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Autore: Ciarax    02/11/2021    0 recensioni
Una lotta contro il tempo per riuscire a catturare l'omicida seriale più sanguinario che la storia abbia mai conosciuto: Kira.
Una lotta contro il tempo nel tentativo di risolvere il caso prima che sia troppo tardi.
...
Dal testo:
«Ma chi si crede di essere…» mormorò a sé stesso certo che nessuno l’avesse sentito.
«Agente del KGB Yana Sokolova, prenderà parte attiva alle indagini su mia personale richiesta» gli rispose indirettamente Elle mentre la ragazza si mise comoda sul bracciolo della poltrona, incrociando le braccia sotto il seno e rivolgendo loro uno sguardo attento.
...
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Light/Raito, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 5
 
            «Ryuzaki, come ti ho già detto al telefono, purtroppo temo di essere io Kira» disse quelle parole con tono lento, rassegnato, scandendo bene quasi voler mettere in chiaro l’evidenza.
Soichiro Yagami sbiancò, congelato sul posto accanto al figlio a quelle parole e afferrandolo per le spalle, prese a scuoterlo leggermente, «ma che ti salta in mente, Light? Che storia assurda è mai questa, eh?» esclamò con agitazione l’uomo.
A quella affermazione Elle si girò un poco, scoccando un’occhiata da sopra le spalle in direzione del giovane Yagami che non sembrava minimamente a disagio anche se sballottato qua e là dal padre in agitazione, lo scrutò con un leggero disappunto forse aspettandosi una mossa meno avventata da parte del ragazzo.
Nessuna prova tangibile a suo carico, l’improvviso e strano comportamento di Misa Amane e Light Yagami che confessa come potrebbe essere Kira mentre rimane con lo sguardo puntato sul pavimento. Una coincidenza così palese iniziava ad avere dell’assurdo nella mente di Yana che, poggiata al muro in disparte, osservava scrupolosamente il brillante studente universitario in un atteggiamento fin troppo composto.
            Yana continuò a pensare come fosse quasi stomachevole tutta quella messinscena, la voce salda e controllata di Light tradivano quel suo pallido tentativo di inscenare la parte della vittima degli eventi; anche se in stato di inconsapevolezza, chiunque, col dubbio di poter essere stato l’artefice di un tale numero di vittime sarebbe impazzito, sia esso per il senso di colpa o per l’euforia del potere.
            «Ascoltami papà, se Ryuzaki è davvero Elle ci troviamo di fronte al più grande detective del mondo. Se lui sostiene che io sia Kira, allora è probabile che sia la verità»
            «Ma che cosa stai dicendo, Light?» lo riprese nuovamente Soichiro che stentava a credere alle proprie orecchie, restio ad accettare quelle parole.
            «Sono stato pedinato dall’agente Ray Pember dell’FBI, sono stato ad Aoyama il 22 maggio e… sono la persona di cui Misa Amane si è innamorata appena trasferitasi nel Kanto» sembrò parlare del meteo mattutino anziché di tutte le prove che potevano potenzialmente condurlo nel braccio della morte, «tutti gli indizi portano a me, se fossi Elle anche io arriverei alla conclusione di essere Kira… dunque, potrei essere Kira senza saperlo?»
            «Kira che “improvvisamente” si risveglia dall’incoscienza e decide di immolarsi per il bene della propria sanità mentale, proprio quando sembrano non esserci prove a suo carico» commentò non così velatamente Yana aprendo bocca per la prima volta da quando il giovane Yagami aveva messo piede nella stanza con quell’assurda storia preparata a tavolino.
Light saettò lo sguardo nella sua direzione incrociando due iridi mercurio che lo scrutavano con attenzione, il volto dell’hacker disteso anche se concentrato sul giovane che di rimando si irrigidì impercettibilmente.
Yana notò come sembrò tendere le labbra in una linea sottile mentre continuava a scrutarla, forse alla ricerca di una risposta alla sua presenza lì; anche se l’aveva notata dal momento in cui aveva messo piede nella stanza, Light non sembrò prestargli particolare attenzione invece ora, i muscoli gli si erano irrigiditi in una frazione di secondo non appena aveva incrociato il suo sguardo.
