno all’orologio.

“Comunque sia,” ricominciò Octavio massaggiandosi la tempia e cercando di ignorare gli spasmi di dolore, “la manutenzione ti costerà un po’ di tempo e olio di gomito, ma i procedimenti sono gli stessi che finora Ofelia ha utilizzato per i guanti. Non dovreste avere troppi problemi. Nel caso ce ne fossero, però, ve ne prego di riferirmeli. È pur sempre un supporto pensato per rendere la vita più facile, non difficile.” Avrebbe voluto aggiungere che gli avrebbe fatto piacere istruirli sul modo in cui andava indossata e assistere al primo utilizzo, ma se aveva capito qualcosa sia da Sir Henry che da Thorn era che entrambi consideravano la privacy una cosa sacra. Non credeva possibile che l’uomo potesse mai mettere in mostra così facilmente la sua debolezza, non se faceva fatica anche con la moglie.

Dunque, dopo qualche altra raccomandazione e istruzione, raccolto il lavoro di Ofelia di quelle ultime settimane, Octavio ritenne opportuno non immischiarsi oltre in questioni di famiglia.

Fu così che moglie e marito rimasero soli in cucina molto prima di quanto avessero programmato e con un risvolto del tutto inaspettato, per quanto anche apprezzato. La giornata aveva sicuramente portato un paio di interessanti sorprese e adattarsi ad esse sarebbe stata un’altra sfida che avrebbe affrontato con coraggio insieme.

 

***

 

Com’era prevedibile, all’inizio Thorn si dimostrò indifferente a quel cambiamento; agiva come se utilizzare il bastone o indossare il nuovo supporto erano la stessa cosa. Era però inevitabile non constatare l’effettiva differenza. Sin dal primo utilizzo, dovette ammettere tra sé e sé che la vita d’ora in poi sarebbe stata molto più semplice. Non sarebbe mai tornato a muoversi come se avesse avuto due gambe perfettamente funzionanti, ma era evidente che Octavio avesse passato parecchio tempo e speso molte energie per presentargli un’armatura degna di quel nome.

Ancora una volta si dimostrava un perfezionista in tutto e per tutto; anche in ciò che non era sua competenza.

L’andatura con la nuova protesi era più sciolta, naturale; il cigolio che annunciava il suo arrivo più morbido e meno gracchiante rispetto alla vecchia; indossarla tutto il giorno gli creava meno problemi, non lo stancava troppo.

Non lo avrebbe mai rivelato, né a Ofelia né tanto meno al Visionario, ma era molto soddisfatto e grato di quel regalo.

Nel frattempo, la moglie non nascondeva il suo entusiasmo. La mattina attendeva impaziente ed eccitata il momento in cui Thorn finiva di allacciarle i guanti per poter cominciare lo stesso rituale con la gamba di lui. Quest’ultima era più difficile da maneggiare e inserire quindi entrambi partecipavano, ma se fosse stato possibile Ofelia avrebbe voluto lavorarci da sola, ricambiare il favore, impegnarsi per lui.

La prima volta il marito fu colpito da tanta passione, ma la sorpresa durò solo qualche secondo perché poi, ripensandoci, notò che era tanto in linea con il carattere di Ofelia. Solo qualche ora dopo, ritornando con la mente al suo viso sorridente e ai suoi occhi luccicanti, si rese conto che quel tipo di ardore era tipico della vecchia lei.

Perché ci aveva messo così tanto a capirlo? Qualche mese prima una risposta del genere lo avrebbe stupito molto di più. Da quando era diventato così semplice per Ofelia cadere in quelle vecchie abitudini? Anche per lui, allora, alcune cose era diventate normali? Si guardava allo specchio e vedeva più cicatrici di un tempo, anche quelle invisibili a occhio nudo, ma forse, assottigliando un po’ lo sguardo, riusciva a sbirciare la flebile ombra di ciò che era stato un tempo. Il Thorn marito di Ofelia, non quello senza di lei, unito a colui che era sopravvissuto. Come poteva solo la sua presenza curarlo a quel modo? Aveva ricominciato ad aprirsi senza nemmeno rendersene conto; le paure erano ancora tutte lì, ma ora vedeva una soluzione, seppur lontana.