Quella donna sarebbe stata un problema, fu l’unica cosa che pensò prima di riportare l’attenzione verso Ryuzaki.
            «Orami non riesco più a riconoscermi… forse, forse quando non sono cosciente o magari mentre dormo un altro me stesso compie i delitti. Purtroppo sto iniziando a dubitare di me stesso»
            «No, questo lo escludo del tutto» lo interruppe bruscamente Elle, «ho fatto mettere delle telecamere nella tua stanza e ti abbiamo sorvegliato per cinque giorni di fila. Ti assicuro che di notte dormivi normalmente… sono giunto alla conclusione che tu non ti lasceresti mai sorprendere in atteggiamenti sospetti»
            «Credi che non mi lascerei mai sorprendere?» disse abbassando la voce, improvvisamente serio, «ad essere sincero anch’io ho pensato che sarebbe meglio se i criminali più pericolosi morissero tutti e credo che chiunque la pensi in questo modo sia sospettato di essere Kira» la voce nuovamente velata da un tono sommesso e nel tentativo di risultare bisognoso di una consolazione.
            «Ma che dici? Anche a me è capitato di pensare che sarebbe meglio se quella gente morisse, ma non mi viene certo in mente di ucciderla… e poi le telecamere hanno dimostrato che i criminali continuavano a morire anche quando non avevi accesso ai notiziari» esclamò un Matsuda alquanto irritato dal comportamento di Light.
Aizawa invece rimase il più obbiettivo, «Tuttavia, essendo a corto di agenti abbiamo potuto sorvegliarlo solamente quando era in casa, quindi, non abbiamo potuto tenerlo sotto controllo tutto il tempo. Potrebbe aver trovato un altro modo di avere informazioni e uccidere»
Yana alzò di poco la testa quando vide la postura di Light rilassarsi impercettibilmente non appena Aizawa espresse quella velata accusa indiretta come se fosse soddisfatto dall’andamento della conversazione anziché irrigidirsi vedendo i frutti del teatrino che aveva messo in scena da una decina di minuti.
            Elle prese la sua tazza di tè senza dire una parola, sfregando le dita dei piedi tra loro mentre pensava, «La piega che ha preso questo discorso non mi piace… ma va bene, legheremo Light mani e piedi e lo terremo in una cella per un lungo periodo di tempo» si pronunciò infine il detective, curioso di sapere come si sarebbe evoluta quella faccenda che iniziava ad avere dell’assurdo.
            «Stai dicendo sul serio? Vuoi davvero imprigionare Light?» Matsuda era esterrefatto.
            «Se dobbiamo farlo, procederemo da subito» ordinò perentorio il detective, «d’ora in poi Light non dovrà più allontanarsi dalla mia vista»
            «Ma è assurdo! Mio figlio non può essere Kira, non ne sarebbe mai capace»
            «Tranquillo papà. Però Ryuzaki deve promettermi che non dovrà liberarmi per nessun motivo qualunque cosa io dica o faccia, finché non si sarà tolto ogni dubbio»
            «E va bene, come vuoi» acconsentì finalmente Elle, «Yagami, le chiedo di trovare una scusa per giustificare l’assenza di Light alla sua famiglia»
Soichiro era sull’orlo di una crisi, si passò una mano fra i capelli leggermente in disordine tentando di mantenere la calma, «E come potrei da un momento all’altro? Come potrebbe mio figlio finire dietro le sbarre?»
            Light a quell’ennesima scenata lo riprese prima di affermare come fosse una cosa necessaria per tornare a non dubitare più di sé stesso, il ragazzo venne poi condotto nella stanza accanto; Yana solo allora decise di rimettersi in piedi scostandosi dal supporto del muro dietro di lei e si avvicinò ad Elle che le dava le spalle ravvivandosi i capelli biondo scuro che seguivano morbidamente i suoi movimenti.
            «Quando avresti intenzione di chiedermelo?» domandò atono il corvino senza scomporsi minimamente dalla sua posizione appollaiata sopra la poltrona, oramai di sua proprietà.
Yana accennò un sorrisetto divertito, «Non pensavo ce ne sarebbe stato bisogno» si abbassò di poco per riuscire ad affiancarlo all’altezza del volto, «questo teatrino non andrà avanti ancora per molto»
            «Finora mi sembra palese che sia in vantaggio»
            «È stata una mossa avventata» commentò la bionda poco prima che la porta della camera da letto si aprisse mostrando così Light completamente isolato dalle manette, la benda e delle cuffie antirumore e Matsuda che lo stava lentamente accompagnando fuori dalla stanza dell’hotel.
            «Prima o poi la troppa sicurezza lo ucciderà» la voce tagliente una volta che la porta si richiuse dietro i due lasciando così i quattro membri della squadra anti-Kira nuovamente nel silenzio.
Una volta che Matsuda e Light lasciarono la stanza, Yana si diresse nella stanza accanto dove ne uscì con in mano gli effetti personali del ragazzo sotto lo sguardo torvo di Aizawa che non la perdeva d’occhio un secondo, scostò la scacchiera quasi vuota e riprese il suo posto ai piedi del tavolino.
            Passarono un paio d’ore nel silenzio del lavoro dove quasi nessuno alzò la testa dalla propria postazione, un paio di volte tuttavia il Sovrintendente Yagami si congedò dalla stanza d’hotel per ritornare dopo un paio di minuti, ancora incredulo a quello che stava succedendo e si rifiutava di rivolgere anche la minima occhiata allo schermo di fronte il detective che osservava con attenzione sia Misa Amane che Light, ancora legato mani e piedi.
Lo squillo insistente di un telefono interruppe dopo parecchio quell’alone di concentrazione in cui versavano tutti, Elle allungò una mano fino a sfiorare la spalla dell’hacker che non sembrava minimamente disturbata da quel rumore improvviso.
            Yana lo guardò di sbieco appena percepì quelle dita fantasma sulla sua spalla, leggermente infastidita dall’interruzione del suo lavoro.
            «Sono già tre volte che suona, inizia ad essere fastidioso» commentò Ryuzaki senza rivolgerle mezza occhiata, l’agente del KGB socchiuse gli occhi come accortasi in quel momento del suono del suo Blackberry.
Si alzò con un gesto fluido e si diresse verso il proprio telefono che non aveva intenzione di smettere di suonare, aggrottò la fronte leggendo il mittente e la quantità esorbitante di notifiche ancora da leggere.
            «Yana, stai bene? Sono ore che cerco di contattarti» la voce dall’altro capo del telefono era chiaramente preoccupata e la cosa fece inarcare un sopracciglio alla ragazza.
            «Perché non dovrei?» domandò allora abbastanza confusa, non capendo il motivo di tutta quella agitazione ed ignorando le occhiate dubbiose che Aizawa le lanciava di tanto in tanto.
            «Sono un paio di giorni che non avevo tue notizie e dovevo accertarmi che stessi bene. Ivan continua ad avere un pessimo carattere dall’ultima volta che ti ha chiamato e avevo un brutto presentimento» avvertì un leggero sospiro di sollievo, presumibilmente.
            «Mi hai chiamata solo per questo?»
            «No, in realtà c’è altro. Nikolaj ha avuto alcuni problemi nell’accedere a delle informazioni classificate, e vista la collaborazione non propriamente volontaria della polizia giapponese la cosa ci sta rallentando e non poco, specialmente se ci manca un membro della squadra del tuo livello»
            «Lo sai che non posso lavorare…»
            «Non puoi lavorare col tuo gruppo, lo so» la interruppe bruscamente Ioann facendola irritare leggermente, «piuttosto, hai incontrato Elle?»
            «Dipende chi lo chiede»
            «Yana…» supplicò il collega sull’orlo dell’impazienza, «non serve che tu mi dia i dettagli, voglio solo sapere se sei al sicuro»
            «Si» fu la sua risposta lapidaria.