Era la consapevolezza di esserle di nuovo indispensabile, sapere che anche lei aveva bisogno della sua compagnia. Era Ofelia che la mattina sfiorava la sua gamba ferita con la stessa cura e adorazione che lui usava con i suoi moncherini. Era il modo in cui le dita e il palmo di lei sfioravano inavvertitamente le cicatrici sulla gamba e il contrasto tra il freddo del metallo e il calore della sua pelle. Infine, era soprattutto il modo in cui i suoi grandi occhi scuri si alzavano verso di lui, adornati di lenti rosa scuro, e gli chiedevano di poter toccare un’altra cicatrice ancora.

La prima volta che avvenne Thorn ammise che gli era mancato; gli era mancato il modo in cui mostrava di accettarlo in tutto e per tutto, cicatrice per cicatrice. E sebbene per il momento si fermasse a quelle della gamba e talvolta della mano, la scoperta lo colpì come ogni altra. Si rese anche conto che da quando era tornato aveva scioccamente visto ogni segno sulla sua pelle come più mostruoso di prima – ancora di più –, come qualcosa di inaccettabile. Convinzione dovuta probabilmente alla comparsa di nuovi solchi sul suo cuore.

Fu in seguito a quella scoperta che Thorn si trovò, suo malgrado, a confessarle una sua paura, una di cui fino a poco prima nemmeno lui era a conoscenza.

 

***

 

Era passati otto giorni da quello in cui Octavio aveva portato loro l’armatura e la routine mattiniera si era inevitabilmente allungata, nonostante a nessuno dei due dispiacesse. Negli ultimi due Ofelia aveva trovato anche il coraggio di sfiorargli le cicatrici in bella vista ogni volta che lo aiutava a infilare il supporto.

Le ci era voluto un po’ per trovarlo dentro di sé, ma sicuramente meno di quel che avrebbe creduto un tempo, se alla fine non ci aveva impiegato nemmeno una settimana. Aveva avuto paura che il freddo delle sue dita potesse dargli fastidio, per una questione del tutto pratica – a chi piacerebbe essere sfiorato con delle dita metalliche, d’altronde? –, ma poi aveva ripetuto nella sua mente tutte le riassicurazioni di Thorn riguardo a quell’argomento e lo aveva fatto. Aveva percorso lentamente prima con le dita e poi con il palmo ogni cicatrice visibile. Da quel momento, ogni mattina, ne sfiorava qualcuna in più, prendendo sempre più coraggio. Sulla sua gamba e sul ginocchio le cicatrici non mancavano.

Il terzo giorno, mentre stavano per finire, Thorn parlò: “Non ti sembrano più mostruose di prima?” Lei sussultò, non aspettandosi una domanda del genere. “Non ti sembra che dopo non averle viste per così tanto tempo, dopo averle dimenticate, ora sembrino ancora più orrende?” Il dubbio era sorto in lui così spontaneo e aveva lasciato la sua bocca inaspettatamente tanto che, dapprima, nemmeno lui registrò veramente l’importanza di quanto chiesto.

Ofelia lo guardò con occhi spalancati. “Non le ho mai dimenticate, Thorn. Soprattutto se consideriamo ciò che per me significano, quali ricordi ad esse io associo. Non potrei mai.”

La sua risposta fu istintiva e, per questo, ancora più sincera. Come avrebbe fatto lui a non crederle? Non portò, dunque, avanti il discorso e le offrì solo un cennò del capo mentre tirava un po’ più in su l’orlo del pantalone per meglio liberare il ginocchio e mettere in mostra un’altra cicatrice; questa era più piccola e così vecchia da sembrare quasi argentea sulla sua pelle già chiarissima.

Un sorriso timido abbellì le labbra di lei e, accettando il nuovo silenzio sceso tra di loro, si rimise a lavoro, non prima di aver sfiorato il segno con il pollice e poi coperto il ginocchio con il palmo.

Quella sera, quando lei rifletté su quel breve scambio, comprese ciò che davvero Thorn le avesse chiesto e quali paure quella domanda nascondesse. Pensò che, seppur in modo indiretto, era riuscita a scalfire un po’ di più il cuore indurito di lui e la prima delle sue nuove paure.