            «A quale delle due domande avresti risposto, scusa?»
            «Si» ripeté nuovamente spostando il peso da una gamba all’altra, quasi annoiata da quella chiamata totalmente inutile ai suoi occhi.
Aizawa, che da quando aveva risposto alla chiamata continuava a guardare di sottecchi Yana, si avvicinò silenziosamente al detective, affiancandolo.
            «Scusami Ryuzaki, ma ci si può fidare? Non parlo russo e non ho modo di riuscire a capire se stia diffondendo i dettagli del caso a quelli con cui lavora, ma quel suo atteggiamento di certo non mi aiuta a darle fiducia» commentò con tono basso, ben attento a non farsi sentire dalla ventiquattrenne in questione che era immersa nella discussione al telefono, «sinceramente non riesco a capire cosa ti ha spinto a chiedere il suo aiuto»
Elle bevve lentamente un sorso di tè ancora caldo e posò delicatamente la tazza sul tavolino di fronte a sé, «Il motivo che mi ha spinto a chiedere la sua collaborazione non dovrebbe riguardarvi, se l’ho fatto è perché l’ha ritengo una persona di fiducia»
            «Si, ma…»
            «E per quanto riguarda il suo lavoro, stia pur tranquillo che non sta condividendo con nessuno le informazioni che abbiamo qui al quartier generale. Ritengo sia un’inutile distrazione il dubbio e la sua mancanza di fiducia nei confronti di Yana» lo interruppe il detective con voce bassa e controllata, mettendo fine a quella discussione; rivolse uno sguardo fugace verso Yana notando come quella chiamata fosse inaspettata e probabilmente neanche molto ben accetta; la bionda continuava a spostare il peso da una gamba all’altra impaziente di chiudere la conversazione.
Ad un tratto si fermò e corrugò la fronte confusa, mormorò ancora un paio di parole ma venne interrotta a metà del discorso, sospirò e chiuse con un gesto secco la chiamata.
Yana mise il BlackBerry nella tasca della felpa e arricciando impercettibilmente il naso si diresse verso il tavolino al centro della stanza dove giaceva il suo portatile ancora in funzione, lo chiuse e lo mise nella borsa che aveva portato con sé. Girò la testa incrociando lo sguardo con quello sgranato di Elle che non emise un fiato, gli occhi carbone che seguivano minuziosamente ogni suo movimento senza tuttavia metterla in soggezione come spesso accadeva quando si sentiva osservata.
«La mia presenza è necessaria nei prossimi due giorni?» domandò ad una certa Yana mentre si sistemava la giacca leggera e la borsa del portatile che teneva salda su una spalla.
Elle riportò lo sguardo sopra lo schermo di fronte a sé, «No, ma anche se le indagini proseguono a rilento gradirei la tua presenza qui il più possibile»
«Ho… delle faccende da sistemare. Finirò il prima possibile» rispose l’hacker con un certo astio nella voce prima di congedarsi con un saluto sussurrato frettolosamente ai presenti.
Nonostante la poca propensione nell’uscire all’aria aperta, una volta messo piede fuori da quella suite d’hotel, Yana inspirò e rimase qualche attimo sotto i raggi del sole del tardo pomeriggio. Si incamminò con tranquillità verso la prima stazione della metro in vista, era oramai da parecchio che non passava del tempo da sola e decise di prolungare quel tragitto tanto quanto gli era possibile anche se l’incombenza di quell’incontro che avrebbe avuto a breve non le permetteva di rilassarsi appieno.
Sperò di poter essere in grado di risolvere nell’arco di quel paio di giorni la faccenda che più di tutti continuava a darle fastidio, Ivan.
            Con un gesto secco strinse la tracolla che portava sicura sulla spalla destra mentre l’altra mano rimaneva nascosta nella tasca dei jeans aderenti, gli occhi di un grigio freddo che vagano assenti guardando ora la strada trafficata ora gli scolari che tornavano a casa da scuola.
Una leggera vibrazione nella tasca della giacca attirò la sua attenzione e, aspettandosi il peggio, prese con stizza il telefono e invece rimase sorpresa dal mittente: una foto e un messaggio da parte della compagna di Ioann, Julia. Non aveva passato molto tempo con quella giovane oramai quasi trentenne, eppure si era ritrovata a passare più di un pomeriggio in sua compagnia, finendo poi per occuparsi del cane di Yana che ora vedeva contento nella foto che Julia le aveva mandato assieme ad un messaggio che la fece sorridere un poco.
            Dopo una ventina di minuti di tragitto finalmente giunse nei pressi dell’ambasciata russa dove al momento si trovava il centro di controllo per le operazioni del suo gruppo, entrò senza tante cerimonie e salì fino al terzo piano dove vi era la sala riunioni quasi totalmente deserta.
Una testa bionda ciondolava ritmicamente col battere del suo piede mentre si guardava intorno con fare annoiato, all’improvviso si alzò con uno scatto sentendo la porta a vetri scostarsi leggermente e la figura longilinea della collega mettere piede nella sala.
            «Yana! Finalmente ti si rivede» esclamò gioviale Ioann con gli occhi illuminati di felicità non appena videro la ragazza.
Yana schioccò la lingua infastidita da tutta quell’espansione di affetto, per nulla insolita di Ioann; attraversò rapidamente la stanza e si mise di fronte al collega senza dire una parola, incrociò le braccia sotto al seno e gli scoccò un’occhiata dubbiosa dopo essersi guardata velocemente intorno.
            «Oh, avanti, ti avevo detto che non c’era nessuno oltre a me» rispose fintamente offeso il ragazzo che aveva capito subito a cosa fosse dovuta tutta quell’ostilità, «lo sai che non ti disturbo mai quando lavori, soprattutto in casi di questa importanza»
            «E allora a cosa devo la mia presenza qui?» Yana inarcò un sopracciglio senza avere la minima intenzione di rimanere più del necessario in quell’edificio.
Ioann rimase qualche secondo in silenzio abbassando lo sguardo, si passò una mano fra i corti capelli chiari e si alzò.
            «Questa faccenda sta degenerando, è diventato più intrattabile del solito e anche Nickolaj inizia ad avere problemi nel lavorarci insieme» sospirò facendo il giro e poggiandosi sopra l’enorme tavolo al centro della sala.
            «E cosa ti aspetti che faccia, scusa? Sei tu a capo della squadra e sei sempre stato tu che ha deciso i membri che sarebbero venuti qui in Giappone, conoscendo i problemi tra me e Ivan avresti potuto pensarci prima di mettere uno di noi due in squadra. Se non hai deciso di fare qualcosa a riguardo non ho la minima intenzione di mettere di nuovo a rischio la vita…»
            «Cosa?» domandò immediatamente sull’attenti Ioann, «come, mettere di nuovo a rischio? Che cosa ti ha fatto?» la squadrò con attenzione da capo a piedi prima di puntare lo sguardo sul collo coperto dalle ciocche biondo scuro di Yana che sfuggivano dalla crocchia improvvisata.
Ioann ridusse rapidamente le distanze e senza chiedere il permesso le scostò delicatamente i capelli, notando con disappunto qualche livido in via di guarigione e quasi del tutto scomparso. Percependo l’improvvisa tensione della ragazza si sbrigò a ritrarsi e a rimettere quei pochi passi di distanza tra loro, sapendo quanto poco amasse il contatto fisico e non volendo irritarla ulteriormente nonostante lo sguardo che gli rivolgeva era tutto tranne che ostile.
Forse una delle poche volte nella quale Ioann vide in quegli occhi così simili al mercurio liquido una qualche emozione che non fosse la noia o l’irritazione, non capiva bene cosa gli passasse per la testa ma per una volta quasi sentì l’impulso di abbracciarla.
            «Quando?»
            «L’incontro della settimana scorsa» fu la risposta lapidaria di lei che dimostrava chiaramente l’intenzione di non voler raccontare altro, non per la paura certo ma per evitare di riprovare il nodo di rabbia nello stomaco ogni volta che ci ripensava.