A quanto pare il Rovescio gli aveva scombussolato anche il modo in cui si vedeva – sebbene quello poteva dirsi di entrambi – e fu grata di aver risposto in quel modo. Lei non avrebbe mai odiato le sue cicatrici né ne sarebbe mai stata disgustata. Era, semmai, un elemento importante della loro relazione e del loro amore, la prova che un tempo si erano accettati a vicenda completamente, che ora stavano lavorando sodo per tornare a quella condizione e riprende insieme il loro viaggio. Se per fargli capire che né cicatrici vecchie né nuove, non quelle invisibili, non quelle più evidenti, le avrebbero mai fatto cambiare idea, avrebbe dovuto accarezzargliele di nuovo, una a una, lo avrebbe fatto. Avrebbe ricominciato da quel percorrendo piano quelle della gamba e delle mani, fino a quelle del viso e, infine, quelle che solo lei aveva mai visto.

L’obiettivo non la spaventava, lo sognava la notte a occhi aperti mentre rimaneva sveglia ad analizzare i piccoli e grandi passi che continuavano a fare-

All’alba del quarto giorno la nuova piccola aggiunta alla routine era stata accettata in modo naturale e quando raggiunsero la cucina per la colazione, le lancette dell’orologio da taschino indicavano un ritardo di 7 minuti e 26 secondi rispetto al solito.

 

***

 

Quella sera Ofelia e Thorn si stavano attardando un po’ di più dopo la cena e lui stava attendendo che la moglie cominciasse a pulire le stoviglie per offrirle il suo aiuto. Sebbene quelle non fossero mansioni che aveva mai fatto, data la mancanza di domestici era Ofelia a gestire il tutto e a lui non piaceva l’idea che moglie si stancasse da sola, soprattutto se si considerava che certe cose risultavano più difficili con i guanti metallici.

Tuttavia, lei rimaneva ancora al tavolo, silenziosa e titubante. Thorn aveva capito che c’era qualcosa che voleva comunicargli, un argomento da approcciare che le metteva particolarmente ansia. Era qualcosa che la stava disturbando da un paio di giorni; l’aria nervosa della casa e di tutti i mobili parlava da sé. Inizialmente aveva ignorato la cosa, sapendo bene che lei gliene avrebbe parlato non appena fosse stata pronta e, per il modo in cui si era comportata negli ultimi mesi, visto che sembrava intenzionata a indirizzare subito ogni problema che si presentava, si stupì non l’avesse ancora fatto.

Per questo, quando quella sera Ofelia non diede il minimo indizio di volersi alzare da tavola o anche solo parlargli, dopo l’ennesima occhiata di sbieco, si decise a parlarle lui stesso.

“Ofelia,” pronunciò con tono autoritario e tagliante mentre con uno sguardo cercava di leggerle dentro. Non serviva aggiungere altro per farle capire ciò che voleva; lei lo conosceva abbastanza per riconoscere le inflessioni della sua voce e tutto ciò che ad esse era associato. La moglie sussultò e poi lo guardò timidamente, finalmente incrociando i suoi occhi. Le lenti si colorarono della stessa tonalità delle sue guance e cominciò a storcere le mani. Non lo avrebbe mica costretto a ripetere il suo nome una seconda volta? Era convinto di essere stato chiaro e Ofelia doveva sapere di non essere stata proprio brava a nascondere il proprio nervosismo.

A quel punto si schiarì la voce e lei lo seguì, poi cominciò: “Sai che sono passate tre settimane dall’ultima volta in cui Octavio è venuto a trovarci.” Thorn non fece nemmeno lo sforzo di nascondere la smorfia apparsa sul suo viso nel sentire pronunciare quel nome in un momento così delicato, poi annuì contrito. “Beh, so che l’ultima volta eri preso più da altro,” continuò facendo riferimento alla nuova armatura, “ma se ricordi mi ha anche detto che non sarebbe potuto venire a trovarci la prossima volta.”

“Quindi?” chiese di rimando, come a sottolineare che se non veniva, per lui era tanto di guadagnato. Eppure Ofelia sapeva che non poteva aver dimenticato che se non era Octavio a venire da lei, allora…

“Vuol dire che ho urgente bisogno di recarmi da lui e portargli le mie ultime analisi,” rispose subito senza indugiare.

Thorn strinse gli occhi, scettico. “Non avrai intenzione di andare da lui da sola?”

Lei sbuffò piano, ma si morse la lingua per evitare di fargli notare che lo aveva già fatto molte volte mentre lui si trovava ancora nel Rovescio. Era meglio evitare battibecchi in quella situazione ancora instabile.