Ioann la assecondo e chiuse rapidamente la faccenda, ben deciso a prendere provvedimenti immediati.
            «Non posso rispedirlo a casa altrimenti rimarremmo a corto di agenti visto che tutti gli altri sono stati già dislocati altrove. Sarà fuori dal tuo gruppo con effetto immediato, non volevo capitasse una cosa del genere» mormorò poi con voce accorata ricevendo un’occhiata di silenzioso ringraziamento che l’uomo accetto ben volentieri.
            «Dovevi parlarmi d’altro?»
La discussione tra i due prosegui per un paio d’ore e rimase perlopiù sui problemi e le difficoltà che Nickolaj stava avendo nel reperire le informazioni necessarie per continuare quanto più rapidamente possibile quelle indagini. L’uomo era un’abile hacker e programmatore anche se non ai livelli di abilità di Yana cui spesso finiva per chiedere una mano ed in quel momento il rifiuto di collaborazione da parte della polizia giapponese e le indagini parallele di Elle stavano iniziando a dare problemi.
Ioann continuò a porle domande su domande ed entrambi riuscirono più o meno rapidamente a trovare una soluzione per aiutare il collega anche se Yana non avrebbe potuto essere lì, si trattenne poi dal chiederle come procedevano le indagini ricordando le vaghe quanto eloquenti risposte che aveva ricevuto nel primo pomeriggio.
            Il sole oramai iniziava a scomparire lentamente dietro i grattacieli di Tokyo, illuminati delicatamente dai tenui raggi che ancora per poco filtravano dalle finestre di quell’enorme sala silenziosa.
Yana aspettava con una certa impazienza che Ioann finisse di trascrivere tutto prima di poter finalmente andarsene da quell’edificio che iniziava a detestare. Il desiderio di poter mettere finalmente piede nell’appartamento che aveva affittato da quando era arrivata in Giappone si faceva più forte ogni secondo che passava, peggiorata dal forte bisogno di staccare da tutte quelle interazioni umane che l’avevano completamente prosciugata.
            «Allora» iniziò Ioann, affiancandola con passo deciso e lasciando che fosse la prima a mettere piede fuori dalla sala riunioni, «so che non hai intenzione di dirmi nulla quindi non ti farò ulteriori domande. Ho solo una richiesta, fai attenzione»
Yana annuì per l’ennesima volta schioccando la lingua con un gesto secco, sentendosi come una bambina che veniva lasciata per la prima volta sola da dei genitori fin troppo apprensivi.
            «Pensi che avranno in giro dello Šašlyk? Ne ho una voglia matta da quando ho messo piede qui» esclamò storcendo la bocca con fare infantile prima di ridere sommessamente sentendo lo stomaco di Yana brontolare contrariato, «immagino che anche tu abbia fame, eh? Quand’è l’ultima volta che hai messo qualcosa nello stomaco? E no, non conta la quantità immane di caffè che bevi da quando siamo qui» la interruppe bruscamente il biondo vedendo come Yana sbuffò in risposta voltando lo sguardo dall’altra parte.
            «Non avrei molte aspettative fossi in te, sarà già tanto se troviamo dei Pel’mèni congelati» commentò con un po’ di stizza nella voce la ragazza, sistemandosi per bene nella giacca una volta messo piede fuori dal consolato.
            «Uffa, non me lo ricordare per favore. Mi viene la gelosia al solo pensiero che quel tuo sacco di pulci stia passando più tempo con la mia ragazza e la sua cucina che il sottoscritto, questa veramente me la paghi… e ora andiamo che ho davvero bisogno di mettere fine a questa giornata e di assicurarmi che tu metta qualcosa nello stomaco, finirai col mangiare anche me se non ci diamo una mossa» disse con un sorriso divertito Ioann prima di dirigersi con Yana in un piccolo locale che l’uomo aveva adocchiato da qualche giorno, pronto per ordinare qualcosa di caldo e andarsene entrambi filati nell’appartamento dell’hacker per concludere in tranquillità quella settimana rocambolesca.
   
 
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