“No,” rispose ancora e per un attimo Thorn rilassò le spalle, per poi irrigidirle di nuovo quando la moglie continuò. “Verrai con me.” Il suo sopracciglio alzato e la smorfia sul viso significavano “Come scusa?” e Ofelia prese un altro grosso respiro. “Ho pensato che ti sei ormai abituato all’armatura, cammini molto meglio che con il bastone e tra i due io sono ancora la più maldestra. Quindi, se qualcuno rischia di inciampare e cadere quello non sei tu.” Il suddetto sopracciglio si arcuò ancora di più mentre lei parlava di cadute e l’orologio scattò in risposta al nervosismo di lui. “Non avresti problemi ad accompagnarmi e anzi, mi aiuteresti nel caso in cui ci fosse qualche problema.” Lo guardò con aria di sfida, come a dirgli che era pronta a ribattere qualsiasi scusa avrebbe addotto, mentre conservava un ulteriore argomento come ultima spiaggia. Non avrebbe voluto utilizzarlo, però, se Thorn non si fosse lasciato convincere… Ofelia sapeva di dover premere quel tasto.

“Non sono ancora pronto,” sibilò lui, sicuro che la moglie l’avrebbe chiusa lì. Però, Ofelia era un tipo ostinato, soprattutto quando credeva di poter vincere una battaglia e non era nemmeno la ragazza più debole che era stata qualche mese addietro. Quel percorso graduale che stavano affrontando insieme l’aveva sicuramente aiutata a recuperare parte della sua determinazione e testardaggine.

“Va bene. Io però ho bisogno comunque di andare da Octavio.” Non era convinta che Thorn non fosse davvero pronto, anzi era certa che non fosse più quello il caso. A quel punto pensava che senza essere spinto il marito non sarebbe mai uscito di casa e, se prima gli aveva dato ragione, soprattutto considerando l’andatura instabile nonostante il bastone, ora le cose erano cambiate.

Se era una spinta quella di cui aveva bisogno, lei gliel’avrebbe data.

“Non puoi andare da sola,” ordinò perentorio.

“Non andrò da sola,” ripeté Ofelia altrettanto seria. “Mi aiuterai e io aiuterò te.” Le lenti erano diventate di un arancione tendente al rosso, carico di altrettanta determinazione, e lo sguardò non vacillò mai. Le labbra si stesero in una linea dritta, la mascella si contrasse.

Thorn nel frattempo rifletteva: qual era il male minore? Avrebbe davvero permesso alla moglie di girare la città da sola e recarsi da un uomo non sposato ora che lui era lì? Sarebbe venuto meno ai suoi doveri da marito? Ma soprattutto, la sua gelosia glielo avrebbe permesso? La risposta era anche fin troppo ovvia, sebbene non gli facesse piacere. A quanto pare Ofelia non avrebbe lasciato perdere facilmente e sapeva bene quali carte giocarsi. Era convinto che, se lui avesse continuato a insistere con il non voler uscire, gli avrebbe ricordato da chi doveva andare. Forse, lasciare libero sfogo alla gelosia negli incontri precedenti non era proprio stata una mossa ben calcolata, visto che ora la moglie ne approfittava.

Chiuse gli occhi esasperato e Ofelia tradusse quel gesto in vittoria. Trattenne l’impulso di correre ad abbracciarlo per la gioia e invece rimase lì a sorridergli; allungò solamente la mano per permettere a lui di stringerla. Rivolgendo di nuovo lo sguardo a lei, Thorn si disse che, per lo meno, se tutto ciò bastava a renderla felice, non era poi tanto inutile come marito.

 




 


N/A: Awww, posso dirlo ora che mi è piaciuto troppo scrivere questo capitolo? Posso? Vabbe ormai lo dico ogni volta, ma davvero che piacere si sta rivelando scrivere di Ofelia e Thorn, nonostante la fatica. Io nel frattempo cerco sempre di essere quanto più IC possibile e mi affido sempre a voi nel caso non vi sembrasse così. 

C'è anche un parallelo tra questo e lo scorso capitolo? Lo avete colto? 

Il capitolo otto è già in fase di scrittura, spero di farvelo avere come sempre nel giro di due settimane. A presto e grazie a tutti 💞. 
   
 
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